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Autore: dilpa93    07/04/2013    7 recensioni
Posò il libro sul comodino, trovando il titolo e il nome dell’autore scritti a grandi caratteri fissarla quasi minacciosi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Martha Rodgers, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Una donna, i suoi passati'
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“Costretto ad andarsene lontano, a sparire nell’ombra, aspettava alla stazione che il treno arrivasse poggiato ad una colonna in cemento corrosa dal tempo e, nascosto dal cappuccio della felpa grigia indossata frettolosamente quella mattina, senza un motivo apparente, gli tornò alla mente una storia in cui si era imbattuto anni prima leggendo un libro mentre, pazientemente, aspettava che il suo turno alla centrale iniziasse…
C’è stato un tempo in cui gli angeli, creature pure e meravigliose, vivevano sulla terra. Si mescolavano tra gli uomini, senza vergognarsi o avere timore di mostrare a tutti la bellezza della loro pelle candida carezzata dolcemente dai raggi del sole come in un caldo abbraccio materno, o le loro ali sottili e leggere che sembravano ardere di fuoco vivo.
Ma gli uomini divennero ben presto invidiosi di quegli esseri perfetti, così chiesero aiuto all’antico potere della magia per rilegarli al di là delle nubi, lontani dagli affetti e dal mondo che avevano sempre creduto appartenesse a loro, concedendogli, però, di poter vegliare su coloro che amavano senza tuttavia poter essere visti.
Gli angeli non si ribellarono, intrappolati dalle catene invisibili di quel potere esoterico, e rassegnati si lasciarono condurre tra l’azzurro accecante del cielo.
Sfiorarono la calda terra per l’ultima volta, mentre la tristezza si faceva largo tra la folla rispecchiandosi nelle dolci lacrime lasciate loro come saluto. E quando-
“Anche papà è un angelo?” La voce assonnata del bambino interruppe la sua lettura colpendole il cuore come una lama affilata. “Anche papà è dovuto andare lassù?” Domandò mentre la bocca gli si deformava in un grande sbadiglio.
La donna schiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma non un suono ne uscì. Si alzò dal lettino, gli rimboccò le coperte donandogli poi un amorevole bacio sulla fronte coperta dai sottili capelli castani. Posò il libro sul comodino, trovando il titolo e il nome dell’autore scritti a grandi caratteri fissarla quasi minacciosi.
 
‘Ethan Preston, No trace
 
Quando in libreria il piccolo aveva visto la copertina raffigurante due ali scintillanti che si stagliano sul nero della notte, non era riuscita a persuaderlo e si era ritrovata costretta a comprarglielo. Era un bambino sveglio e perspicace, e adorava che lei gli leggesse -almeno fino a che non avesse imparato a farlo da solo-; la sua voce calda e tranquilla riusciva sempre a trasportarlo in quei mondi fantastici impressi con l’inchiostro sulla carta.
Quello forse non era un libro particolarmente adatto ad un bambino –anzi, senza dubbio non lo era- ma non le importava, era una cosa che lo faceva felice e a lei bastava quello.
Spense infine la piccola abat-jour lasciando la cameretta in ombra.
“Buona notte cucciolo.”
Si chiuse la porta alla spalle e in quell’esatto istante lo sentì sussurrare flebile “se sei lassù e mi guardi sarai fiero di me, te lo prometto.”
Poi il silenzio.
Si accasciò con la schiena contro lo stipite della porta, i fuseaux blu che le segnavano le forme longilinee si impregnarono di lacrime all’altezza delle ginocchia strette con prepotenza al petto. Avrebbe voluto potergli dare una risposta, ma la verità era che neanche lei sapeva dove fosse, se gli fosse accaduto qualcosa, se fosse vivo.
Era solo andato via, uscito dalla sua vita come se non ci fosse mai entrato. Non c’era alcuna traccia di lui, un recapito, un numero di telefono, una foto, una lettera, solo quel bambino.
Molte altre domande le sarebbero state sicuramente poste da quella creatura curiosa che glielo ricordava più di quanto non volesse, ma non era certo quello il momento di pensarci. L’indomani avrebbe avuto un’audizione e sarebbe dovuta riuscire ad avere un aspetto fresco e riposato.
Si alzò a fatica dalla moquette ingrigita e, scalza, si diresse verso la sua camera da letto sentendo improvvisamente sulle spalle un enorme peso di cui si sarebbe liberata solo parecchi anni dopo.
 
 
“Mother, what’s this?”
“Oh, it came for you this morning. Why, is it important?”
“Mom… There’s something I want to tell you…”


Diletta's coroner:
Il piccolo Rick si interroga sul suo papà, o meglio, interroga la sua mamma, che però non sa dargli risposte.
Alla prossima!
  
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