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Autore: njaalls    08/04/2013    11 recensioni
I can do it, better, better than you.

Rita Sahatçiu Ora era nata nel Kosovo e nello stesso anno si era trasferita con la famiglia in Inghilterra, a Londra, dove aveva iniziato la sua vita, segnata profondamente dall'arte. Nel 2009 fu scoperta dal rapper Jay-Z, che la volle nel suo video Forever Young, in seguito le fece firmare un contratto con una casa discografica.
Conor Paul Maynard  era nato nel sud del Regno Unito, a Brighton, e aveva passato un'infanzia tranquilla, circondato da una famiglia affettuosa. La svolta era arrivata quando, ormai adolescente, si era convinto a caricare su You Tube le sue cover e una sera, mentre se la spassava con gli amici, gli arrivò una chiamata da Ne-Yo.
Dai quei giorni le loro vite cambiarono, era tutto un susseguirsi di impegni e registrazioni ed entrambi erano tanto presi dalle loro nuove vite, per sfondare nel mondo della musica.
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Conor Paul Maynard e Rita Sahatçiu Ora, per essere così perfetti da soli e insieme.


Lei aveva fatto ricerche su di lui e lui le aveva fatte su di lei. Entrambi erano arrivati alla stessa conclusione, non avevano stili così diversi, ma c'era qualcosa nell'altro che non li convinceva.
Rita Sahatçiu Ora era nata nel Kosovo e nello stesso anno si era trasferita con la famiglia in Inghilterra, a Londra, dove aveva iniziato la sua vita, segnata profondamente dall'arte. Nel 2009 fu scoperta dal rapper Jay-Z, che la volle nel suo video Forever Young, in seguito le fece firmare un contratto con una casa discografica.
Conor Paul Maynard  era nato nel sud del Regno Unito, a Brighton, e aveva passato un'infanzia tranquilla, circondato da una famiglia affettuosa. La svolta era arrivata quando, ormai adolescente, si era convinto a caricare su You Tube le sue cover e una sera, mentre se la spassava con gli amici, gli arrivò una chiamata da Ne-Yo.
Dai quei giorni le loro vite cambiarono, era tutto un susseguirsi di impegni e registrazioni ed entrambi erano tanto presi dalle loro nuove vite, per sfondare nel mondo della musica.


"Pronto?" domandò passandosi una mano sul viso. Si era appena alzato con il suono del cellulare e non era nel pieno delle sue facoltà. Lanciò un'occhiata alla sveglia che segnava le sette del mattino e maledisse chi a quel ora lo disturbava.
"Pronto, Conor!" esclamò una voce euforica, che aveva imparato a conoscere abbastanza bene. "Disturbo?"
"Oh, no, certo che no" tentò di tranquillizzarlo, mettendosi a sedere e poi alzandosi. Con la lentezza di un bradipo in coma si avviò in cucina e si versò del caffè, ormai tanto era sveglio.
"Bene, perchè ho avuto un'idea, geniale" e iniziò a parlare e a parlare, così tanto velocemente che Conor avrebbe dovuto prendere un'aspirina una volta chiusa la chiamata, ne era certo, ma sapeva anche, che quel fiume di parole erano soltanto nel suo interesse, riguardavano la sua carriera. "Oggi pomeriggio ti voglio in sede, ti devo fare conoscere una persona"
"Oh, ehm... Sì, signore, ci sarò" rispose pacato, chiudendo la chiamata e accasciandosi sul tavolo esausto, ignaro che dall'altro lato della città, una ragazza stava ricevendo la stessa telefonata. L'unica differenza era che lei era già sveglia e pimpante, pronta a tutto quello che la vita aveva da offrirle con grande entusiasmo.


Quel pomeriggio Rita era abbastanza tranquilla, nonostante fosse stata richiamata da uno dei produttori più in voga del momento: le aveva rivelato di volerle fare conoscere qualcuno e questo l'incuriosiva perchè era certa avesse qualcosa in serbo per lei, dato che quel uomo era dell'EMI Music e sfornava talenti, uno dopo l'altro.
Camminava per le vie del centro con la sua migliore amica, Cara, dopo tre estenuanti ore di shopping sfrenato, che aveva visto alla fine i suoi piedi chiedere pietà. Cara era una modella, non una di quelle vuote e sciocche che Rita trovava tanto oche quanto irritanti, lei era intelligente e misteriosa nel suo look molto spesso aggressivo e, soprattutto, era una bellezza non convenzionale, con lunghi capelli biondo cenere e folte sopracciglia castane. Rita l'adorava. Quando il grattacielo di vetro si presentò ai loro occhi, entrambe alzarono lo sguardo e Cara salutò l'amica, incitandola ad entrare, o avrebbe fatto tardi. Rita attraversò la strada, mentre gli occhi di tutti erano puntati su di lei. Era una bella ragazza e lo sapeva, ma non pensava fosse quello il motivo per cui tutti la osservavano, nè tanto meno credeva che la gente la guardasse per il suo lavoro, non era quel tipo di cantante da essere riconosciuta ovunque andasse, dava la colpa di tutte quelle attenzioni al suo look eccentrico. Londra era abituata ad avere gente di ogni tipo, ma quando una ragazza girava in collant e pantaloncini a novembre, un giubbotto leopardato e delle blazer fluo, il tutto accentuato da un trucco appariscente, non c'era altra scelta per i passanti, se non girarsi. Quando la bionda aprì la porta, una ventata calda e accogliente l'accolse, sorrise e raggiunse la hall.
"Salve, sono-" iniziò, tenendo saldamente la sua dolce e gabbana tra le mani.
"La signorina Ora" la precedette l'uomo alla reception, con un sorriso che andava da un lato all'altro del viso. "Trentesimo piano" e le indicò in fondo ad un corridoio.
La bionda stava per incamminarsi, ma la porta da cui era appena entrata si aprì, facendola gelare e obbligandola a voltarsi. Piegò la testa di lato, quando un ragazzo alto e magro, con biondi capelli che gli ricadevano sulla fronte, entrò e si guardò intorno, salutando chiunque, come se fosse di casa. Soltanto un paio di secondi dopo i due si fissarono reciprocamente, riconoscendosi. Lui le sorrise e lei, sempre solare e gentile tutti, ricambiò, nonostante lo trovasse un po' altezzoso come ragazzo, classificandolo come uno riservato e noioso. Rita solo non sapeva che l'altro pensava lo stesso di lei, troppa puzza sotto il naso e aria da snob. La bionda si incamminò, sentendosi seguita con lo sguardo, giunse all'ascensore e ne attese l'arrivo. Quando finalmente le porte del vano s'aprirono, lei entrò e fece per premere il piano, ma una voce la bloccò.
"Aspetta" Rita ritrasse la mano e Conor Maynard la raggiunse, esitante. "Posso?"
Lei trattenne a stento una smorfia, facendosi scappare però un risolino. Dio, era pure educato. Il biondo la fissò non capendo e lei agitò la mano, facendogli intendere che non importava. "A che piano vai?"
"Trentesimo" rispose abbastanza scocciato dai modi della ragazza, fissando il suo G Shock nero. "Tu?"
"Idem" non riuscì a trattenere un'alzata di occhi che lei non si lasciò sfuggire. "Che problemi hai?"
"Io nessuno, Rita" rispose più che altro divertito, calcando il suo nome. E scoppiò a ridere, ridere perche quella ragazza era una ventata d'aria fresca, con quei suoi vestiti eccentrici e quelle unghie -le aveva notate solo adesso- smaltate in modo volgare
"Sei un idiota, Conor" rispose con lo stesso tono lei, giocando con i braccialetti. "Cosa ti porta qui?"
"E' la mia casa discografica" replicò con tono ovvio, avvicinandosi alla bionda, forse non era così male e si era sbagliato. "A te?"
"Appuntamento di lavoro" fece la vaga e lui rise, per farla innervosire.
"Spaccagli il culo" l'incitò e lei sorrise. Rimasero in silenzio attendendo che il trentesimo piano arrivasse in fretta, perchè lo sguardo curioso di lei su Conor, lo stava cominciando a mettere in soggezione e quel silenzio era asfissiante.
"Ah, Conor-" lui alzò lo sguardo sul volto truccato della Ora e attese che proseguisse. "Mi è piaciuta la cover Yeah x3" il campanello suonò, segno che erano arrivati a destinazione e le porte s'aprirono. "Anche se io avrei saputo far di meglio" e con un sorrisetto strafottente e irritante se ne andò, precedendolo.
Conor rimase solo, la testa bassa ad osservare divertito il pavimento e la sensazione che quella ragazza gli avrebbe filo da torcere, se l'avesse rincontrata, poi uscì, ricordando l'appuntamento al quale stava ritardando. Camminò lungo il corridoio e arrivò dalla segretaria, quella perennemente impacciata quando parlava con lui, Lou si chiamava, e Conor amava mandarla in tilt, facendo arrossare le sue gote solitamente pallide.
"Buon pomeriggio, Lou" la salutò, facendole alzare di scatto la testa, colta alla sprovvista. "Tutto bene?"
Lei deglutì rumorosamente, perdendosi in quelle iridi, come ogni volta. "C-ciao, Conor. Io bene, t-tu?"
"Oh, bene, grazie" e sorrise, per poi chiederle del suo produttore.
"Sta arrivando, puoi aspettare con lei" gli indicò un punto alle sue spalle e lui si voltò, trovando due occhi cioccolato puntati sulla sua figura.
"A quanto pare attendiamo la stessa persona" buttò lì la bionda.
"A quanto pare" confermò lui, cercando di capire il perchè di quel invito doppio da parte del suo produttore.
"Ragazzi! Scusate il ritardo, ma mio figlio voleva mangiare-" tentò di giustificarsi l'uomo che stavano aspettando, camminando incontro ai due giovani. Salutò prima Rita con una calorosa stretta di mano e poi Conor con delle forti, ma sincere, pacche sulla schiena. Questo, capelli brizzolati e vestiti eleganti, presentò loro il bambino che lo accompagnava e li fece accomodare nel suo ufficio.
"Come state? Immagino che vi siate già presentati-" cominciò facendo loro un gran sorriso. Venne bruscamente interrotto dalla squillo di un cellulare e chiese gentilmente scusa, si alzò e uscì dalla stanza.
"Che pensi ci debba dire?" domandò Conor, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo puntato sulla bionda, che invece giocava amorevolmente con il figlio dell'uomo.
"Non ne ho idea" e rise, tornando a parlare, provocante. "Sicuramente a me proporrà un'offerta di lavoro, date le mie grandi potenzialità. A te, bhe, non lo so. Che potresti fare?" concluse con un sospiro esagerato e lanciò al ragazzo, che intanto si era avvicino a lei, un'occhiata.
"Bella questa" ironizzò lui, togliendo dalle mani del bambino un bicchiere di vetro, lasciato incustodito sulla grande scrivania. "Oh, magari ci vogliono nello stesso progetto, ma tu sarai la spalla. La mia spalla" precisò.
"Non dire idiozie Conor, è ovvio che sarà al contrario" sentenziò lei, non davvero convinta, lo diceva solo per stuzzicarlo e lui stava al gioco, la cosa era divertente.
"Invece ha ragione" una voce li interruppe e il produttore tornò nell'ufficio, mentre il figlio gli correva incontro, ci ripensò subito e raggiunse di nuovo Rita. "Ti voglio in un pezzo di Conor, nel suo album. Abbiamo un paio di brani ancora da scegliere, ma uno deve essere con te. Vi ho ascoltati e sareste perfetti, vorrei qualcosa di vero, un pezzo scritto insieme" concluse, guardando uno e poi l'altro. I ragazzi rimasero in silenzio, pensando e ragionando, entrambi misero da parte quel giochetto che conducevano fino a poco prima e con delle smorfie accettarono.
"Non so cosa potrebbe uscire, ma per me è okay-" la bionda si interruppe, perchè quello che era appena successo, le fece sbarrare gli occhi, mentre Conor rideva a crepapelle e il produttore si scusava con lei più e più volte, trascinando via suo figlio che le aveva appena vomitato sui vestiti.
Una buona mezz'ora dopo entrambi uscirono dall'edificio, Conor ancora che se la spassava per la disavventura della collega e Rita che borbottava maledizioni tra sé, disperata e irritata, perchè puzzava maledettamente di vomito, anche se avevano provato a ripulirla come meglio potevano, ma senza grande successo. Si complimentò con se stessa, per aver lasciato che Cara si portasse a casa anche i suoi vestiti comprati durante lo shopping pomeridiano, a quel ora sarebbe stata un po' più profumata.
"Serve un passaggio?" domandò Conor ad un certo punto, lei annuì con foga e lo ringraziò, forse sarebbero riusciti a scrivere qualcosa di decente, insieme.


Passarono le settimane e la situazione era diventati insostenibile. Rita e Conor si erano conosciuti, apprezzati, ma anche terribilmente odiati e maltrattati. Avevano litigato come minimo un migliaio di volte e sempre per stupidaggini, erano il cane e il gatto e sempre in continua competizione, nonostante il lavoro fosse di coppia. Arrivavano anche a insultarsi pesantemente, concludendo molto spesso con una lode a se stessi per sminuire l’altro. Solitamente concludevano una discussione con un ‘posso farlo meglio di te’, per poi correre via e non vedersi fino all’indomani, era un’abitudine ormai e quella frase era quasi monotona per entrambi. Avevano provato diverse volte a scrivere qualcosa, a buttare giù –per iniziare- anche solo il ritornello, ma poi iniziavano quel loro stupido, stupidissimo, gioco, in cui se ne dicevano di tutti i colori e, un paio di volte, Conor si era visto anche vittima del nervosismo dell’amica, che le aveva tirato un paio di schiaffi.
Quel sabato avevano litigato per l’ennesima volta e Rita era scappata dalla casa londinese dell’amico come un fulmine, raccattando tutto e sbattendo la porta d’ingresso dell’appartamento. Non aveva soltanto riflettuto che quella sera lui la sarebbe passata a prendere, per andare ad una festa e che non avrebbe avuto scelta, si sarebbero rivisti. Erano le undici, quando la bionda uscì di casa avvolta in vestito attillato e salì in auto. Conor, una mano poggiata sul volante e l’altro braccio piegato accanto al finestrino, la guardò senza accennare a partire.
“Ti muovi? Faremo tardi” protestò lei, voltando lo sguardo fuori dalla macchina, per non fissare quelle iridi azzurre e limpide. Sentì solo un sospiro e poi l’auto che si metteva in moto, ed ecco che partivano verso una festa piena di gente, dove non si sarebbero nemmeno parlati a causa della troppa confusione. Quando arrivarono, la musica era assordante e il locale straripava di gente. Rimasero stranamente insieme, magari ogni tanto trovavano compagnie diverse, ma poi finivano per riconciliarsi dopo una chiacchierata con persone differenti.
“Vuoi bere qualcosa?” propose lui, cingendola dai fianchi e obbligandola quasi a camminare verso il bar, dopo delle buone ore che avevano passato stipati lì dentro.
“Mi ci stai letteralmente portando, quindi sì” scherzò lei, ma si guadagnò soltanto un’occhiataccia da parte del biondo, che l’aveva appena sottratta da un tizio con il quale si stava divertendo. Quello sguardo carico di rabbia la fece alterare e con uno strattone si liberò dalla presa dell’amico. “Senti-”
“No, sentimi tu.” Le tappò la bocca con una mano e lei non ebbe altra scelta, se non quella di ascoltarlo, mentre la gente intorno li urtava. “Non ce la faccio più con te, sei lunatica, troppo. Prima fai un discorso e poi ne fai un altro, prima ti comporti in un modo e poi cambi totalmente, io non arriverò sano di mente alla scadenza per scrivere il brano, se continui così. Sei un concentrato di egocentrismo e manie di protagonismo, tu sai fare sempre tutto e io mai niente. Non ce la faccio più, davvero. Voglio solo scrivere questa benedetta canzone e poi ognuno tornerà alle proprie strade, ma, ti prego, aiutami. Stai lontana da gente poco raccomandabile, perche non ti voglio vedere in qualche clinica per disintossicarti, tenta di dimostrarti collaborativa-”
“Tu sei geloso!” sbottò lei ad alta voce e facendo voltare più persone di quanto volesse, Conor scocciato la riprese per un braccio e la trascinò verso i bagni, dove la gente era meno.
“Io non sono geloso, per l’amor di dio, Rita!” esclamò sbattendola al muro e baciandola con foga, come un perfetto idiota. Lei non si mosse di mezzo millimetro, la bocca schiusa, ma senza cercare quella del ragazzo, perché lui sapeva il fatto suo e la stava facendo impazzire. Poi si staccò e le sorrise. “Immagino, tu sappia fare meglio di me” la stuzzicò.
Sul volto di Rita comparve un sorrisino soddisfatto e ribaltò le situazioni, spingendo il corpo di lui contro le mattonelle fredde del bagno, gli accarezzò il collo e glielo baciò, quando il ragazzo non riuscì più a trattenere la soddisfazione entrarono il un gabinetto e chiusero la porta, per avere un po’ di privacy. Diversi minuti dopo uscirono e si sentirono stranamente appagati, mentre lei stava per cadere, Conor l’afferrò, avvicinandosi poi al suo orecchio. “Hai decisamente fatto meglio di me
Rita sorrise provocante e gli mordicchiò il collo, per puro divertimento, poi le venne un’idea e gliela canticchiò, di punto il bianco, soffiandogliela sul collo. “I can do it, better, better than you
Entrambi s’allontanarono e si guardarono, improvvisamente ispirati e pronti a buttare giù tutto quello che gli veniva in mente. “forse è meglio che andiamo a casa mia, dobbiamo lavorare”
Lei annuì, lo prese per mano e uscirono dal locale, diretti con la macchina verso casa del biondo, salirono e passarono l’intera nottata davanti ad uno stupido computer. Alle sei del mattino, Rita si era già addormentata sul letto di lui, Conor spense il pc e la seguì esausto.


Quando presentarono il loro operato al produttore, quello ne rimase estasiato. Pensava, che gli avrebbero portato qualcosa di sdolcinato e amorevole, magari con  pezzi alternati tra loro, dedicati ai rispettivi innamorati. Invece si era sbagliato. E di grosso.
“Non  so come abbiate fatto uscire questo capolavoro, ma è perfetto, siete grandi” li abbraccio entrambi in una sola stretta e quasi non li soffocò. “È stupenda, energica e carica di adrenalina. Non vedo l’ora di sentirla registrata e sull’album, sarà un successo”
I due ragazzi si guardarono contenti e soddisfatti, erano riusciti nel loro intento e avevano trovato un amico, sì, perché dopo quella serata in quel locale, avevano parlato ed erano arrivati alla conclusione di non provare niente, se non un sentimento d’amicizia e stima reciproca. Erano stati contenti entrambi di quella decisione e nessuno ne aveva sofferto, tanto che Conor aveva domandato a Lou, la segretari del suo capo, di uscire e quella le aveva detto sì.
“Serve un passaggio?” domandò il biondo, cingendo le spalle dell’amica, dopo essere usciti per le strade di Londra.
“Magari” rispose lei, circondandogli la vita e lasciandosi guidare verso l’auto. “Penso che ti assumerò come mio autista”
“Non farci troppo l’abitudine, questo è l’ultimo strappo che ti do, approfittatrice” Rita scoppiò a ridere e lui le diede un bacio sui capelli. Forse l’ultimo vero bacio, perché poi l’uscita dei loro album, Contrast e Ora, scalarono le classifiche e gli unici eventi in cui riuscivano a vedersi erano importanti manifestazioni o gare musicali, dove non era di certo appropriato scambiarsi effusioni. Per entrambi l'mportante era volersi bene per sempre e ci riusciro alla grande.







 

Non so come mi sia venuta questa idea, è successo e basta. Spero colo che piaccia anche a voi, perchè adoro leggere le vostre recensioni.

Questo è un fandom che mi ha accolto come ami nessuno ha fatto e mi piace da impazzire. Le mayniacs sono una vera famiglia, senza nulla togliere ai miei altri fandom: directioners e jcats, amo anche voi, askhlj.

Allora, andiamo alla storia. Inizialmente sono partita spedita nello scriverla, poi ho avuto qualche titubanza, che mi ha portato a scrivere cose che non avrei voluto. Tipo? Rita e Conor nel bagno del locale lol, non ci doveva essere, infatti poi li ho fatti tornare ognuno per la sua strada (nonostante li ami alla follia, come coppia, ashjl.), poi la conclusione lascia un po' a desiderare, ma vabbè, e la storia non ha un senso, dato che molte cose non sono successe così o in questo ordine, lo so.
Nessuno dei due ha mai raccontato come hanno buttato giù la canzone, ma so che quando si sono conosciuti il figlio del produttore ha davvero vomitato sul vestito della Ora e Conoro rideva a crepapelle. HAHAHAHAHAH

 

Spero di non aver deluso nessuno, davvero, sono eccitata di leggere i vostri commenti.
Vi prego, lasciateli, non mi fate sentire forever alone *faccia da cucciolo*

 

love ya, hug me conor.

  
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