Harry abbassò gli occhi appena in tempo per vedere un uccellino grinzoso, appena nato, far capilino fra la cenere. Era brutto quasi quanto quello vecchio.
- Peccato che tu l'abbia vista soltanto oggi, il Giorno del Falò - proseguì Silente sedendosi dietro alla scrivania.
- Per la maggior parte della sua vita è un animale veramente bello, con uno splendido piumaggio rosso e oro. Creature affascinanti, le fenici. Riescono a trasportare carichi pesantissimi, le loro lacrime hanno poteri curativi e, come animali dimestici, sono fedelissimi -
Il cubo di Rubik
Di certo il gioco più infernale di questo mondo.
Era da più di un’ora e mezza che armeggiavo con quel demonio
cubico colorato. Ero riuscita a completare quattro delle sue sei facce. Altre
poche mosse e sarei riuscita a vincere contro di lui.
Ma purtroppo, il mio ingegno mi aveva abbandonato. E quindi
mi trovavo in quella classica situazione di stallo, quando non sai che mossa
fare, e resti lì, a guardare il vuoto alla ricerca di un qualunque aiuto dal
cielo.
All’improvviso, la luce.
La mossa vincente.
Mossi velocemente le mani, eccitata e sicura che così
facendo, avrei vinto io.
Guardai soddisfatta la faccia del cubo di fronte a me,
completamente verde. Mi rigirai il giocattolino tra le mani, gustando il dolce
sapore della vittoria.
Finì subito però.
Proprio al centro della faccia che doveva ospitare il blu, un maledetto quadratino arancione.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi alzai di scatto dal divano, schiantando il famigerato
cubo sul tavolino.
Andai verso il ripostiglio per prendere Lui. L’arnese del
giudizio.
Tornai nel salotto, guardando con uno sguardo assassino il
colpevole della mia ira.
Il poverino non ebbe neanche il tempo di ribattere, che il
martello lo ridusse in pezzettini con pochi e micidiali colpi.
Mi fermai a osservare il delitto perfetto che avevo davanti.
Il rumore di chiavi infilate nella toppa della porta mi fece capire che
avevo appena commesso una tremenda cazzata.
Presi il cadavere del giocattolino infernale e lo nascosi
nel ripostiglio, assieme all’arma del delitto.
Corsi verso l’ingresso, sfoggiando il sorriso più angelico
che avevo a disposizione.
Davanti a me, Noah si stava togliendo il giubbino e posava
le chiavi sul mobiletto lì affianco.
Aveva tutti i capelli scompigliati, dove si erano impigliati
delle foglie secche.
Mi avvicinai immediatamente a lui, regalandogli un dolce
bacio di bentornato.
Erano passati sette anni ormai, da quell’incubo che ci fece incontrare.
Dopo tutto quel sangue, quella paura e quella pazzia che ci avevano separato e
poi uniti ancora di più, tornammo alle nostre vite.
Io a New York
Lui a Ottawa
Per una settimana non ci sentimmo, troppo presi dal lavoro e da tutto
il resto.
Ci rincontrammo un mogio giorno di giugno, in cui eravamo pochi a
restare in ufficio, al caldo.
Il caporedattore lo aveva invitato per aiutarmi con la stesura
dell’articolo sulla vendetta del Mostro di Wawanakwa, dato che era stato
l’unico degli ex campeggiatori che aveva accettato il suo invito.
Bugiardo.
Il mio caporedattore era un gran pettegolo, e di sicuro, la notizia
della mia cottarella verso il ragazzo cinico del reality, era uno dei suoi
pettegolezzi preferiti.
Be’ grazie a quell’articolo, riuscimmo a vederci molto spesso e, anche
dopo la sua pubblicazione, lui mi venne a far visita quasi ogni settimana.
Trascorse un anno così, a fare un via vai da Ottawa a New York e
viceversa, solo per vederci ogni week-end.
Ma, una notte d’aprile, precisamente a notte fonda, cambiò tutto.
Il poverino si beccò una bella padellata sul naso da parte mia, che
l’avevo scambiato per un ladro.
Dopo il tremendo malinteso, scoprì il motivo della sua improvvisata.
Aveva trasferito la sua libreria nella Grande Mela, vicino a Central
Park.
Quello voleva dire solo una cosa: aveva deciso di vivere con me.
All’inizio era stato difficile, ma appena entrambi imparammo a
sopportare tutti i difetti l’una dell’altro, andò tutto liscio, o quasi.
Mi staccai da lui, rivolgendogli un altro sorriso angelico.
- Bentornato, come è andata oggi? -
- Tralasciando la vecchietta che mi ha trattato come un suo schiavetto in
libreria e mi ha quasi incrinato le costole con la borsa, il vento che ha
trasportato tutte le foglie degli alberi di Central Park nei miei capelli, è
andata bene. - Disse, prima di scrollarsi le famigerate foglie da dosso.
Presi le buste della spesa che aveva portato e le andai a svuotare in cucina.
Un ghigno soddisfatto si dipinse sul mio volto: l'avrei fatta franca.
L'urlo che sentii, proveniente dal salotto, fece cadere ogni mia certezza.
Corsi verso la fonte di quel rumore, trovandomi Noah davanti al corpo senza
vita del cubo.
La sua espressione non prometteva niente di buono.
- Spiegami il perché hai deciso di distruggere il mio cubo di Rubik... -
- Mi aveva fatto arrabbiare, se l'è meritato! - Esclamai convinta, mentre i
miei occhi saettavano da una parte all'altra, alla ricerca di una possibile via
di fuga.
Noah non era solito arrabbiarsi per sciocchezze del genere, ma era MOLTO geloso
delle sue cose.
E quando scatenavi la sua ira, era meglio darsela a gambe.
- Questo non giustifica per niente quello che hai fatto. Mi spieghi a cosa
stavi pensando, mentre distruggevi il MIO cubo di Rubik? Perché devi sempre
distruggere qualcosa quando ti arrabbi? Perché non puoi essere come una persona
normale, che quando hai i tuoi cinque minuti urli e mandi a quel paese
tutti?... - Continuò a fare domande del genere e a farmi una predica coi controfiocchi,
per almeno mezz'ora. Cercavo in tutti i modi di non esplodere come al mio
solito, ma purtroppo, la mia resistenza non durò molto.
- NON ME NE FOTTE NIENTE DI QUEL FOTTUTTISSIMO CUBO. TE NE COMPRI UN ALTRO E LA
FINIAMO QUI! NON TE LA DEVI PRENDERE CON ME! È COLPA SUA, NON MIA! - E così
dicendo, presi il mio giubbino e uscì sbattendo la porta.
***
Quando ero arrabbiata reagivo in due modi differenti:
- Spaccavo tutto quello che mi capitava in giro come un tornado e uno tsunami messi insieme
- Urlavo come un ossesso e aprivo il mio baule di bestemmie.
Ovviamente il modo 1 lo usavo solo verso gli oggetti (come
era successo al povero cubo di Rubik), il modo 2 non amavo usarlo, mi faceva
dire molte cose che peggioravano solo la situazione.
Per questo me ne ero andata. Per calmarmi e poter far pace
con Noah senza inveire o distruggere mezza casa.
L’autunno se ne stava andando, ma ovunque andavo vedevo
mucchietti di foglie e il vento che me le sbatteva in faccia mi fece
rimpiangere di essere uscita di casa.
Dopo aver girovagato per un’oretta abbondante per il
quartiere, tornai a casa, mentre cominciava a piovere a dirotto. Aprii piano la
porta, senza fare il minimo rumore. Mi tolsi la giacca zuppa e le scarpe, per
non sporcare in giro. Noah si era appisolato sul divano, un libro a coprirgli
il volto e la tv accesa, come al solito. Aveva bisogno del sottofondo della tv
per poter leggere in pace, non gli piaceva molto il silenzio.
Sgattaiolai in cucina per poter mangiare la ciambella che
mi ero conservata per spuntino, dato che mi era venuto un certo languorino.
Aprii il frigo, ricevendo una terribile sorpresa.
La ciambella era scomparsa; al suo posto, un biglietto:
Credevi che l’avresti
fatta franca tanto facilmente?
Non mi conosci bene
allora…
Una persona normale si sarebbe arrabbiata, ma in quel
momento mi venne solo da ridere.
“Il mio caro fidanzato ha imparato a fare i dispetti.”
Pensai mentre andavo in salotto.
Noah si era svegliato e mi guardava con una finta
espressione da innocente.
- Credevo che odiassi il cibo spazzatura… - Dissi
sventolandogli il bigliettino che avevo trovato.
- Infatti non l’ho mangiato io. L’ho semplicemente dato al
ragazzo dell’appartamento di sotto. – Mormorò l’indiano, facendomi segno di
accomodarmi sul divano.
Io non ascoltai molto quel gesto e mi misi a cavalcioni su
di lui. Il moro arrossì non poco, ma strinse le sue mani sulla mia vita.
- Ehi ehi, giù le mani bello! – Esclamai, schiaffeggiandogli
le mani, che però non si mossero di un millimetro.
- Non voglio che cadi come l’ultima volta, ricordi? – Quella
frase, mi riportò subito a l’ultima volta che menzionava il ragazzo.
Stavano sonnecchiando sul divano, io a cavalcioni su di lui.
All’improvviso, squillò il telefono. Ci svegliamo di scatto e io, senza
alzare il mio pigro sederino, mi sporsi verso il tavolino per afferrare il
cellulare.
Ma purtroppo, persi l’equilibrio e, secondo la cara legge di gravità di
Newton, caddi.
La mia testa per poco non sbatté contro lo spigolo del tavolino e, in
una manciata di secondi, mi ritrovai a terra, con la schiena dolorante.
- Non preoccuparti, questa volta ho il telefono in tasca. –
Noah non sembrava ascoltarmi, anzi, strinse la presa e mi avvicinò ancora di più
al suo corpo.
- Meglio prevenire che curare. –
Ci guardammo negli occhi per un attimo prima che, dalle mia
labbra, fuoriuscì un timido “scusa”, quasi inudibile.
- Come? Non ho sentito. – Disse lui, col mio stesso tono di
voce.
Mi avvicinai al suo orecchio e, con tutta la bastardaggine
che avevo in corpo, gli urlai a pieni polmoni:
- Hai sentito benissimo, coglione. – Il moro quasi saltò
per lo spavento che gli provocai e questo mi fece piegare in due dalle risate.
- Stronza! – Inveì lui, mentre si massaggiava l’orecchio
leso.
Non gli diedi nemmeno il tempo di brontolare, che catturai
le sue labbra in un bacio.
Ma che stronzo!
Resisteva
Cominciai a solleticargli il collo, suo punto debole, con
le dita. Tempo pochi attimi e il moro sotto di me rispose al
bacio. Ben presto le nostre lingue cominciarono a danzare in sincronia,
seguendo una musica tutta loro. Ci staccammo solo quando non avevamo più aria
nei polmoni.
- Senti: lo so che ho sbagliato, mi
dispiace averti distrutto il cubo. Domani te ne comprerò un
altro e ti prometto che non lo sfiorerò neanche con un dito.
Pace? –
Gli sussurrai, giocherellando con una ciocca dei
suoi capelli. Lui parve pensarci un po' su (che stronzo),
massaggiandosi il mento come a pettinare una barbetta da capra
inesistente sul suo volto liscio. Dopo un paio di minuti, che passai
facendo affidamento alla mia scorta d'emergenza di pazienza, in
risposta, mi fece stendere, posizionandosi sopra di me.
- Pace. – Disse, prima di ricominciare a baciarmi.
Angolo dell'Autrice:
Be' alla fine
sono veramente rinata dalle mie ceneri. In questo mese di lontananza
dalla tastiera, ho avuto modo di pensare molto, quindi so di aver fatto
la scelta giusta.
Per
quanto riguarda le recensioni che ho ricevuto in questo mese sugli
avvisi che ho messo su Otherkin e Maledetto Alcool, risponderò a
questo tramite messaggio privato, dato che ho intenzione di cancellare
i suddetti avvisi.
Per quanto riguarda i messaggi personali che mi sono arrivati, li
risponderò prestissimo, senpre tramite messaggio privato
ovviamente.
Se non avete capito molto di questa fic, vi consiglio di leggere La
vendetta del Mostro, la mia prima fan fiction. Però un
avvertimento: quando l'ho pubblicata scrivevo veramente da schifo
quindi, non vi spaventate -.-.
Quest'anno è stato pieno di sorprese per me: all'inizio sono
entrata qui per vedere se VERAMENTE valeva la pena di leggere le mie
storie. Grazie a voi, che siete la mia famiglia ormai, mi avete fatto
capire che l'unica cosa che mi fa sentire viva, utile e felice, in
questo mondo pieno di ingiustizie, guerre, odio e dolore, era scrivere.
Semplicemente scrivere.
Mettere
nero su bionco storie che la mia mente, il mio cuore e la mia anima
partoriscono con l'unico scopo di emozionare chi, sfortunato
com'è, si trova a posarci gli occhi.
Grazie con tutto il cuore anche a Marty_Angel, senza la quale io non
sarei qui. Lei che mi ha aiutato per la stesura del mio primo capitolo,
che mi ha sempre bacchettato per i miei errori e che, sono sicura,
continuerà a fare fino alla fine dei suoi e dei miei giorni.
A nome mio e di tutte le persone a cui hai lasciato qualcosa nel cuore, GRAZIE D'ESISTERE <3
Tanti auguri a me, e a voi, per questo anno insieme.
La vostra cara fenice è rinata dalle sue ceneri.
Un bacione:^.^:
Sammy