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Autore: Lacus Clyne    08/04/2013    3 recensioni
Only Hope was left within her unbreakable house, she remained under the lip of the jar, and did not
fly away.
Il mito insegna, la leggenda rende immortali. Eve e Verloren, così vicini eppure intoccabili. Fu la sorte avversa a separarli? Il Dio della Morte, sapiente giudice delle anime dei morti e la figlia del Signore dei Cieli, la sola in grado di arrivare al suo cuore. I sentimenti che superano la conoscenza, rendendo umani persino gli dei. E poi la tragedia, la rinascita e l'ironia di un destino crudele. Sul fondo del Vaso di Pandora rimane solo la speranza, la sola che non vola via.
Spoiler dal capitolo 94!
Genere: Fantasy, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayanami, Eve
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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The immortals know no care, yet the lot they spin for man is full of sorrow; on the floor of Zeus' palace there stand two urns, the one filled with evil gifts, and the other with good ones. He for whom Zeus the lord of thunder mixes the gifts he sends, will meet now with good and now with evil fortune; but he to whom Zeus sends none but evil gifts will be pointed at by the finger of scorn, the hand of famine will pursue him to the ends of the world, and he will go up and down the face of the earth, respected neither by gods nor men.

 

 

 

 

 

“Il profumo del fiore dell’Eden è il più dolce che abbia mai sentito. Non trovi anche tu?”

Aprii gli occhi, incontrando una luce calda e piacevole. Conoscevo bene quel giardino, che il Signore dei Cieli aveva creato affinché le anime dei defunti potessero dimorarvi in attesa del giudizio definitivo. Mi era stata concessa la conoscenza di ogni singolo aspetto e di ogni singola, persino la più insignificante, entità. Vi era soltanto una realtà alla quale non ero stato in grado di dare un significato. Ogni singolo giorno dell’eternità, quella fanciulla veniva a trovarmi, distogliendomi dal mio lavoro. Nonostante le dicessi di andare via e di lasciarmi svolgere il compito per cui ero stato creato, lei continuava, imperterrita, a farmi visita.

“Quei fiori servono ad allontanare la paura della morte, te l’ho detto. Il profumo è solo un incentivo. Che sia dolce o meno, per me non ha alcuna importanza.”

Eve, seduta nel prato, di fronte a me, sollevò il viso, incrociando il mio sguardo. Aveva assunto un’espressione grave e severa. Tutto intorno, i Kor, fedeli messaggeri, aleggiavano come se fossero adagiati sulle ali della brezza.

Anima bella… anima deliziosa...

Persino la falce, mia compagna per l’eternità, scalpitava ogni qualvolta Eve sollevava quegli occhi di smeraldo, incontrando i miei.

“Sei sempre così arrogante o ogni tanto ti concedi il lusso di ammettere a te stesso che in fin dei conti esiste un’altra verità oltre quella che affermi?”

Domandò.

Non avevo mai avuto altra compagnia all’infuori dei Kor e della falce. Sebbene avessi conoscenza di tutto ciò che riguardava il creato, Eve era in grado di mettermi in difficoltà con la stessa naturalezza con cui si rivolgeva a chiunque le fosse accanto. Aveva persino sfidato il suo stesso Padre, sebbene questo le fosse costato l’allontanamento. Avevo imparato, col tempo, a decifrare le sue espressioni. Quella volta, sul suo viso, vi era la tristezza. E avevo compreso che mai avrei voluto vederla triste, per nessuna ragione al mondo.

“Se anche fosse, quale altro motivo sarebbe valido?”

Le sue sopracciglia si inarcarono, e il suo bel viso apparve pensieroso. L’avrei potuta osservare per sempre, persa nei suoi pensieri, impegnata a cercare con tutta se stessa una risposta. Poi, sorrise, porgendomi il fiore che aveva tra le mani.

“Perché non esiste nessuno, in questo mondo, che non sia in grado di apprezzare la bellezza e la dolcezza delle cose. Persino tu, Verloren, ne sei capace, sebbene affermi di non capirne il significato.”

Scrutai il volto di quella fanciulla, la sola che non temeva di tendermi la mano nonostante l’avessi già più volte redarguita sulla letalità del solo sfiorarmi. Osservai il modo in cui stringeva quel fiore. Con determinazione e con delicatezza al tempo stesso, come se si trattasse di una reliquia preziosa da proteggere. E compresi una nuova verità. Eve era esattamente come quel fiore che teneva tra le dita, così forte e nel contempo, così fragile. Desiderai d’improvviso di proteggerla. Forse, lo desideravo già da quando la incontrai per la prima volta, perduta nella radura che conduceva al trono dell’anima, ma allora, non avrei saputo definire quella sensazione. Tesi la mano per raccogliere quel fiore, ma mi ricordai, di colpo, del rischio che le avrei fatto correre. Se anche soltanto per un istante l’avessi sfiorata, Eve sarebbe morta. Era il mio compito, dare il sonno eterno agli esseri di ogni universo. Il Signore dei Cieli mi aveva creato con quello scopo.

Va’ e poni fine alle esistenze di coloro che hanno realizzato i tre desideri sopiti nel profondo del cuore. E se la loro ora dovesse giungere prima che questo accada, essi non saranno stati in grado di vivere secondo coscienza, e farai della loro anima ciò che vorrai. Va’, Verloren, e sii il saggio giudice che deciderà il destino di tutti gli esseri del mio creato.

Non raccolsi quel fiore, e portai al contrario le dita alla tempia. Eve mi guardò stupita.

“Hai paura, non è così?”

Mi domandò.

“Paura? Non temo niente, Eve. Io non provo alcuna sensazione.”

Mentii. E nel cuore che il Signore dei Cieli mi aveva donato, affinché comprendessi l’esistenza stessa dell’anima, avvertii un peso. Sapevo che esisteva un frammento d’oscurità, che cresceva ogni qualvolta falciavo un’esistenza. Era il contrappasso, il prezzo da pagare per la conoscenza di tutto ciò che riguardava l’esistenza. Io ero la Morte, e la Morte doveva farsi carico dei desideri e dei peccati altrui. Per ogni anima che prendevo, avevo imparato a conoscere i mali che affliggevano gli esseri del creato e quei mali avrebbero continuato a scavare dentro di me, fino a che io stesso non sarei stato divorato dall’oscurità. Per questo motivo, mi era stato ordinato di rimanere alla larga da chiunque e di eseguire soltanto il compito che mi era stato assegnato. Ma Eve era sempre lì ed era la sola persona che ostinatamente, cercava di salvarmi dal mio stesso destino.

“Io invece… ho paura.”

Mi disse, costringendomi a guardarla. Paura. Paura di me.

“Ho paura che tutto questo possa finire, prima o poi.”

Il suo sorriso era improvvisamente diventato triste. Non esserlo, Eve. Non guardarmi in quel modo. Non sopporto di non poter far nulla per alleviare la tua tristezza.

“Tutto finisce. Ma la fine è soltanto un nuovo inizio.”

Le spiegai, cercando di farle comprendere che esisteva qualcosa, al di là della fine delle cose. Eppure, per chi come noi viveva l’immortalità, questo concetto era difficile, se non impossibile, da realizzare. Sollevai lo sguardo verso il cielo che si estendeva sopra di noi. Il centro stesso dell’universo era lì. Il luogo in cui tutto aveva fine e il luogo in cui le esistenze vivevano un nuovo inizio, fusi in uno. Era solo questione di punti di vista.

“Perché sei così pessimista? Non è da te, Eve.”

Dissi. Rimase in silenzio, con lo sguardo fisso su di me. Per quanto fossi infastidito dalla sua presenza, all’inizio, oramai mi ero reso conto che ogni giorno, non attendevo altro che di vederla arrivare e di poter trascorrere anche soltanto qualche istante in sua compagnia. Eve, arguta e sarcastica. Eve, gentile e compassionevole. Sollevai la stessa mano che avevo teso verso di lei e creai una gemma che scintillò a mezz’aria. Era ovale, di un verde brillante, così incredibilmente simile al colore dei suoi occhi.

“Un kokujyuseki? Che sentimento rappresenta?”

Chiese, stupita. Quantomeno, ne avevo catturato l’attenzione.

“Non lo so.”

“Non lo sai? Bugiardo.”

Mi rimproverò. Ma la verità era che non lo sapevo davvero. Ogni sentimento negativo, ogni singola sensazione avversa che permeava l’anima poteva essere rappresentata in quella forma, tranne che l’amore, così impalpabile da non poter essere ridotto in una singola gemma. Ma quel sentimento, non ero in grado di definirlo.

“Secondo te cos’è?”

Le chiesi. Eve si avvicinò, incuriosita. Nella mano, stringeva ancora con cura il fiore. Quando fu a pochi passi da me, sentii forte quel profumo di cui mi aveva parlato. Per qualche ragione che ignoravo, era identico al suo. Me ne inebriai, desiderando di poterlo ricordare per sempre.

“Speranza.”

Mormorò, timidamente.

“Speranza? Non è possibile, Eve. I sentimenti positivi non possono essere intrappolati in una forma convenzionale.”

Eve mi guardò di nuovo. Il suo viso era così vicino che istintivamente mi scostai. La vidi rattristarsi ancora una volta e provai rabbia, all’improvviso. Rabbia perché non mi era concesso di avvicinarmi. Rabbia perché non potevo far altro se non parlarle. Ma le parole erano fallaci, persino per chi possedeva la conoscenza. A cosa serviva conoscere ogni cosa se non potevo capirla? E se anche finalmente la comprendevo, a cosa serviva avere la conoscenza di ogni singolo evento, di ogni sentimento perfino, se non mi era nemmeno concesso di carezzare anche soltanto per un istante il volto della sola persona che mi aveva dimostrato il significato dei sentimenti che ignoravo? Odio. E amore. Amavo quella fanciulla e odiavo suo Padre per avermi condannato a un tormento ancor più duro del mio stesso compito. Esserle accanto e non poterla nemmeno toccare era quanto di più doloroso potesse esserci. Ero il dio della Morte, e non mi era concesso di amare qualcuno senza ucciderlo.

“Verloren, se io morissi, cosa proveresti?”

Quella domanda mi sorprese e mi spaventò al tempo stesso. Una volta, mi aveva chiesto di poter avere i fiori del Purgatorio se fosse morta. Ma avrei fatto qualunque cosa per impedirle anche solo di immaginare una cosa simile. Eve, la mia dolce, imprudente Eve, non poteva, no, non doveva morire.

“Perché vuoi saperlo?”

“Rispondimi.”

“Dolore.”

Eve mi sorrise.

“E alla fine del dolore, cosa c’è?”

“Alla fine del dolore? Che significa?”

Domandai.

“Quando il dolore passa, c’è qualcosa al di là della sofferenza?”

Mi soffermai a pensare e a riflettere su quelle parole. Qualcosa al di là del dolore e della sofferenza. Avevo visto il dolore e la disperazione sui volti di chi rimaneva. Ma non mi fermavo mai abbastanza per vedere cosa accadeva quando questi si affievolivano.

“Non lo so, Eve.”

Dissi, impotente.

“C’è la speranza, Verloren. La speranza di ricongiungersi, un giorno.”

La guardai stupito. Speranza… di ricongiungersi?

“Ricongiungersi…”

“Già.”

Eve annuì, mentre una folata di vento agitava i lunghi capelli castani legati in una coda. Quello stesso vento fece volare via il fiore che aveva tra le mani, e istintivamente, prima ancora di rendermene conto, tesi il braccio verso quel prezioso dono profumato, afferrandolo prima che si perdesse nell’aria, misto a tutti gli altri che si agitavano nel vento in quel momento. Sentii ancora quel profumo ed ebbi finalmente la risposta alla domanda che mi aveva posto. Sì, quel fiore possedeva il profumo più dolce che avessi mai sentito… ma soltanto perché era lo stesso profumo che Eve stessa aveva. Strinsi quel fiore, il fiore dell’Eden, con forza, per non lasciarlo andare e mi voltai verso di lei, ma in quell’istante, il cuore che batteva dentro di me, facendomi sentire vivo, a dispetto di ciò che ero, si fermò.

“Eve.”

Mormorai appena, vedendo la fanciulla che giaceva accanto a me come addormentata.

“Eve?”

Domandai. Sorrideva, consapevole di avermi fatto comprendere una nuova, ultima verità.

“Eve, svegliati.”

Dissi, impaziente, ritrovandomi a cercare un motivo. E poi lo vidi e lo compresi, osservando la posizione in cui si trovava. Mi ero sporto per raccogliere quel fiore ed Eve aveva fatto lo stesso. E quel gesto l’aveva portata a toccarmi, inavvertitamente, in qualche modo.

“No.”

Non poteva. Non Eve. Non doveva.

“Eve, ti prego…”

Non sapevo cosa fare. Ancora una volta, ogni mia conoscenza era del tutto inutile.

Anima bella… anima deliziosa…”

“Via! Andate via!”

Urlai ai Kor, che si avvicinavano come avvoltoi in cerca del loro pasto.

“Andate via, lei non è per voi!”

Ordinai, ed essi scomparvero all’istante. Persino la falce scalpitò ancora e la gettai via, lontano, desiderando per la prima volta in tutta la mia esistenza, di non essere ciò che ero.

“Eve, devi svegliarti! Non puoi farmi questo! Signore, perché?! Perché lei?!”

Mi guardai le mani e persi il controllo di me stesso. Le dita lunghe e affusolate ridiventarono ossa bianche e possenti.

“Eve!”

Urlai, maledicendo me stesso e ciò che avevo fatto. Maledissi il Signore dei Cieli, per quello che mi aveva costretto a subire, senza nemmeno immaginare che si trattava solo dell’inizio.

“Eve.”

Avrei persino pianto, se avessi avuto ancora carni. Il fiore dell’Eden mi cadde dalle dita, finendo accanto alla gemma che Eve aveva definito speranza. Quale speranza ci sarebbe stata per noi? Io… io l’avevo uccisa. Eve era morta, a causa mia. Febbrilmente, potei accarezzarle il viso, prima che il pallore cancellasse per sempre le sue gote rosate. Ossa… e poi ossa, quando sfiorai i suoi occhi appena chiusi, il profilo del suo viso… e le sue labbra. Trasalii, quando l’amata vita sfiorì definitivamente, lasciando soltanto uno scheletro al posto del corpo che avevo imparato ad amare. Uguali, per una volta. Raccolsi le sue mani oramai ossute e le incrociai l’una con l’altra, ricomponendola. Presi poi da terra il fiore dell’Eden e lo osservai. Odio e amore. Lo posai tra le dita di Eve, e sollevai il volto verso il cielo.

“Sei soddisfatto ora?! Eve è… lei è…”

Lei

Il nocciolo nero si infranse all’improvviso nel mio cuore. E l’oscurità prese a dilagare.

Verloren, se io morissi, cosa proveresti?

Dolore. Disperazione. Rabbia. Odio. Rimpianto. Colpa. Rancore.

Nemmeno i miei poteri avrebbero potuto salvarla.

Risi.

Risi all’improvviso. E piansi, quando ripresi sembianze umane.

Piansi e risi.

Fino a quando Lui non scoprì ciò che era successo.

E anche dopo.

Fino a quando mi accusò di avere ucciso la sua amata figlia.

E anche dopo.

Emise una sentenza, imprimendo il Suo giudizio sul mio corpo. E poi fui condannato a morte.

Fuggii nel mondo in cui la maggior parte delle anime rinasceva. E lo odiai ancor di più. La cercai, disperatamente, falciando anime come mai avevo fatto in tutta la mia esistenza fino a quel momento. Accecato da tutti quei sentimenti negativi, persi di vista la luce.

Sette copie furono create per distruggermi. Ma io ero già stato distrutto, nello stesso istante in cui Eve era morta. E il mio corpo fu separato dalla mia anima, ancora una volta. E poi rinacqui. Il mio nome fu Krowell Raggs. E poi Ayanami. E ricordai la mia promessa.

 

Quando avrò indietro il mio corpo, allora ti ritroverò sicuramente.

 

 

 

 

Fino ad allora, continuerò a farmi carico dei tuoi peccati e vivrò nell’oscurità. Fino a quando ci ricongiungeremo.

Fino ad allora, io ti sarò accanto, vegliando sul tuo animo inquieto.

Verloren, sarò sempre al tuo fianco, affinché tu non perda la speranza.

 

 

 

Only Hope was left within her unbreakable house,
she remained under the lip of the jar, and did not
fly away.

 

 

 

 

 

 

 

NdA

 

Seconda fanfiction su Eve e Verloren! <3 Stavolta un po' meno spiccicata dal manga, ma con spoiler riguardo al 94° capitolo! <3 Ho preso mooooolto spunto anche dalla leggenda del Vaso di Pandora, che finalmente, adesso mi appare davvero chiara! <3 Fan di 07-Ghost e di questa stupenda coppia, se vi va di lasciare un parere, fate pure! >___<<3

  
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