C’è vento, la sabbia mi va negli occhi, impedendomi di aprirli del tutto. Mi sono appoggiata vicino a una parete rocciosa, mi ci sono rannicchiata con la borsa fra le gambe e ho i Pokemon davanti a me. Stacco a morsi qualche pezzettino di bacca e bevo, la poca acqua rimasta, a piccoli sorsetti. Ovviamente metà di quello che mangio devo darlo anche ai miei Pokemon, e ogni volta finisco per morire di fame. Li guardo, quelle facce tontolone mi ricambiano lo sguardo, forse provando persino a comunicare, ma niente, io non li capisco. Da quando ho iniziato questo stupido viaggio mi sono sentita sempre sola, di certo non basta la compagnia di sei Pokemon. Sono sempre sotto stress, con gente che ti chiede solo di gareggiare, mai che ti chieda di parlare o prendere un caffè. Ma la cosa che non sopporto e’ la nostalgia che ho per mia madre. All’inizio, come ogni bambina, ero felice di partire in un viaggio insieme a un Pokemon. Ma perché mia madre non si e’ opposta? Perché era felice e mi incoraggiava a partire? A me mi manca tantissimo, ma a lei mancherò? Ogni volta che la rivado a trovare, con Volo, lei mi rimette in salute e … basta , mi fa gli auguri per l’avventura, mi dice come sono cresciuta e mi ricaccia di casa, aspettandosi che io continua questa avventura allegra e felice. Il giorno in cui avevo compiuto 10 anni ci eravamo appena trasferiti in questa nuova città e subito un pedofilo di nome Oak mi chiede di fare un viaggio con un compagno che sarebbe stato sempre a mio fianco: un Pokemon. E mia madre , al posto di preoccuparsi che vada in giro per il mondo a 10 anni, mi regala un paio di scarpe da corsa e mi lascia partire. Nessuno inizialmente sente la mancanza del genitore, ma appena arriva la sera e dormi sopra il pelo, se sei fortunata, del tuo Pokemon, cominci a pensare ai bei ricordi d’infanzia. E ora mi ritrovo qui, con la sabbia dappertutto, sperando di risvegliarmi sopra un letto caldo, dentro casa mia.