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Autore: moira78    09/04/2013    12 recensioni
Camminava con passi lenti, misurati, come se muoversi troppo velocemente potesse farle in qualche modo dimenticare gli avvenimenti della notte appena trascorsa (...) Ora non era più Topino, ma Chitose Hiroda.
Spinoff tratta dall'ultimo capitolo di NRSU, 'Fiamme', di Tiger Eyes.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa è una spin off con la quale mi accingo ad omaggiare con umiltà e ammirazione l'Autrice di NRSU, nonché mia insostituibile beta, Tiger Eyes. Io, che ho una sorta di allergia alle AU e non amo particolarmente neanche le fanfiction ambientate in momenti storici diversi dal nostro, mi sono ritrovata ad adorare quello che ormai considero un capolavoro.
Nell'ultimo capitolo, 'Fiamme', il personaggio della serva soprannominata 'topino' mi ha ispirata a tal punto che ho voluto raccontare i retroscena del favore che Ranma le fa per redimerla agli occhi del padre. Nella speranza di essere riuscita a essere all'altezza di una fic tanto bella senza discostarmi troppo dallo stile perfetto di Tiger Eyes, e ringraziandola per avermi fatto da beta anche in questo caso, vi auguro buona lettura!


Glossario:
Ronin: samurai senza padrone
Tabi: calzini bianchi imbottiti.
Fusuma: pannello verticale che funge da porta scorrevole


CON PASSI LENTI

“Hiroda-sama, vorrei mettervi al corrente di un fatto increscioso che si è verificato questa notte nella stanza di vostra figlia”. Hana non aggiunse altro, per assaporare l'aspettativa della reazione che avrebbe avuto il suo padrone a quella notizia.

L'uomo inarcò un sopracciglio con fare interrogativo: "Di che si tratta?".

"Ecco... ho ragione di pensare che abbia giaciuto con quel ronin giunto qui con la sorella priva di sensi senza avvisarvi, mio signore". Si sforzò di non allargare la bocca in un sorriso maligno, di mantenere un'espressione seria.

"Oh", fece lui evidentemente colpito.

Era fatta: avrebbe chiamato immediatamente a sé quell'infelice con la faccia da topo che aveva avuto la sventura di generare dai suoi lombi; l'avrebbe umiliata, battuta come si conveniva e magari addirittura cacciata dal ryokan, dove lei sarebbe rimasta tra le preferite dei clienti e dove nessuno, nessuno si sarebbe mai azzardato a rifiutarla.

"Bene, questa sì che è una buona notizia".

Se solo ripensava a quel ronin tanto arrogante da... un momento, cosa aveva appena detto il suo padrone?

"Finalmente quella buona a nulla ha intrattenuto un cliente, per lo meno mi sarà utile e non sarà solo una bocca da sfamare".

Gli occhi le si spalancarono a tal punto che credette sarebbero rotolati fuori dalle orbite direttamente ai piedi dell'uomo. "Ma... mio signore...". Non riuscì a dire altro.

"Oh, non preoccuparti, non ho intenzione di rimpiazzare nessuna di voi. E non penso che molti clienti la richiederanno, non ha certo un viso grazioso come il tuo o quello delle altre".

Strinse i pugni a tal punto che le unghie le affondarono nella carne. Credeva di aver dato una pessima notizia a Hiroda-sama, invece non aveva fatto che far guadagnare terreno a quella specie di ratto della figlia. Ora doveva decidere come comportarsi, doveva pensare velocemente.

"Piuttosto, di che fatto increscioso volevi parlarmi?", le domandò facendola montare ancor più su tutte le furie.

Tentò di controllarsi e volgere la situazione a proprio favore, così si incollò sulle labbra un sorriso e disse cercando di essere convincente, ma riuscendo solo a tormentarsi le mani: "Beh, il fatto è che non solo non vi ha avvertito, ma l'ha ricevuto nella propria stanza invece che in quella degli ospiti; visto però che finalmente vi ha soddisfatto, immagino che non sia poi così importante".

Quel 'finalmente' dovette praticamente sputarlo tra i denti, tanto le era costato.

"Oh, certo, certo. Ma le dirò di seguire le regole la prossima volta", borbottò distrattamente. "Piuttosto, come mai quel ronin non ha chiesto di te? Kami del cielo, mi sembra impossibile che abbia preferito la compagnia di mia figlia!". Si lasciò andare a una grassa risata, evidentemente felice oltre che stupito.
Stringere i pugni e torcersi le mani non serviva più a nulla, ormai: punta sul vivo, la serva dovette inchinarsi per non mostrare al suo padrone il volto di un demone infuriato. Strinse la mascella fino a farsi scricchiolare i denti e, quando fu in grado di parlare quasi come un essere umano, mormorò: "Sono desolata, non ne ho idea".

Vide i piedi avvolti nei tabi bianchi avvicinarsi e quando rialzò lo sguardo si ritrovò faccia a faccia con lui. "Non prendertela, tu rimani sempre la mia preferita. Quell'uomo doveva essere un po' orbo".

Le afferrò il mento per guardarla meglio, come a sottolineare quella sacrosanta verità e finalmente Hana si rilassò un poco. D'altronde, quanti clienti poteva attrarre quella sfortunata ragazza con la faccia che si ritrovava? Prima o poi il suo signore si sarebbe accorto che il tornaconto sarebbe stato quasi inesistente e avrebbe ricominciato a picchiarla.

Si congedò con un inchino più spontaneo, stavolta, ma quando uscì nel corridoio il respiro le si mozzò in gola nel vedere proprio la figlia del padrone spuntare dall'angolo più lontano. Le lanciò un sguardo torvo, sperando che potesse farle male almeno la metà di quanto avrebbe voluto infliggergliene parlando con quello stolto del suo padrone.

Ma lei non la vide nemmeno, sembrava camminare a una spanna da terra, lo sgorbio fortunato! Decise di allontanarsi in un'altra direzione per non incontrarla o le avrebbe cavato gli occhi non appena l'avesse avuta a tiro. Meglio non fare arrabbiare Hiroda -sama sfigurandogli ulteriormente la figlia.

***


Camminava con passi lenti, misurati, come se muoversi troppo velocemente potesse farle in qualche modo dimenticare gli avvenimenti della notte appena trascorsa.

Le mani percorrono il torace, mentre il respiro non osa fuoriuscire dalle labbra. Lo stupore di quel tocco la pervade: mai avrebbe immaginato che un uomo potesse avere la solidità granitica di una roccia.

D’altronde, le gambe sembravano cederle ad ogni passo, tanto erano piacevolmente indolenzite: unirsi con quel ronin era stato come cavalcare un purosangue. Non che ne avesse mai montato uno, ma immaginava che fosse così che ci si doveva sentire. Con l’unica differenza che alla fatica si aggiungeva il piacere del viaggio.

Lui la lascia fare, paziente, forse anche un po' incuriosito da quella esplorazione. Le fattezze di un uomo, a lei sconosciute se non per averle strofinate con un panno, sono ora dinnanzi al suo sguardo e sotto le sue dita per un motivo diverso da un semplice bagno.
La dote del suo ospite si erge così imponente che ne è deliziata e spaventata allo stesso tempo, pulsa in maniera quasi arrogante. Si chiede d’improvviso cosa debba farne esattamente e allunga una mano tremante.


Il corridoio era illuminato dai raggi del sole nascente, troppo deboli per essere definiti vera e propria luce, ma rischiarati abbastanza dalla coltre bianca che si era posata ulteriormente nella notte e li rifletteva da permetterle di arrivare senza problemi alla stanza del padre.

Lui le afferra il polso e alza gli occhi a incontrare il suo sguardo duro; si domanda dove ha sbagliato. “Agli uomini non piacciono le donne che prendono l'iniziativa”, dice spiazzandola. Allora perché l'ha lasciata fare? Ha sempre pensato che dare piacere a un uomo significasse non poter mai pensare al proprio. Pur tuttavia ha apprezzato infinitamente anche solo la possibilità di toccarlo sul collo, sul dorso, sugli avambracci per saggiarne ogni singolo muscolo. Non osa posare la sua bocca così malfatta su quel corpo tanto perfetto e comunque lui non glielo permette.

Si fermò davanti alla fusuma improvvisamente a corto di parole. Cosa avrebbe detto a suo padre? Che finalmente era diventata una donna perché un cliente aveva richiesto la sua compagnia? Che quindi poteva essergli utile e aveva diritto al suo rispetto?

Il ronin la rovescia sulla schiena, sovrastandola e imprigionandola tra le ginocchia. Sono viso a viso, il suo volto è serio mentre la sua mano destra si abbassa e con la sinistra prende a toccarle i piccoli seni.

La mano le tremò mentre la allungava per toccare il pannello.
Padre, l'ospite che è qui con la sorella ha chiesto di me. Di me, non di altre schiave. Sono riuscita a compiacerlo, la scorsa notte. Ne siete contento? D'ora in poi posso accompagnare i clienti e ricambiare quel che fate per me.

Sente le dita dentro il suo corpo, in quella parte che credeva così lontana da sé da non poter essere mai presa in considerazione da un altro essere umano, figurarsi da un uomo tanto attraente.

"Padre, posso entrare?", la voce era meno ferma di quel che avrebbe voluto, ma fu il massimo che riuscì a fare nello stato d'animo in cui si trovava. Lei, la ragazza dalla faccia da topo che era appena sbocciata a nuova vita.

La sua bocca avida le scivola sul collo mentre la mano sul seno si sposta per reggere il peso. Lo strano massaggio che le sta facendo con l'altra si intensifica e lei prova uno strano calore al bassoventre. Si chiede se sia normale.

"Ma certo figliola, entra pure!", la voce era allegra, quasi affettuosa. Non aveva mai sentito suo padre rivolgersi a lei con quel tono. Sorrise, per la prima volta senza vergogna per i suoi denti sporgenti, quando mise piede nella stanza.

Le manca il fiato, qualcosa sembra pronto ad esploderle dentro, come un terremoto che rischi di mescolarle tutti gli organi interni. D'improvviso ha paura, sta forse per sentirsi male in un momento come quello? Sarebbe davvero imbarazzante!

Si inchinò profondamente, richiudendo la fusuma dietro di sé. Non si era ancora eretta del tutto che il padre le disse: "So tutto, Hana è venuta a raccontarmelo, poco fa. Sono fiero di te".

Deve sentire i suoi ansiti, perché si ferma un attimo per guardarla prima di storcere la bocca in un ghigno compiaciuto: "Sapevo che non avresti finto", dice senza smettere di toccarla. Con le labbra prende a stuzzicarle un capezzolo e lei teme di morire. Chiude gli occhi.

Come poteva Hana sapere di lei e... oh, realizzò, forse ci ha sentiti. Ma mi ha appena detto che è fiero di me o sbaglio? "Padre, io... ne sono lieta", concluse semplicemente, inchinandosi fin quasi a toccare terra con la fronte.

Le scappa una specie di urlo quando avverte contrarsi i muscoli della sua femminilità intorno alle dita di lui e la testa sembra essersi appena staccata dal corpo per volteggiare su di loro; ma l'istinto non è quello di ritrarsi, bensì di approfondire il contatto. Muove i fianchi contro di lui prima ancora di rendersi conto che lo sta facendo. Ormai è puro istinto.
Il ronin emette un grugnito a sua volta, sembra divertito. "Se deciderai di seguire questa strada, sappi che non tutti faranno lo stesso per te, credimi", dice allontanando la mano che l'ha appena tormentata fino allo spasimo.


"D'ora in poi intratterrai i clienti e sarai finalmente utile, qui dentro. Ma devi seguire le regole: non portare mai più un uomo nella tua stanza e avvisami sempre quando ti cercano. Ora vai a farti medicare quella ferita, non vogliamo che il prossimo ospite veda il sangue rappreso, no?". Si toccò le labbra e si chiese quando era stata l'ultima volta che l'uomo si era preoccupato della sua salute. Forse una decina di anni prima, quando la febbre aveva rischiato di arderla viva.

Kami del Cielo, aveva appena provato piacere stando con un uomo! Che gli dei la fulminassero se pensava che l'unico piacere era stato quello di toccarlo con le sue mani inesperte! Era convinta che solo gli uomini potessero... un momento, cosa le ha detto qualche istante prima? "Non tutti faranno lo stesso per te". Oh, lo crede bene, ben pochi clienti sarebbero stati di una bellezza abbagliante come la sua e nessuno avrebbe avuto la premura di lasciarsi toccare e di toccarla così. Ormai ha deciso: quella è l'unica strada che può seguire per compiacere suo padre.

Uscì dalla stanza senza aver detto che pochi monosillabi. Hana le aveva fatto un favore, precedendola: non avrebbe mai trovato le parole per spiegarsi con suo padre. No, doveva mettere da parte la vergogna e l'imbarazzo se voleva diventare un'accompagnatrice degna di tale nome.

Il ronin la penetra lentamente senza più dire nulla, muovendosi piano e fermandosi più volte a guardarla come a chiederle se provi dolore. Scuote la testa, in realtà sta trascinandola in una spirale continua di alti e bassi, un vortice di sentimenti e sensazioni che non dimenticherà per il resto della sua vita. Anche quando è fin troppo stanca per provare alcunché lo accoglie volentieri per una seconda volta: d'altronde è così che dovrà fare d'ora in avanti.

Ora non era più Topino, ma Chitose Hiroda, del rinomato Bocciolo in fiore, pronta ad accogliere i clienti per piacevoli nottate.

L'alba non è ancora sorta che il ronin già si riveste. Ne fissa incuriosita il profilo alla luce della lanterna e lui deve accorgersene, perché le dice senza voltarsi: "Devo tornare da quell'imp... da mia sorella. Non voglio lasciarla sola troppo a lungo, viste le sue condizioni".
Boccheggia, incapace di esprimersi, ma con tante di quelle cose da dire che si sente come soffocare. "Io, io...".
"Rimani sempre come sei", risponde prima di sparire oltre l'uscio e richiuderselo alle spalle.
Resta lì, immobile, la bocca ancora semiaperta, le parole che rimangono appese alle labbra tumefatte.
Grazie, mi avete insegnato l'arte amatoria, ora ho uno scopo nella mia misera vita.
Grazie per avermi trattata come una donna e non come una prostituta.
Grazie per avermi permesso di redimermi agli occhi di mio padre.

***


E ora che altro c’era? Quella mattina era appena cominciata e già gli si presentava il terzo visitatore: sperò che almeno continuasse a trattarsi di buone notizie.

Capì che era così quando il ronin fece il suo ingresso nella stanza e, senza dargli nemmeno il tempo di inchinarsi, gli gettò tra le mani un sacchetto pieno di monete .

"Per la compagnia di vostra figlia", disse indicandolo con un cenno della testa.

Per tutti gli dei, quanto oro c'era lì dentro?! Pesava davvero tanto! Scostò i lembi del sacchetto e per poco non gli cadde.

"È una ragazza con delle doti. Trattatela meglio".

Spostò di scatto gli occhi sul suo ospite, combattuto tra la vergogna che lo fece avvampare e la necessità di compiacerlo in virtù del lauto pagamento appena ricevuto. Si ritrovò a balbettare: "Ma-ma certo, io- io non sapevo che lei... ho saputo che vi ha accolto nella stanza sbagliata e non è venuta neanche ad avvisarmi, mi disp...".

"Sono stato io ad andare da lei, è stata una decisione improvvisa", tagliò corto fissandolo con lo sguardo eloquente di chi non ammette repliche, "perciò non punitela per una tale sciocchezza. La ragazza è stata disponibile e accomodante in questi giorni, per questo vi ho pagato bene".

Sua figlia era disponibile e accomodante e aveva soddisfatto nientemeno che un samurai! E chi l'avrebbe mai detto? Da quando era morta la sua povera moglie era la prima volta che si ritrovava ad essere così orgoglioso di lei. Per lo meno, d'ora in poi, poteva ben sperare che intrattenesse i clienti non tanto per la sua bellezza quanto per il suo talento.

Il ronin se ne era andato senza neanche un cenno di saluto, ma poco importava: era troppo impegnato a contare le monete d'oro per preoccuparsi della buona educazione.
   
 
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