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Autore: Dalhia_Gwen    05/04/2013    4 recensioni
Questa è la storia di una diciassettenne di nome Gwen che, nonostante tutte le ingiustizie e il passato che ha vissuto, riesce finalmente a trovare la felicità che aveva perso, grazie ad uno dei suoi più grandi hobby, la quale sarà in grado di scalfire il suo ormai cuore di diamante, immune fino a quel momento...
Tratto dal capitolo 28:
“....Cominciò a ticchettare il piede destro sul tappeto color del deserto, rendendosi conto di non riuscire a sopportare tutta quell’ansia che la stava letteralmente mangiando, ma fu proprio in quel momento che avvertì la carica giusta per poter affrontare la competizione nel migliore dei modi. Una mano calda e tremante quanto la sua intrecciò le dita con quelle della mano della gotica, esattamente qualche minuto prima del fischio. Scattò a quel tocco così intimo e che desiderò da fin troppo tempo, per poi girarsi velocemente verso la sua sinistra. Ad attenderla vi erano gli occhi decisamente più luminosi del solito del punk, che nel frattempo era arrossito quanto lei per quel gesto nato spontaneamente..."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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I corridoi della scuola erano oramai deserti, vi erano solo i bidelli dell’ingresso intenti a vedere se vi era ancora qualche alunno all’esterno che non avesse voglia di fare ingresso nell’istituto, per poi incitarlo ad entrare per gli ultimi minuti rimasti, prima che chiudessero definitivamente il cancello principale degli studenti.
Intanto i due ragazzi arrivarono col fiatone sul piano dove erano presenti le loro rispettive aule, anche se come distanza erano una l’opposto dell’altra. Si guardarono negli occhi, entrambi esausti del riscaldamento mattutino appena svolto, involontariamente. Scoppiarono entrambi a ridere, rendendosi conto della buffa situazione in cui si trovavano.
“Tu..tu mi farai diventare una cattiva alunna…” cercò di dire qualcosa lei, tra una pausa e l’altra per riprendere fiato. Duncan le sorrise di gusto, alzando un sopracciglio e scuotendo la testa.
“M-ma sentitela…p-per una volta tanto che arrivi con qualche minutino di ritardo…N-non dirmi che non ti è mai capitato?” chiese lui appoggiandosi col gomito destro sul muro, per guardarla meglio.
“B-beh…no, mai..sorpreso? Non sono la tipa  che fa certe cose..” rispose lei con aria superiore “E tu mi porterai sulla cattiva strada..” continuò lei sorridendo.
“Ahahahah no…questo non lo dovevi dire…comunque adesso è tardi ed è meglio che io entri. Sai..ho la prof di diritto…” disse lui in tono sarcastico, alzando lo sguardo in segno di disperazione.
“Oh no…solo noi del corso A possiamo sapere quella vipera come sia..corri, prima che ti riempia di insulti e ti possa fare il terzo grado!” disse lei velocemente, rendendosi conto del ritardo che stavano facendo entrambi.
“Non preoccuparti Dolcezza, sarà assillante e aggressiva quanto vuoi, ma io so come farle placare la rabbia che bolle nel suo triste animo..!” affermò lui vantandosi. “E come faresti, sentiamo?” chiese lei curiosa del piano dell’amico. “Eh no, dovrai attendere. Adesso non te lo posso dire. Piuttosto corri in classe, se non mi sbaglio saresti dovuta essere interrogata in fisica. Buona fortuna.” E così dicendo le si avvicinò velocemente al viso candido colorato leggermente di un rossore alle guance, per via della corsa che fecero pochi minuti fa, che si fece ancora più intenso nel momento in cui avvertì le labbra calde di Duncan su una di loro. Con la stessa velocità il punk congedò la gotica, la quale non si era ancora resa conto di ciò che le era appena accaduto troppo frettolosamente. Rimase ancora immobile per qualche secondo, con gli occhi fissanti un punto impreciso, e rossa più che mai. Si toccò la guancia appena sfiorata da quelle labbra così morbide e perfette, accarezzandola dolcemente, avvertendo il calore invaderle il corpo. Sorrise felice, capendo che non stava sognando. Peccato però che il tempo stava scorrendo incurante delle sue emozioni, e come se si fosse accorta di un qualcosa di estremamente importante, raggiunse velocemente l’altra parte del corridoio, entrando finalmente in classe.
 
“Buongiorno! P-perdonate il mio ritardo..” la ragazza arrivò all’improvviso in aula senza neanche bussare e chiedere il permesso di entrare, talmente era scombussolata. La professoressa, che stava facendo l’appello, sobbalzò dalla sedia nel momento in cui avvertì la porta spalancarsi in quel modo, perdendo anche i suoi occhiali che caddero sul registro, per fortuna intatti. L’insegnante la guardò sorpresa, sia per il modo con cui è entrata la ragazza e sia per lo strano ritardo che ha fatto. Indossò nuovamente gli occhiali, e con tono abbastanza infastidito, la quarantaquattreenne si pronunciò: “Signorina Smith, non le hanno insegnato le buone maniere?” le chiese la professoressa, guardando la ragazza sott’occhi, con gli occhiali da vista appoggiati appena sulla punta del naso. “Chiedo scusa prof, mi ero resa conto di essere in ritardo, e volevo arrivare il più puntuale possibile. L’autobus non è passato in orario, ecco perché ho fatto tardi.” Cercò di inventare una scusa la gotica, che era sempre più convinta della credibilità del suo racconto, rafforzata anche dal rossore che era presente sul suo viso. Nel frattempo Courtney, che era intenta a specchiarsi nel suo cofanetto dei trucchi, non le andò molto giù la versione della ragazza, che cercava in tutti i modi di non incrociare nessuno sguardo, cosciente del fatto di poter essere smascherata all’istante, dato che non era affatto brava a mentire, soprattutto a persone che la conoscevano troppo bene, come i suoi compagni di classe. La sua onestà infatti era un brutto punto debole che Gwen doveva difendere ad ogni costo, ed era ciò che la differenziava dagli altri, oltre che alla sua educazione. Ma prontamente, non perdendo mai alcuna situazione per ferirla, l’ispanica si ricompose, e lanciandole uno sguardo diabolico cercò di dare del filo da torcere alla gotica:
“Da quando in qua tu prendi l’autobus? Non abitavi qui vicino? Ti ho visto sempre a piedi.” Affermò Courtney soddisfatta più che mai. Gwen, che si era appena accomodata al suo posto, le lanciò uno sguardo talmente amaro che poteva avvertire anche lei l’odio che potesse contenere. Ma non si scoraggiò di fronte all’arroganza della compagna, così fece un grande respiro per prepararsi alla risposta.
“ Ma cosa ne vuoi sapere tu, che ti fai accompagnare sempre in auto dal tuo paparino, che ha paura che possano far del male alla sua cara bambolina? Cosa c’è? Non sei capace di difenderti? E’ ora di crescere,sai?
Ah, a proposito, hai messo troppo blush, sembri un clown.” Tutti i compagni di classe, che fino a qualche secondo fa ridevano sotto i baffi, adesso si ammutolirono di fronte alla risposta così diretta e maleducata della gotica, che stavolta diede retta solo al suo istinto, incurante della presenza, seppur scomoda, dell’insegnante, che sentì tutto. Non appena udì quelle parole, Courtney sobbalzò dal posto, e con gli occhi sbarrati cercò frettolosamente il suo inseparabile specchietto, ed effettivamente si rese conto di aver cosparso troppo blush su una guancia. Senza perdere un altro secondo, l’ispanica ringhiò alla gotica come un cane sofferente di rabbia, colpita nel profondo del suo orgoglio, e con una mira eccellente.
“Tu..tu devi fare una b..” adirata più che mai Courtney non cedette alle provocazioni di Gwen, ma non fece in tempo a finire la frase che l’insegnante, ormai stufata della loro infantile discussione, si alzò in un impeto di esasperazione, per poi rivolgersi alle due ragazze, che per poco non avrebbero iniziato una lotta fisica.
“Adesso basta ragazze!! Mi sembrate due bambine, che diamine! Cercate di crescere, entrambe! Smith, cerca di non fare più ritardo o sarò costretta ad annotarlo sul registro, e tu Nelson evita di importunare gli altri, non sono affaracci tuoi se Smith sia arrivata a scuola a piedi o meno. Cerca di frenare quella rabbia che non riesci a scaricare mai!” e così dicendo ammutolì anche il resto della classe, che nel frattempo rivolse lo sguardo sull’insegnante che tornò infine a continuare l’appello.
 
Mentre tutto questo stava animando la classe 4° A, nella quinta vi era una simile situazione, ma molto più divertente.
“Con permesso? Buongiorno!” Duncan entrò nell’aula come se nulla fosse, non prima di aver bussato cordialmente la porta per poi entrare. A differenza di Gwen, Duncan era maledettamente abile nel raggirare le situazioni, infatti aveva un piano infallibile per non beccarsi l’ennesima annotazione sul registro per i ritardi frequenti. L’anziana donna che era seduta alla cattedra, avvertendo che qualcuno avesse interrotto la sua spiegazione, appena iniziata, si girò verso la porta con sguardo minaccioso, pronta ad umiliare il povero malcapitato, facendo una ramanzina che sicuramente sarebbe durata anche mezz’ora della sua lezione, col risultato che non se sarebbe accorta neanche lei. Stava per aprire bocca, quando il punk, arrivato al suo posto, la precedette:
“Mi scuso prof, ma ho dovuto tornare indietro per soccorrere un gattino indifeso che stava precipitando da un tetto. Era ferito, tra l’altro, e se qualcuno non l’avrebbe preso in tempo sarebbe..beh sì, morto. Così, preoccupato, ho chiamato i vigili del fuoco che sono arrivati immediatamente, mostrandomi il cucciolo con una zampetta rotta. Ma non potevo lasciarlo in quello stato, che persona sarei stato? Allora l’ho accompagnato dal veterinario, ma guarda caso ho trovato anche la sua padrona lì, che lo stava cercando disperatamente, ma poi profondamente sollevata per averlo ritrovato. Così finalmente ho potuto salutare il gattino e correre a scuola, perché non potevo di certo perdermi la sua lezione, così interessante…” pronunciò l’ultimo inciso facendo una leggera smorfia, che però l’insegnante non si rese conto, troppo scioccata per il racconto così “toccante” del suo alunno. L’anziana signora, infatti, perse il suo dolce gatto in circostanze simili, con la sola differenza che purtroppo lei non lo ritrovò più. Il dolore per la perdita dell’unico essere che si sacrificò per farle compagnia in quella vita così solitaria per via del suo carattere troppo strano, tendente alla pazzia ma premuroso allo stesso tempo, la trasformò in una persona fredda ed arrogante, con la conseguenza che non si sarebbe mai più presa cura di nessuno, per non soffrire ancora e si cimentò ancor più intensamente nello studio. Ma la signora Clodette,oramai prossima alla pensione, rimase ancora fragile di fronte a situazioni del genere, dimostrando che in fondo non era poi così cambiata, ed ogni volta che qualcuno le raccontasse storie con protagonisti gattini indifesi, lei si scioglieva, e dimenticava improvvisamente tutta la sua eventuale rabbia che era prossima ad essere manifestata.
Con le mani incrociate, la professoressa Clodette* entrò in uno stato di trans, come se stesse rivivendo i suoi vecchi ricordi. “Fusino…” ripeteva ogni tre secondi il nome del suo gattino, guardando il vuoto e con gli occhi lucidi. Posò i suoi tondi occhiali sul libro aperto, rimanendo per un paio di secondi immobile. Il resto della classe, che si rese complice al racconto così bizzarro del loro compagno di classe, rimase sbalordito dell’effetto che Duncan ha potuto fare con uno stupidissimo racconto. Il punk, nel frattempo, ghignava seduto al suo posto, soddisfatto più che mai del suo piano che riuscì senza intoppi. Era sicurissimo che la donna avrebbe riprovato di nuovo quei ricordi, mai cancellati dalla sua mente, ed era lì che doveva mirare per salvarsi, almeno quella volta. La conosceva troppo bene, fu bersaglio di molti scherzi nei primi anni, per cui sapeva i suoi punti deboli, anche se ha dovuto subire tutte le torture di questo mondo, prima di diventare così esperto.
La donna sembrò essersi ripresa dallo stato di trans, e dopo aver scosso leggermente la testa, indossò di nuovo gli occhiali, non prima di essersi rivolta al punk:
“Okay Evans, non devi assolutamente preoccuparti. Facciamo che non sei mai arrivato in ritardo. Sei stato eccezionale, un eroe. Magari io…io avessi potuto incontrare un ragazzo così buono come lo sei stato tu, che mi avrebbe riportato il mio…il mio..” si fermò, accorgendosi che doveva assolutamente trattenere le lacrime per evitare schiamazzi in aula, così prese un gran respiro e continuò la lezione come se niente fosse successo.
“Dove eravamo rimasti? Ah, sì! I referendum...” e così ricominciò con la sua interminabile spiegazione sulla materia che tanto affascinava lei, ma non i suoi alunni.
Geoff, che era seduto accanto a Duncan, rimase talmente sorpreso dalla destrezza con cui il suo migliore amico ha giostrato nel migliore dei modi la situazione che stentava a crederci. Conosceva fin troppo bene la furbizia e la dimestichezza del punk, e c’avrebbe giurato che sarebbe uscito da questa situazione nella maniera più pulita, ma mai a pensare che potesse arrivare a tali soluzioni. Doveva proprio ammettere che accanto a lui sedeva un vero e proprio delinquente, ma con un grande e percoloso debole, che possedeva un nome: Gwen. Riprese in mano il cellulare con il quale stava chattando fino a poco tempo fa con la sua cara Bridgette, malgrado fosse nella stessa classe ma seduta sul lato opposto dell’aula, e si rivolse al punk, con aria sconcertata: “Ma come cavolo…?” chiese il biondo incuriosito come non mai. Duncan cominciò a ridere e dando una bella pacca sulla spalla all’amico lo rispose: “Eh amico mio, devi ancora imparare i trucchi di un professionista. E poi sono o non sono Duncan Evans?” domandò a sua volta Duncan con un pizzico di vanità nelle parole. Geoff annuì, rendendosi conto che effettivamente quel ragazzo dalla cresta verde ne sapeva una più del diavolo, ma continuò, sempre a bassa voce per non disturbare la lezione. “Dimmi un po’, eri col tuo angioletto, non è  vero?” chiese con un pizzico di malizia, per poi fare l’occhiolino alla sua ragazza che stava aspettando un suo messaggio sul telefonino. Duncan cominciò a grattarsi la nuca, ammettendo che, a differenza sua, il biondo era fin troppo esperto ad intuire i suoi spostamenti, e a capire dove fosse stato solo guardando la sua espressione. “Io sarò bravo a tirarmi fuori dai guai, ma tu non ne sbagli una..” confessò Duncan incrociando le braccia. L’amico sorrise, sia per la sua corretta intuizione sia per la battuta del punk, per poi dire: “Beh allora? Sei riuscito poi?” chiese curiosissimo. Duncan ad un tratto si fece serio, e cominciando a dondolarsi sulla sedia rispose: “ Non ci crederai ma…missione compiuta!” e detto ciò appoggiò le mani dietro la nuca, per stare più comodo, sorridendo. “Non avevo dubbi fratello, batti il cinque!” disse il biondo prima di tornare poi a chattare con la sua fidanzata, pronto ad annunciarle grandi novità.



*nome puramente inventato dall'autrice


_Angolino dell'autrice apparentemente sparita-
Toc toc? Posso? :D
Zaaalveee (?) gente! *-*
Oh rieccomi qui! Finalmente! ^-^
Perdonate il mio enorme ritardo, ma purtroppo mi hanno 'bombardato' di compiti per le vacanze di Pasqua,così non ho potuto aggiornare prima, e solo adesso ho potuto aggiustare il capitolo nuovo T.T
Spero tanto che la lunga assenza possa essere colmata con questo capitolo, che personalmente mi piace molto :3 ( e non perchè l'ho scritto io >.<")
Pensavate di esservi liberati di me e dei miei lunghi capitoli, eh? Ebbene no! Dovete ancora sopportarmi, se volete! :'D
Bene, non mi resta altro che attendere ansiosa le vostre recensioni, ringraziando anche coloro che seguono la mia storia in maniera silenziosa. :D
Grazie a tutti :3
Al prossimo capitolo,

Dalhia_Gwen
  
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