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Autore: sakurai    13/04/2013    1 recensioni
Ecco perché Near non è Tao, non è armonia. È sottosopra.
La parte bianca di un Tao, solo un frammento dell'Intero.
Nessuno di loro due è mai stato abbastanza, e per questo L non ha mai scelto il suo successore.

[Mello_Near, oneshot, rating giallo]
Partecipante al contest "Il Giro del Mondo in Ottanta giorni! [Contest Multifandom]" indetto da Soul'sLullaby.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest Il Giro del Mondo in Ottanta giorni! [Contest Multifandom] indetto da Soul'sLullaby.

Titolo: Upside Down
Autore: sakurai
Beta-reading: No
Fandom: Death Note
Tipologia: Oneshot
Introduzione: Per quanto possa sembrare strano, dei due è in realtà Near colui che incarna di più l'ideale di Yang. Mello è morto da tanto tempo, ma nonostante questo, il suo ricordo continua a essere presente.
Rating: Giallo
Personaggi: Mello, Near, Mello/Near
Generi: Introspettivo, Malinconico, Angst
Avvertimenti: Nessuno.
Pacchetto scelto: Tokyo:
Prompts: Luci - Violino - Sottosopra;
Canzone: Avril Lavigne – Alice (Underground);
Obbligo: La storia deve essere Angst (come genere o sotto-genere)].
La canzone è stata utilizzata prendendo alcuni versi come metafore all'inizio dei frammenti.
Note dell'Autore: Innanzitutto, si tratta di una sorta di future!fic, perché nella prima parte Near è, poco evidentemente, adulto. Come seconda cosa, il Tao: mi ritrovo a dover mettere delle note per spiegare almeno un minimo le metafore che ho usato, nonostante siano per forze di cose abbastanza riduttive di quello che è realmente il Tao. Yin e Yang sono qualità, sono opposti, come rispettivamente male e bene, acqua e fuoco, notte e giorno, ecc.. Ma nessuno dei due può prescindere dall'altro: insieme sono armonia, non si può conoscere uno senza inevitabilmente conoscere l'altro, e non si può accettare l'uno senza inevitabilmente accettare anche l'altro.
Lo Yin viene identificato come parte debole, ma erroneamente: ogni maestro taoista crede che lo Yin sia più forte dello Yang, che la potenzialità nasconda una forza che l'atto non possiede e, di conseguenza, è lo Yang a essere in realtà il più debole.
Come terza cosa, no, non ho sbagliato: Mello è acqua e Near è fuoco. Penso che Mello incarni esattamente l'ideale di qualcosa che attende per poi sfociare nella tempesta più terribile. Near, al contrario, continuerà a bruciare fino a che la presenza dell'ossigeno glielo consentirà.



Upside Down.





[I'll survive.
When the world's crashing down,
when I fall and hit the ground.
I will turn myself around.
Don't you try to stop me.]


La sala è buia, e il prossimo pezzo non è ancora cominciato. Il brusio di attesa si diffonde in vari volumi nel teatro, dalle gallerie superiori alle poltrone più vicine al palco, mentre da lì si sente solo qualche rumore di passi e oggetti spostati sul parquet.
Near aspetta, senza un solo movimento, la solita espressione di apatia a invecchiargli i lineamenti, le mani in grembo a godere del tessuto morbido dei pantaloni. Sono scuri e fastidiosi, esattamente come vuole il dress code.
Sta per sospirare, ma ci ripensa e non lo fa. Quasi non sa perché è lì, perché si sia lasciato convincere a uscire. Forse perché, nel timore di L o di un nuovo Kira, gli atti criminali si sono notevolmente ridotti; forse perché, ormai, più invecchia più si rende conto di starsi avvicinando alla morte che ha sempre inconsciamente rifuggito nel suo tentativo di combattere quella degli altri.
Forse, ancora, perché si sta spegnendo più di quanto già non lo sia. Spera - in un atteggiamento quasi infantile che non vuole tener conto del suo quoziente intellettivo - che la musica gli riempia abbastanza la mente da cancellare ogni ricordo.
In quel momento le luci si accendono e illuminano il palco quasi a giorno, ferendogli quasi gli occhi e facendo brillare il legno degli strumenti ad arco in mano ai musicisti.
Uno dei due violini spicca, in particolare, per il rosso acceso di quello che è quasi evidentemente acero. Il suono, per quanto sia legato al colore della vernice, non si può indovinare fino a che non viene sentito, e fino a che le vibrazioni della melodia non raggiungono il cuore dello spettatore.
Tutto questo in un violino che, in realtà, ricorda impietosamente a Near quanto la sfumatura di quel rosso sia così vicina a quella delle fiamme.
Poi, l'Ave Maria di Schubert inizia.

Non è direttamente la sinfonia che gli ricorda Mello. È più qualcosa che, come un fastidio alla pancia, cerca di farlo sentire in colpa, anche dopo tutto quel tempo.
Sente lo stomaco sottosopra e sa - perché è intelligente, Near - che presto o tardi soffocare quel sentimento lo renderà veramente il blocco di marmo che Mello lo ha accusato più volte di essere.
Ma non è solo lo stomaco a essere sottosopra: più la musica va avanti, più i suoi occhi vengono catturati dal baluginio rossastro del violino; le note si sovrappongono a urla che lui non ha mai sentito, troppo lontano e troppo sordo.
È tutta la sua vita a essere sottosopra, in un certo qual modo con una nota sbagliata nella melodia della sua esistenza. Sa che non tornerà mai come prima - sa che un come prima non esiste, perché lui è quello che è sempre stato, quello che è sempre cresciuto per essere - e che non l'ha resa così la presenza di Mello, ma la sua mancanza.
La parte bianca di un Tao, per quanto la metafora impoverisca in maniera pietosa ciò che quel simbolo rappresenta - una parte di Mello sempre dentro di lui, in quel fuoco luminoso nel quale è quasi bruciato vivo.
Nessuno di loro due è mai stato abbastanza, e per questo L non ha mai scelto il suo successore.
Mello è l'acqua placida che si adatta alla situazione, lui invece è il fuoco che, con la sua luce bianca e accecante, lo ha sfregiato: lo ha relegato nel buio che ha sempre creduto di appartenergli.
Ecco perché Near non è Tao, non è armonia. È sottosopra. Ma rimane in piedi, anche mentre il mondo sta crollando e anche se i castelli di carte che ha costruito stanno cadendo.
Il violino si ferma, l'ultima canzone è terminata. Near non si alza per applaudire.



[Get back on my feet, on the ground.
Is this real?
Is this pretend?
I'll take a stand until the end.]


C'è troppa luce, pensa Mello. Troppa luce.
Non è un pensiero coerente, è solo l'istinto che urla a causa del fuoco che gli ustiona e gli mangia la pelle, riducendola a carne raggrinzita, mentre l'odore di bruciato e il fumo seccano e raschiano la sua gola.
Urla, in una luogo che va a fuoco - urla perché il fuoco non è suo.
Brucia e non sa perché è lì, perché il dolore gli annebbia il cervello - è vero, è reale quello che stanno vivendo? Uno shinigami, seriamente? Perché è lì, perché sta bruciando?
C'è troppa luce, troppa. Near è luce, fa luce, e nel mentre lo getta nell'oscurità più profonda. Ha preso la decisione di aiutarlo, e questo è ciò che ne ricava: essere mangiato da quella luce troppo accecante. Pensa di stare per morire, ma non può sapere che non è così.
Non sa che sta facendo una sola scelta, per il poco tempo che gli rimane. Non è una decisione necessariamente giusta o sbagliata, è Tao.

Quando il castello di carte crolla tra le sue mani, senza che lui abbia fatto il minimo movimento, Near sa che Mello è morto. E in quel momento - e solo in quel momento, nell'attimo di uno sparo - prende la sua, di decisione.
   
 
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