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Autore: TimOFF    14/04/2013    3 recensioni
Santana Lopez ha un solo obiettivo: diventare atletica ed emotivamente stabile. Questo è il piano elaborato nel "postaccio", la clinica in cui ha trascorso un tempo che neanche ricorda. Ora è tornata a casa, molte cose sono cambiate e nessuno le parla più di Matt, suo marito. Santana cerca di trasformarsi nella donna che lui ha sempre voluto, convinta che questo servirà a farlo tornare da lei. Ma le cose si fanno più complicate quando incontra Brittany, una misteriosa e problematica giovane donna che si offre di aiutarla a riconquistare Matt.
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Ho amato "Il lato positivo", in particolare il romanzo di Quick. Questa fanfic lo ripercorre in qualche modo, anche se con licenza di distaccarsi ampiamenti a tratti. Spero che vi piaccia, anche se non avete visto il film o letto il libro. Ovviamente Brittana, ma compariranno moooolti personaggi ;)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! avevo questa idea che mi frullava in testa da un po' ! ho letto il libro "L'orlo argenteo delle nuvole" quando uscì qualche annetto fa.. e poi ho visto il film appena è uscito, e ho iniziato ad immaginarmi questa storia, e quindi eccomi qua :D
non voglio svelarvi troppo dalla trama, perchè credo che il bello del libro, e quindi credo anche di questa storia, sia che tutto ciò che nasce è piuttosto inaspettato... quindi (soprattutto per chi non ha nè letto il libro, nè visto il film) credo che sia bello avere l'effetto sorpresa... per chi invece sa come procede la storia, può farsi un'idea.
la mia intenzione è quella di sfruttare l'idea di fondo del libro, quindi seguire per grandi linee l'andamento della trama.. ma ovviamente i personaggi saranno diversi, il contesto sarà diverso, e voglio mettere quanto più possibile di "originalità" al suo interno..
detto questo, i primi capitoli serviranno un po' di presentazione al personaggio di Santana, che è il narratore in prima persona.. e conosceremo molti personaggi.. ma non dovrete aspettare molto per vedere la comparsa di Brittany, tranquilli :D

finita questa presentazione, spero che siate curiosi di seguirmi :)
lasciate qualche parolina, se vi va, mi aiuterebbe davvero!

LET'S GO!!!





CAPITOLO 1
 
Un numero infinito di giorni prima della mia inevitabile riconciliazione con Matt
 
 
Non ci sono dubbi: è mia madre.
Posso distinguere il suo odore da svariati metri: è l’odore tipico della cucina di casa nostra, visto che passa quasi tutto il tempo ai fornelli. È un’abile cuoca ed è appassionata, per cui inevitabilmente tutto di lei sa di un misto di arrosto e frittura.
E lì, nel postaccio, permeato di un nauseante odore di chiuso e medicinali, il suo odore mi arriva prepotentemente alle narici. Sono stesa sul mio letto, mentre mi dedico all’ennesima serie di addominali.
«Ne hai ancora per molto, Santana?» dice, e io mi fermo solo un attimo a guardarla, per poi iniziare a contare mentalmente.
«A Matt… piacciono… le ragazze… atletiche» dico io, alternando le parole agli addominali.
Mamma continua a guardarmi per un po’, prima di sganciare la bomba con voce tremante.
«Ti va di tornare a casa con me, oggi?»
Mi paralizzo e la guardo, convinta che scherzasse. Ma vedo la sua aria preoccupata, come se avesse paura di fare una stronzata, e conosco bene quell’espressione. No, decisamente stava facendo sul serio.
«Ma devi promettermi che non cercherai Matt» aggiunge, «vivrai con me e tuo padre, ti cercherai un lavoro e poi magari potrai trovarti un appartamento tutto per te, quando sarai pronta»
Un’altra serie di addominali: fisso il muro davanti a me, come se fosse la cosa più interessante del mondo. La conosco a memoria quella macchia di umido, era lì da prima che arrivassi, e ormai ogni bolla che forma l’intonaco mi è familiare, tanto è il tempo che passo in quella stessa esatta posizione.
«Santana, ti prego, torna a casa con me. Hai bisogno di riprendere in mano la tua vita, riprendere i rapporti con i tuoi vecchi amici. E poi so che ti manca la mia cucina. Ti prego, pensaci.»
Addominali, ancora addominali. Era quella la strada.
Anche se lì nel postaccio tutti mi dicono che a Matt non interesserà il mio fisico, che sto faticando per nulla, che non avrò il lieto fine che spero perché c’è la possibilità che lui non voglia vedermi nemmeno dopo che sarà finito il periodo di lontananza.
Io lo odio, il postaccio. Odio tutti quei medici e le loro pasticche colorate, che ti porgono col sorriso, perché sanno che quello è il modo per tenerti a bada, per farti stare tranquillo come un cucciolo ammaestrato. È il loro modo di farti stare a cuccia. E io lo odio.
Balzo in piedi, prendo coraggio e rispondo: «Starò da voi fino alla fine del periodo di lontananza».
 
Mamma sembra soddisfatta mentre firma i documenti, la burocrazia ci fa perdere quasi un’ora. Io do un’ultima occhiata alla mia stanza dopo che ho raccolto tutti i miei vestiti e la cornice con la mia foto con Matt. Con un semplice cenno saluto la mia compagna di stanza, Lauren, una donnona un po’ scorbutica. In quei mesi in cui avevamo quasi convissuto ci eravamo scambiate a stento qualche frase. Dicevano che era violenta, anche se secondo me era solo apparenza: dicevano lo stesso anche di me, insomma. Certo, avrebbe dovuto seguire il mio programma di allenamento e smaltire un po’ di quel grasso, ma magari non era una persona cattiva.
Non ho voglia di salutare gli altri. Non che avessi fatto chissà quali amicizie lì nel postaccio, ma ci coprivamo le spalle a vicenda, e io odiavo gli addii.
 
Alla fine del corridoio c’è il dottor Schuester, in camice bianco. Il suo solito sorriso stampato in faccia, i capelli unti di gelatina. Dio, aveva cinquant’anni e ancora usava la gelatina: odiavo quel cespuglio.
«Fai attenzione» mi dice, stringendomi la mano.
Che cosa si aspettava? Che impazzissi da un momento all’altro? Era così negativo, quell’avvertimento.
«Sarò… leggera» gli risposi. Penso al mio amico Puck, il mio unico vero amico lì nel postaccio, e a quanto sarebbe fiero delle mie parole. Lui lavorava per essere  “leggero”, così diceva, e anche se non avevo mai capito cosa intendesse davvero, in quel momento mi sembrava un’ottima cosa da dire.
Il dottor Schuester mi guarda stranito, probabilmente anche a lui sfuggiva il senso di quelle parole.
 
 
Mia mamma è al volante. Io sono praticamente con la testa fuori dal finestrino, osservando le strade di Buffalo che percorriamo velocemente. Io cerco di alzare il volume dello stereo, stavano trasmettendo You’ve got the love di Florence, gran pezzo, ma mia mamma abbassa nuovamente, aveva proprio voglia di fare conversazione: la lascio fare.
Mi racconta che c’era voluta una grande opera di convincimento perché il dottor Schuester mi consentisse di uscire, per lui non ero pronta. Lei aveva minacciato di mettere in mezzo gli avvocati e lui alla fine aveva ceduto, a patto che avessi continuato la terapia con un altro medico, dalle mie parti. E quindi mia madre mi racconta che appena tornata sarei andata dalla dottoressa Pillsbury, che era l’analista di una sua cara amica, che era brava e che poteva aiutarmi a stare meglio.
«Perché tu vuoi stare meglio, Santana. Vero?» mi chiede, voltandosi verso di me.
Che domande. Annuisco e dico: «Certo, mamma.»
 
Procediamo più o meno in silenzio, riesco perfino a mantenere più alto il volume dello stereo. Costeggiamo praticamente tutto il lago Erie, da Buffalo a Cleveland. Matt veniva da Cleveland, per cui amavo quel lago, ci andavamo spesso.
Procediamo lungo la Interstate 71, dopo esserci fermate a prendere un caffè in uno squallido autogrill. Avevo provato a proporre a mia mamma di darmi un po’ il cambio alla guida, erano passate più di 3 ore, ma mi guarda terrorizzata e dice che preferisce continuare lei. Ok, come vuole.
Nelle ultime due ore di viaggio mi addormento, e mi risveglio solo quando ormai siamo arrivate a casa. L’odore di Lima è inconfondibile. Più o meno è rimasta la stessa, a parte qualche negozio che non riconosco. Vedo un enorme centro commerciale in fondo alla strada, e decisamente quello non c’era. Prendo un gran respiro, cercando di allontanare l’ansia che mi sale quando devo affrontare qualcosa di sconosciuto.
Mamma mi accarezza una spalla, lo fa sempre quando mi vede agitata. Mi dice di stare tranquilla, che la dottoressa Pillsbury mi rimetterà in sesto velocemente.
 
Casa è rimasta la stessa, ed entrare è una gioia. Mamma mi porta nel seminterrato: ha comprato degli attrezzi per fare ginnastica. Un tapis-roulant, una panca per gli addominali, una serie di pesi, la cyclette.
«Grazie, grazie!» le dico, e mi butto fra le sue braccia. Era quella la strada, lo sapevo!
Lei mi guarda con un gran sorriso e mi dice: «Bentornata a casa, Santana».
 
Sono tentata di mettermi subito a fare allenamento, perché a Matt piacciono le ragazze atletiche, me lo diceva sempre. E quindi nel postaccio io passavo tutto il mio tempo ad allenarmi e se non mi allenavo scrivevo i miei diari. Le pasticche a volte facevano perdere un po’ la testa, a volte non ricordavo se alcuni episodi li avevo vissuti davvero o erano accaduti in un sogno, tanto erano sfocati. E io non volevo dimenticare, e poi volevo che Matt potesse leggere tutti i miei progressi durante il periodo di lontananza, quanto stavo meglio. Ma i dottori nel postaccio non mi avevano fatto riportare i diari, quindi niente memorie.
Salgo su in salotto e mi guardo un po’ in giro: la casa era rimasta la stessa. Ma manca la foto del mio matrimonio. Era lì, sul mobile di mogano nell’ingresso, ne ero sicura.
Chiedo a mamma e mi dice che è stata rubata, che i ladri sono entrati, e la cornice aveva un gran valore, e che quindi se la sono portati via. Vedo la foto del matrimonio dei miei, in una cornice di oro massiccio, e penso che i ladri dovevano essere proprio stupidi che sceglievano di prendersi la mia cornice in argento e di lasciare lì quella di oro massiccio. Decisamente non sapevano fare il loro mestiere.
 
 
Passa una settimana dal mio ritorno a casa, e ancora mio padre non mi ha rivolto mezza parola. Lui lavora sempre, e se non lavora è chiuso nel suo studio. Mamma dice che deve solo riabituarsi all’idea che io sia tornata a casa. Per me va bene, ho sempre un po’ paura di parlare con lui, quindi decido di aspettare i suoi tempi, non vorrei mai forzarlo. E poi lui non capirebbe, si era messo ad urlare quando mi era venuto a trovare nel postaccio: diceva che stavo facendo una stronzata ad allenarmi per Matt, che dovevo smetterla con la storia del lieto fine. A me non piaceva quando mi parlava in quel modo, ma lui era fatto così, per cui lo avevo lasciato fare. Ci incrociamo nei corridoi, ma lui fa finta che io non ci sia.
 
Passo molto tempo al computer: Matt ama lo sport, il basket. È un tifoso incallito dei Cleveland Cavaliers, e io odiavo che lui ne parlasse continuamente con i suoi amici e che io non potessi far parte di quelle conversazioni. Mi dicevano che ero una donna, non potevo capirne di sport. E Matt consentiva che i suoi amici mi parlassero così.
Per cui sfruttando la connessione dei vicini, mi stavo documentando su tutto quello che potessi, sulle stagioni vincenti con Lebron James, che Matt adorava. Poi era andato via, e la squadra non stava andando più tanto bene, a parte questo Kyrie Irving, che dicevano avesse grandi prospettive.
Ora lo capisco di più lo sport, da quando sono diventata una donna atletica. Penso davvero di essere sulla buona strada, anche se dall’altro lato ho la sensazione che mi aspetti un numero infinito di giorni prima della mia inevitabile riconciliazione con Matt.
I Cavaliers decisamente non stanno andando troppo bene e penso che questo sia un po’ negativo, Matt sarà sicuramente di cattivo umore. Ma sono sicura che almeno sarà fiero di me, perché ora anche io sono atletica e potrò parlare con i suoi amici della loro, anzi della nostra, squadra del cuore.
Già mi vedo ad una prossima cena che mi rivolgo ai suoi amici dicendo: «Irving se l’è davvero meritato il premio Rookie, l’anno scorso».
Non può che esserne contento, insomma, magari mi sorriderà per lo stupore. Devo fargli capire che mi sto interessando a quello che gli piace, che mi sto sforzando davvero per rimettere in piedi il nostro matrimonio.
Per lo meno, questo è il mio piano. Il mio amico Puck dice che è un ottimo piano, anche se lui odia i Cavaliers.
Ma almeno ho un piano.







Angolo dell'autrice

Uhhhh salve!!! dopo un estenuante periodo pre-esame, sono finalmente di nuovo libera!!
oggi volevo continuare l'altra mia storia "Brave New Me" (passate a leggere
qui, se vi va) ma avevo questa idea che mi stava facendo impazzire, e dovevo subito mettere giù qualcosa!!!
l'idea in linea di massima credo sia chiara, spero vi piacerà!!!
detto questo, credo che voglio prima continuare un altro po' l'altra storia, prima di gettarmi a capofitto su questa! ma vedremo strada facendo come andrà e se vi piacerà!!
il punto di vista è quello di Santana, anche se non escludo di fare qualche change in corso d'opera, ma vedremo... Brittany arriverà tra un po', abbiate pazienza :)

fatemi sapere se l'idea vi interessa, così sono più spinta a continuare!!
alla prossima,
V.
  
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