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Autore: VenerediRimmel    05/04/2013    3 recensioni
Spoilerissimi! Questa storia è nata guardando il promo della 3x12.
Mickey si è sposato, nonostante Ian lo abbia supplicato di non farlo. Ian si è arruolato, sta per andare sul fronte di guerra, nonostante Mickey lo abbia supplicato di non farlo...
Cosa accadrà quando saranno divisi? Ian riuscirà a non rimetterci la pelle? E riuscirà a tornare a casa? Ci sarà un lieto fine per loro due? Tutto questo lo scoprirete soltanto leggendo! [Gallavich - Ian&Mickey]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte I
 
 
 
 
Alla fine si era arruolato. Lo aveva fatto perché non ne poteva più di vedere le cose andare a farsi fottere senza la possibilità di dirigerle. Si era presentato davanti all’ufficiale e aveva detto quelle poche parole, con la convinzione negli occhi e nel cuore. Voleva abbandonare tutto e tutti: La sua famiglia, Lip, Mandy e… Mickey. Voleva allontanarsi soprattutto da lui. Voleva lasciarselo alle spalle perché vederlo sposarsi con una donna, per volere di un padre che non sapeva accettarlo, era stato doloroso. E l’alcool non era stato affatto d’aiuto, come nessuna lacrima e come nessun fratello pronto a dargli una spalle su cui piangere.
L’unica via d’uscita da tutto quel dolore era andarsene, arruolarsi. Combattere per il proprio paese, addirittura. Lontano da casa, in un paese in guerra, era convinto, avrebbe dimenticato tutto il marcio della sua vita. E avrebbe dimenticato anche Mickey.
Se ti frega almeno un po’ di me, Mickey. Non farlo.
E l’aveva fatto. Si era comunque sposato. Perciò era chiaro che, nonostante gli avesse garantito la sua presenza, Ian non poteva avere ciò che davvero desiderava. Lui voleva Mickey e lo accettava. E per quanto Mickey volesse Ian, il suo problema era che non sapeva accettarlo.
Perciò dopo averlo visto sull’altare con una puttana, decise di aver visto abbastanza. Di aver dovuto sopportare abbastanza. Non era Mickey la persona che lo avrebbe distrutto sul serio, l’unico che poteva mandarlo a farsi fottere doveva e poteva essere soltanto se stesso.
 
Così il giorno dopo lo aveva fatto. Senza metabolizzare tanto le sue idee, si era alzato in un religioso silenzio, in quella casa piena di rumori, si era vestito e aveva fatto colazione. Poi era uscito di casa, velocemente, senza badare alle frasi della sorella o di Lip e si era diretto verso la fermata dell’autobus. Aveva atteso il mezzo con la mente completamente nitida, si era guardato la divisa che aveva addosso e consapevolmente sapeva che stava facendo la cosa giusta.
L’unica cosa da fare, in quel fottutissimo momento di merda, era andarsene. Era andare a fare la guerra, perché quella che aveva dentro era assolutamente ingestibile.
Quando arrivò a destinazione si fece coraggio e andò dall’ufficiale. Avrebbe parlato con sicurezza, avrebbe reso palese la sua volontà di arruolarsi, di andare al fronte e combattere. Perché era sempre stato quello che aveva voluto fare, perché perdendo l’unico uomo che poteva farlo desistere dalle sue ambizioni, non aveva più nessuno a trattenerlo.
La guerra. Combattere per il proprio paese. Scappare dalla propria casa, dai problemi, dal dolore e da Mickey. Era la cosa giusta da fare.
 
“Voglio arruolarmi, signore” Aveva detto, rigido sul posto in segno di rispetto.
 
Poi era tornato a casa, come se non fosse successo nulla. Come se non dovesse partire il giorno dopo. Tornò completamente diverso, libero e senza pensieri. Poteva definirsi contento di abbandonare ben presto tutta quella merda? Sì, lo era.
 
“Ian…?” Una voce alle sue spalle lo fece girare, il volto di Mandy lo fece catapultare nuovamente nella sua vita, quella dalla quale tanto voleva scappare. “Come stai?”
Le chiese la ragazza, guardandolo sinceramente preoccupata. Ian fece spallucce e guardò verso il cielo con un sorriso piatto a incoronare il suo volto.
 
“Hai altre cose di cui preoccuparti, Mandy” Tagliò corto, riferendosi alla situazione con Karen e Lip. Mandy indietreggiò, guardandolo spaventata ed esitante. Nemmeno lei era pronta a parlare di ciò che aveva commesso e le parole di Ian erano state una doccia fredda.
 
“Avresti potuto parlare, ora mi spiego tutte quelle domande su mio fratello. Perché non me lo hai detto?” Sbottò la ragazza, avvicinandosi a Ian e afferrandolo per un braccio. Ian fece un passo indietro e la guardò corrucciato. Non aveva nessuna voglia di parlare di quell’argomento. Perché non le aveva detto niente? Perché forse stavamo parlando del fratello?!

“Stiamo pur sempre parlando di tuo fratello…” Abbozzò con un sorriso ammaccato sul viso. Mandy annuì sorridendo come lui, per poi guardarlo da capo a piedi.
 
“Senti, io…” Tentò la mora, ma Ian non la lasciò finire.
 
“Mandy, ripeto, hai altro di cui preoccuparti. Io… andrò avanti. Sai, domani parto.” Sbottò senza riuscire a trattenersi. Doveva pur dirlo a qualcuno. E Mandy, nonostante tutto, era ancora la sua migliore amica. Anzi, l’unica.
 
“Parti? Dove vai?” Chiese Mandy, fissandolo con circospezione. Dove poteva andarsene un Gallagher senza un soldo in tasca? Infatti, poi, come scossa da un lampo di genio, sbarrò gli occhi e lo guardò inorridendo. “Oh no, dimmi che non hai fatto una stronzata!” Disse, rabbrividendo. Ian sorrise e si guardò attorno, le macchine passavano dritto avanti a loro e il silenzio occupava la sua mente. Finalmente aveva trovato un modo per allontanare i suoi pensieri, di allontanare il dolore. Andarsene era assolutamente la soluzione, stava già guarendo.
 
“Ma ti ha dato di volta il cervello?” Ian la guardò alzando un sopracciglio indispettito. No, era assolutamente cosciente. “Non devi farti questo per quel coglione di mio fratello…” Tagliò corto Mandy, guardandolo preoccupato. Ian alzò gli occhi al cielo, abbozzando un sorriso sghembo.
 
“Forse tuo fratello era l’unico che avrebbe potuto fermarmi, ma non lo sto facendo per lui. Lo sto facendo per me. Ho sempre voluto arruolarmi, Mandy”
L’amica non aveva saputo cos’altro aggiungere, così si erano salutati con un abbraccio, si erano sorrisi e si erano allontanati l’uno dall’altro. Quella probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero visti. “Ti vengo a salutare, domani…Okay?”
O forse no. Forse ci sarebbe stata un’altra ultima volta.
 
 

*

 
 
Mandy tornò a casa e appena mise piede all’interno del piccolo salotto guardò in cagnesco il fratello, Mickey, mentre quest’ultimo sistemava uno scatolone pronto a finire, insieme ad un’altra dozzina, nel garage – il suo nuovo appartamento che avrebbe condiviso con la consorte.
 
“Che cazzo hai da fissarmi?” Sbottò, quando gettando uno sguardo verso il nuovo arrivato si era ritrovato quello furente della sorella.
 
“Ian sta andando a farsi ammazzare, ecco cosa ho da fissarmi. Sei un coglione!” Sbottò inviperita, come se non avesse null’altro da pensare, nient’altro per cui preoccuparsi. Come per esempio il problema “Karen”. A passi veloci si dileguò nella sua stanza, lasciando di sasso il fratello che la guardava come ipnotizzato e con la bocca leggermente aperta.
 
“Che cazzo… Ehi!” Urlò poco dopo Mickey, seguendola verso la stanza. Spalancò la porta, che poco prima gli era stata sbattuta contro e cercò lo sguardo della sorella. “Che cazzo stai dicendo?
 
“Si è arruolato, Mickey. Sta andando in guerra, porca puttana! Domani partirà, sei contento? Ora vai a farti fottere!” Sbottò Mandy, prima di spintonare il fratello al di fuori della sua stanza, mentre le lacrime iniziavano a scivolargli lungo le gote arrossate. Piangeva per troppe cose: Per i suoi sensi di colpa, per ciò che aveva fatto a Karen, per ciò che era successo con Lip. Ian era stata la valvola su cui sfogare tutta la sua frustrazione.
 
Era rimasto senza parole, impalato davanti a una porta in faccia. Aveva ricevuto la notizia più… brutta della sua vita. Perfino peggiore delle intenzioni del padre di sposarlo con una puttana.
Ian si era arruolato. Stava andando in guerra, probabilmente dall’altra parte del mondo. E, nel peggiore dei casi, da lì non sarebbe mai più tornato. Rabbrividì, mentre mandava al diavolo se stesso e la sua vita. Incenerì con lo sguardo sua moglie che ancora, inebetita dal matrimonio del giorno prima, sedeva sul divano. Lo stesso divano dove lui e Ian avevano scopato. Lo stesso divano dove erano stati scoperti dal padre. Lo stesso divano dove aveva perso i sensi a causa delle botte del padre. Lo stesso divano dove aveva dovuto sbattersi la puttana – che ora era sua moglie – davanti agli occhi indifesi di Ian Gallagher.
Non tutti riescono a sputare fuori quello che cazzo provano ogni minuto.

“Scopiamo?” Udì alle sue spalle la voce della donna che a fatica riusciva a sopportare. Alzò gli occhi al cielo e ricacciò indietro le lacrime che, oramai, avevano preso il vizio di uscire senza il suo diretto controllo. “Chiudi il becco e va a farti fottere da qualcun altro” Disse, mentre si dirigeva verso la cucina. Prese una bottiglia di vodka e la tracannò velocemente.
Quella sarebbe stata la sua triste vita senza Ian Gallagher. Doveva iniziare a farci l’abitudine.
 
 

*

 
 
La notizia aveva scombussolato l’intera famiglia Gallagher. Era l’ora di cena quando Ian aprì bocca per dare la notizia della sua partenza. Mai momento fu più sbagliato.
 
“Domani parto per il fronte” Se Carl lo aveva fissato con lo stupore a dipingergli il viso fanciullesco, come se volesse esprimere tutta l’invidia che stava provando nei confronti del fratello, così non fu per il resto della famiglia. Fiona lo fissò con la bocca e gli occhi spalancati e prima di prendere parola sbatté velocemente gli occhi e fissò il volto di Ian, ancora piuttosto scettica. “Cosa…?! Ti sei fottuto il cervello, Ian?”
Lip si voltò a guardarlo, seduto accanto a lui, con la tipica faccia inespressiva. Forse, in quel momento, era l’unico a capire la vera intenzione del fratellastro.
Frank non era presente, ma la sua reazione sarebbe stata la più atipica. Come il solito, insomma. Gli sarebbe mancato suo padre. Come tutta la sua famiglia.
 
“Sei convinto o lo fai per quel coglione?” Farfugliò a voce spenta, mentre Fiona urlava contro Carl – che aveva appena espresso  la sua intenzione di voler seguire il fratello sul fronte - e che, quindi, non poteva udire il loro scambio di battute.
 
“Ho sempre voluto farlo… Mi ci voleva soltanto una motivazione in più!” Abbozzò, mentre mandava giù l’ennesimo boccone. Lip lo fissò accigliato.
 
“È la guerra…” Tentò, ma Ian non lo lasciò continuare. “Stanne fuori, Lip!” E chiusero il discorso.
Dopo la cena preparò la valigia sotto gli sguardi preoccupati e inquisitori di sua sorella Fiona e di suo fratello Lip. Nessun discorso propinato fino all’ultimo secondo gli avrebbe fatto cambiare idea.
Probabilmente, nel peggiore dei casi, quella era l’ultima volta che lo vedevano tutto intero, vivo e vegeto in quella casa.
Entrambi avevano un nodo alla gola, entrambi volevano fermarlo, ma entrambi sapevano che non potevano farlo.
 
Il giorno dopo aveva salutato tutta la famiglia Gallagher sul ciglio della porta. Voleva avere l’ultimo ricordo di loro in quella casa, piuttosto che attraverso un finestrino del pullman. Li salutò uno ad uno e quando toccò a suo fratello trattenne il fiato per evitare di piangere.
 
“Rompigli il culo, fratello!” Lo salutò Lip, con un accenno di saluto. Fiona invece lo guardò con gli occhi bagnati e gonfi, doveva aver pianto tutta la notte. Ian si chiese se lo avesse fatto soprattutto per lui, ma scacciò quei pensieri e le sorrise amorevolmente.
 
“Torna tutto intero!” Gli disse Fiona, abbracciandolo. Ian annuì e sorrise impacciato. La sua partenza era una sua liberazione, ma probabilmente una tortura per le persone che tenevano a lui. La sua famiglia.
Quanto dolore stava inferendo a coloro che non lo meritavano, per una scelta che compiva a causa dell’unica persona che non teneva abbastanza - nemmeno la metà del niente - a lui? Quando si voltò per incamminarsi verso il pullman vide Mandy sul ciglio del cancelletto. Fissava intensamente oltre le sue spalle. Ian si voltò a guardare il fratello, Lip, che aveva occhi solo per lui. Quando tornò sul viso della ragazza vide la consapevolezza di aver perso tutto riflesso negli occhi di lei. Attraversò il cancelletto e si sentì immediatamente avvolgere dall’abbraccio di Mandy, mentre Lip entrava velocemente dentro casa.
 
“Non sapevo a che ora saresti partito, perciò sono venuta qui per non perdermi il mio Addio…” Gli farfugliò la ragazza all’orecchio.
 
“Non è un Addio, Mandy…” Disse Ian, anche se non ne era sinceramente convinto. Mandy annuì titubante, leggendo nel viso del ragazzo la sua stessa insicurezza.
 
“Ho detto a Mickey della tua partenza…” Iniziò cercando una reazione negli occhi dell’uomo che aveva davanti. Ian spostò velocemente lo sguardo altrove, mentre lo stomaco si contorceva in ripetute capriole dolorose. “Non… l’ha presa molto bene. Stamattina non era nemmeno in casa, credo sia andato a ubriacarsi, come suo solito, in qualche palazzo abbandonato… Credo…” Tirò fuori con il disprezzo sulla punta della lingua e gli occhi rigonfi di lacrime inespresse.
 
“Non farlo” Non era la prima volta che diceva quelle due parole. Sebbene le avesse dette, pregando un’altra persona, per un altro componente della famiglia Milkovich. “Non ho bisogno di sentirmi dire questo, Mandy. Non lo sto facendo per tuo fratello.”
Mandy annuì semplicemente, alzando gli occhi al cielo e sbuffando per snodare il nodo alla gola che le si era formato mentre parlava. Era dura lasciare andare via l’unica persona che era sempre rimasta accanto a lei. Il suo migliore amico, nel giro di pochi minuti, non ci sarebbe stato più. Come non c’era più Lip. Come non c’era più nessun altro.
 
“Allora, ciao… Ti scrivo, okay?” Disse, tentando di rassicurarla, mentre l’afferrava per una spalla e gliela stringeva forte. Mandy annuì nuovamente e si fece da parte per lasciarlo andare via.
Era ora di dirgli Addio. Non lo avrebbe fatto a voce alta, perché come le aveva detto Ian quella non sarebbe stata l’ultima volta. Lo avrebbe detto a se stessa, perché per quanto tentasse di credere che non fosse così, che quello non fosse l’ultima volta in cui l’avrebbe visto, il resto del suo corpo le diceva il contrario: quello era un fottutissimo addio.

 

*

 

Quella notte non aveva dormito, così con le prime luci dell’alba si era alzato ed era uscito di casa. Aveva portato con sé due bottiglie di whisky, ma lungo il tragitto era rimasto ben presto a mani vuote. Poi aveva preso un autobus, che lo aveva condotto dove il suo corpo gli diceva di andare. Non sapeva bene cosa stesse facendo, ma quando arrivò a destinazione si sedette sul marciapiede e attese. Attese come un barbone, con una bottiglia vuota tra le mani.
Dopo due ore vide i risultati della sua lunga attesa. Si era trascinato verso il capolinea del pullman che avrebbe condotto il Gallagher della sua vita verso una strada fin troppo lontana dal suo culo.
Così, dopo il quinto autobus che vide fermarsi davanti a sé, alzando lo sguardo verso l’alto, incontrò quello perso e furente dell’unico uomo alla quale, sapeva dentro di sé, non poteva affatto rinunciare. E non era suo padre, come egli stesso credeva. E non era nessun altro. Era semplicemente Ian Gallagher.
Ian fissò Mickey prima sorpreso e poi determinato ad andare oltre facendo finta di non riconoscerlo. Così lo aveva sorpassato, senza nemmeno salutarlo, e si era messo in attesa del suo pullman. Mickey aveva sorriso rammaricato, torturandosi un labbro mentre decideva sul da farsi.
 
“Pensavo di meritare un fottuto addio” Borbottò, alzandosi e trascinandosi verso il ragazzo. Ian sorrise mestamente guardandosi attorno. Non c’era nessuno, soltanto loro due. E il pullman era in ritardo. Era forse un chiaro segno del destino?
 
“Sarei passato per casa tua, se Mandy non mi avesse detto che eri già sparito stamattina. La vita da sposato deve occuparti già tanto tempo” Farfugliò tagliente, senza fissarlo negli occhi. Mickey lo fissò da capo a piedi, affondando le mani nelle tasche del cappotto nero.
 
“Così te ne vai…” Incespicò, senza sapere bene cosa aggiungere. Evitando di rispondere alla frecciatina dell’altro. Ian alzò un sopracciglio.
 
“Dammi il tuo fottuto addio, Mickey. E finiamola qui.” Tagliò corto il ragazzo. Era stanco. Mickey lo fissò con un sorriso spento sul volto. Poi annuì.
 
“Vaffanculo, Gallagher! Cosa vuoi sentirti dire? Non andartene in guerra? Io. Non. Lo. So. Fare.” Disse, scandendo bene le ultime parole. Ian accentuò il suo abbozzo di sorriso.
 
“Non ti ho chiesto di imparare. Ma se ti fosse fregato un po’ di me, non… Lascia perdere! Non voglio essere quello che sputa fuori ciò che prova ogni minuto e poi sta arrivando il pullman, Mickey.” Farfugliò, osservando il mezzo trascinarsi verso di loro in lontananza. Mickey osservò verso la stessa direzione in cui lo sguardo di Ian era volto, poi tornò a guardarlo, mangiandosi il labbro inferiore.
 
Non poteva lasciarlo andare così, senza la possibilità di farlo desistere. Cosa poteva dargli per convincerlo a restare? Forse niente, visto che aveva fatto l’unica cosa che dava la dimostrazione di quanto poco gli importasse di lui. Eppure sapeva che si stava sbagliando Ian. Perché gli interessava e non voleva che se ne andasse con il rischio di rimanere ammazzato in guerra. Non poteva accettare una cosa del genere con la consapevolezza che era anche colpa sua. Non poteva permettergli di andarsene, lasciandolo così. Eppure lui si era sposato, lasciandolo senza speranze. Quella era la sua punizione?
Odiava amare – se mai quello che provava potesse definirsi tale – quell’uomo… Era una continua tortura. E lo sarebbe stato per tutta la vita, se fosse partito, se se ne fosse andato.
Quando il pullman si fermò davanti a entrambi, Ian fissò incerto il ragazzo, forse aspettandosi che questo dicesse qualcosa, ma Mickey rimase in silenzio a guardare il vuoto. Così Ian annuì, dandosi mentalmente dello stupido e lo oltrepassò velocemente, stando bene attento a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio. Doveva tenersi ben lontano da lui o non avrebbe resistito, né dal spaccargli la faccia né dal baciarlo con violenza per alleviare tutta la sua frustrazione. No, sarebbe partito lasciandosi tutto alle spalle. Con il ricordo della sua intera famiglia sul ciglio della porta e con l’immagine di Mickey mentre si sposava con una prostituta subito dopo aver scopato con lui. Mandò giù il rospo e mise il primo piede sullo scalino. Ogni dolore si stava già dissipando. Mickey era quasi un lontano ricordo, sebbene fosse a pochi passi di distanza da lui.
Mickey si girò a guardarlo, stringendo i pugni e mandando al diavolo qualsiasi cosa. Tranne se stesso, l’unico che meritava sul serio di andare a farsi fottere.
Non tutti riescono a sputare fuori quello che cazzo provano ogni minuto.

Non… farlo… Gallagher…” Aveva strascicato quelle poche parole con un filo di voce, che però era sicuro fossero giunte sino all’orecchio del ragazzo, perché lo vide pietrificarsi sul primo scalino del pullman. Lo stava pregando anche lui, con la paura di non essere ascoltato come lui stesso aveva fatto. Solo che la situazione era diversa.
Lui sarebbe restato, il suo maledettissimo matrimonio era soltanto un pezzo di carta. Ian invece stava mettendo in gioco la propria vita, se ne stava andando a morire. Non poteva lasciarlo. Non poteva farlo sul serio.
Avrebbe desistito. Si sarebbe girato, gli avrebbe sorriso, contento di aver sentito quelle parole e l’avrebbe baciato. Sì, l’avrebbe baciato. E Mickey se ne sarebbe fregato del fatto che tutti potessero vederli, perché l’unico uomo capace di mandarlo al manicomio sarebbe rimasto. Il suo Gallagher non sarebbe andato a morire. Avrebbe continuato a vedere quelle iridi, quella bocca, a sentirsi nudo e appagato sotto la sua presa possente. Avrebbe avuto ancora la sua bocca calda tutta per sé. Non era capace di dirgli tutto questo, Mickey, ma era capace di pensarlo. Se solo Ian avesse potuto udire tutti i suoi pensieri, non si sarebbero ritrovati in quella situazione.
Se l’amore può definirsi un errore, Ian Gallagher non sarebbe salito su quel fottutissimo pullman della morte.
 
“Allora ragazzo? Cosa hai deciso di fare? Sali oppure no?” Gracchiò una signora sulla settantina d’anni, mentre l’autista lo fissava, incerto se chiudere le porte oppure lasciarlo scendere. Mickey tentennò sul posto con la tentazione di afferrare l’uomo per il cappotto e tirarlo verso di sé e il desiderio di vederlo girarsi e decidere da solo sul da farsi.
Soltanto che Ian Gallagher non si voltò. Né tanto meno rispose alla vecchia signora. Si limitò a piegare la testa verso il basso e a salire gli ultimi due scalini rimasti. Così l’autista chiuse definitivamente le porte, guardando per un ultimo istante l’uomo che restava sul marciapiede con lo sguardo atterrito e pallido. Ian Gallagher aveva fatto la sua scelta: combattere sul fronte.
Mickey non lo avrebbe rivisto mai più e quello era stato il loro fottutissimo addio.
Quando Ian si sedette sul primo posto libero che trovò, sospirò.
L’unico uomo che avrebbe potuto fermarlo sul serio, c’aveva provato. Ma lui se ne era andato, era salito sul pullman, stava andando dall’altra parte del mondo. Perché?
Perché si era sentito una seconda scelta ed era arrivato il momento di non esserlo più e con Mickey questo non poteva accadere.







Angolo del Delirio:
Sono ancora abbastanza contenta di come è andata la 3x11, anche se poi il promo della 12 mi ha lasciato COME SEMPRE senza parole. Diciamo che una parte di questa storia era già all'interno della mia testa, perciò stavo aspettando soltanto di avere il giusto contesto!
Naturalmente sto parlando della seconda parte - quella che avevo già in mente - e che pubblicherò soltanto se lo volete! Eheheh sono malefica, lo so! Intanto ditemi cosa vi aspettate voi dalla puntata finale di Shameless o, perfino, da questa storia!
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel

   
 
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