Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Inathia Len    08/04/2013    3 recensioni
Non ho mai creduto nella relazione tra Haymitch e Maysilee, ma se invece fosse stata un'altra la ragazza a fargli perdere la testa... una ff ambientata l'anno dopo la vittoria di Haymitch, con nuovi tributi ma una Capitol City sembre uguale a se stessa. dalla storia "...Il treno si mise in moto e mi sembrò ancora più silenzioso dell’anno passato. Il paesaggio ci sfrecciava attorno, mentre i nostri boschi si fondevano con la pianura e le grandi praterie. Tutto sembra esattamente identico, stesso lusso, medesima destinazione, nessuna idea di come tutto questo sarebbe andato a finire.
Ma non era davvero tutto uguale. Quell’anno mi sembrava che le poltrone comode e i pasticcini farciti avessero perso la loro attrattiva. Forse perché sapevo che nulla di tutto questo sarebbe cambiato mai, mentre i due visi che mi guardavano in quel momento non sarebbero stati mai più gli stessi.
Ero un mentore. Il loro, più precisamente..."
leggete e recensite. :)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caesar Flickerman, Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Il treno si mise in moto e mi sembrò ancora più silenzioso dell’anno passato. Il paesaggio ci sfrecciava attorno, mentre i nostri boschi si fondevano con la pianura e le grandi praterie. Tutto sembra esattamente identico, stesso lusso, medesima destinazione, nessuna idea di come tutto questo sarebbe andato a finire.
Ma non era davvero tutto uguale. Quell’anno mi sembrava che le poltrone comode e i pasticcini farciti avessero perso la loro attrattiva. Forse perché sapevo che nulla di tutto questo sarebbe cambiato mai, mentre i due visi che mi guardavano in quel momento non sarebbero stati mai più gli stessi.
Ero un mentore. Il loro, più precisamente.
Ancora mi sembrava impossibile metabolizzare il fatto di essere uscito vivo dall’Arena, figuriamoci rendersi conto che quei due miei coetanei in una settimana avrebbero fatto completamente affidamento su di me per la loro sopravvivenza.
-Allora? Qualche consiglio utile?- mi chiese la ragazza, -E non rispondere cose del tipo ‘restate vivi’ perché non saresti spiritoso.-
Mi passai una mano tra i capelli e sentii che il mal di testa sta per fare capolino.
-Dagli tregua, Isabel, siamo appena partiti.-
-Rhys, non so tu, ma io tenderei a mantenere lo status in cui sono ora. Ossia viva. Ok?-
Squadrai i due tributi davanti a me. Non sarebbero potuti essere più diversi, ma, allo stesso tempo, erano la quintessenza del Distretto 12. Isabel Grandwater, anni 18, era una ragazza del Giacimento, anche se non la tipica. Carnagione chiara, capelli ramati e leggermente mossi, grandi occhi grigi. Rhys Fiennes, anni 12, veniva dalla parte benestante del Distretto. I suoi genitori erano fiorai. Aveva i capelli biondi tagliati corti e gli occhi azzurri. Portava anche gli occhiali, ma pensai che appena saremmo arrivati a Capitol City avrei chiesto che gli facessero un intervento agli occhi. Già era gracile, con gli occhiali sarebbe stato ancora più improbabile trovargli degli sponsor.  
-Restate vivi non ti piace? E pensare che è la prima cosa che vi dico- la stuzzicai. Isabel alzò gli occhi al cielo.
-Allora, allora, come stanno i miei campioni?-
Donna Flower fece il suo ingresso nella carrozza, con la parrucca azzurra ancora sbilenca, talmente alta da prendere contro allo stipite delle porte e storcersi ogni volta che ci passava. Ecco un’altra cosa che non era cambiata dall’anno scorso. Solo che prima non era mio compito smorzare il suo entusiasmo, ne ero solo la vittima. Sulla sessantina, Donna deve essere stata anche una bella donna in passato, ma gli interventi chirurgici l’avevano decisamente rovinata. Aveva la pelle liscia di una ventenne, con il fisico di una ottantenne. E non sarebbe stato  male se si fosse messa a dieta.
-Come scusa?- la voce di Isabel era più gelida della neve.
-È bellissimo qui, Donna. Davvero- le rispose Rhys, accomodante. Forse lo avevo sottovalutato, ci sapeva fare.
-Grazie, mio caro. È sempre bello che voi possiate godere di tutto questo, anche se per così poco. Haymitch, che ci dici tu, caro?-
-Siamo ancora vivi, Donna, rilassati.-
Lei si lasciò sfuggire un risolino e si sedette, lisciandosi il tailleur fucsia e giallo.
-Allora, vogliamo parlare un po’ di strategie?-
Capivo la sua mania di controllare tutto e tutti, ma qui si esagerava.
-Non ho ancora...-
-Ma qui il tempo vola! Haymitch, non ti facevo così irresponsabile.-
Sbuffai.
-Non ti ricordavo così pesante, Donna.-
-Portami rispetto, ragazzino. Faccio questo lavoro...-
-...da quarant’anni. Sì, lo so. E lo sanno anche i morti...-
E la nostra discussione sarebbe continuata all’infinito, seguendo un vecchio siparietto, se non fosse stato per un rumore di sedie che strusciano sul pavimento e piedi che se ne vanno. Isabel si era appena alzata e Rhys le stava correndo dietro, probabilmente per convincerla a tornare indietro.
-Isa, aspetta. Aspetta ho detto!-
Mi presi la testa tra le mani, ma sembrava che Donna non volesse darmi tregua.
-Visto cosa hai combinato? Il tuo bel caratterino ha già mietuto troppe vittime, per essere il primo giorno...-
-Basta, stai zitta!- urlai e finalmente Donna sembrò perdere la sua parlantina petulante.
-Tu non sai niente, niente di vittime. Hai mai fatto altro, oltre ad accompagnare dei bambini al macello? Hai mai visto i tuoi amici morire? No. Tutto quello che sai fare è parlare, parlare all’infinito. Sei una lima sorda e inutile.-
-Non sono così inutile...- tentò di inserirsi lei, ma non mi fermai.
-Tutto quello che ti limiti a fare è buttare un ‘mio caro’ qui, un ‘tesoro’ là e per una altro anno sei a posto. Vivi nel lusso e non sai cosa succede al di là della tua parrucca. Che, tra parentesi, è orrenda.-
Mi alzai prima di lasciarle tempo di rispondere ed uscii come una furia dalla carrozza ristorante, finendo addosso a qualcun altro. Borbottai uno –scusa- e feci per andarmene, ma una mano mi trattenne. E una voce. Non dura come prima, né sprezzante. Oserei definirla quasi sottile, impaurita.
- È vero? Quello che hai detto a Donna intendo. Com’è vedere i tuoi amici morire?-
Isabel era ferma alle mie spalle, una sua mano sulla mia.
-Brutto. Meglio che ti ci faccia la pelle, anche se non è una cosa alla quale ti puoi abituare. E non dare troppa confidenza a Rhys. Fino a prova contraria, è il tuo nemico e tu sei il suo.-
-Tu hai aiutato mia cugina.-
Ed eccolo lì, un velato riferimento a qualcosa di cui nessuno avrebbe dovuto parlare. Maysilee era un argomento tabù.
-Non ti riguarda.-
-In effetti sì. Potrei allearmi con Rhys, insieme avremmo più sponsor.-
-Ucciderlo alla prima occasione te li farà perdere.-
-Potrei lasciarlo casualmente indietro e far fare a qualcun altro il lavoro sporco.-
-Astuto.-
-Grazie- disse e lessi un sorriso nella sua voce.
Rhys arrivò e la nostra conversazione si interruppe. Pensai che Isabel volesse fargli sapere quello che mi aveva appena detto.
-Allora, si cena?- chiese.
Passammo il pasto quasi senza parlare. Donna era ancora arrabbiata con me e non sarebbe tornata a parlarmi prima che io mi fossi profuso in scuse sbrodolevoli; quanto ai tributi, bè, ricordavo bene come l’abbondanza di cibo paralizzasse la lingua. E mentre ognuno era impegnato a guardare il proprio piatto, non potei fare a meno di lasciare i pensieri vagare.
E questi tornarono a Maysilee.
Isabel era sua cugina, lo sapevo.
Non le assomigliava in nulla, lo sapevo.
Era anche più grande. Ma, in tutto quello che faceva e diceva, me la ricordava in maniera dolorosa. Non che tra me e lei ci fosse mai stato altro oltre all’amicizia, ma le avevo voluto bene e stavo male ancora per la sua morte. Però, la cosa che mi dava più fastidio era la facilità di Isabel di fare piani sulla pelle altrui. Non si sarebbe fatta scrupoli nel servirsi di Rhys per poi abbandonarlo, ne ero certo, e poi osava paragonare questo all’alleanza tra me e Maysilee. Certo, non mi sarei aspettato che saremmo potuti essere entrambi vincitori, ma pensai che non sarei mai riuscito ad ucciderla. Non dopo che mi aveva salvato la vita.
Finito quello che avevo nel piatto, biascicai un saluto e quasi scappai nella mia carrozza. Mi buttai sul letto ancora vestito e pensai di essermi addormentato. Quando riaprii gli occhi, tutto era buio e avevo la gola secca. Mi alzai barcollando, intontito dal troppo cibo e, con la mente ancora totalmente nel mondo dei sogni, mi avviai verso la carrozza ristorante.
Entrai e rimasi paralizzato.
Su un divanetto si era addormentato Rhys e aveva la testa appoggiata sulle gambe di Isabel. Lei si era assopita con la testa contro il finestrino e una mano sulla fronte del ragazzo. Di certo, doveva averlo accarezzato per tranquillizzarlo, prima che crollasse nel sonno. Sul viso di Rhys vidi ancora le tracce argentate lasciate dalla lacrime.
Presi da bere e mi sedetti di fronte a loro, valutando l’ipotesi di portarli nelle loro carrozze in braccio, uno alla volta. Poi, Isabel aprì gli occhi.
-Sete?- le chiesi sottovoce, indicando il bicchiere che tenevo in mano. Lei scosse la testa e si guardò intorno confusa.
-È già mattina? Quanto ho dormito?-
-Tranquilla, è ancora notte, l’alba è lontana.-
Isabel sembrò rilassarsi.
-Perché siete rimasti qui?-
Non aveva senso rifiutare questi lussi, proprio perché era altamente probabile che non li rivedessero mai più.
-Rhys era agitato e non mi sentivo di lasciarlo solo- rispose, ricominciando a passare la mano sulla fonte del ragazzo, accarezzandolo. -È solo un bambino, Haymitch. Quante possibilità ha?-
Tutte quelle che riuscirò a fornirgli io, principalmente, pensai, colpito da questo pensiero. Fino a quel momento non mi ero reso conto di quando fosse seria la faccenda del mentore, forse perché io non ne avevo mai avuto uno.
-Non potrai permetterti di vederla così, nell’Arena. Dovrai ritenerti fortunata se morirà di morte naturale. Almeno non lo avrai sulla coscienza.-
La sentii sospirare.
-Già. Triste, no? Fino a ieri poteva essere mio amico... tra una settimana dovrò preoccuparmi della sua morte.-
-Per lui sarà lo stesso.-
Ero confuso da questa nuova Isabel, ma dovevo ammettere che mi piaceva molto di più rispetto alla ragazza cinica di quella mattina. Questa sembrava avere una coscienza e sembrava farsi degli scrupoli all’idea di uccidere qualcuno, cosa piuttosto strana per un tributo.
-Credi che mi convenga avere degli alleati?-
La sua domanda arrivò dopo il silenzio e sapevo cosa significasse, quali cose non dette racchiudesse.
-Conviene trovare qualcuno che ti completi. Per esempio, se sei brava a cacciare, ma non sai quali erbe e piante siano commestibili, allora un esperto in questo campo ti sarà utile.-
-Ma non Rhys- disse, e sembrò più un’affermazione che una domanda.
-Non Rhys- confermai. –Nel caso in cui dovessi poi ucciderlo o doverlo ferire non te lo perdonerai mai. Meglio se ti dimentichi di lui nel momento esatto in cui cominciano i giochi.-
La vidi annuire e sentii che aveva capito.
-La sogni mai?-
Feci finta di non aver capito a chi si stesse riferendo e mi alzai in piedi.
-Maysilee- insistette lei e io cambiai argomento.
-Porto a letto Rhys. Conviene anche a te andare a letto, più sonno accumuli meglio è.-
Poi presi in braccio Rhys e lo portai nella sua carrozza, non girandomi verso Isabel per non vedere le lacrime che, ero sicuro, scendevano sul suo viso.
 
A colazione, quando arrivai, trovai la conversazione già avviata e non dovetti fare altro che sedermi e ascoltarli. Donna, a quanto pareva, stava dando il meglio di sé raccontando il lusso sfrenato e senza senso di Capitol City.
-…e poi le parrucche che vanno di moda quest’anno sono alte e sottili, quasi delle torri. Avete presente quella che indosso adesso?- disse, indicando il siluro giallognolo che si stagliava sulla sua testa, -Bè, a Capitol City risulterebbe troppo sobria.-
Soffocai una risata e mi feci passare le fette biscottate. Diciamo che “sobria” non era la definizione che avrei dato a quell’impalcatura piena di treccine, paillettes e piccole piume, alta almeno mezzo metro.
-Non ridere Haymitch, mostra un po’ di rispetto- mi riprese e io soffocai una risata. –Invece,- ricominciò, -le scarpe hanno punte esagerate e attorcigliate, e i colori che vanno di più sono il verde, l’azzurro e il giallo. Ovviamente, i tessuti sono trattati in modo da diventare fosforescenti la notte…-
-Ovviamente- la stuzzicai io e sentii Rhys ridere.
-Per quanto riguarda i vestiti,- andò avanti lei, dopo avermi lanciato un’occhiataccia, -i vestiti hanno linee decise e tanti adorabili pois. E a ogni pois sono applicate delle paillettes e piume. Assolutamente splendidi!- trillò.
-Assolutamente-dissi io, tentando di imitare il suo acuto con il mio vocione.
-Haymitch Abernathy,- partì lei all’attacco, -sei capace di prendere qualcosa sul serio nella tua vita?-
-Ma certo, madame. Mai stato più serio in vita mia. L’unica cosa che non capisco, è il senso di questo dettato sulla moda quando, in tutte le occasioni, saranno vestiti dagli stilisti.-
-Devono sapere! E poi è così interessante, non è vero?-
Sia Isabel che Rhys evitarono di rispondere e, per schivare le lacrime di Donna, intervenni. Andava bene prenderla in giro, ma ferirla senza motivo, no. Era quando di più simile ad un’amica io avessi e spesso mi ricordava anche mia nonna, che mi mancava sempre più. Aveva avuto un carattere deciso ed ero in questo che Donna me la ricordava. Di certo non per la passione sfegatata per la moda. Ma c’era qualcun altro che non vedo l’ora di rivedere, a Capitol City, uno di cui davvero mi importava. Antinoo, lo stilista. Non era stato il mio, l’anno scorso, ma eravamo diventati quasi amici nel corso della settimana dedicata all’addestramento. Ogni giorno, lui e la mia stilista Clarity erano rimasti a pranzo nel nostro appartamento e avevo condiviso molto con loro. Li avevo rivisti qualche mese prima per il Tour della Vittoria, ma non vedevo l’ora di vedere cosa avessero escogitato per quest’anno. E dovevo ammettere che erano fortunati, Isabel e Rhys erano piuttosto belli.
-Allora, qualche domanda da farmi che non riguardi la moda?- chiesi, leggermente in imbarazzo. Non sapevo bene come comportarmi, ma ero certo di dover assumere il mio ruolo di mentore al più presto. Dovevano sapere che potevano fidarsi di me e che io erano in grado di aiutarli.
-Alleanze- buttò lì Rhys, ignaro del discorso che avevo fatto con Isabel questa notte.
-Vanno bene, ma non troppo allargate e non tra di voi. Preferibili all’inizio del programma. Quando si è in pochi sale il sospetto e, quella sensazione di aiuto che potrebbe derivare dall’alleanza, si trasformerebbe in paura. Meno siete, più grande è il nemico. Finché sarete in tanti, avrete alte probabilità di non essere voi le prime vittime.-
-Ma siamo del 12, siamo prime vittime per forza- intervenne Isabel.
-Certo che se parti con questo spirito...- borbottò Rhys.
-Non è detto,- confermai io, -Di sicuro, state lontani dal gruppo dei Favoriti…-
-Favoriti?- mi interruppe Rhys, interrogativo. Giusto, primo anno per lui.
-Tributi del distretto 1, 2 e 4. Si allenano in accademie speciali fino ai diciotto anni per poi offrirsi volontari. Gente per cui i giochi sono un’occasione di gloria e fama- spiegò Isabel, anticipandomi.
 –Ma ci faranno a pezzi davanti alla Cornucopia- obiettò con me.
-Consiglio numero due: lasciate perdere tutto quello che c’è davanti alla Cornucopia. Se proprio non volete allontanarvi a mani vuote, afferrate uno zaino a caso, quando di più semplice da prendere ci sia. Tutto il resto che vi serve, farò in modo di mandarvelo io.-
-E se non ci riuscissi?- chiese Rhys e con questa domanda mi mandò in crisi. Aveva ragione, era il mio primo anno da mentore, nessuno mi conosceva, se non come vincitore. E se mi avessero ritenuto troppo giovane per essere preso sul serio?
-Ce la farò. È il mio compito tenervi in vita- dissi, mostrando una sicurezza che non avevo. Isabel alzò un sopracciglio e pensai che avesse compreso il mio bluff. –Comunque, tornando un attimo al discorso dei Favoriti che vi faranno a pezzi- ripresi, -dimostratevi sicuri di voi in allenamento, strabiliate gli strateghi nella sessione individuale e non avrete problemi.-
-Come se fosse facile- borbottò Isabel, ma decisi di ignorarla. Non sapevo che fine avesse fatto la ragazza gentile che stavo imparando a conoscere in privato, ma questa sfrontata non la sopportavo.
-Cosa sapete fare?- chiesi, cercando di capire quale prodotto dovevo vendere.
-Questo preferirei non dirlo davanti a lui- intervenne Isabel, accennando con la testa a Rhys, ma lui la ignorò.
-Conosco piuttosto bene le piante, ma non so maneggiare nessun tipo di arma. Non ho mai cacciato in vita mia e non ho nemmeno una gran forza fisica- confessò Rhys, senza alzare gli occhi dal tavolo di mogano.
-Nel tuo caso, per impressionare gli altri, ti consiglio di fare qualcosa con le piante e imparare qualcosa di nodi, armi e tecniche basilari di sopravvivenza.-
-Mi basterà il tempo? Tre giorni non sono tanti…-
-Non devi imparare tutto, cerca di capire quello che ti potrà essere utile. Tu?- chiesi, rivolto a Isabel, -non vuoi ancora parlare?-
Scosse la testa ed uscì dalla carrozza. Sentii le porte aprirsi e chiudersi alle sue spalle e guardai Rhys e Donna.
-Vai a parlarle- mi consigliò lei, -c’è chiaramente qualcosa che non va. Cerca di capire cosa.-
Annuii lentamente e mi alzai. Vagai per il corridoio senza ben sapere dove andare, sbirciando un po’ qui, un po’ lì. La trovai sul terrazzino alla fine del treno, con lo sguardo rivolto all’orizzonte, verso il Distretto 12.
-Pensi che lo rivedrò mai?-
Presi posto accanto a lei, ma rimasi in silenzio. Era il suo turno di parlare.
-Tu conoscevi Michael- disse e io annuii. Era stato con me l’anno scorso nell’Arena, l’altro tributo maschio. Un ragazzone di diciotto anni, figlio di un minatore, che sapevo usciva con Isabel. Sapevo anche che volevano sposarsi, una volta che i loro nomi non fossero più stati sorteggiabili, ma, ovviamente, ormai non sarebbe stato più possibile. Michael era morto da un anno, il primo giorno dei giochi dell’anno scorso.
-Sai, avevamo deciso di non avere figli. Non ce l’avremmo fatta a vivere il dramma della Mietitura come genitori. Saremmo bastati l’uno all’altra...-
Rimasi sempre in silenzio, ma non lasciai andare la sua mano. Non sapevo cosa dire, non sapevo perché lo stesse raccontando ora e a me, ma forse Donna aveva ragione. C’era qualcosa che non andava, qualcosa in lei si era rotto e, forse, parlarne le avrebbe fatto bene.
-Lui era bravo, sapeva cacciare, usava arco e frecce. Procurava cibo a tutta la sua famiglia.-
C’erano stati arco e faretra, proprio all’ingresso della Cornucopia e lui aveva fatto di tutto per essere il primo a metterci le mani sopra. Uno dei Favoriti gli aveva tranciato di netto la testa. Sapevo dove voleva andare a parare il discorso di Isabel, ma avevo quasi paura a concludere il pensiero. Doveva essere lei a dirlo.
-Se non ce l’ha fatta lui, come potrò io…?-
Appoggiai lievemente una mano sulle sue e sentii che stava tremando. Isabel si voltò verso di me e fissai incantato le lacrime che brillano nei suoi occhi grigi, così simili ai miei.
-Haymitch, ho paura. Una paura folle di andare a letto e non svegliarmi mai più, di sentirmi puntare una lama alla gola, di essere avvelenata, di soffrire…-
-Shh- la zittii io, stringendo forte la sua mano. –Il mio unico scopo è quello di tenervi in vita. Vi prometto che farò di tutto per farcela. Ho vinto solo l’anno scorso, la gente si ricorda di me, ricorda quello che ho fatto anche per Maysilee e mi vogliono bene. Vi troverò tanti di quegli sponsor che a te e a Rhys non sembreranno gli Hunger Games, ma una villeggiatura in un hotel di lusso.-
Isabel scoppiò a ridere nervosamente, ma la sentivo già più tranquilla.
-Ha ragione Donna, prendi mai qualcosa seriamente tu?-
-Assolutamente- le risposi, imitando la voce acuta di Donna, come avevo già fatto prima, e Isabel rise di nuovo.
-Non vedo l’ora di vederti indossare una di quelle orrende parrucche e completini- la presi in giro e lei rise di nuovo, asciugandosi una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
-Penso che nessuno possa sembrare serio con quella roba addosso. Ma davvero a Capitol City si vestono così?-
-E Donna ti sembrerà sobria e di gran classe al confronto- confermai, annuendo.
Rise di nuovo e scoprii che la sua risata mi piaceva. Avrei voluto che fosse stata così più spesso, anziché ombrosa e acida. Sembra più vecchia e molto poco piacevole.
Stavamo ancor ridendo, quando il paesaggio intorno a noi cambiò bruscamente e, insieme ai boschi, si portò via il suo sorriso. Ora si guardava intorno come stordita, indecisa se mostrare il suo stupore o meno. Capitol City era entrata nei nostri occhi e io non potei nascondere un moto di disgusto. Anche se quest’anno non ero in pericolo di vita e, in teoria potevo rilassarmi, continuavo ad odiare tutto questo. La gente che si affollava in piazze e strade solo per poter scorgere i nuovi tributi nel megaschermo, cittadini che scommettevano sulle loro vite, donne che commentavano le loro pettinature, uomini che discutevano animatamente sulle armi, bambini che imitavano i loro combattimenti... no, tutto quello mi avrebbe sempre nauseato. Ma sapevo come poteva sembrare a chi non ci era mai stato, per chi proveniva da un Distretto povero come il nostro, tutta quella ricchezza riempiva gli occhi, faceva sperare in un futuro migliore per tutti. Che grande illusione, Presidente!
Seguii lo sguardo di Isabel e immaginai di vedere la bianca città attraverso i suoi occhi, ma non ci riuscii. Provavo troppo risentimento nei confronti dei suoi abitanti, non sarei mai riuscito a vederla bella. Troppi pochi parchi, troppi palazzi che si elevavano verso il cielo fino a sfiorarlo...
-Fa sempre questo effetto?- domandò Isabel, con la bocca spalancata.
Io annuii, ma sapevo bene che intendevamo due cose diverse.
-Meglio tornare, tra poco dovremo scendere.-
Ripercorremmo il treno al contrario e, a causa della strettezza dei corridoi, non ci fu momento in cui le nostre mani non si sfiorarono. Non provai nemmeno a trattenere le sue dita, sapevo che non potevo permettermelo, ma sognare era bello.
-Ma dove eravate finiti?!- chiese Donna in tono isterico. Ci veniva in contro dalla carrozza ristorante e guardava in modo strano le nostre mani che si sfioravano, come fosse stata indecisa se arrabbiarsi ed il provare compassione per noi.
-Vai, ma cara- disse poi, rivolgendosi a Isabel, -Non siamo nemmeno entrati in stazione che già la folla chiede di voi.-
Seguii la sua figura con lo sguardo finché Isabel non sparì oltre la porta del vagone.
-Che cosa credi di fare?-
La voce di Donna aveva perso tutto il suo tono caramelloso di sempre e ora davvero mi sembrava mia madre. Dovevo ammettere che mi faceva piuttosto paura.
-Donna, cosa...?-
-Oh, tu non capisci, vero? Il piccioncino si è innamorato. Ah, e poi sono io quella insensibile! Ma pensi davvero che ci sia un futuro per voi? E se anche lei cominciasse a provare qualcosa per lei? La stai solo illudendo...-
-Tu che ne sai? Magari riesce davvero a vincere...-
-E se non ci riuscisse? Devi considerare anche questo- disse, stringendo gli occhi a due fessure.
-Non...-
-Non ci avevi pensato- concluse lei per me e sospirò. –Te lo dico io come andrà a finire, Haymitch, se lei morirà. Ne uscirai distrutto.-
Scrollai le spalle, come a voler fare scivolare via tutto quello che aveva detto.
-Meglio se ti vai a cambiare nella tua carrozza, ti ho tirato fuori dei vestiti- mi disse, passandomi una mano sulla guancia, -e raditi, che sembri un porcospino!- strillò, tornando a rivestire il suo ruolo.
-Niente scarpe a punta, però- protestai, facendole spuntare un sorriso.
-Vai, e datti una mossa- mi rimproverò, dandomi uno buffetto sulla nuca.
Mi allontanai con un lieve sorriso sulle labbra, deciso a non pensare a Isabel. Dovevo considerare, invece, anche Rhys. Ero davvero disposto a sacrificare quel ragazzino per salvarla? Non era così semplice come sembrava. Forse così su due piedi sì, ma, una volta nell’Arena, se avesse avuto bisogno di aiuto, glielo avrei dovuto dare. Che razza di mentore sarei stato, se no? Nessuno mi avrebbe più preso in considerazione ed avrebbe anche avuto ragione.
Aprii di scatto la porta del mio vagone e mi buttai sul letto, ricordandomi solo all’ultimo dei vestiti che avrei dovuto indossare. Fantastico, ora erano tutti spiegazzati e Donna avrebbe passato tutto il viaggio fino al Centro Addestramento a rimproverarmi. Mi tirai su e guardai quello che mi aveva preparato e gli occhi si riempirono di ricordi...
 
-Haymitch, sbrigati, è già suonata la prima sirena!-
La voce di mia madre riempì l’aria e la piccola casetta. Tastai il letto accanto a me e non sentii nessuno. Al si era già alzato e sicuramente era già pronto e impomatato, splendente nel vestito nuovo. Mi girai nel letto, aggrovigliandomi nelle coperte. Non volevo alzarmi, volevo fondermi con le lenzuola.
-Haymitch! Quante volte ancora te lo devo dire!-
-Arrivo mamma- urlai in risposta, ma non accennai al tirarmi su.
-Mitch?-
Questa volta fu una vocina a scuotermi. Il mio fratellino Al era ai piedi del letto e sembrava molto indaffarato nel capire da parte cominciassero o finissero gli strati di coperte in cui mi ero avvolto.
-Mitch, sei qui sotto da qualche parte?-
Grugnii in risposta e lui saltò sul letto, esattamente sulla mia pancia.
-Ah!-
-Ti ho fatto male?- chiese lui, preoccupatissimo.
Scoppiai a ridere e mi tirai su dal letto, sollevando il mio fratellino in alto e facendolo ridere con me. Poi lo rimisi per terra e lo osservai con occhio critico.
-Sembri proprio un piccolo ometto- sentenziai.
-Non sono piccolo- protestò lui, dall’alto dei suoi sette anni e mezzo.
-Oh, no!- lo presi in giro io e cominciai a rincorrerlo per la stanza per fargli il solletico. Lui scappava ovunque e, alla fine, finimmo addosso a mia madre, che era entrata in quel momento nella stanza per portarmi i vestiti.
-Haymitch, è tardi!- sbuffò, facendo cadere la camicia e i pantaloni sul letto. –Ti voglio vestito e con il letto rifatto entro la prossima sirena. Non voglio che se la prendano con te solo perché arrivi in ritardo.-
Le sorrisi e la abbracciai da dietro.
-Tranquilla, ma’- dissi facendole l’occhiolino. –Emma è già andata in piazza, che tu sappia?- le chiesi, mentre toglievo la giacca del pigiama
-Emmaline è passata mentre dormivi, ha aspettato un po’, ma poi è andata via- mi rispose lei, mentre cominciava a tirare le lenzuola sul cuscino. Inutile, anche se aveva detto che l’avrei dovuto rifare io, non voleva che arrivassi in ritardo.
-Allora la vedrò lì. Ci vediamo dopo- la salutai, chiudendo l’ultimo bottone della camicia e prendendo al volo un biscotto.
-Haymitch, stai sbriciolando ovunque!-
-Mitch sbrodolone!- le fece eco il mio fratellino.
Scoppiai a ridere e mi ficcai in bocca altri tre biscotti, facendo ridere anche loro due.
Ma la sirena gelò i nostri sorrisi.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Inathia Len