Alec
put his hands out. They were pale in the moonlight, wrinkled from water
and
dotted with dozens of silver scars. Magnus looked down at them, and
then back
at Alec, confusion darkening his gaze.
"Take
my hands," Alec said. "And take my strength too. Whatever of it you
can use to—to keep yourself going."
Magnus
didn't move. "I thought you had to get back to the ship."
"I
have to fight," said Alec. "But that's what you're doing, isn't it?
You're part of the fight just as much as the Shadowhunters on the
ship—and I
know you can take some of my strength, I've heard of warlocks doing
that—so I'm
offering. Take
it. It's yours."
[City
of Ashes, Cassandra Clare]
~*~
Magnus
tracannò letteralmente la birra, continuando a rigirarsi il
bicchiere fra le
dita. Con quelle luci psichedeliche, il liquido sembrava del colore di
uno di
quegli strani succhi fatati che aveva ordinato per la festa, e che
stava
accuratamente evitando. Non quanto i suoi ospiti, Nascosti di tutta
Brooklyn e
dintorni, che ora affollavano il suo appartamento invaso da musica ad
alto
volume e bibite e corpi sudati che si strusciavano senza falsi pudori.
Non
che si fosse aspettato grandi risultati, ma neppure quel party
organizzato
all’ultimo minuto stava funzionando. Continuava ad essere di
malumore, a
desiderare di spaccare qualcosa, e l’unico essere vivente che
avebbe potuto
placare quella frustrazione non si faceva vedere né sentire
da più di una
settimana.
Che
stronzo.
Sbuffando,
Magnus si appoggiò di schiena alla parete, passandosi una
mano sul viso
imperlato dal sudore. Si sentiva soffocare dentro quella casa, eppure
una volta
quelle feste gli facevano saltare a mille l’umore. Adesso gli
ricordavano
soltanto quanto fosse vuota la sua vita prima che Alexander Lightwood
ci fosse
scivolato inspiegabilmente dentro, sconvolgendo tutti i suoi schemi e
le sue
strambe abitudini.
Era
passata un’intera settimana dalla notte
dell’attacco alla nave. Ricordava ogni
dettaglio di quelle ore, ogni sensazione quando aveva stretto le mani
di Alec,
aveva sentito fluire la sua energia insieme alla propria, in un gesto
talmente
intimo per uno stregone che forse neppure si poteva spiegare ad alta
voce. I
Cacciatori si esprimevano in rune, ebbene lui avrebbe chiesto
l’aiuto del più
coinvolgente di quei simboli, per definire l’emozione provata
a sentirsi
un’unica energia con quella del ragazzo per cui sospettava di
avere molto più
che un interesse. Alec era scivolato in una pacata incoscienza e Magnus
l’aveva
stretto fra le braccia, beandosi per pochi istanti di quella calma
assurda in
mezzo alla tempesta. Solo due ragazzi fortemente uniti, uno stretto
all’altro,
su una specie di camioncino mezzo rotto a galleggiare in mezzo al
casino. Una
bella illusione durata il tempo che la magia facesse il suo corso,
curando
entrambi e restituendoli alla battaglia nell’unica forma che
quel mondo pazzo e
rompipalle sembrava voler accettare: un cacciatore e uno stregone.
Che
razza di stronzo.
“Magnus,
non balli?”
“No,
Darlene, non mi va”
“Oh
santo cielo, sei malato?”
Più
di quanto tu creda.
Sette
giorni e non un cenno, un saluto, una visita. E quando il giorno prima
Maryse
Lightwood era venuta a parlargli del portale, della sua richiesta di
trasportare se stessa e i figli assieme a Jace ad Alicante, ad
accompagnare la
madre si era presentata Isabelle. Isabelle,
non lui. E dal suo sguardo lievemente a disagio, aveva dovuto scoprire
che stavano
per trasferirsi ad Alicante per chissà quanto tempo.
Ti
odio.
Odio
non riuscire a odiarti.
Sei
proprio uno stronzo.
“Magnus,
che razza di festa è questa?” un giovane vampiro
coi capelli neri gli si
avvicinò ridendo, evidentemente già ubriaco,
ciondolandosi a tempo di musica.
“Dov’è l’artiglieria pesante,
eh?”
Magnus
lasciò scorrere lo sguardo sul corpo del ragazzo. Chett,
Jett, aveva un nome
strano che aveva sentito prima, ma ovviamente non lo ricordava. In
altri tempi,
se lo sarebbe trascinato volentieri in camera da letto. Ora riusciva
solo a
vedere quanto i suoi occhi non fossero i
suoi.
“Ah,
lascialo stare, Wyatt” una bionda con le orecchie dalla forma
strana gli gettò
un occhiolino. “Il grande stregone di Brooklyn stasera
è avvolto nei suoi
pensieri”
Magnus
fece una smorfietta, allontanandosi dalla parete con un colpetto di
reni.
“Siete un branco di ragazzine piagnucolose,”
mormorò col suo miglior sorriso
sghembo, pallida imitazione di quello che faceva di solito.
“E ciò nonostante,
non vi lancerò di sotto perché ho voglia di
divertirmi”
Wyatt
e la ragazza accolsero la novità con degli urletti di
approvazione, prendendo
subito a strusciarsi contro di lui quando Magnus posò il
bicchiere, scendendo
in quella che era effettivamente diventata la pista da ballo della
casa.
La
cosa migliore era concentrarsi sui movimenti. Pensare a muoversi
secondo il
ritmo frastornante della musica, sentire il calore dei liquori
scivolargli
lungo le vene, sperare che arrivassero presto ad offuscargli il
cervello.
Abbastanza presto da fargli dimenticare tutto.
Anche
quella sera passata in casa con lui, poco prima che tutto cambiasse,
quando si
era divertito a metterlo in imbarazzo in tutti i modi nel tentativo di
farlo
ballare. Decisamente Alec era il peggior tronco di legno con cui avesse
cercato
di danzare, eppure non si era mai divertito o emozionato tanto.
Pensa
ai movimenti.
Si
muove bene, questo Chett.
Perché
dovrei essere fedele a
qualcosa che non esiste?
Perché
è evidente che mi sono
sognato tutto.
“…ma
che diavolo…?”
C’era
un frastuono assordante di musica house in quella casa, eppure quella
voce
Magnus la percepì immediatamente. Lui.
Alec era appena entrato, per quel che poteva vedere, dato che aveva
ancora la
giacca addosso, e si stava guardando in giro a dir poco basito. Magnus
lo vide
e incontrò il suo sguardo, ma non fece un solo movimento
nella sua direzione.
Anzi, mostrandosi più divertito di quanto in
realtà non si sentisse, uncinò le
dita nei pantaloni di pelle del vampiro con cui stava ballando,
incollandoselo
ancora più scandalosamente addosso.
“Magnus!”
Alec sgomitò nella folla per raggiungerlo, guardandosi
attorno ancora
infastidito e perplesso. “Ma che sta succedendo
qui?”
“Non
lo vedi?” Magnus nemmeno si volse, continuando a ballare con
un più che
soddisfatto Wyatt. “E’ una festa, hai presente? Si
balla, si beve, ci si
diverte…”
Alec
sentì un fiotto d’acido allo stomaco, nel vedere
come la mano di Magnus
accarezzasse voluttuosamente il collo del vampiro con cui ballava. Si
impose di
mantenere i nervi saldi, comunque. “Ti devo parlare”
“Sono
occupato”
“E’
importante”
“Ah
davvero?” Magnus scansò con una manata piuttosto
improvvisa Wyatt, deciso a
baciarlo, tenendoselo comunque stretto mentre ballava, ma lo sguardo e
l’attenzione erano tutti per Alec. Ed erano improvvisamente
freddi e duri. “Ne
hai avuto di tempo, per venire a parlarmi. Se ti serve lo stregone che
di
recente ripara i cocci di voi cacciatori, mi dispiace ma è
fuori servizio. E
come puoi vedere, qui c’è una festa.
Quindi… se proprio vuoi fare qualcosa…”
con un ghignetto divertito e vagamente crudele, Magnus
riagguantò il vampiro,
per riprendere la loro danza sensuale. “Balla, giovane
cacciatore”
Alec
inarcò le sopracciglia, fissandolo come se fosse ubriaco,
prima di inclinare il
capo con fare irritato. Il suo solito broncio si incupì
ancora di più, dal
momento che Magnus sembrava davvero preso da quello che stava facendo.
E
soprattutto era deciso ad andare oltre, e farlo alla sua presenza.
Magnus lo
vide andare via con la coda dell’occhio, diretto verso il
tavolo con le
bevande.
“Nephilim,”
brontolò Wyatt, senza nemmeno troppo fiato e in evidente
stato di eccitazione.
Sorrise divertito, stringendo Magnus per i fianchi. “Non
sanno neppure cosa sia
il divertimento”
In
realtà, è proprio così.
Magnus
non riuscì a impedirselo. Stava ballando per inerzia, ma con
lo sguardo seguiva
Alec. Gli aveva sempre detto di tenersi alla larga dalla roba che
servivano ai
suoi festini, a meno che non fosse proprio lui a dargliene, e sembrava
che gli
stesse obbedendo, visto che se ne stava di spalle alla parete, con le
braccia
conserte e lo sguardo truce, in attesa.
Guarda,
guarda pure.
Impara
che cosa significa farsi
salire la bile perché c’è qualcun altro.
E
non è un quarto di quello che
succede a me quando tiri fuori il tuo Jace.
“E’
troppo affollato qui,” Wyatt sorrise allusivo, passandogli le
braccia attorno
al collo. “Perché non facciamo un salto di
là…?”
“Più
tardi, Matt” rispose sbrigativamente Magnus, accigliandosi.
Il tizio che si era
appena avvicinato ad Alec gli era molto più che familiare,
considerando che
amava sbandierare la sua abilità nell’ammaliare le
menti umane per soggogarle.
Non che con un cacciatore avesse delle speranze, ma la sua vicinanza lo
infastidiva comunque.
Che
diavolo vuoi, Flanaghan?
“Magnus,
mi stai ascoltando?”
Flanaghan
fece scorrere un dito lungo il braccio scoperto di Alec, che lo
guardò con un
sopracciglio inarcato, e un momento dopo Wyatt si ritrovò a
ballare da solo.
“Magnus
complimenti, mi piace quando inviti questo genere di
bocconcin-”
Alec
non fece in tempo a replicare, dato che Magnus lo stava trascinando per
un
braccio, con una forza che non gli aveva mai mostrato. Lo spinse
sbrigativamente nella stanza da letto, dove due creature dalla
carnagione
verdastra si stavano divertendo alla grande contro l’armadio.
“Fuori,
prima che vi polverizzi”
I
due rimasero sorpresi dall’ingresso e dallo sguardo duro del
padrone di casa,
quindi si affrettarono ad obbedire, correndo fuori. Magnus
sbattè la porta
chiusa, appoggiando le mani sui fianchi con aria annoiata.
“Che
cosa diavolo vuoi?”
Alec
allargò appena le braccia. “Parlarti in maniera
civile? Non sapevo che avessi
una fe-”
“Certo
che non lo sapevi, Alexander, non avresti potuto saperlo, dato che non
ti fai
vivo da una settimana” Magnus intrecciò le braccia
al petto. “In fondo, non ti
servivo a niente. Perché dovevi venire?”
“Non
dire stronzate,” Alec inghiottì, facendo un paio
di passi verso di lui. Lo
sguardo duro di Magnus rivelava una ferita aperta che gli
mozzò il respiro. “Sai
che mio padre è ancora convalescente, la situazione non
è esattamente facile
all’Istituto”
“Oh
si, tua madre mi ha accennato qualcosa. Ad esempio, che ve ne andate ad
Alicante”
Alec
inspirò profondamente, facendo una smorfia. “Mi
aveva detto di restare con
nostro padre e Max, per questo non sono-”
“Certo,
perché tu fai sempre tutto quello che ti viene
ordinato!” Magnus sembrò
finalmente esplodere, sciogliendo l’intreccio delle braccia,
avanzando verso di
lui. Avrebbe tanto voluto che il suo sguardo tradisse solo offesa e
rabbia, non
quella ferita che sentiva aperta da giorni. “Sei un soldato
eccellente, il
figlio modello, un fratello talmente premuroso che si prende anche la
briga di innamorarsi del proprio parabatai, perché immagino che
tutto il
tuo tempo libero anche questa volta sia stato devoluto alla missione Salviamo l’eroe tormentato!”
“Questo
è ridicolo! Jace non c’entra niente stavolta, la
mia famiglia è in un momento
difficile e io sto solo facendo il mio dovere di figlio!”
“Doveri,
doveri, solo doveri! Tu nemmeno te ne rendi conto, Alexander. Non ti
ascolti.
Non ti ascolti mai,” Magnus scosse la testa, sbattendo le
mani sui fianchi. “O
forse sono io che mi sono illuso che stesse succedendo qualcosa fra me
e te.
Che tu avessi lo stesso bisogno che avevo io di vederti, e che quel
bisogno
fosse più forte di qualsiasi dannato dovere”
Vaffanculo.
Vaffanculo.
Alec
aprì la bocca… ma poi sembrò
ripensarci, perché rimase in silenzio.
Quell’espressione
confusa, quell’onnipresente broncio furono una coltellata.
Quindi
è vero che mi ero illuso.
Mi
ero illuso di poter subentrare
al tuo maledettissimo grande amore impossibile.
Mi
ero illuso che potessi amarmi.
Magnus
fece per superarlo, deciso a uscire da quella stanza prima che la sua
espressione potesse svelare tutta la sua delusione.
“Il
problema sono io! Non è Jace, non sei tu, sono io!”
Il
tono di profonda disperazione gli impedì di uscire. Magnus
si fermò di fronte
alla porta, senza voltarsi. Se si fosse voltato, se lo avesse guardato
negli
occhi a quel tono così sofferente, avrebbe ceduto di nuovo.
Alec
sembrava sui carboni ardenti. Per qualche istante rimase in silenzio,
mentre i
rumori assordanti della musica fuori dalla stanza riempivano
l’aria. Si passò
una mano fra i capelli, incasinandoseli ancora di più.
“Mio
padre e mia madre non sanno che sono gay,” mormorò
alla fine, con un tono che
sapeva di sconfitta. “Non lo immaginano, e non la
prenderebbero bene. La nostra
famiglia è già guardata male, con la storia di
Jace figlio di Valentine, e
tutto il passato dei miei. Non riesco a immaginare che cosa mi
direbbero, ma so
che se lo sapessero adesso… adesso che sono diventato un
cacciatore adulto, che
mio padre deve rimettersi… mia madre lo prenderebbe come
l’ennesimo scandalo.
Ne sono maledettamente sicuro”
Fantastico.
Una
insicurezza dopo l’altra.
Prima
era Jace. Adesso questo.
Non
finirà mai.
“E
che cosa vorresti fare?” Magnus cedette
all’impulso, e si voltò. “Mentirgli per
il resto della tua vita? Fingere di essere qualcuno che non sei, solo
per far
contenti i tuoi genitori?”
“Non
ho detto questo,” replicò Alec, altrettanto duro.
“Sto solo dicendo che non è
il momento migliore. E che se fossi venuto qui prima, si sarebbero
insospettiti…
mi sarei tradito, lo sai che sarebbe successo”
Magnus
emise un versetto di incredula frustrazione, scuotendo il capo.
“Perché
non vuoi capire-”
“No,
Alexander, sei tu che non vuoi capire” Magnus gli si
avvicinò, guardandolo
dritto negli occhi blu. “E la cosa peggiore è che
non vuoi capire te stesso.
Continui a nasconderti dietro un milione di insicurezze e divieti, ma
io so che
c’è dell’altro in te, perché l’ho visto,
maledizione. Ti impedisci di amare perché sei legato a Jace,
perché vorresti
amare lui ma al tempo stesso non vuoi dirgli niente, neppure che sei
gay,
dimostrando che hai paura di essere rifiutato dalla persona di cui
dovresti
fidarti di più. Ti impedisci di avere una relazione con me,
perché hai la
responsabilità del buon nome di famiglia. Quale buon nome,
Alec, i tuoi l’hanno
calpestato quando eri troppo piccolo per riuscire a parlare. Loro sono
andati
contro le leggi, tu che leggi infrangi nell’essere te stesso?
A chi fai del
male se ti liberi di queste paranoie ottuse, e continui a fare quello
che hai
sempre fatto da persona felice e appagata?”
Alec
non riuscì a rispondere. Sembrava sui carboni ardenti.
E
stronzo io, che adesso vorrei
solo poterti abbracciare.
Magnus
si ficcò le mani nelle tasche, unico sistema per non cedere
e accarezzargli la
guancia. Avrebbe voluto mantenere un tono duro, ma non ci
riuscì.
“Tu
sei passionale, Alexander. Il mondo questo non lo sa perché
non gliel’hai mai
mostrato, ma io lo so e l’ho visto. Non sei solo il soldatino
che obbedisce.
Hai un cuore enorme, che ha posto per tutti tranne che per se stesso.
Eppure
tutto questo lo rinneghi, e ti nascondi dietro delle paure che uno come
te
potrebbe vincere in un battere di ciglia, se solo lo volesse davvero.
Credevo
di valere la pena per te… di essere un buon motivo per
trovare la grinta di cui
hai bisogno, ma a quanto pare mi sono sbagliato”
Questo
sembrò scuotere Alec. “Non è
così, non sarei qui se davvero-”
“Se
davvero cosa, Alec?” Magnus sospirò, scuotendo
tristemente la testa. “Sono
stanco di aspettare che tu scelga me. C’è sempre
qualcosa che viene prima. C’è
sempre qualcuno che viene prima.
Forse dovresti fermarti e chiederti cos’è che vuoi
veramente”
“Io
so che non ho il diritto di chiederti altro tempo,” Alec
scosse appena la
testa. Era esitante, sembrava quasi non sapere cosa dire, come
comportarsi. Perché
le parole di Magnus gli erano arrivate dritte al cuore, con tutto
ciò che
questo significava.
Magnus
attese qualche istante il ‘però’ che
sembrava sospeso nell’aria… ma la frase
restò incompleta, sebbene gli occhi di Alec ne tradissero
ogni emozione. Oh no,
non gli era indifferente, e lui questo lo sapeva bene. Ormai quello
sguardo lo
conosceva bene.
Non
cambierà mai nulla se adesso ti
abbraccio, e ti dico che capisco.
Devi
capire tu che cosa vuoi, Alec.
Io
posso solo sperare che tu voglia
me.
Ma
non posso continuare così.
“No,
infatti” replicò piano, inumidendosi le labbra.
“Torna a casa, Alexander.
Scegli chi e cosa vuoi essere. Perché per quanto…
nonostante tutto, io non
riesco né voglio andare avanti in questo modo”
Alec
esitò, sul punto di rispondere. Inghiottì,
chiudendo per un momento gli occhi,
e annuì. Lo superò in silenzio, e Magnus si
impose di restare di spalle, o
avrebbe mandato all’aria tutta la sua spavalderia per
trattenerlo. Scrollarlo
fino a fargli entrare in quella zucca dura il ragionamento
più logico. Ma
doveva capirlo da solo, in fondo. Anche se questo significava rischiare
di
perderlo. Avrebbe pagato oro perché
quell’esitazione si fosse trasformata in un
discorso, una presa di posizione, ma ormai conosceva bene Alec
Lightwood.
Conosceva i suoi silenzi, e i suoi sguardi.
Ti
serve tempo.
Posso
solo dartelo, no?
La
porta si aprì, lasciando entrare il frastuono della festa,
per poi richiudersi
e rendere di nuovo quel caos come ovattato. Magnus chiuse gli occhi e
sbuffò,
passandosi le mani sul viso. Avrebbe volentieri dato un calcio a
qualcosa, se
questo non avesse rovinato le sue scarpe verde pisello. Si
lasciò cadere sul
letto, sdraiandosi di schiena a gambe e braccia larghe. E
sbuffò di nuovo.
Tu
guarda di chi dovevo andare ad
innamorarmi, io.
Karma
del cazzo.
Con
un pochino di tempo libero in più e l’ispirazione,
gli aggiornamenti sono più rapidi
:D
Un
grazie specialissimo per le mie tre recensioni *_____*
Maggyeberty:
ti ringrazio tantissimo *-* la penso come te, la loro storia
è bella proprio perché
sono due casini che ne creano uno ancora più
grosso… e più amabile!
Dontblinkcas:
ma grazie mille *_* si, il progetto è quello di
“riempire i buchi” fino all’ultimo
libro, ovviamente non sono Cassie ma immaginare non costa nulla :D
Terrybells85:
grazie tantissimo anche a te *-* spero di continuare a non deludere le
tue
aspettative!
Un
bacio a tutti, scappo a nanna! E grazie fin da ora a chi mi
lascerà un
commentino :D