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Autore: radioactive    04/04/2013    3 recensioni
Alec, quasi geloso, gli prese il libro dalle mani e lo chiuse perdendo il segno e poggiandolo nell’angolo di tavolo libero in modo da non infastidire il gatto, «Catullo» disse in un primo momento, quasi titubante «Catullo è ok… cioè, mi piace.»
Magnus allora si sedette sulla poltrona, un braccio si allungò ad artigliare la maglia di Alec e a trascinarselo sulle gambe, questo perse l’equilibrio e cadde su di lui esattamente nella posizione che voleva Magnus, perpendicolare a lui, appoggiato contro il bracciolo. Lo sguardo dello stregone sembrava miele, le pupille verticali una linea brillante e scura. Non c’era niente di più bello dello sguardo innamorato del Sommo Stregone di Brooklyn.

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Ambientata in un futuro felice dove regna l'amore e la pace(?). ♡
Sono ancora in fase di esperimento(?), però la Malec è qualcosa di troppo forte da contrastare, è come essere un Ginosaji davanti ad un magnete gigante senza cucchiai di legno. Ringraziamo il libro di latino per la collaborazione.
Enjoy~
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Endecasillabi faleci.

 

 

 

«Baciami mille volte e ancora cento

poi nuovamente mille e ancora cento,

e dopo ancora mille e ancora cento,

e poi sommeremo le migliaia

tutte insieme per non sapere mai a quanto ammontino

perché nessun malvagio possa fare il malocchio

sapendo quanti sono i nostri baci.»

 

 

 

 

 

 

Il mugolio strozzato dell’ascensore era fastidioso e necessitava di certo di essere sedato; guardando davanti a sé Magnus aspettava quasi ansiosamente di arrivare alla loro destinazione, ansia che era brillantemente nascosta da strati di glitter e eyeliner e una calma imposta, misurata.

Era uscito con Isabelle… sì, compagnia gradevole soprattutto se si trattava di girare negozi per guardare (e comprare) i capi assolutamente fantastici delle nuove collezioni. Lei, a differenza del fratello, sotto quel punto di vista era quasi migliore. Si girò un attimo verso la ragazza che frugava insistentemente in una borsa di cartone spesso alla ricerca di una collana che aveva comprato e che intendeva regalare alla madre visto il compleanno suo prossimo.

La gabbia metallica si fermò lamentandosi un’ultima volta, quando si aprì Church non c’era.

«Strano.» Borbottò Isabelle con calma e senza troppa preoccupazione, fece un passo in avanti e si girò vero lo stregone, «Vado a preparare il caffè, la macchinetta che hai regalato tu è semplicemente fantastica!»

«Le cose migliori per i migliori, tesoro.» Rispose con quel suo lievissimo accento tra l’olandese e l’indonesiano che tendeva a sparire, sciogliersi sulla punta della lingua – lui stesso non ci faceva caso. Guardò a destra e poi a sinistra mentre i passi di Isabelle e il fruscio delle borse sparivano in lontananza, mosse appena le spalle rilassate e fasciate da un montgomery blu scuro aperto e si diresse verso la biblioteca.

Era stato più volte all’Istituto anche anni addietro. I Lightwood erano soliti a chiamarlo per un’amichevole tazza di tè e si finiva sempre a parlare di cose sgradevoli, il tutto con velati insulti, anche se Magnus non era solito a prenderli sul serio – almeno non da una famiglia che non vedeva di buon occhio qualsiasi creatura al di fuori dei Nephilim praticamente per tradizione. Quel pensiero lo fece sorridere, un sorriso che sembrava più una smorfia, e la sua mente fu invasa dal dolce, caldo pensiero di Alec.

Quando pensava a lui, il suo viso con quel sorriso accennato e una lievissima fossetta sulla guancia gli appariva limpido nella mente come il riflesso di Narciso sul lago o come l’esplosione di una stella – semplicemente brillante, gli occhi luccicavano sempre di un blu innaturale e i capelli neri erano leggeri e davano l’impressione di essere talmente morbidi al tocco da essere fatti di seta. Allo stesso tempo l’idea che il ricordo di quel viso potesse essere logorato nel tempo lo terrorizzava: quanto ci avrebbe messo a ricordarlo tra cinquanta, cent’anni? Le linee che ora gli sembravano così perfettamente memorizzate sarebbero state così precise in futuro? Era più intenzionato che mai a trovare una soluzione.

Ma non era il momento né il luogo adatto per pensarci, Magnus, fermo sulla soglia della porta della biblioteca, lo vedeva.

Seduto scompostamente su una poltrona scura e spaziosa, la spalla sinistra appoggiata per metà sullo schienale, il gomito destro che puntellava il bracciolo e la mano chiusa a pugno sulla guancia a sorreggere il capo, le gambe piegate vicino al busto con i piedi sull’appoggio opposto, un libro rilegato in cuoio scuro abbandonato mollemente sulle cosce. Il suo corpo fasciato dai soliti vestiti scuri (Magnus poté notare un buco sui jeans neri e il collo sfatto della maglia scolorita) illuminato dal sole che entrava dall’ampia vetrata, sul tavolino di fianco ad Alec riposava Church; entrambi sembravano godersi il tepore casalingo di quella stanza.

Fece qualche passo in avanti, silenzioso e felino, le pupille si assottigliavano mano a mano che Magnus si avvicinava alla luce; Alec alzò lo sguardo notando un’ombra – un’ombra particolarmente colorata – farsi sempre più avanti; dal canto suo Alec era rientrato circa dopo pranzo dal Taki’s Diner con Jace e Clary (i due l’avevano poi abbandonato bellamente per amoreggiare sotto l’ombra di qualche parco, ma non erano fatti suoi – e lui aveva rifiutato l’invito di Magnus ad uscire con lui e Isabelle) e, non sapendo cosa fare, si era scelto la postazione e creato l’angolo di paradiso, immergendosi poi nella lettura, «Magnus!», sembrava sinceramente sorpreso nonché felice. Si alzò e mise il libro girato verso il basso sulla poltrona in modo da non perdere la pagina, un brivido gli attraversò la schiena quanto i piedi nudi si posarono sul pavimento.

«In persona, fiorellino.» La voce calda avvolse Alec come un lenzuolo e il Nephilim non mancò di passargli le braccia attorno al collo e stringersi a lui, accennando un sorriso mentre un braccio dello stregone gli fasciava la vita. Alec si allungò in avanti per superare quei pochi centimetri che li separavano e premette le labbra sulle sue, come se non lo vedesse da una vita.

Sembravano una coppia sposata.

Si staccò piano, come a voler prolungare il contatto e memorizzare ogni sapore e sensazione relativi alla bocca dello stregone, mise i piedi saldamente a terra e con lo sguardo cercò gli occhi di Magnus, brillanti sotto il sole, che tuttavia vagavano distrattamente dietro le spalle del giovane.

«Che ci fai qui? Pensavo che dopo una giornata di shopping tu volessi tornare a casa. E poi dovevo passare io stas»

«Izzy, la tua amabile sorellina dal buon gusto mi ha offerto un caffè per ringraziarmi della... – finse di cercare la parola adatta - … passeggiata

Una risatina strozzata salì dalla gola di Alec, come se trovasse tutto una barzelletta «E’ molto soddisfatta di saper usare la macchinetta dal caffè.»

«Immagino che usandola riesca a fare qualcosa di buono in cucina – d’accordo non saper fare i pancakes, ma il caffè!» La vena ironica di Magnus non cessava mai di esistere; prima che Alec potesse rispondere, si chinò verso la poltrona e afferrò con l’uso della pinza superiore il libro, posandoselo sul braccio come se questo fosse un leggio e sfiorando con l’altra mano anellata le pagine scritte in latino, dopo qualche secondo prese a parlare, guardando con curiosità i fogli – curiosità simile a quella che viene quando si guardano vecchie foto, «Latino? Mi stupisci tesoro, sapevo che leggevi latino per gli studi… ma per svago!» lasciò la frase sospesa.

Alec, quasi geloso, gli prese il libro dalle mani e lo chiuse perdendo il segno e poggiandolo nell’angolo di tavolo libero in modo da non infastidire il gatto, «Catullo» disse in un primo momento, quasi titubante «Catullo è ok… cioè, mi piace.»

Magnus allora si sedette sulla poltrona, un braccio si allungò ad artigliare la maglia di Alec e a trascinarselo sulle gambe, questo perse l’equilibrio e cadde su di lui esattamente nella posizione che voleva Magnus, perpendicolare a lui, appoggiato contro il bracciolo. Lo sguardo dello stregone sembrava miele, le pupille verticali una linea brillante e scura. Non c’era niente di più bello dello sguardo innamorato del Sommo Stregone di Brooklyn.

Con una mano il Nascosto andò a spostare un ciuffo di capelli dal volto di Alec e, dal niente, iniziò a recitare quei versi «Da mi basia mille, deinde centum, | dein mille altera, dein seconda centum, | deinde usque altera mille, deinde centum. | Dein, cum milia multa fecerimus, | conturbabimus illa, ne sciamus, | aut ne quis malus invidere possit, | cum tantum sciat esse basiorum.» la voce era calda e sensuale, c’era qualcosa di molto più romantico delle rose in quei versi vecchi più di Magnus, in quella musicalità perfettamente studiata, precisa. La mano posata sulla guancia del Nephilim e il pollice che disegnava piccoli cerchi sulla pelle candida seguiva il ritmo scandito dei versi, Alec si rilassò tra quelle braccia e ascoltò quelle parole, pregando nel suo profondo che continuasse a parlare in quella lingua sconosciuta ma perfetta se uscita dalle labbra di Magnus che, tra parentesi, Alec capiva.

L’atmosfera era quasi magica, surreale. Come un universo parallelo senza tempo dove lo spazio iniziava e finiva in quella biblioteca. Pochi secondi, giusto quelli utili per recitare un pezzo di poesia e ritrovare tutta la serenità di mille anni.

«Non sapevo sapessi anche Catullo a memoria.» Il tono di Alec era basso, come se stesse dicendo un segreto. Si tirò su dritto con la schiena, il viso vicinissimo a quello di Magnus e gli occhi catturati da quelli verdognoli.

«So molte più cose di quante tu possa immaginare, fiorellino.»

«Dimmene una.» Una, solo una. Gli bastava sentire Magnus parlare, averlo vicino e lasciare che il suo cuore s’inondasse di quella marea che era la voce dello stregone che amava tanto.

«La quinta carmina del liber catulliano è scritta in endecasillabi faleci. E anche io sono capace a dare tutti quei baci, bisogna solo trovare qualcuno abbastanza paziente.» Ridacchiò, la prima verità la sapeva anche Alec e ne era sicuro; la seconda… era un mistero anche per lui, in realtà.

Alec sorrise, un sorriso brillante come il sole e allegro come quello di un bambino. Scattò in avanti lasciando un veloce bacio sulle labbra a Magnus, come per provocarlo, si allontanò poi e si morse il labbro inferiore, arpionandolo delicatamente con i denti, gli angoli della bocca ancora tirati verso l’alto «Io ho tanta pazienza.»

Non ci fu risposta, Magnus si strinse Alec vicino e le labbra dello stregone catturarono quelle dell’altro. Tremilatrecento baci. Una mano andò furtivamente ad accarezzare un lembo di pelle del Cacciatore e questo si lasciò scappare un sussulto strozzato che gli morì in gola, sciogliendosi poi sotto il tocco leggero.

Isabelle con il caffè in una grande tazza blu era appoggiata allo stipite della porta della sala e sorrise serena, tremendamente felice nel vedere i due così avvinghiati e soddisfatti nel loro piccolo mondo, troppo impegnati a baciarsi per dar retta al mondo di fuori. Ed era giusto così.

Silenziosamente, andò in camera a provarsi i vestiti.

Anche lei, forse, avrebbe trovato un Catullo che le potesse dare tutti quei baci.

 

 

 

 

 

~endecasillabi faleci

Fine.

 

 

 

 

 

 

A volte ritornano Note inutili d’Autrice.

 

Ebbene, miei prodi cavalieri. Eccomi qui.

Assolutamente senza pretese (sì è notato, grazie), prodotto di noia pomeridiana e un’ora di letteratura latina che va a riprendere gli amori perduti (). E poi Catullo piace a tutti(…). Ok, lasciamo stare.

Tutta questa cosa è ovviamente da intendere in un futuro felice dove regnano la gioia e la serenità(?), JONATHAN CRISTOPHER (scusate, mi diverto troppo) è morto per sempre - kaput, e ovviamente la Malec è qualcosa di felice e sereno, e non più quel covo di angst maledetto che spinge al suicidio.

Voi vi ricordate quando la Malec era felice? Io no.

*coff* Come detto prima questa shot non ha nessuna pretesa particolare, tranne quella di strappare qualche vago sorrisino qua e là in onore dei tempi perduti(?) e delle speranze che verranno – in attesa del giorno del giudizio a settembre 2014.

Ci sono un paio di cose da argomentare per chiarire alcuni passi della fiction, giusto perché sono informazioni trovate in giro o comunque dentro il bagaglio della Malec. In particolare il riferimento all’amichevole tazza di tè con i Lightwood, è dato dal fatto che, (non mi ricordo chi o dove, probabilmente l’ha detto la Cassie – e ho letto anche qualche fan fiction a riguardo, non picchiatemi çwç) Magnus incontrava spesso Maryse e Robert per alcuni fatti che riguardavano i Nascosti e New York & co, e che Magnus aveva già visto Alec da bambino che giocava; e poi i Lightwood non hanno mai visto di buon occhio i Nascosti (shadowhunterswiki, yeah), e né Maryse né Robert sembravano voler prendere sul serio la storia tra Magnus e Alec. L’unica versa sostenitrice della Malec è Isabelle, non possiamo farci niente.

La seconda cosa è riferita all’accento di Magnus – è nato a Batavia (oggi Giacarta), in Indonesia che un tempo (1640, ovvero l’anno di nascita di Magnus) erano le Indie orientali olandesi; la madre era per metà indonesiana e per metà olandese. E quindi niente. (Questo sono sicura l’ha detto la Cassie, eheh)

E quindi!

Spero che vi sia piaciuta, almeno un pochettino-ino-ino. Fatto ‘sta che sono bellissimi, loro, il latino e l’aramaico antico. ç.ç

Alla prossima(?)!

scots.

 

   
 
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