La campanella della scuola strilla in quel suo unico modo in grado di spaccarti i timpani.
Eppure, stranamente, non mi dà fastidio.
Saluto i miei compagni di corso che si avviano verso la porta d'ingresso e guardo l'orologio.
16.00
Tra un paio di colpi di tosse mi metto su la sciarpa nonostante sia primavera.
Già, la primavera.
Guardo fuori nel cortile e fisso il cielo.
Grigio. Fitto di nuvole.
Da quei batuffoli cadono perle trasparenti.
Vi è una moltitudine, eppure non sento il loro rumore.
Mi dirigo anche io all'ingresso e quando sono vicina al'uscita, sospiro.
- Perché cavolo non ho preso quel stramaledetto ombrello?-
Afferro la maniglia e spingo la porta in vetro, l'aria fredda che mi prende il naso già rosso dall'influenza.
Mi stringo nel giubbino in pelle e mi calo il cappuccio della felpa sulla testa.
Esco, decisa ad affrontare la pioggia.
E' davvero strano. Se non fosse per le enormi pozzanghere punteggiate dalle goccie che si estendono a terra, non direi che stia piovendo.
Uscita dal cancello mi fermo, alzo il naso verso l'alto e fisso quel grigiore.
Errore. Grande errore.
Biglie fragili si infrangono sulla mia pelle, sul mio naso, sulla mia bocca.
Subito dopo ciò che ne rimane scende seguendo i lineamenti del volto e avverto una sensazione di freddo sulle gote.
Ma non mi importa. E' piacevole.
Oserei dire che è rilassante.
Poi delle gocce di pioggia mi finiscono nell'occhio, che fortunatamente era chiuso.
Questo sì che è fastidioso, penso.
Strizzo la palpebra mantenendola chiusa, e delle lacrime scorrono lentamente attraverso le ciglia per colare lungo le guance.
Lacrime?
Apro gli occhi e mi sfioro la pelle sottostante l'occhio, cercando di catturare quel dono.
Ma non ci riesco, e osservo le mie dita bagnate.
Lacrime.
Il cielo può piangere? E se sì, perché dovrebbe?
Il rumore delle macchine mi riporta alla realtà e mi fa voltare verso quella città di cemento, assordante, rumorosa, inquinata.
- Oh, ora ho capito ciò che stavi cercando di dirmi.- dico sorridendo.
Raggiungo la mia fermata. Ormai il pullman dovrebbe arrivare.
Infatti arriva e incredibilmente riesco a non farmi lavare dalle sue sgommate.
Prima di salire rivolgo un ultimo sguardo al cielo grigio.
Sta piangendo. E nessuno lo capisce e non ne comprende il motivo.