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Autore: Chemical Lady    04/04/2013    4 recensioni
[Enjolras / Nuovo personaggio]
Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….
Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?
*
Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno questa storia! Spero sia di vostro gradimento^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Enjolras, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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bananissima2

Titolo: La couleur du Désir
Rating: 
Arancione.
Betareader: //

Capitolo: 3/9, prima seconda.
Avvertimenti: Ho modificato alcuni eventi, rispetto all’opera originale, cercando però allo stesso tempo di mantenere integre le personalità originali dei protagonisti e di dare loro l’opportuna gloria che meritano. .

Genere: Romantico, malinconico e, naturalmente, storico.

Coppie trattate: Het.

Enjolras/Nuovo personaggio.

Disclaimer: Non possiedo la maggior parte dei personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg. I soli personaggi che mi appartengono sono quelli che ho io stessa inventato, ovvero Camille Dupont e la sua famiglia.  I fatti narrati sono in parte inventati da me e in parte sempre ispirati dall’opera ‘Les Miserables’ di Hugo, seguendo però il filone narrativo del musical.

 

Sommario: Enjolras ci è sempre stato presentato come un personaggio tutto di un pezzo, fiero e determinato verso i suoi obbiettivi, al pari di un ‘Dio greco’ anche secondo Grantaire. Ma, come ogni uomo mortale, egli ha anche un lato umano….

 

Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….

 

Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?

 

 

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Per qualsiasi cosa, contattatemi!

 

Enjoy…

 

 

 

La couleur du Désir

A love story behind the barricades.

 

 

 

 

Part Three (Part II): Les Amis de L’ABC cafè.

 

 

 

 

1831, Paris.

 

 

 

 

“Buonasera, Eponine.” Disse Camille, salutando la ragazza che si stava guardando attorno da sotto un basco dal taglio maschile, color sabbia bagnata.

Ella rispose con un dolce sorriso, abbassando di poco il viso sporcato dalla miseria mentre si avvicinava a lei, occupando un posto su uno degli sgabelli al bancone “Buonasera, Camille. Passavo di qui e ho pensato di venire a porgervi un saluto.” Le disse, sistemandosi la gonna e sfilando il cappello, in un gesto di buona educazione.

Era povera, ma non per questo doveva comportarsi come una bestia.

“Te ne sono grata, non ti vedevo più da qualche giorno e iniziavo a domandarmi cosa mai potesse esserti capitato!” Rispose gioviale la cameriera, riempiendole un bicchiere e passandoglielo senza  farsi notare da Madame Hucheloup. “Come vanno le cose, cara ‘Ponine? Gavroché sta bene?”

“Quel bambino non sa stare al suo posto.” Sussurrò la ragazza, guardando con gli occhi scuri quelli cobalto di Camille, appoggiata al bancone davanti a lei “Mia madre non dovrebbe perderlo così d’occhio, ma non sa far altro che derubare le persone…”

“Finche son ricchi signorotti, lasciamola fare!” Fu la risposta sagace di Camille, che prese uno strofinaccio per lucidare il legno davanti a sé “Di soldi quelli ne hanno anche troppi.”

“Fossero solo signorotti! I miei genitori non guardano in faccia a nessuno, posso assicurarvelo, Camille..”

La mora sorrise, appoggiando una mano sul braccio di Eponine che, stupita, strinse di più il bicchiere tra le mani. Non erano in molti a essere gentili con lei, ma Camille era straordinariamente buona. Oltre ogni dire “Ti ho già chiesto più volte di non darmi del lei, ‘Ponine…. Sono una tua pari, dopotutto.”
“Ma siete così buona con me…. Così gentile e io vorrei solo ripagarvi.”

“Considerateli tutti pegni in amicizia…. E tra amici si usa dare del tu!”

Eponine sorrise, colma di gratitudine, mentre Camille riprendeva a volgere le sue mansioni. Rimasero sole al bancone fino all’arrivo di Grantaire, che si diceva già sazio delle perle di Enjolras. Camille non capiva come potesse appoggiarlo senza però condividere a pieno i loro ideali.

“Ha troppe speranze nella gente.” Era la classica risposta del moro ogni qualvolta la ragazza si arrischiava a domandarglielo “La sola certezza che io ho nella vita è il mio bicchiere sempre pieno, lui invece è convinto di poter stringere il mondo nel suo pugno.  Non lo sa, ma esso è egoista, mia dolce Daine!”

Camille lasciava sempre correre, comprendendo le parole dell’amico nel profondo. Enjolras era un leader carismatico, che riusciva ad ammaliare le persone con un solo sguardo e belle parole. Che avesse ragione, era solo una nota di margine perché uno scarso oratore con i più buoni intenti non ottiene comunque nulla. Enjolras invece incarnava una forza che si era vista in pochi casi, in quella Parigi macchiata dalla povertà  e dalla sottomissione a sovrani sempre più incapaci.

Enjolras rispecchiava appieno la passione di Robespierre, che lui tanto adorava e idolatrava. Sperando in una fine migliore del suo predecessore, s’intende, sembrava destinato a compiere grandi gesta, ma non avendo ancora iniziato a parlare alle genti  del popolo, ma solo ai giovani Les Amis, non era ancora chiara la sua vera forza.

“Qual è l’argomento di stasera?” chiese Camille, asciugando un paio di boccali con uno strofinaccio.

Grantaire ci pensò un attimo su, stringendo tra le mani il bicchiere di brandy che la ragazza si era premunita di versargli poco prima “Di come la carte Pigna de Chartres fosse in realtà un falso e che quindi la terra su cui sorge la reggia di Versailles sia in realtà del popolo…. O almeno credo. Temo di essermi perso, a un certo punto. Per questo ho abbandonato la riunione.”

“Abbandoni sempre in un modo o nell’altro” Lo ribeccò bonariamente Camille, facendolo sorridere. La giovane prese la bottiglia colma di liquido ambrato, pronta a versare un altro bicchiere al moro riccio, quando notò qualcun altro che non doveva essere al piano di sotto in quel momento “Guarda, non sei il solo disertore per stavolta.”

Anche Grantaire volse lo sguardo verso quel punto, ai piedi della scalinata, ed entrambi si ritrovarono a guardare Joly mentre questi, con le gote arrossate dal lieve imbarazzo, parlava con una bella ragazza dalla pelle olivastra e i modi gentili.

“Musichetta passa spesso di qui, ultimamente.” Convenne Grantaire, sorridendo con malizia mentre tornava a guardare Camille “Mentre l’attenzione di Joly è calata di colpo…. E poi Enjolras ha anche il coraggio di dire che è tutta colpa del vino…. Lo posso quasi sentire ‘ Grantaire, metti giù quella bottiglia!’” il ragazzo scimmiottò il tono autoritario dello chief, facendo ridere di cuore la cameriera che fu costretta a portare una mano alla bocca, per mascherare almeno in parte il divertimento.

Joly li raggiunse in quel momento, dopo aver salutato con un bacio galeotto la bella Musichetta. Prese posto tra Grantaire e Eponine, la quale teneva il capo chino sul banco di legno del cafè, guardando i due amici stranito “Perché ridi così tanto, Camille? Che sciocchezza ha esternato ora questo barbone?”

“Bada a come parli, sei un barbone quanto me.” lo ribeccò Grantaire, alzando poi il bicchiere, come per schernirlo “Complimenti, disertore. Hai abbandonato la riunione, ma non temere: Enjolras ti farà capire quanto gli sei mancato facendoti pesare questa tua mancanza per giorni…. Dove è volto il discorso? Io a stento ho  capito le prime due parole…”

“Beh, io sono riuscito a mantenere alta l’attenzione sino a che non si è fatta menzione di una certa Giovanna d’Arco” ridacchiò Joly “Scalderesti dell’acqua per la mia tisana, Camille?” la giovane annuì, e il ragazzo tornò a parlare “Credo che il problema di Enjolras e, in particolar modo, Combeferre sia questo: sono fossilizzati sulla storia. So che sono tutti ottimi punti da esporre, per fare un quadro della nostra Francia, ma se non rimaniamo concentrati sui problemi odierni non focalizziamo il punto e le persone perdono interesse….”

“A proposito di interesse, Francois…” Camille si chinò su un pentolone, prendendo un po’ di acqua calda e mettendola in boccale, prima di passarla all’amico “Che mi dici di Musichetta? Vi vedo così intimi in questo periodo….”

Joly arrossì di nuovo. Non riuscì a impedirselo, nonostante la concentrazione che stava impiegando per versare l’infuso  di una strana tisana alle erbe aromatiche dentro all’acqua calda. Aveva bevuto vino per tutta la sera, era sua consuetudine poi prendere qualcosa che lo aiutasse con la digestione. A sentire lui non c’era niente che funzionasse bene nel suo organismo… “Lei è molto bella e io molto…. Interessato a lei. Ho soddisfatto la tua curiosità?”

“Certamente” rispose la mora, scambiando uno sguardo lievemente malizioso con Grantaire  “Oh Bahorel! Ci raggiungi anche tu?”

Il rosso si appoggiò al bancone, incrociando le braccia “Una birra, ti prego. Ho bisogno di bere dopo quello che ho sentito, sento il cervello pieno di polvere da sparo pronta a saltare!”

“Che cosa sta succedendo lassù?” chiese Joly divertito.

“La demolizione del villaggio di Trianon, dico solo questo.”

“Sembra di esser tornati fanciulli, a casa col precettore, a studiare la storia della Francia” disse Grantaire storcendo il naso.

Bahorel si sfilò il capello, guardandolo con severità “Hai avuto una gran fortuna ad avere un precettore, pensa a chi non è stato così benedetto dal cielo.”

“Vero, l’istruzione non è una cosa da tutti.” Aggiunse Camille.

Grantaire mise le mani avanti “Chiedo venia, ho parlato senza pensare! Ma che tu sia o meno fortunato e istruito, questa parte storica è noiosa e decisamente inutile….”

Un forte fragore interruppe la conversazione, costringendo il gruppetto di amici a voltarsi verso la fonte di quel rumore molesto. Un uomo si era alzato di scatto e ora stava sussurrando rabbioso verso un ragazzo, mentre a terra giaceva la sedia riversa. Camille aveva notato i due uomini quando erano arrivati, poiché non erano clienti abituali. Il primo aveva varcato la soglia almeno un’ora prima, il cilindro nero e sporco calato sul a celargli il viso, prima ancora che Camille arrivasse al Musain. Il secondo invece era il primo cliente che aveva servito prima di potare da bere ai Les Amis.

Aveva chiesto una bottiglia di liquore portoghese e un paio di bicchieri, prima di ributtarsi nuovamente in una fitta conversazione con l’uomo col cilindro.

In quel momento sembravano sull’orlo della rissa. Grantaire sbuffò, tornando a voltarsi verso il bancone, come se la cosa avesse perso di ogni interesse prima ancora di iniziare “Riconosco l’uomo col cappello. Si chiama Montparnasse, un pessimo elemento. Non mi stupisce più nulla, ormai; l’ho visto comportarsi nei modi più efferati, per strada…”

“Non  sembra di certo un tipetto simpatico…” sussurrò Joly, mentre Camille teneva gli occhi fissi sul viso affilato dell’uomo in questione “Lasciamo perdere, che si risolvano da soli  i loro conflitti.”

“Spero non nel mio bar…” disse Madame Hocheloup, apparendo dietro la mora con in mano due o tre bottiglie di vino d’annata. Quasi non terminò la frase che accadde l’inevitabile. Montparnasse si gettò sull’altro uomo, brandendo tra le mani una bottiglia che, nella colluttazione, si ruppe diventando così ancor più pericolosa.

Bahorel e Grantaire scattarono in piedi, tentando di fermare quella zuffa, mentre Joly saltava a sedere sul bancone per poi scavalcarlo e portarsi dietro di esso, accanto a Camille.

“Un vero cuor di leone!” gli disse la giovane, guardandolo di sfuggita, mentre seguiva la lite che si stava consumando al centro del locale.

“Se rimango ferito, chi curerà il medico?” domandò ovvio il ragazzo, prendendo un forchettone e brandendolo al pari di una sciabola.

Grantaire nel frattempo tentava di strappare dalle mani di Montparnasse la bottiglia rotta, ma non ci riuscì. Si mosse lento e la bottiglia lo colpì al braccio. Camille lanciò un urlo mentre la camicia del moro si tingeva di rosso e Joly sbiancava.

Velocemente, la mora fece il giro del bancone, arrivando alle scale “Enjolras!” urlò disperata, mentre volavano cazzotti e imprecazioni dai quattro impegnati nella zuffa.

Ci vollero pochi secondi ed Enjolras, affiancato da Combeferre e quel ragazzo nuovo, Marius.

Il biondo ci mise  un paio di secondi a realizzare cosa stesse accadendo, poi velocemente si voltò chiamando anche Courfeyrac, prima di scendere le scale e afferrare per le spalle Montparnasse, aiutato da Ferre, riuscendo a spingerlo a terra.

Quel che era rimasto della bottiglia s’infranse al suolo, sotto gli occhi spaventati di Camille che ancora fissava la scena dal basamento delle scale.

Courfeyrac le fu accanto in quel frangente, appoggiandole una mano sulla spalla “Camille, per il buon Dio, stai bene?”

Lei annuì, guardando Bahorel, che da solo, sollevava il secondo uomo, spingendolo contro un tavolino rotondo e bloccandolo così, affinché non facesse più danni.

Lentamente tutto il caos si dissipò, finendo nell’esatto momento in cui Montparnasse riuscì a liberarsi dalla presa dei due ragazzi, correndo via e perdendo il cilindro nella fuga.

“Per tutti i santi che vegliano su Parigi, che diavolo sta succedendo?” chiese scocciato Enjolras alzandosi da terra e spazzando via un po’ di polvere dal gilet ocra. “Non si vedeva un tale baccano dalla presa della Bastiglia!”

“Solo tu potevi usare questo paragone, Apollo” Lo schernì Grantaire, tenendosi il braccio. Camille fu presto vicino a lui insieme a Joly, il quale aveva rapidamente preso a osservare la ferita dai bordi frastagliati dell’amico.

“Nulla di grave, ma temo che serviranno un paio di punti e una garza.” Disse pensieroso lo studente di medicina, scostando i lembi della camicia, laddove si era strappata a causa del colpo.

“Ti prendo dell’acqua calda” disse Camille, alzandosi in piedi.

Rimase, però, bloccata lì dov’era,come ancorata alle assi del pavimento di legno. Sulla soglia, con la sua solita espressione truce e fredda, se ne stava appollaiato al pari di un uccellaccio malevolo l’ispettore Javert.

Nulla più di un corvo portatore di sventure.

Gli altri si accorsero di lui solo quando l’uomo avanzò verso di loro, facendo qualche passo dentro al cafè. Squadrò tutti quanti, uno alla volta, cercando di riconoscere i visi, prima di aprire bocca “Mi è stato segnalato che, in questo bar, c’è stata un’aggressione. Chi l’ha causata deve parlare ora.”

Enjolras fece un passo avanti, ma Grantaire gli rubò la scena. Si fece notare ridacchiando, mentre Joly teneva gli occhi fissi sul suo braccio, concentrato  “Arrivate tardi, Ispettore! L’uomo in questione ha pensato bene di darsela a gambe!”

“Possiamo fare rapporto, però” disse Bahorel, tenendo una mano sulla spalla dell’altro ragazzo che aveva partecipato alla zuffa “Questo ragazzetto e un certo Montparnasse hanno iniziato una lite, poi quel vile ha ferito il nostro amico e se l’è data a gambe.”

Javert si voltò verso di lui, alzando il manganello e appoggiandoselo alla spalla con fare minaccioso “Ah si? Montparnasse è un nome che ricorre spesso per queste vie…. Non starete cercando un capro espiatorio, voglio sperare.”

“Ovviamente no, Ispettore.” Disse Grantaire “Non sono stato ferito da nessuno dei presenti i questa stanza. Ho avrei immediatamente provveduto a denunciare il fatto.”

“Quello che serve, però, non lo avete. Io vi chiedo una prova che sia qualcosa in più di una semplice dichiarazione senza fondamento.”

Enjolras scosse lentamente il capo, prima di cambiare Javert con lo stesso sguardo severo “Oh andiamo, ispettore. Avete arrestato e condannato persone con molto meno di una dichiarazione..”

“Il fatto è, Monsieur Enjolras, che qui non ho testimoni attendibili” disse rapidamente Javert, muovendo qualche passo verso il biondo “Non vedo altri che un gruppo di ragazzetti un po’ troppo brilli per poter andare domani alle lezioni universitarie, una cameriera che era stata accusata di furto e un sospettato che non si trova nemmeno in questa stanza. Tutte le prove portano ad un solo responso: una zuffa da bar tra ragazzini.”

Camille scostò lo sguardo, cercando di non fermarlo in quello glaciale dell’ispettore, ma esso la seguì fino a che non fu costretta a incontrarlo con esso. In quegli occhi lesse la disapprovazione. In quegli occhi poté capire che quell’uomo, senza conoscerla, l’aveva già catalogata.

Aveva commesso un errore di minore importanza rispetto ai molti mali che affliggevano il loro mondo, eppure era bastato per venir additata per sempre come una ladra.

Strinse le mani sotto al grembiule bianco, mentre Courfeyrac appoggiava una delle sue sulla spalla esile della ragazza, scambiando uno sguardo con Enjolras fronteggiò l’Ispettore “Non è così che dovrebbe comportarsi la polizia…. Non dovreste venire qua, accusandoci di essere tutti poco di buono, senza credere alla testimonianza di una dozzina di persone. Non è così che si tratta il popolo di Parigi, Ispettore Javert.”

L’uomo sogghignò, prima di tornare serio. Mosse il manganello contro la spalla, quasi come volesse renderlo vivo quanto un serpente bramoso di mordere “E questo chi lo dice, Monsieur Enjolras? Voi?”
“Lo dico io, Javert!”

Una voce di grande autorità s’irradiò per tutta la stanza, facendo trasalire Javert. Camille lo vide impallidire, mentre si voltava verso la porta rapidamente, tenendo diritte le spalle. Non aveva mai visto l’Ispettore in quel modo, sembrava quasi intimorito.

Tutti lo sembravano, eccetto Enjolras, i cui occhi grigi si accesero all’improvviso nel ritrovarsi dinanzi un uomo alto, avanti con gli anni e avvolto da un’elegante divisa militare.

Javert fece una piccola riverenza, seguita dal saluto che si deve solamente a un superiore “General Lamarque…”

Camille sgranò gli occhi fino all’inverosimile, capendo il perché di tutto quello stupore. Quel nome, Lamarque, le era assai famigliare: nelle sue arringhe, Enjolras lo citava spesso….

Era il generale del popolo, uno dei pochi a detenere una posizione elevata senza abusare del potere che essa dava.

La ragazza osservò con attenzione ogni singola caratteristica di quell’uomo così autoritario, dipingendo un ritratto indelebile nella sue mente. Lamarque aveva un viso marmoreo, squadrato ma non eccessivamente. Le labbra tese e sottili erano parzialmente nascoste da un paio di baffi bianchi, dello stesso colore delle sopracciglia e presumibilmente dei capelli, celati alla vista da un imperioso cappello. Eppure i suoi occhi erano stranamente gentili. Stonavamo col resto del volto e la postura rigida.

Quegli occhi dalle iridi verdi macchiate da spruzzi dorati erano ricche di bontà; Camille vi lesse una gentilezza che non aveva mai riscontrato in un soldato. Un generale.

Lamarque entrò nel cafè, mentre un paio di soldati prendevano posto ai lati della porta, vigili. Guardò Javert con severità, prima di voltarsi lentamente verso Enjolras e concedergli un leggero cenno di saluto che fece sussultare il giovane. Il biondo si sbrigò a unire i piedi ed esibirsi in un breve inchino “General Lamarque…”

“Ispettore Javert, cosa sta succedendo qui?”

Il capo della polizia ebbe un sobbalzo violento, ma non si scompose eccessivamente, per non perdere la sua autorità davanti a tutti quegli studentelli “Una donna è uscita da questo cafè denunciando una violenta lite, finita alle mani. Sono accorso per riportare l’ordine e-”

“Avete ben pensato di accusare questi giovani, a quanto vedo..”

“General, io conosco bene queste persone loro-”

“State mettendo in dubbio la mia autorità, ispettor Javert?”

“Mai mi permetterei, General Lamarque….”

“Meglio così, perché in verità anche io sono cresciuto per i vicoli di Saint Michel..” a quelle parole tutti trattennero il respiro. Il generale alzò il mento “Non è feccia, Ispettore, questi sono i cittadini che voi avete giurato di proteggere. Dovreste ricordarlo. Ora andate, mi occuperò personalmente della faccenda.”

Javert tentennò appena, lanciando uno sguardo di fuoco a Grantaire che, seduto a terra, osservava compiaciuto quella scena. Fu proprio il modo ad avere l’ultima parola “I nostri ossequi, Ispettore” disse alzando il braccio in segno di saluto e scuotendo così il povero Joly che stava premendo uno straccio sulla ferita che ancora sanguinava.

A Javert non rimase null’altro da fare, se non raccogliere i brandelli della sua dignità, per la prima volta calpestata e richiamare i suoi uomini. Sparì così, facendo mulinare il mantello nero sopra alla divisa e chiudendosi la porta alle spalle.

Lamarque lo guardò andarsene, prima di voltarsi verso Enjolras che ancora lo guardava con profonda ammirazione “Etienne” tuonò la sua voce, stavolta meno severa ma ugualmente autoritaria “Dimmi cosa è successo qui…”

“Certamente, General Lamarque” rispose prontamente il biondo “Un uomo, un certo Montparnasse, ha iniziato a lottare con quel ragazzo e nella colluttazione è stato ferito un mio amico, che di colpe ne ha solo due: bere un po’ troppo e non controllare bene i riflessi…. Credo che siano una la conseguenza dell’altra.”

“Grazie, Enjolras” commentò amaramente ‘Taire, mentre Combeferre ridacchiava sotto i baffi, passando a Joly l’ennesimo straccio.

“Poi noi abbiamo provato a fermarli e…. credo che la storia si concluda qui.”

Lamarque si voltò verso l’altro ragazzo, squadrandolo dalla testa ai piedi “Il vostro nome?”

“Theodore Masson, General”

“Per quale motivo stava lottando con quell’uomo?”

Bahorel lasciò andare il ragazzo, che subito si sfilò il basco, stringendolo tra le mani con evidente nervosismo “Lui è un usuraio, Monsieur. Ha derubato la mia famiglia e ci ha costretti ancora di più alla fame di quanto non siamo già. Ho portato i soldi per pareggiare i conti ma non bastano…. Non bastano mai.”

“Capisco.” Il generale si passò una mano guantata di bianco sul mento, prima di fare un cenno ad uno dei soldati che uscì dalla porta “Cercheremo di impedire a quell’uomo di fare ancora del male alle persone, Monsieur Masson. Potete andare.”

Al ragazzo si allumarono gli occhi “Vi ringrazio General Lamarque. Grazie!”

“Siete molto fortunato, Monsieur. Passavamo di qui per puro caso.” Disse uno dei soldati, prima di riportare l’attenzione verso il generale che si voltò verso la porta, camminando fino a raggiungerla.

“Per noi è tempo di tornare alla caserma” disse Lamarque, appoggiando una mano allo stipite e guardando uno ad uno tutti i ragazzi che erano lì presenti nella stanza, fermandosi poi su Enjolras “Porta i miei saluti e tuo padre, Etienne. Fate attenzione, non sono bei tempi questi….”

“Che Dio vi benedica, General Lamarque” concluse il biondo, mentre uno ad uno, i soldati si sbrigavano a seguire l’imponente uomo oltre la soglia della porta.

“Conosci il generale?” domandò stupito Joly, mentre prendeva dalla tasca interna della giacca una piccola tabacchiera di scintillante metallo, dentro la quale conservava ago e filo da sutura. Diceva che poteva servire per ogni eventualità e, a quanto pare, aveva ragione.

“Non esattamente” rispose Enjolras, appoggiandosi con i fianchi ad uno dei tavolini e incrociando le braccia sul petto “Lui e mio padre sono andati insieme in guerra. Hanno combattuto a Waterloo, ma di più non so.”

Courfeyrac, che conosceva Enjolras si da quanto non erano altro che due bambini piccoli, scambiò uno sguardo stranito con Ferre. Fu quest’ultimo a parlare “Tuo padre non è un commerciante? Mi ricordo che da bambini, quando giocavamo nel cortile interno di casa vostra, lo vedevamo sempre rincasare al tramonto…”

“Ora è un commerciante, prima dirigeva il terzo battaglione, al servizio di Napoleone” decretò Enjolras, storcendo il naso mentre, alla sua destra, gli occhi di Marius si illuminavano di pura ammirazione.

“Tuo padre combatteva per Bonaparte?”

“Non è qualcosa di cui vado fiero” Ammise il biondo, fulminando con lo sguardo il nuovo arrivato e scostandosi per tornare al piano di sopra. Si fermò accanto a Camille, appoggiando una mano sul suo braccio e accarezzandolo con la punta delle dita “Stai bene?”

“Un poco scossa, ma sto bene…” rispose la mora, sorridendo pallidamente. Enjolras la guardò negli occhi per qualche istante, prima di voltasi verso gli altri e invitarli a riprendere laddove erano rimasti. Salì le scale, sparendo così alla vista.

Courf, Ferre e molti altri lo seguirono, compreso Grantaire che cercava di ribellarsi alle cure di Joly. Al piano di sotto rimase solamente Marius, che osservava con sguardo stranito il pavimento.

“Un franco per ogni vostro pensiero, Monsieur” disse Camille, raggiungendolo al bancone.

“Credo di aver detto qualcosa di sbagliato.” Marius sospirò, sedendosi su uno degli sgabelli.

Camille gli piazzò davanti un bicchiere di brandy e lui fece per prendere qualche moneta, ma lei glielo impedì “Il primo lo offre la casa. Comunque non preoccupatevi, Monsieur, Enjolras è un giovane molto complesso, molte volte sembra irritato ma in realtà non lo è affatto…”

Camille sapeva di aver mentito, sapeva che Marius aveva toccato un tasto dolente nella vita di Enjolras. Aveva rotto i ponti con la sua famiglia a causa di molte divergenze, soprattutto di opinione.

Sapeva che non andava d’accordo col padre, il ragazzo le aveva raccontato qualcosa ma non tutto. Non amava parlare di sé, non sotto quel punto di vista, almeno.

Marius avrebbe avuto il tempo per conoscerlo e apprezzarlo, nonostante le molte parole non dette, celate dietro agli sguardi.

Pontemercy ringraziò di nuovo Camille per il brandy, prima di tornare dagli altri per proseguire quella riunione che, di colpo, si era fatta tutt’altro che noiosa.

Solo a quel punto la mora notò che Eponine non si era mai allontanata dal suo posto. Stranamente era rimasta lì, nonostante la confusione e nonostante l’intervento di Javert che conosceva molto bene anche lei. Non doveva essere facile essere una Thanadier, vista la fama che i suoi genitori si erano creati.

La giovane si avvicinò a Camille, scendendo dallo sgabello e mettendosi di fronte a lei senza, però, smettere di fissare le scale che davano al piano superiore. Sembrava incantata, persa in chissà quale pensiero dal sapore onirico di un bel sogno “Camille…. Chi  è quel giovane? Non mi pare di averlo mai visto qui, al Musain”

La cameriera la guardò un istante, percependo un certo interesse nel tono di Eponine “Si chiama Marius Pontmercy, è amico di Courfeyrac a quanto ho capito….”

“Marius…”

Quel nome prese corpo sulle labbra carnose di Eponine, diventando più puro di una nota musicale.

In quella sala, quella sera, Camille vide nascere più di un sentimento forte, ma non se ne accorse.

Mentre nel petto di Enjolras il fuoco del cambiamento iniziava ad attizzare braci accese da qualche tempo, in quello di Eponine si sviluppava un sentimento che l’avrebbe portata a cadere sempre di più.

Era solo l’inizio, come un’alba che tinge di rosso sanguineo il pallido e innocente cielo notturno.

 

 

Continua….

 

 

 

 

Nda.

Eccomi tornata con l’aggiornamento della seconda parte^^

Dal prossimo capitolo entriamo nel vivo della rivoluzione!

 

Ci tengo a ringraziare tutti coloro che leggono e in particolar modo a chi recensisce ^^

Aggiornerò, come solito, il primo possibile!

Un abbraccio

Jessy

 

 

 

                                                                       

 

  
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