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Autore: I Am A Yellow Walrus    14/04/2013    1 recensioni
"La paura governa il genere umano. Il suo è il più vasto dei domini. Ti fa sbiancare come una candela. Ti spacca gli occhi in due. Non c'è nulla nel creato più abbondante della paura. Come forza modellatrice è seconda solo alla natura stessa.
Saul Bellow, Il re della pioggia, 1959"
Una corsa alla sopravvivenza.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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A Valentina,
 una cara amica
che mi ha convinto a pubblicare
questa storia.

 
 
 
 
Correva a perdifiato, tentando di uscire da quel lurido edificio, mentre delle lacrime di terrore le attraversavano il volto, e dei forti singhiozzi le scuotevano il petto dal profondo, facendole mancare il respiro. Le doleva ogni parte del corpo, ma non poteva fermarsi.
Finalmente vide una porta, così corse fino a raggiungerla, per poi tentare di aprirla, pregando Dio che non fosse chiusa dall’esterno. Provò più volte a forzare la serratura, con l’unico risultato di farsi prendere ancora di più dal panico. Si guardò alle spalle per la prima volta, e rimase sorpresa nel non vedere nessuno dietro di sé.
Fece quasi per lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo, quando udì dei passi da un corridoio vicino. Il cuore sembrò fermarlesi nel petto, e  quasi sperò che morisse lì, per arresto cardiaco. Ma, ovviamente, non accadde nulla al suo cuore, che riprese a battere ad un ritmo frenetico subito dopo, aumentando la velocità ad ogni passo che sentiva avvicinarsi. Altre lacrime di disperazione le scorsero lungo le gote, arrossate per la fatica, in contrasto col resto del suo volto cinereo a causa del terrore.
Ma, ancora una volta, il suo istinto di sopravvivenza la spinse a scappare. Così si intrufolò nel corridoio che più le era vicino, e corse a perdifiato, tentando di mettere fra lei e quell’orrida creatura che la seguiva più spazio possibile.
Si fermò di fronte a due passaggi, tentando di sceglierne uno. Sbagliare poteva significare morte. O, molto più probabile, tutti e due l’avrebbero condotta a morte certa. Come se stesse percorrendo il Miglio Verde, pensò, ricordando quanto le piacesse leggere libri di Stephen King, la sera, sul suo caldo divano. Quanti anni poteva avere, sedici?
Chi poteva mai dire ad una ragazzina adolescente con l’acne che le ricopriva le guance, che un giorno, ormai adulta, sarebbe finita in una storia molto simile a quelle del suo autore preferito?
Alla fine optò per dirigersi a destra, sperando con tutto il cuore di sopravvivere. In caso fosse tornata a casa, avrebbe cominciato a leggere solo romanzi rosa.
Corse a perdifiato, con le gambe che dolevano immensamente, e le ginocchia che le cedevano quasi ad ogni passo, riducendola a strisciare sul pavimento. Solo in quel momento riusciva a rammaricarsi per il suo odio verso l’attività fisica. Avrebbe voluto piangere ancora, ma, insieme alle sue ultime energie, anche le lacrime se ne erano andate.
Così non le rimase altro che procedere carponi, con la fioca luce della speranza che andava a spegnersi sempre di più dopo ogni centimetro che percorreva. Arrancò con la testa che fissava il pavimento, sia per la fatica che le impediva di alzarla, sia per il terrore di ritrovarsi di fronte un muro.
Ad un tratto, sentì qualcosa cozzare contro il cranio, e la vista le si appannò, riempiendosi di strani puntolini viola e neri. Alzò lo sguardo, ritrovandosi di fronte la porta del reparto neonatologia, e un brivido le attraversò la schiena. Spinse la porta, ritrovandosi di fronte un ambiente tetro, in contrasto l'immagine che solitamente rappresentava.
Le pareti erano macchiate di sangue ormai rappreso, di un colore che sfiorava il marrone, e qua e la, lungo il pavimento, erano sparse flebo, alcune ancora attaccate alle loro aste, che facevano gocciolare liquidi sul pavimento.
Un odore disgustoso permeava nell’aria, e le fece salire un conato lungo l’esofago, che le fece torcere le budella. Vomitò un orrido rivolo di bava, che, se fosse stato possibile, puzzava ancora di più dell’ambiente circostante, ma lei non ci fece caso, e, spinta dal rumore disumano che produceva il verso della creatura, entrò.
Dopo qualche passo (se così si poteva definire), si ferì ad una mano con alcune scaglie del vetro della zona nido che erano stati frantumati e si erano riversati lungo tutto il corridoio, spargendosi sul pavimento. Come se non bastasse, scivolò con la faccia sul pavimento, non avendo notato una pozza di soluzione proveniente da una flebo spaccata in due.
Rimase lì, singhiozzando disperata ma senza versare lacrime, sentendosi derisa dal mondo, mentre il verso disumano della bestia si avvicinava, fino ad arrivarle vicino i piedi. Riusciva a sentire il suo respiro profondo, e la sua presenza che faceva gelare il sangue nelle vene.
Con fatica si girò sulla schiena, decisa a guardare in faccia quel mostro. Voleva che, se avesse avuto un minimo di coscienza, le fosse rimasto il senso di colpa di essere riuscita ad uccidere una persona, nonostante questa la guardasse negli occhi.
Così, si ritrovò a fronteggiare due occhi completamente neri e luccicanti, e un volto che faceva ribrezzo, dai connotati indefiniti e deformati. Ma, dopo qualche secondo, fu costretta ad abbassare lo sguardo, vergognandosi della sua codardia.
“Non posso.” Disse semplicemente, rimproverandosi.
E fu in quel momento che una mano enorme e scheletrica la afferrò dal collo e la sollevò. Dopo sentì solo un dolore sordo e, infine, il buio.
E lì, dove la vita iniziava, la usa finì.
 
 

La paura governa il genere umano.
 Il suo è il più vasto dei domini.
 Ti fa sbiancare come una candela.
 Ti spacca gli occhi in due.
Non c'è nulla nel creato più abbondante della paura. 

 
 
                                                   
   
 
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