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Autore: FullmetalBlue13    09/04/2013    2 recensioni
[ATTENZIONE! AGGIORNAMENTI SENZA ALCUNA REGOLARITÀ]
Un pomeriggio come tanti altri, Angel Akuma (17 anni, chioma arancio acceso e un pessimo carattere) riceve una telefonata anonima.
Di chi è la misteriosa voce che la chiama "finto angelo", un soprannome assegnatole dal padre che non ha mai conosciuto?
Per lei comincerà una serie di eventi che le cambieranno la vita, facendo luce sulle sue origini, sul suo passato e sul suo destino.
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Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction... Devo confessarvi che sono un po' emozionata. Spero che vi piaccia. Mi sono divertita molto a scrivere tutto ciò e spero di continuare... Recensite numerosi!
Ah, già.
A TUTTI I LETTORI: Per favore, non limitatevi a leggere il primo capitolo! È solo un prologo...
Spero che possiate apprezzare il prosieguo della storia (sempre che abbiate qualche minutino da dedicare alla mia Angel, ecco...) e anche il mio miglioramento come scrittrice.
Grazie mille, FB13
=(^.^ =) (= ^.^)= \(^.^)/ (danza della gioia)
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Rin Okumura, Yukio Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hi guys! I'm back. And almost punctual.
Ok, basta inglese. Sono quasi puntuale, come ho già detto sopra... però ho una sorpresina. Questo è un capitolo particolare, perchè mi serve da collegamento per darvi un'idea di come vive Angel a "Casa Fujimoto" (XD) 
Coooomunque, il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare!
Detto ciò, passo ai ringraziamenti:  in primis cristy_black e cami97ace (le mie editor e compagne di classe che sopportano i miei sfolli quotidiani), poi bobby92, Domino_Tabby_ (grazie ragazze)e ancora Ciel_Chan e Miss Fortune per aver messo la mia storia nelle preferite;  Silvery perchè la ricorda (e la segue);Blackblow98Lyly_21, Silent_Warrior  che la seguono. Grazie a chi recensisce e pure a chi dedica un po' del suo tempo per leggere. 
Dopo questa sbrodolata, vi lascio alla storia
Byeeee <3  \(^.^)/

Capitolo 6: Slice of life

Mi trovavo di nuovo a casa mia.
Tutto perfetto, inalterato.
Era sera tardi e non riuscivo a dormire.
Mi recai a piccoli passi incerti verso la camera di mia madre, immersa nella densa oscurità che mi avvolgeva con il suo abbraccio freddo.
Entrai.

“Mamma …? Non riesco a prendere sonno. Mi fai le carezzine?”
Mia madre si alzò, si mise a sedere e mi fece cenno di venire a sedermi lì sul letto.
Il mio viso si illuminò, corsi subito da lei, mi acciambellai come un gatto con la testa sulle sue gambe insensibili e stetti lì, a godere delle carezze materne.
Chiusi gli occhi.
“Mammina … Perché hai smesso?”.
Li riaprii, improvvisamente presa dal panico.
Non mi trovavo più nel morbido abbraccio di mia madre.
Ero in corridoio, circondata dalle fiamme.
Fuoco, fuoco, fuoco e ancora fuoco.
Ovunque.
Una trave che impediva l’accesso alla camera di mia madre.
Poi, una voce: “Credi di poter scherzare con me, eh? Beh, ti sbagli di grosso.”
E infine una risata, rauca e malvagia.
Giravo su me stessa, urlando:
“Chi sei? Dove sei? Mamma! MAMMAAAAAAAAA!!!”.
 La stanza mi ruotava attorno, senza tregua, finché …
 
“Mamma!”
 
CITTÀ DELL’ACCADEMIA DELLA VERA CROCE, ORE 2:48

… mi svegliai di soprassalto, tutta sudata ed ansimando.
Incubo. Di nuovo.
Erano troppe notti di fila che avevo lo stesso, identico, brutto sogno.
Le prime settimane al monastero erano trascorse scorrevolmente: avevo fatto diversi giri in città, sia con Shiro, che con Yukio, che con Rin. Potevo già affermare di conoscere abbastanza bene i dintorni, molto all’incirca meno quasi. (NdA: sì, è una specie di neologismo che mette insieme ‘ all’incirca’; ‘più o meno ‘; ‘quasi’. Vi piace? ;D)

Ma le notti, quelle no. Non ne avevo ancora passata una a dormire seriamente.
Il rimorso per aver abbandonato mia madre mi torturava. Contando poi che abituarsi al fuso orario non era stato facile.

Mi alzai, stropicciandomi gli occhi stanchi. Avevo bisogno di un po’ d’aria. Aprii la finestra e mi appoggiai al davanzale.
Una piacevole folata di vento, un respiro della notte oscura mi investì. Il parchetto appena davanti a me era, ovviamente, deserto. Guardai la strada. Nessuno. Saltai giù dalla finestra.
Con un’eleganza felina atterrai sul prato. Forse mi ero fatta male, ma tanto i poteri demoniaci avrebbero curato tutte le ferite nel giro di un'oretta.

Andai a sedermi sull’altalena, come ormai era diventata mia abitudine. L’ansia di prima mi era già un po’ passata. Avevo intenzione di stare lì un po', così, senza pensieri, e poi di ribalzare, attaccandomi alla grondaia, in camera. L’avevo già fatto, non sarebbe stato un problema. Alcune volte, essere dei mezzi demoni non era così male.

Quella sera, però, accadde un fatto inaspettato.

Di solito a quell’ora non c’era anima viva in giro, ma quella sera vidi una sagoma umana entrare nel parco dal retro.
Fortunatamente per lui, era Rin.

“Angel? Che cosa ci fai qui?” mi domandò con una faccia da ‘WTF?’

“Potrei chiederti la stessa cosa.” gli feci notare un po’ scocciata.

“Scusa. Non riuscivo a dormire. Cioè, fa TROPPO caldo” mi rispose lui,dispiaciuto.
Mi pentii subito di averlo aggredito così.

“No, sono io che ti devo chiedere scusa. Comunque,meno male che non sei nato in Italia. Questa temperatura per noi è la norma. Prova a fare un salto a Roma ad Agosto e poi fammi sapere.”

Venne a sedersi accanto a me, sull’altalena adiacente, rispettando il silenzio della notte. Sarei potuta stare lì per sempre. Poi, lui mi disse:

“Senti Angel, non ho mai avuto occasione né il coraggio di chiedertelo, ma … Perché sei qui?”

Perché ero lì, eh? Mi sa che avrei dovuto fare dei tagli. La versione che gli raccontai fu:

“C’è stato un incendio. Un grande incendio nella palazzina dove vivevo. Io sono l’unica superstite. Per puro caso, ero fuori.
Ho perso tutto: famiglia, casa, ricordi. Ed è saltato fuori che Shiro è … beh … un parente dei cugini degli zii dei miei nonni materni.
Sì, ho origini giapponesi. E sì, era il parente più vicino a cui affidarmi.”

Lo battei sul tempo, anticipando le sue possibili domande, così lo zittii. O almeno credevo di averlo fatto.

“Io non ho mai conosciuto i miei. Mia mamma è morta di parto e papà … boh! Quel lurido verme non si è mai fatto vivo.
Mi piacerebbe conoscerlo, in fondo. Ma il vecchio non mi dispiace.”

“Oh” fu tutto ciò che riuscii a dire. Non lo sapevo. O meglio, sì, lo sapevo, ma era la prima volta che Rin mi esponeva i suoi modo così aperto.
E pensare che provavo le stesse emozioni prima di incontrare Iblis. Come aveva fatto mia mamma a farsi ‘intortare’ da un simile … non mi veniva neanche in mente un insulto adatto a descriverlo.

Un’altra folata di vento passò, facendomi rabbrividire. Nonostante fosse estate, era pur sempre notte, e io indossavo solo un leggero pigiama.
“Freddo?” mi chiese Rin. “Sì …” “Tieni” disse, e senza neanche pensarci si sfilò la giacchetta che indossava, posandomela sulle spalle. Arrossii. “Gr-Grazie…” balbettai, cercando di mascherare il rossore. Il moro, di tutta risposta, sorrise.

“Rin, posso chiederti una cosa?” domandai e lui rispose: “Certo”
Ebbi un attimo di esitazione.
“No, non fa niente”
“No, aspetta, adesso lo voglio sapere”
“ Ma no, tanto era una stupidata”
“Non m’importa”
“A ME Sì. Sì che importa”
“NO, NON IMPORTA”.

Sembravamo due bimbi delle elementari che litigavano. Lui mi fissava con uno sguardo divertito, ed io continuavo ad insistere.
Sapevo che, con la nostra testardaggine, saremmo potuti andare avanti fino all’alba, così cedetti: “Va bene, va bene”

Persi un bel respiro:”Posso chiamarti fratellino?” dissi tutto d’un fiato.

Lui scoppiò a ridere: “ Ahahahahahahahahahaha! Ma certo! Scusa, ma … ti pare? Così adesso sarete in due a chiamarmi nii-san. Ahahahahah!”
Era veramente divertito. E io mi sentivo una stupida. Saranno state le 3 e avevo già fatto la figuraccia del giorno. Yu-uh.

“Che ne dici, rientriamo?” mi propose con gentilezza Rin. Accettai.
“Ma aspetta … tu da dove sei uscito?” gli chiesi, realizzando solo allora che non poteva essere venuto giù dalla finestra come la sottoscritta.
“Che domande … dalla finestra, no? Sono al piano terra, tanto.”
Sì, ora mi sentivo ancora più scema. “Dai, andiamo. Ti riaccompagno in camera”

Aggirammo l’edificio, quatti quatti, cercando di fare meno rumore possibile. Quando arrivammo davanti alla sua stanza, Rin aprì la finestra, fece un profondo inchino e disse:
“Milord, dopo di lei. Dovetti fare uno sforzo enorme per non scoppiare a ridere come una deficiente.
“Milady, Rin, milady. Ti sembro forse un maschio?” bisbigliai, divertita.
“Acc … Non ne azzecco mai una, eh?” e anche lui, accortosi dell’errore, dovette contenersi parecchio.

Mi fece entrare in camera sua. Il piano era di farmi uscire, attraversare mezzo monastero dormiente al buoi con l’enorme rischio di svegliare qualcuno, accompagnarmi in camera a poi tornare indietro. Era folle, ma troppo divertente per rinunciarci.

“Ok: Mission Impossible-GO!” disse lui.
E uscimmo silenziosamente.

[…]

Quella notte (o meglio, quello che ne restava) dormii come un sasso. Parlare con Rin mi aveva rilassato e rincuorato. Mi sa che avevo chiuso con l’insonnia.
Così, quella mattina, mi sentivo abbastanza riposata. Quando fui pronta, scesi in cucina. A metà delle scale un fantastico profumino mi fece letteralmente ‘volare’ fino alla mia meta. Lì trovai Rin ai fornelli. Ecco spiegato tutto.

“ ’Giorno” disse lui: ”Dormito bene?” Annuii, incapace di parlare perché inebriata dal profumo del cibo.
“Sto preparando la colazione” continuò. Qui, però, il mio pessimo carattere ebbe la meglio sul rincretinimento post-letto e sulla fame: “Ma dai? Pensavo avessi fatto tutto per darlo al cane …”
Rin mi guardò stranito: “Ma noi non abbiamo un cane”
A questo punto scoppiai a ridere: “Rin, sei uno stupido. Era solo una battuta, fratellino.”
“Ah” disse lui imbarazzato.

In quel momento entrarono Shiro, Yukio e qualche altro monaco.
“Allora, Rin … è pronto?” “Un attimo solo … et voilà! Omelette alla Okumura per tutti!”
Fu proprio piacevole. Ci sedemmo e mangiammo di gusto. A casa la colazione non era mai stata così. Forse avrei veramente potuto chiamare ‘casa’ quel posto e ‘famiglia’ quella gente con cui stavo condividendo il cibo.

Finito di mangiare stavo per andarmene, ma Shiro mi trattenne.
“Nah-ah-ah. Dove stai andando? Volevo ricordarti una cosa. Lo sai che sei qui per un motivo ben preciso, vero?”
Annuii. Ne ero anche fin troppo consapevole.
“Perfetto. Oggi inizierai gli allenamenti. Su, su, ora vai a prepararti. Fila!” mi disse cacciandomi fuori a malo modo.
‘Ok Angel. Mostriamogli di che pasta siamo fatte.’ pensai.
Qualche minuto dopo Yukio bussò alla porta della mia camera per chiamarmi. Mi portò in una specie di scantinato.

“Wow, voi esorcisti non vi fate mancare niente, eh?” furono le prime parole che vennero fuori dalla mia bocca.
Ed erano pura verità.
Era tutto attrezzato con decine di armi da fuoco, spade, fantocci (ricoperti da tagli e buchi), spara palline simili a quelli dei campi da tennis … insomma di tutto.
“Beh, se non vuoi morire, allora conviene essere pronti” rispose lui.

“Bene, possiamo cominciare. Oggi ti farò lezione io, Shiro ha avuto un contrattempo improvviso.”
Mi ero ridotta a farmi insegnare da uno più piccolo di me. Pfui.
“Dunque, partiamo dalle basi. Quale tipo di arma preferisci?”
“Arma?” chiesi io: “Ma non dovrei imparare a gestire … insomma … le mie fiamme?”
Lui rispose prontamente: “Sì, ma non puoi esserne succube. Devi essere capace di difenderti anche senza usarne. Quindi … da taglio o da fuoco?”
Non ne avevo la benché minima idea. “Proviamo … uhm … da … fuoco?”
“Tentar non nuoce” disse lui. E mi mise in mano una pistola, nera, lucida e pesante.

“Esercizio 1: da 3 metri, colpisci quel bersaglio. È molto vicino, è difficile che tu sbagli.”
Mi illustrò brevemente come si caricava, dove bisognava puntare e come togliere la sicura. Insomma, le cose base.

Mi posizionai nel punto che Yukio mi aveva indicato.
Puntare. Mirare. Presi un profondo respiro. Fuoco! Il forte rumore mi fece sobbalzare, così sbagliai completamente colpo.
L’odore penetrante di polvere da sparo bruciata mi perforò le narici. Caspita, non me l’aspettavo!
Ricaricai la pistola, che con un sonoro ‘clock’ si dichiarò pronta.

“Fai più attenzione” disse semplicemente Yukio, a cui evidentemente non era sfuggito nulla.
Che nervoso. Era sempre così impassibile che mi metteva addosso un’ansia … ero talmente infastidita che non presi neanche la mira con cura.
Sparai senza rendermene conto.

“Centro! Ottimo lavoro!” Oh. Non ci avevo nemmeno fatto caso.
“Incrementiamo la distanza: 5 metri”
Centro perfetto.
“7 metri.”
Ancora.
“10 metri”
Idem.
Sì, le armi da fuoco facevano per me.
Andai avanti per circa un’ora a colpire bersagli fissi, in movimento, piccoli, grandi e più andavo avanti più mi divertivo.

“Ok, per oggi può bastare. Ora viene il difficile, però. Passiamo al fuoco” disse Yukio, serio ma visibilmente soddisfatto dei progressi che avevo fatto.

“Dunque, da quanto mi risulta, hai usato il tuo potere solo un paio di volte. Per, come potrei dire … rievocarlo (?) devi risalire alle emozioni che hai provato quelle volte. Quindi …”

“Rabbia” risposi, interrompendolo.

“Rabbia” confermò lui, come se ce ne fosse il bisogno.

“Come primo esercizio, vorrei che tu riuscissi a incendiare la parte blu, e solo quella blu, di questo saccone da boxe”
Girai intorno al sacco penzolante appeso al soffitto. Aveva visto giorni migliori. Era molto vecchio e la fascia centrale era tinta di un blu scolorito che si distingueva appena.
“Tutto chiaro?” mi chiese lui e io subito risposi in modo arrogante: “Certo, cosa c’è da capire?”
“Perfetto, se è così allora … fammi vedere di che cosa sei capace.”
Mi sembrava di essere in uno di quei videogiochi arcade di lotta. Sapete, quelli in cui una voce figa inglese diceva: “Ready … Three, two, one … FIGHT!” e poi cominciava il casino.
Ecco, credo di aver reso l’idea. Comincia a concentrarmi.

“Fiamma!” urlai ad un certo punto. (NdA: Perdonate la citazione dai Fantastici 4 … ma a volte i pensieri del mio subconscio escono da soli e mi fanno scrivere quello che vogliono loro XD)

Yukio mi guardò parecchio male e si mise a ridacchiare. Che stupida. Va beh. Qualche secondo di follia ogni tanto aiuta a rinfrancare lo spirito. Comunque non successe niente.
Recuperai la concentrazione e cominciai a rievocare i ricordi dell’ultimo periodo.

Mi concentrai il più possibile, rievocai i ricordi degli ultimi giorni: pensai a mia madre, alla mia casa in cenere, alla mia vita ridotta in frantumi … ma non servì. Tutto ciò mi riempì solo di una gran tristezza e desolazione, senza aiutarmi a risvegliare le fiamme.

Provai, allora, a pensare a Iblis, quel bastardo figlio di ******* testa di *****. E lì sì che la rabbia si fece sentire. Oh, sì. Chiusi gli occhi e le emozioni presero il sopravvento.

Il mio cuore arse.
Per un attimo persi me stessa in un oceano di fuoco.

Aprii gli occhi e mi accorsi di cosa avevo combinato.

Ops.

Tutta la sala era in fiamme. Però non scottavano. Anzi, era quasi piacevole stare lì, nel tepore.
No, no, no. Dovevo fare qualcosa. Mi ridestai velocemente. Dovevo spegnerle. Attraversai di corsa la stanza, incurante del fuoco. Avevo visto un estintore. Lo afferrai e cominciai a spruzzare a destra e a manca, ma … niente. Le fiammelle parevano folletti che schivavano le fiamme giusto per il gusto di farmi arrabbiare. Dall’altro lato della sala, Yukio si stava dando da fare: infatti, lì le fiamme si stavano estinguendo. Decisi di aiutarlo, ma mi fece cenno di rimanere dov’ero. “È acqua santa! Non vuoi ustionarti gravemente, no?” urlò.

Comunque mi avvicinai e mi soffermai a guardare il saccone da boxe mezzo bruciato. E dico mezzo perché, con una precisione maniacale, la parte centrale non era stata minimamente sfiorata dalle fiamme. Fantastico. Scoppiai in una risatina isterica. Nel frattempo l’incendio era stato domato.
“C’è un po’ di lavoro da fare, eh?” mi disse Yukio avvicinandosi e dandomi un’amichevole pacca sulla spalla. “Scusa, è colpa della mia inesperienza. Almeno abbiamo scoperto che il tuo fuoco è parecchio resistente. Dai, riproviamo con qualcosa di più facile.”

[…]

Le molteplici settimane di appostamento avevano dato i loro frutti.
Finalmente ero riuscito a vedere il potere delle sue fiamme.
Niente male.
Sorrisi tra me e me.
Era esattamente ciò di cui avevo bisogno.
“Grazie, Iblis, mi hai fatto proprio un bel regalino”, pensai.

Mi alzai e stiracchiai le membra intorpidite dopo ore di immobilità.
Inspirai a fondo.
Ora non mi restava che avvisare Mephisto.
Quella vecchia volpe aveva in mente qualcosa che non mi piaceva … ma d’altronde gli affari sono affari, no?





 

Anglolino dell'autrice: ... and that's it. Spero di avervi minimamente incuriosito. Chi è il misterioso "socio" di Mephisto che parla alla fine? uh uh uh... 
E con questo vi saluto! A tra un pochetto (cit. Lillo & Greg, I love 610)
Ciao
FB13
P.S.: Recensite! 

  
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