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Autore: _gurochan    07/04/2013    1 recensioni
Le vecchie ferite possono far meno male, ma mai sparire del tutto.
[Seguito di "Anästhetikum und Rosen" sulla caduta del Muro]
Genere: Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bel clima soleggiato della California ha deciso, in questa giornata come nelle precedenti, di andare a farsi un giro per lasciar posto alle prime grandi piogge della stagione fredda. Lo sguardo di Eva si vela leggermente di tristezza nel momento in cui, scostando appena la tenda, si accorge delle innumerevoli gocce arrivate a dissetare le tante piante ancora sofferenti per la calura che fino a pochi giorni prima le aveva oppresse. “Poco male, alla fine mi sono goduta un sole così bello!”, dice tra sé e sé con un sorriso soddisfatto osservando la propria pelle che finalmente è riuscita ad far colorire, anche se solo di poco.

In fondo a quel sorriso però si nasconde una malinconia tanto forte quanto radicata, tutto le ricorda troppo la sua patria, i suoi luoghi: pensa che da lei un sole così non si sarebbe mai visto, che una pioggia del genere sia comparabile alle tante altre che fanno da sfondo ai ricordi della sua infanzia.

Scuote la testa e si asciuga l'occhio, è diventata troppo brava ormai a soffocare questi noiosi sentimenti per lasciarsi sopraffare ancora dalle emozioni; non ha più voglia di farsi vedere debole dai suoi protettori, è anche riuscita ad assumere un po' di quella sfacciataggine tipica di Alfred e ne è felice. Con una certa rapidità riesce a recuperarla, stampandosi un sorriso in faccia e andando verso la porta pronta a gustarsi il brunch che il giovane americano le aveva promesso la sera prima.

“Fatemela vedere ancora una volta.. Vi prego..”
La mano ferma sulla maniglia della porta, Eva sente le gambe che iniziano a tremare. Pensava di aver dimenticato il tono della sua voce, ma più che altro sperava di esserci riuscita.
“Ci credi così stupidi? Dopo quello che le hai fatto pretendi anche di poterla rivedere? Scordatelo!”. La voce infuriata dell'inglese la intimoriva ogni volta.
“Arthur, calmati. Neanche tu sei stato uno stinco di santo con lei, non hai diritto di dire cose del genere.”

“Smettila di fare l'eroe della situazione, Al. Se siamo contrari a tutto questo è perchè noi ricordiamo, al contrario di te che sembri sempre avere una memoria troppo breve..”. Francis era bravo con le parole anche quando non doveva usarle per creare arte o sedurre, gli avrebbe dato ragione in quel momento anche se non l'avesse pensata come lui.

“Io penso che dovremmo dargli una possibilità.. Non ha più niente che possa renderlo una minaccia per noi, insomma..”, ma non fa in tempo a finire la frase che la sua voce viene coperta da quella di Arthur che replica sibilando con odio: “La sua sola esistenza è una minaccia”.

“Vi prego.. Ho solo bisogno di vederla..”, sente dire al russo con voce debole. Il cuore le si stringe, le lacrime le offuscano la vista e d'istinto apre la porta della camera.

 

Vedere Ivan prostrato ai piedi di chi gli era sempre stato nemico era una scena tanto magnifica quanto obbrobriosa. Il potente Ivan Braginski, che in quegli ultimi ventott'anni era stato il terrore di fin troppe persone, era ridotto ad un misero supplice sporco di pioggia, di sangue e di lacrime.

Era il 9 novembre del 1989.

   
 
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