Six Fool Moons
Eric Slingby si
trovò di fronte una scena surreale.
Un demone teneva
sollevata una shinigami per la
gola, con l’evidente intento di strozzarla e,
dall’espressione trasognata della
donna, sembrava proprio che la cosa non le dispiacesse.
Accanto a loro,
un ragazzino con un occhio coperto
da una benda diceva al demone di ucciderla. Il suo tono imperioso
stonava
terribilmente con il suo aspetto infantile. E, al suo fianco, un
giovane
guardava la scena terrorizzato ed incredibilmente sbigottito.
Noah
Brooks,
pensò subito Eric.
Egli non
riusciva a staccare gli occhi dalla
shinigami: era sicuro di non averla mai vista prima, ma lei gli
ricordava
terribilmente il suo collega, Grell. Forse era per la massa di capelli
rossi.
Oppure erano i denti aguzzi?
-Sembra che tu
abbia causato un po’ di trambusto in
questi giorni, non è vero?- le disse il demone, con
calcolata gentilezza.
-Trambusto?-
gracchiò con voce soffocata.
-Non ti ricordi
più?- ribatté lui. –Non ti ricordi
più di tutte le persone che hai ucciso? A cui hai portato
via gli occhi, la
lingua e chissà cos’altro?
-Che vai
farneticando?- insisté. –Io non ho mai
ucciso nessuno!
-È un
peccato che io e Sua Maestà non la pensiamo
come te, vero?
Sorrise, ma il
suo non era un sorriso di cortesia.
–Sono desolato, ma sono costretto ad ucciderti.- Strinse la
presa attorno al
suo collo e proseguì fingendosi dispiaciuto:- Si dice che
gli shinigami possano
morire solo se feriti da una Death Scythe. Chissà se
c’è un altro modo... beh,
ho tutta la notte per scoprirlo.
Le mancava il
respiro, ma Eric riuscì ugualmente a
scorgere la follia nei suoi occhi lucidi. La donna estrasse uno dei
coltelli
che aveva conficcati nella schiena e, mentre esplodeva in una risata
rauca e
incontrollabile, lo scagliò verso Noah Brooks.
Il coltello gli
penetrò il cranio e il giovane morì
sul colpo.
Quasi
simultaneamente, uno schiocco secco indicò che
il demone aveva spezzato il collo della shinigami.
Questa
precipitò a terra, come una bambola di pezza.
Era ancora viva, ovviamente, ma appena cosciente di ciò che
le accadeva
attorno.
Piantò
i suoi occhi smeraldini su Eric e gli mormorò
qualcosa di incomprensibile con un filo di voce.
-Sembra che
questo non sia più un nostro problema.-
sentenziò il demone, rivolto al biondo. –Fanne
ciò che vuoi, purché tu la tenga
a bada. O sarò costretto a farle molto più male
di così.
Pensava che Eric
la conoscesse.
-A noi non serve
più.- aggiunse il ragazzino. Se ne
andò e il demone lo seguì.
Eric rimase
leggermente turbato, sia dalle loro
parole che dalla shinigami misteriosa che aveva di fronte, sporca di
terra e di
sangue rappreso, che lo fissava con sguardo vacuo: più la
guardava, più
riusciva a vedere in lei una copia imperfetta di Grell Sutcliff.
Sospirò
di nuovo, prima di mietere l’anima della
povera, giovane vittima e prima di assicurarsi che la shinigami
tornasse tra i
suoi simili.
Grace aveva
assistito, inerte, a tutta la scena. Il
dolore era lancinante, ma non le impediva di vedere.
Finalmente aveva
incontrato un dio della morte. Non
era sicura che l’avesse sentita, quando gli aveva chiesto di
fare una cosa per
lei. Ciononostante, era riuscita nel suo intento.
“Riportami
a
casa”
Il suo collo non
si era ancora ripreso dalla
frattura e ciò la costringeva a piegare esageratamente la
testa di lato. Ma quel
che vide la fece sentire appagata.
Shinigami.
Ovunque
c’erano shinigami che lavoravano, che
parlavano, o semplicemente camminavano. Erano dappertutto.
-Ce
l’ho fatta.- sussurrò, commossa.
-Will, vieni
subito! Devi vedere una cosa.- urlò il tizio
biondo che l’aveva salvata, rivolto a chissà chi.
Solo allora si
accorse che lui l’aveva tenuta in
braccio per tutto il tempo.
Grace si
innervosì e si dimenò finché lui non
la
poggiò a terra: non voleva e non doveva dipendere da nessuno
eccetto che da se
stessa.
Lo shinigami che
Eric aveva chiamato arrivò pochi
secondi dopo. Aveva i capelli corvini e lo sguardo impassibile,
distaccato. Il
suo volto non tradiva neanche un briciolo di emozione. Grace
sentì un istinto
peccaminoso dentro di sé.
Si
leccò le labbra, mentre pensava a ciò che avrebbe
voluto fargli (e farsi fare) in quel preciso istante, lì di
fronte a tutti. La
sua freddezza era dannatamente provocante e lei non era affatto una
donna mansueta.
-Che cosa ti
prende, Slingby?- lo rimproverò lui.
Quando si
accorse di Grace, però, la magia di quel
volto stoico si ruppe miserabilmente: contrasse la mascella e il suo
sguardo
cominciò a saettare da una parte all’altra, pur di
evitare ciò che aveva di
fronte, evidentemente sgomento.
-Ma cosa...?!-
cominciò, senza riuscire a
continuare. Ebbe il coraggio di guardarla solo dopo qualche secondo.
-Chi sei
tu?- le chiese infine.
-Io sono Grace, DEATH!-
scattò all’istante, mostrando i denti appuntiti in
un sorriso.
L’espressione
di William era di puro
terrore. Era
come se cercasse di far quadrare qualcosa nella sua testa, senza
però
riuscirci.
-Willy!
Perché hai quella faccia, che cosa ti prende?
Quella
voce.
Risuonò
come un brivido di puro odio.
Come mille
spilli acuminati che si conficcano nel cranio
uno alla volta.
Come sangue che
ribolle nelle vene, sul punto di scoppiare.
Quella dannata
voce. Acuta, penetrante ed
inconfondibile.
Rimbombava nel
cervello di Grace praticamente da sei mesi.
E, in quel momento, proprio dietro
di lei.
-Hai bisogno di
un po’ di riposo, Willy.- proseguì.
–Io lo dico sempre: tu lavori troppo!
-Sutcliff,
vattene via!- strillò il moro, che aveva
di fronte il viso di Grace.
Aveva gli occhi
spalancati e il fiato corto, come se
stesse cercando di trattenersi. Digrignava i denti, la bocca contorta
in un
ghigno animale. Furia irrequieta.
-Spostati da
lì o per te si mette male!- aggiunse in
fretta Eric.
Tuttavia Grell
non si mosse di un millimetro. Anzi,
ne approfittò per ficcanasare:- Chi è quella
lì? E perché è vestita come una prostituta?
Bastò
una parola. Una piccola scintilla toccò la
fragile mente di Grace.
Dentro di lei
tutto esplose, lasciando nient’altro
che fiamme e devastazione, fumo nero che la soffocava fino a farla
impazzire.
Bastò
che si voltasse per far riversare fuori da
quel corpo usurato tutta la rabbia che la imprigionava.
I mesi in cui
era stata in trappola. In cui aveva
patito la fame senza morirne, in cui aveva creduto di soffocare per la
mancanza
di aria, senza che ciò accadesse mai. In cui la gola le si
seccava sempre di
più e poteva inumidirla soltanto con il sangue che le colava
dal mento e dalla
bocca, lacerata dalle sue stesse zanne.
I mesi in cui
era stata sul punto di morire, senza
morire mai.
Bastò
un nome perché quell’incubo ritornasse.
-GRELL SUTCLIFF!
L’urlo
arrochito perforò le orecchie di Grell: rimase
leggermente turbato dalla cosa, ma non si spaventò
seriamente finché Grace, con
un balzo disumano, lo raggiunse e protese le braccia verso di lui.
Eric e William
la afferrarono prontamente per la
vita e la strattonarono via da Grell prima che potesse raggiungerlo.
Lei
muoveva ancora le mani verso la sua preda: desiderava lacerare quella
pelle candida
e vedere il suo sangue schizzare ovunque.
Il rosso
trasalì per la paura, ma si rilassò non
appena vide i che due shinigami riuscivano a tenerla ferma. Si dimenava
ed era
sempre più irritata ogni istante che passava lontana dal suo
carnefice.
-Oh Will, come
sei dolce a proteggermi!- cinguettò
Grell. –Sembri proprio un cavaliere senza macchia e senza
paura che difende la
sua amata.
-Ti sembra il
momento?!- ansimò quest’ultimo.
Grell la
osservò a lungo. Molto a lungo.
Forse un attimo
di troppo.
Di certo la sua
pelle smorta, i suoi capelli rosso
scuro e suoi denti acuminati, fin troppo simili ai propri,
l’avevano tratto in
inganno. Ma i suoi occhi... spalancati e vitrei, da morta come da viva,
li
avrebbe riconosciuti ovunque.
Fu come ricevere
uno schiaffo in pieno viso.
Ed era
pienamente consapevole che nessuna sberla
avrebbe fatto male quanto quella verità.
Boccheggiò in cerca d’aria,
orribilmente consapevole di ciò che aveva di fronte.
-Ma tu...Tu
sei...?
-Grace!-
gridò lei, sporgendosi ancora di più in
avanti, verso di lui. –Non ti ricordi di me? Oh, ma certo che
ti ricordi! Mi
hai seppellita viva, brutto...
Con un ultimo
sforzo, Eric scaraventò Grace sulla
parete dietro di loro tanto forte da farle perdere i sensi.
Dovevano
portarla via di lì, e dovevano nasconderla dagli
occhi di tutti.
-Che diavolo sta
succedendo?!
Grace si
risvegliò e si ritrovò legata a una sedia
con delle catene.
Era chiusa in
una stanza insieme a pochi altri
shinigami, compresi quel Will che lei aveva trovato tanto appetitoso,
il biondo
che l’aveva salvata dal demone e Grell Sutcliff.
Il suo corpo
ebbe uno spasmo verso il rosso quasi
involontario, non appena lo vide. Ma la sua sete di vendetta avrebbe
dovuto
aspettare ancora.
-C’è
una cosa che devo dirti. Ho bisogno che tu sia
concentrata su di me.- le disse William, guardandola dritta negli occhi
per
catturare la sua attenzione.
-L’unica
cosa su cui riesco a concentrarmi è sul
fatto che qui siete tutti uomini, siete in cinque e io sono legata a
una
sedia.- rispose Grace, guardandosi intorno con un sorriso malizioso.
–Quante
possibilità abbiamo secondo te?
Grell
sbottò:- Certo, perché niente è
più eccitante
di una squilibrata incatenata che ti implora di metterle le mani
addosso.
Il latrato
bestiale della shinigami riempì la
stanza. –Sparisci dalla mia vista! O per te si mette male.
Quanto è vero che mi
chiamo Grace, quando riuscirò a...
-Tu non ti
chiami Grace.- la interruppe William.
Smise di botto
di dimenarsi, allibita:- Che vuol
dire che non mi chiamo Grace?
Il moro le si
avvicinò, mentre lei fissava il vuoto
alle sue spalle. Si chinò e le sussurrò qualcosa
all’orecchio. Un nome, per la
precisione.
Alice
McKenzie.
Il fiato di
William accanto al suo orecchio le
provocò un brivido di piacere non indifferente.
–Oh, caro Will, non so chi sia
questa Alice McKenzie, ma sappi che potrai ripetermi il suo nome tutte
le volte
che vorrai!
-Non ricordi
proprio niente.- constatò lui.
-E che cosa
dovrei mai ricordare?
-Davvero?- quasi
trasalì Grell. –Io sono stato il
tuo insegnante! Hai fallito il tuo esame per diventare shinigami e hai
iniziato
a lavorare per le Risorse Umane. Eri inquietante, a dir la
verità... mi seguivi
in continuazione.- concluse, a metà tra
l’esasperato e il compassionevole. –Non
te ne ricordi più?
-Sta’
zitto!- urlò Grace, ma non si mosse. Voleva
sentire di più, ma di certo non da lui.
-Ricordi
qualcosa della tua morte?- chiese di nuovo
William, indugiando sull’ultima parola: non si trattava di
una vera e propria
morte.
Quasi divertita,
rispose:- E come dimenticare? Quel
bastardo mi è piombato addosso e mi ha squarciato
l’utero! E poi...- respirava
affannosamente. –Mi ricordo di una donna in rosso che mi
inseguiva. Anche lei
voleva uccidermi.
-E le persone
che hai ammazzato, quelle te le
ricordi?- fece Eric all’improvviso.
Grace
sbuffò:- Ancora con questa storia?! No, non ho
mai ucciso nessuno.- si bloccò. –Eccetto stanotte,
ma l’ho fatto per...
William
sollevò una mano per fermarla. Doveva
capire.
-E che mi dici
del tuo passato, Grace?
Si
rilassò improvvisamente: quell’interrogatorio era
estenuante e abbandonarsi ai ricordi la rilassò.
–Beh, Will, siamo diventati
shinigami insieme. Questo tu te lo
ricordi, mio caro? Il sedici dicembre del 1799, se non erro. Mietemmo
l’anima
di uno scrittore e in quell’occasione io ti salvai la vita.
-E poi?
-Beh, poi sono
stata costretta a fare da insegnante
a un gruppo di sciatte reclute.- inorridì al solo pensiero.
–E poi il resto è
un po’ confuso.
William
asserì nervosamente. Inspirò ed
espirò, come
per togliersi un peso, e con un gesto si fece aiutare da alcuni
colleghi a
toglierle le catene.
-Hai ricordi
reali e concreti di tutto
ciò che mi stai dicendo? Ti ricordi di tutto,
istante dopo istante?
-Beh, non
proprio, ma...- con un gesto, William la
interruppe una seconda volta.
Il suo volto era
una maschera di confusione. Non
riusciva a spiegarselo, non ce la faceva.
Quella donna era
un abominio e uno scherzo della
natura e lui non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.
Lui, che era sempre
stato attento e impeccabile in
tutto ciò che faceva.
Lui, che non si era
mai lasciato sfuggire niente.
Lui che non aveva
calcolato il fattore Grell, e le
conseguenze devastanti che questo avrebbe potuto avere non solo su
sé stesso,
ma su chiunque fosse capitato sul suo cammino.
Lui che stava assistendo a un evento a dir poco epocale.
Davanti a lui
c’era una shinigami che aveva perso la
ragione, e lui non aveva fatto
nulla
per evitare che accadesse.
-Ali... Grace.-
si corresse, visibilmente nervoso.
-Abbiamo ragione di credere che tu sia impazzita.- disse tutto
d’un fiato.
Passarono alcuni
secondi prima che Grace potesse
registrare l’informazione e ripetere con un ghigno
sprezzante:- Impazzita?
William prese un
lungo fiato per dire, tutto in una
volta, ciò che doveva dire. Non avrebbe mai più
trovato tanta forza e doveva
approfittarne.
-Non
è il tuo passato, quello che ricordi. È il
passato di Grell Sutcliff.- espirò di colpo. –Il
tuo vero aspetto non è questo.
L’hai copiato da Grell Sutcliff, ma non sappiamo come. E
tu... Potresti non
credermi per ciò che ti sto dicendo. Quindi sarò
costretto a...- la sua voce si
spezzò, mentre afferrava la sua falce della morte e la
stringeva talmente tanto
forte che le nocche gli divennero livide sotto i guanti neri.
–Fidati, farà
molto più male a me che a te.
William giunse
dietro di lei e, con tutte le sue
forze, le piantò la falce dritta nella schiena.
Il sangue
cominciò a sgorgare copiosamente dalla
ferita e, insieme ad esso, sgorgò anche
dell’altro: i suoi Cinematic Records. I
suoi veri ricordi.
I ricordi di
Alice McKenzie.
Alice McKenzie. Lei.
Rieccoci di nuovo qui :D
Nonostante le scarse recensioni dello scorso capitolo sono ancora qui, e ringrazio amanotsukiko4evr e ShinigamiGirl per le recensioni.
Ringrazio soprattutto ScratchGlissando per le continue correzioni. Anche se ti ringrazio "a modo mio", è sempre troppo poco per ciò che fai.
Ringrazio tutti quelli che mi seguono, e mi auguro di rivedervi anche la prossima volta.
Siamo al quarto capitolo. Ancora due capitoli di agonia, su su!

