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Autore: moni_cst    05/04/2013    6 recensioni
Cosa succede se Josh Davidson rientra improvvisamente nella vita di Kate Backett nel cuore di una notte?
Una one shot.... originariamente. Ora una mini long.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Josh Davidson, Kate Beckett, Lanie Parish, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick e Kate'
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Capitolo 2. D’istinto

La donna giaceva sul letto in posizione fetale abbracciando quel cuscino ormai umido di lacrime che continuava a stringere da ore. Non era riuscita a prendere sonno e sentiva ancora quella pesantezza all’altezza dello stomaco che assomigliava tanto a quei bruciori di ansia e dolore che ormai sperava fossero solo un vecchio ricordo. A volte riteneva che la vita l’avesse presa di mira, fosse stata con lei generosa fino alla maggiore età ma poi l’aveva maltrattata nel peggiore dei modi. Le aveva tolto due lustri di spensieratezza e di giovinezza. Si era illusa che quell’anno insieme a Castle fosse la svolta totale per la sua vita, con una relazione iniziata con tanta titubanza e tante remore ma con una passione e un sentimento crescenti nel tempo.
Sorrise a quel pensiero.
Quando quella notte tempestosa si era presentata al loft di Castle, seriamente provata per la giornata passata, non avrebbe mai immaginato la piega che avrebbe preso quella relazione. Allora era certa che non avrebbe potuto più continuare a sfuggire da Castle, era certa che volesse soltanto lui perché non avrebbe più potuto continuare a stargli a fianco giorno dopo giorno come se effettivamente fossero solo partner. Davvero non avrebbe mai immaginato quel forte senso di appartenenza che le aveva invaso l’esistenza.
Ne avevano passati tanti di guai e situazioni che potevano farla ritornare sui suoi passi.
In fin dei conti, all’inizio la paura che si fosse sbagliata e che Castle, dopo essersi tolto lo sfizio, potesse ritornare a essere lo scrittore scapestrato e donnaiolo che era, la attanagliava letteralmente. Ogni volta che facevano qualcosa insieme, pensava al fatto che sicuramente la stessa cosa l’aveva fatta con altre donne. Era terribile: questo pensiero le si insinuava dentro e non la faceva rilassare completamente fino a quando Castle ogni volta riusciva a farla sentire unica, speciale, la sola con cui voleva essere.
Le rimbombavano ancora nelle orecchie quelle parole che aveva pronunciato quando ancora tutto sarebbe stato più semplice, quando ancora non era una sopravvissuta ad un proiettile di un cecchino.
“Partner. E’ questo che siamo Rick?”.
Per quanto tempo quelle parole le erano rimbombate nel cervello!
Quando poi aveva apertamente accennato a quel bacio sotto copertura, quel bacio di cui non avevano mai più parlato, era stata una stilettata per lei.
Altro che bacio di copertura! Lei è un poliziotto e sa bene quali sono i baci di copertura e come ci si comporta tra partner! Se fosse stato un bacio di copertura ne avrebbero parlato eccome. Lei lo sapeva bene. Le era già capitata quella situazione. Tanti anni prima quando lavorava con Royce, sotto copertura si erano infilati in una specie di gang di strada e avevano flirtato tutto il tempo per essere convincenti e credibili fino a quando Royce l’aveva baciata prendendola alla sprovvista. Aveva paura che li scoprissero, aveva detto. Si erano baciati e non si erano risparmiati. Erano entrambi liberi e reciprocamente attratti l’uno dall’altro, inoltre la riconoscenza che aveva nei suoi confronti le avrebbe fatto fare qualsiasi cosa per lui. Era stato un bel bacio, sentito, partecipato. Ma erano partner e proprio per questo ne avevano parlato, ridendo, scherzandoci su e prendendosi in giro anche sulle modalità stesse del bacio. Roba da poliziotti insomma. Ma quel bacio con Castle era rimasto sommerso dentro le loro anime e non era mai stato più tirato fuori l’argomento. Buffo, ma neanche ora ne avevano più fatto cenno.
Chissà come mai, quando Josh le aveva parlato quella notte, le era rivenuto in mente quel bacio. Forse erano i sensi di colpa nei suoi confronti, non per aver baciato Castle. In quel momento pur di salvare i ragazzi avrebbe fatto di tutto. I sensi di colpa c’erano per quello che aveva provato dentro di lei. E’ così evidente adesso.
Josh l’aveva riportata brutalmente alla realtà.
La sua reazione era stata ed era eccessiva, lo sapeva. Si sentiva una stupida bambina impaurita. Ma non aveva paura di fare i controlli, non era per il dolore fisico che sapeva già avrebbe provato. Era ripiombare in un ambiente in cui non voleva tornare. Era uscire da quella bolla che si era costruita intorno. Era accettare la sua vulnerabilità in un momento in cui voleva continuare solo a sognare. Era il dolore emotivo che la terrorizzava.
E se le cose non fossero andate bene? Se i controlli avessero evidenziato un cuore affaticato? Se non avesse potuto avere una vita normale, dei figli? Se…se…se…
Si ricordava fin troppo bene i colloqui postoperatori dopo il suo risveglio. Le lunghe chiacchierate con Josh e con il suo collega cardiologo. Si ricordava ancora quando Josh le aveva detto che un cuore come il suo poteva reagire nel tempo in maniera più disparata. Lei era una donna giovane con un cuore allenato e questo faceva bene sperare che non ci fossero conseguenza permanenti. Per escluderlo totalmente avrebbe però dovuto aspettare almeno tre anni. Solo allora avrebbe potuto decidere se avere una vita normale, se avere dei figli, perché un cuore malato non può reggere allo stress del parto.
Si ricordava ancora come aveva odiato Josh in quel momento.
Non per la notizia che gli aveva dato, era medico ed era suo dovere farlo. Lo aveva odiato per come l’aveva fatto, per come aveva cercato di farla passare come una cosa che tanto a lei non interessava, per la sua freddezza. Per sdrammatizzare, le aveva ricordato come la maternità fosse lontana dai suoi progetti e comunque impossibile con la vita che faceva. Forse aveva ragione, la sua non era vita, sempre in pericolo sempre senza orari.
Ma i suoi occhi mentre le dicevano una cosa del genere erano terribilmente freddi e distaccati. Era medico e se fosse stato solo il suo medico non avrebbe avuto niente da dire. Ma Josh all’epoca era il suo fidanzato. Come fai a dire una cosa del genere alla tua donna senza un minimo di partecipazione emotiva?  Senza neanche un abbraccio?
Le lacrime ricominciarono a sgorgare copiose e non riusciva più a trattenere i singhiozzi che le scuotevano il petto.
Aveva ragione Castle, come sempre. Si era nascosta dietro relazioni vuote con uomini che non amava. E amaramente pensò che nemmeno la amavano.
Stretta al suo cuscino, quello che nemmeno odorava di lui, stremata, alla fine si addormentò.
Dopo circa un’ora si svegliò di soprassalto. Scosse la testa con un gesto brusco e fece un rauco verso liberatorio.
“Kate torna in te datti una smossa e reagisci!” se lo stava ripetendo come un mantra. “Reagisci!”
Si alzò di scatto prese il cellulare e consultò una pagina web, dando prima un’occhiata all’orologio di suo padre. Poi mandò velocemente un sms.
Fece un grande respiro e si precipitò di corsa a farsi una doccia. Aveva pochi minuti per prepararsi, avrebbe dovuto rinunciare anche al caffè ma avrebbe avuto tempo dopo.
Si, era certa. Era la cosa giusta da fare. L’unica cosa sensata che aveva fatto nelle ultime 4 ore.
Aveva afferrato un piccolo borsone dove aveva disordinatamente messo un cambio e lo stretto indispensabile, afferrò il cellulare e pregò con tutta se stessa che l’sms di riposta arrivasse velocemente. Sicuramente alle 5 del mattino l’evenienza di una risposta immediata era abbastanza remota.
Sarebbe partita comunque.
Doveva lasciarsi quella notte alle spalle.
Si precipitò fuori della porta di casa, stava chiudendo a chiave il suo appartamento, quando ritornò sui suoi passi.
Sorrise e pensò a sua madre. Rientrò nell’appartamento, si affrettò ad andare nella camera da letto dove dal cofanetto di legno intarsiato tirò fuori la collana con l’anello di sua madre, la sua collana. Era un po’ che non la indossava più quotidianamente, come era solita fare prima, ma oggi ne aveva bisogno. Strinse un attimo l’anello tra le dita e poi la infilò al collo con un gesto lento e rituale. Toccò d’istinto l’orologio, lo guardò e uscì di corsa precipitandosi in strada per fermare un taxi.
“Vado all’aeroporto, di corsa per favore, il mio volo parte tra 40 minuti”



Spazio di Monica:

Mi stava venendo una mezza idea di proseguire questa storia quando Diana nella sua recensione me l’ha espressamente richiesto. Allora è destino! Ed ecco fatto!
Quindi se la storia vi annoia… prendetevela con lei, anzi no. Se vi annoia non leggete!! ;-)

  
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