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Autore: _Lince_    04/04/2013    2 recensioni
"Fallo"disse una vocina nella mia testa. La distanza fra noi si accorciò. Eccolo, il momento che avevo sempre sognato.
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Mi baciò dolcemente e appassionatamente allo stesso tempo. Il mio cuore rischiava di avere un'infarto di felicità.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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~Capitolo 1~
Pov Amelie

Tutto intorno a me era avvolto da un’ atmosfera buia, sui toni dell’azzurro, i miei occhi si erano abituati all’oscurità e potevo scorgere, davanti a me, il grande armadio di legno intagliato con, alla sua destra, un’ enorme libreria piena zeppa di libri. La piccola finestra vicina al mio letto era chiusa così decisi di aprire i due sportelli per far entrare un po’ di luce.
I flebili raggi di luce mattutina entrarono nella mia stanzetta e la riempirono di quella strana allegria della natura che si risveglia. Mi misi seduta sul mio letto dalle lenzuola celestine a pois , mi voltai verso il comodino alla mia destra per leggere  l’orario : erano le cinque del mattino.
Non sapevo bene perché mi fossi svegliata a quell’ ora, avrei voluto dormire di più e godermi quella bella mattinata libera. Solitamente andavo all’università, ma era sabato e le lezioni dei miei corsi non erano previste.
Mi alzai dal letto e i miei piedi diventarono rossissimi per il freddo, infilai subito le mie pantofole super morbide e una vestaglietta di lana. A quell’ora faceva davvero freddo, del resto eravamo già in inverno inoltrato.
“Brr…” mormorai, infreddolita. Uscii dalla stanza in punta di piedi, non volevo svegliare Julì. Juliette Marie era la coinquilina-amica migliore di tutte, oltre qualsiasi aspettativa. Era una ragazza davvero timida, molto tranquilla e femminile, carina, sempre pronta ad aiutarti. Ci conoscevamo da tantissimo tempo, frequentavamo la stessa facoltà e andavamo molto d’accordo nonostante  nostri caratteri fossero davvero diversi…
Avevamo sempre sognato si andare a vivere insieme in un appartamento quando sarebbe arrivato il momento di andare all’università. E così è stato. Le volevo davvero bene , era una di quelle ragazze che non copiano nessuno: con la sua fantastica personalità.
Percorsi il corridoio e raggiunsi la cucina, l’appartamento era un po’ inquietante al buio ma, allo stesso tempo, incredibilmente affascinante. Aprii tutte le finestre per far entrare un po’ di luce, poi chiusi la porta della cucina per evitare di svegliare Julì. Misi la caffettiera sul fornellino e il latte un una pentolina, per scaldarlo. In realtà avevamo il forno a microonde ma a me piaceva molto di più il metodo tradizionale, soprattutto perché adoravo il pentolino a righe arancioni. Mi sedetti nel tavolino della cucina, c’erano ancora le tovagliette americane che io e Juliette avevamo messo la sera prima. Iniziai ad apparecchiare il tavolo della colazione, presi due piattini bianchi con dei piccoli fiorellini ai bordi e due tazze abbinate, poi tirai fuori dal frigorifero un vasetto di marmellata, presi del pane e dei biscotti.
Adoravo fare colazione: amavo l’atmosfera ancora un po’ addormentata e il profumo di pane abbrustolito. Appena sentii il poetico fischio della caffettiera spensi i due fornellini e versai nella mia tazza un po’ di caffè e un po’ di latte, ormai ero diventata bravissima nel dosaggio per creare il  tipico colore del caffellatte.
Buttai dentro la tazzina due zollette di zucchero e iniziai a fare la mia colazione con biscotti  e pane luccicante di marmellata ai frutti di bosco.
Una volta finito il mio “rito mattutino” andai a prepararmi, mi lavai e mi vestii. Dopo di che ficcai un libro e il cellulare nella borsa, presi il giubbotto e il mio basco grigio (mi sentivo molto parigina quando lo indossavo) e uscii.
Lasciai un messaggio a Juliette Marie, nel caso si fosse svegliata prima del mio ritorno:
“ Bungiorno!! Dormito bene? Sono uscita ma torno presto
Amelie~ ”
Fuori c’era poca luce, se non fosse stato per i flebili raggi di sole all’orizzonte che coloravano il cielo di azzurro, poteva sembrare che fosse notte.
Avevo un po’ di freddo, i negozi erano ancora chiusi, come i bar e le librerie. La Torre Eiffel dormiva ancora, in tutto il suo splendore. Era una fortuna vivere a due passi da quella fantastica costruzione ottocentesca, a parte l’affollamento di turisti che parlavano lingue sconosciute e che percepivamo solo come suoni più o meno gradevoli.
Per strada non c’era nessuno, e quando dico nessuno non vuol dire “pochissime persone”, vuol dire proprio nessuno. “Meglio così” pensai.
Andai a godermi la piazzetta della Torre Eiffel sgombra di turisti , mi sedetti in una panchina sotto un albero, presi il mio libro e iniziai a leggere; s’intitolava “La solitudine dei caffè amari” ed era triste, meravigliosamente triste.
Staccai gli occhi dal libro solo verso le sette, la strada aveva iniziato a sembrare meno deserta. Simpatiche nonnette con cappellini improbabili andavano a fare le loro spesucce,  c’era chi andava a lavoro e chi passeggiava lentamente in una splendida mattina che profumava d’inverno.
Mi alzai dalla panchina e iniziai a passeggiare, passai davanti alla libreria dove io e Julì lavoravamo, ci avevano assunte entrambe perché era una libreria costruita da poco e mancavano dipendenti.
Io e Juliette Marie lavoravamo a turno, due volte alla settimana e tutta la sera. Io il sabato e il martedì, lei il mercoledì e il venerdì. Non lavoravamo più di tanto perché eravamo impegnate con lo studio all’università. Tuttavia adoravamo lavorare in quella bellissima libreria, a volte il capo ci sgridava –quasi ridendo- perché leggevamo durante l’ora di lavoro. Il bello era che avevamo uno sconto su tutti i libri. Purtroppo non guadagnavamo moltissimo, ma non eravamo ragazze che pretendevano chissà quale ricchezza e ce la cavavamo benone.
La mia pancia iniziò a fare rumori vagamente sospetti, così andai nel mio bar preferito e ordinai una cioccolata.
Feci con calma perché la sera prima avevo passato tutto il tempo a studiare, mi sentivo un po’ in colta verso il mio corpo: non dovevo stressarlo così, anche lui aveva bisogno di relax.
Questa potrebbe sembrare una scusa come un’altra ma io la pensavo veramente così e ne ero fermamente convinta.
Mezz’ora dopo stavo tornando a casa, il mio condominio non era molto alto, di mattoncini rossi. Io e Julì vivevamo all’ultimo piano. Entrai in casa, sentii lo scorrere dell’acqua in bagno: era Julì.
“Ciao Julì, sono tornata!” le urlai
“Ciao Lilì!! Tra poco esco!” rispose lei
Andai nel salottino e accesi il computer, mio fratello mi aveva mandato un’email:
 
“Ciao Lilì,
come sta la mia sorellina parigina? Tutto bene con la tua amica? Qui tutto a posto, anche se a volte mi manca qualcuno con cui litigare. Alexander è troppo impegnato con i suoi studi di tirocinio medico per rispondermi male e iniziare una delle divertentissime liti tra coinquilini. Voi a volte litigate?
Ti saluto, mi raccomando, mangia molto e sii una brava bambina.”

 
  
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