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Autore: easter s    12/04/2013    3 recensioni
i pomeriggi di primavera possono nascondere molte insidie, specie se sei un ingenuo fanciullo di nome Johnny Christ ...
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johnny Christ, Matthew Shadows, Synyster Gates, The Rev, Zacky Vengeance
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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JOHNNY NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE
 
Era un caldo pomeriggio di primavera: i piccioni tubavano in allegria e soffiava un fresco venticello. Johnny Christ saltellava a destra e a sinistra nel suo vestitino colorato, cantando allegre melodie e cogliendo violette.
Dopo un po' però gli venne sonno (e si stufò di cogliere violette) così decise di fermarsi a riposare su una bella collinetta erbosa.
Si stese laggiù e si mise a fissare il cielo.
Il tempo passava, e il nostro piccolo Johnny non si muoveva ... finché non vide un veloce movimento alla sua sinistra. Alzò distratto la testa e quello che vide lo lasciò di stucco: un roseo porcellino grufolante, con panciotto e orologio da taschino, lo fissava sbracciandosi e urlando qualcosa. Indicava l'orologio, e sembrava parecchio alterato.
Il piccolo Johnny si alzò in piedi, lasciando perdere le violette, e si diresse saltellando verso il buffo animale, ma appena si fu avvicinato un po', il porcellino scappò via, facendo ondeggiare graziosamente il codino riccioluto.
Johnny non era un fanciullo particolarmente sveglio: quella buon’anima di sua madre non gli aveva mai insegnato che non è cosa saggia rincorrere un porcellino con orologio e panciotto incontrato per caso sulla strada, così lui si mise a pedinare (senza rinunciare a qualche saltello) il piccolo animaletto. Corse e corse e corse, finché non arrivò a fianco di un tronco d’albero, vicino al quale c’era un buco. Il porcellino era scomparso là dentro, ne era sicuro. Sbirciò dentro il buco. Non si vedeva niente di niente. “Qualcuno dovrebbe mettere delle lampadine, non è prudente lasciare tutto così nell’oscurità” pensò il fanciullo, dotato di grande senso civico. Come detto, Johnny non era molto bravo nei ragionamenti: la fisica non era il suo forte, quindi non sapeva che un corpo delle sue dimensioni sarebbe caduto con grande facilità in una buca del genere se avesse continuato a sporgersi così. Si sporse. Si sporse. Si sporse. Finché … la sua manina scivolò da uno dei ciuffi d’erba su cui era appoggiata, Johnny perse l’equilibrio … e cadde nel buco.
Johnny precipitò con poca grazia, in effetti, e sfrecciò accanto a oggetti di tutte le forme e dimensioni, che si muovevano a velocità vertiginosa. Dopo aver urlato per un po’, decise che era una cosa disdicevole per un ragazzo della sua cultura comportarsi così, e assunse una posa plastica propedeutica per la caduta apparentemente senza fine in quel tunnel.
Ma tutte le cose prima o poi hanno un termine, e Johnny si schiantò con molta poca eleganza sul pavimento di un grande stanzone, arredato con solo un misero tavolino. Il gusto artistico del ragazzo si ribellava, ma decise di mettere in problema in secondo piano: ora doveva uscire da lì. Le pareti della stanza erano piene di porte … tutte chiuse, tranne una minuscola porticina dietro a un tendone. Qualsiasi altra persona non ci sarebbe passata, ma Johnny non era precisamente uno stangone, e si infilò nel pertugio senza problemi. Al di là … lo aspettava un paesaggio molto surreale. Giganteschi fiori parlanti chiacchieravano senza sosta con unicorni alati. Alberi secolari contorcevano i rami sussurrando cose senza senso, e piante tropicali completavano la scena. Qua e là, qualche cancello diroccato per meglio rendere l’atmosfera un po’ teatrale del luogo. Johnny parlò con la finezza che lo contraddistingueva.
:-Cazzo! Mi sa che mi sono di nuovo sniffato l’etere, vedo unicorni dappertutto!-
Si avviò per i sentierini tra i fiori giganti, schivando gli unicorni che appestavano l’aria, e camminò così per un po’, fino a quando non si trovò la strada sbarrata da una specie di sequoia. Dai rami pendevano cartelli stradali, e un rametto più o meno all’altezza della sua faccia, una gigantesca papera lo fissava ammiccando. Johnny non disse nulla (perfino un pulzello del suo lignaggio poteva rimanere sbalordito di fronte a una papera formato mega) ma con sua grande sorpresa fu la papera a parlare per prima.
:- Quack! Strestallionduck è il mio nome, e se i miei occhi non mi ingannano tu sei Johnny – Alice Christ! Dovevo parlarti in rima, ma ci ho rinunciato, era troppo difficile.-
:-Azzeccato tutto tranne l’Alice – disse Johnny – e non importa, tanto non capisco le rime. Ma adesso che si fa? Mangiamo?-
:-Ti porterò dal Cappellaio … ma non farò di più.-
:-E chi ti ha chiesto altro?- disse cordialmente Johnny, ma seguì di buon grado il paperone, impresa non facile dato che il sottobosco era pieno di imprevisti (come enormi funghi allucinogeni blu) e la papera poteva passare attraverso le cose. Ma finalmente si lasciarono alle spalle la boscaglia, e entrarono nel dominio di un certo Cappellaio Matto … che stava seduto attorno a un’enorme tavola apparecchiata per il tè. Non appena vide i due avvicinarsi, il cappellaio prese due tazze da tè … e le tirò con estrema precisione sul capo della povera Strestallionduck, che stramazzò stecchita al suolo.
:-Cappellaio Matto James è il mio nome, anche se non so perché la gente mi chiami così … benvenuto nel Paese delle Meraviglie, Johnny … non fare caso alla papera, erano anni che morivo dalla voglia di farla fuori … ti va una tazza di tè?-
:-Superalcolici andrebbero meglio.- disse il piccolo Johnny, in seria crisi d’astinenza da Tequila. Il Cappellaio, che si faceva anche chiamare Reverendo, si dimostrò fornito di ogni genere di bevanda alcolica, e presto iniziò a dare i numeri: quando iniziò a cantare qualcosa che suonò come “Nosferatu Does A Hefty Dance”  Johnny pensò di togliere il disturbo. Nascose una bottiglia di Tequila nella borsetta e si allontanò.
Lungo la strada incontrò di nuovo il porcellino rosa: o meglio, Johnny gli balzò addosso e lo afferrò, stringendolo saldamente per evitare che la bestiola scappasse.
:-Tu! Tu mi hai portato qui! Perché? Sono forse l’eletto di una qualche profezia? Devo salvare questo mondo di papere e unicorni? Parlami, porcello!-
:-In realtà stavo chiamando una ragazza di nome Alice … tu qui non c’entri niente, faresti meglio a sbaraccare il prima possibile. Bianconiglio Zacky è il mio nome, e ti porterò dal re e dalla regina di cuori: solo lì troverai il mezzo per andartene.-
:-Non capisco perché cazzo ti chiami Bianconiglio se sei un maiale … ma d’accordo, portami da ‘sta regina di cuori … in fretta, porcello.-
Il povero maialino si affrettò, e in pochi minuti i due giunsero alla residenza della famiglia reale: la regina di cuori stava giocando a croquet usando una chitarra come mazza, il re stava alle sue spalle, decisamente annoiato. Alcune carte da gioco completavano la scena. Johnny, che stava perdendo tutta la sua finezza, si avvicinò alla regina di cuori.
:-Senti donna, io non so chi tu sia, ma dovrei solo andarmene da qui … se potessi fornirmi le indicazioni, te ne sarei grato.-
:-Come osi?!- sbottò la regina brandendo la chitarra – io sono la Regina di Cuori Synyster, e non permetto che mi si parli con quel tono! Tagliategli la teeeeeesta!-
E così dicendo lo colpì con la chitarra, scagliandolo a metri e metri di distanza. Johnny volò e rotolò, e atterrò con sempre meno grazia dietro a un cespuglio. Sentiva le guardie della regina avvicinarsi. “Cazzo! Sono nella merda!” pensò, sempre molto finemente.
:-Ehi, tu! Se vuoi posso aiutarti io!- a parlare era stato il re, che visto da vicino mostrava dei ripugnanti boccoli biondi. :-Sono il Re di Cuori Matthew, e sono veramente stufo di mia moglie … è sempre impegnata a giocare a  croquet, e sono secoli che non me la da … -
:-Moderiamo i termini!- disse scandalizzato Johnny.
:-Si, beh … io mi sono innamorato di questa dolcissima carta da gioco, Valary … voglio scappare con lei, e se vuoi ti do un passaggio!-
:-Buona idea … muoviamo il culo, però!- i due corsero via fino a una fighissima Cadillac rossa, su cui li aspettava Valary: Matthew si mise al volante e partirono!
:-Bye Bye, sfigati!- urlò Johnny alle guardie che li rincorrevano inutilmente.
Ben presto i deliranti sfondi del Paese delle Meraviglie lasciarono posto a un desolato deserto grigiastro. Johnny non era più così baldanzoso. Non gli piacevano i grigi deserti.
:-Ma … dobbiamo proprio passare di qui?- ora la macchina costeggiava un dirupo.
:-Noi si … ma tu sei arrivato! Buona fortuna, nano!-
E con queste amichevoli parole Matthew spinse il piccolo Johnny giù dalla macchina … nel dirupo! Il nostro eroe cadde a mattone senza urlare (aveva ancora un filo di dignità) e atterrò dritto dritto sulla collinetta da dove tutto era cominciato.
Il sole splendeva sicuro e i piccioni tubavano più forte che mai.
Il piccolo Johnny si alzò lentamente e contemplò l’erba ai suoi piedi. Gli sembrava familiare. Si inginocchiò e strappò un ciuffetto. Lo portò davanti agli occhi e tutto acquistò un senso: l’intera collina era piena di erba allucinogena. Non proprio etere, ma circa.
Il piccolo Johnny recuperò le sue violette, ora un po’appassite, e si avviò saltellando verso un bar … anche se aveva ancora nella borsetta un bottiglione di Tequila.
 
FINE
 
  
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