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Autore: loryherm    04/11/2007    9 recensioni
Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato...non credeva che potesse esistere una persona in grado di amarlo in ogni sua sfaccettatura, e prenderlo così com'era, peccato che questa persona stesse con... Come troverà l'amore, Bill? La strada per il successo? Come è arrivato a diventare famoso, con i suoi migliori amici? La storia dei Tokio Hotel in un' incredibile serie di eventi.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia prima fan fiction sui Tokio Hotel, ma non la prima in assoluto.
Dunque, premetto che I tokio Hotel (putroppo) non mi appartengono, questa storia è scritta senza nessuno scopo di lucro, tutto è pura invenzione della mia testa malata.
Bene, detto questo non posso che augurarvi buona lettura e sperare di fare breccia nei vostri cuoricini. Sono gradite le recensioni. Un bacio.


Un' amica.


Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato, e non era mai stato un problema per lui ammetterlo.
Chi lo conosceva per caso tendeva a non avere voglia di stare in sua compagnia, e chi non lo conosceva ad evitarlo completamente.
Bill trascorreva il suo tempo con le poche persone delle quali ormai si fidava ciecamente e alle quali era sicuro di essersi affezionato perchè non lo avrebbero mai preso in giro.
Preso in giro per come camminava, come parlava, come vestiva. Il suo modo di camminare era troppo leggero, quello di parlare era troppo soffice, il suo modo di vestire...beh; forse era più quello che attirava l'attenzione. Insomma, la gente riusciva a tollerare quei pantaloni tanto stretti, la maglia altrettanto attilata e le cinte rigorosamente nere e borchiate. Ma il trucco sugli occhi, il percieng sulla lingua e sul sopracciglio, lo smalto sulle unghia e i capelli perenemmente in disordine...quelli sembravano duri da mandare giù. Non era decente, non era normale...era troppo diverso.
Bill Kaulitz dunque era sicuro di una cosa sola: c'era una persona sulla quale avrebbe sempre potuto fare affidamento. Quella persona era suo fratello Tom. Il suo gemello. Erano insieme da prima di nascere, lo erano stati da bambini, erano cresciuti simbioticamente. Era impossibile che non si volessero bene!
Bill e Tom erano diversi l'uno dall'altro, ma nello stesso tempo si vedevano assomigliarsi sempre di più, giorno dopo giorno. Entrambi erano testardi e risoluti, entrambi avevano una vera passione per la musica e amavano dormire fino a tardi.
La gente però sapeva bene quale fosse la grande differenza tra i due: uno era il forte, uno il debole.


"Tom...Tom...accidenti, imbecille...mi stai soffocando!"
"Devi alzarti. La mamma stà uscendo di casa." Fù la semplice risposta.
Subito dopo aver dato un' ennesima botta al ragazzo nel letto, Tom prese la porta saltellando e non sentì suo fratello imprecare sottovoce.
"Mi chiedo quando arriverà il giorno che potrò dormire fino a morire." Sibilò scostando le coperte dal volto assonnato.
Si stropicciò gli occhi e come sempre, in maniera ormai quasi automatica, controllò che non ci fossero tracce di mascara sul dorso della mano. Si stupì di non trovarne affatto, ma presto ricordò che il giorno prima aveva saltato la scuola. Quando un dolore lancinante gli prese metà del volto, ricordò bene anche il motivo. Quell'idiota di Mark Dhiname l'evava picchiato di nuovo, così aveva preferito non farsi vedere con un occhio livido e non nero come al solito. Il viola non gli donava, l'aveva sempre detto.
Bill si alzò con tutta calma, come sempre. Prese la direzione del bagno pendendo percicolosamente a destra, e infilò le ciabatte al contrario.
Si spazzolò i denti meticolosamente e raddrizzò quella chioma ribelle, si vestì sbadigliando sonoramente; e finalmente scese in cucina a salutare Tom.
"Buongiorno." Esordì con voce roca.
"Ehilà!" Si sentì rispondere.
A parlare non era stato chiaramente suo fratello, ma una voce molto più profonda e pacata.
Bill inspirò profondamente quel profumo dolce fino a farlo entrare dentro lo stomaco. "Ah, Gustav, dimmi che hai preparato..."
"Si l'ho fatto." Rispose il ragazzo piccolo e biondo che col grembiule in una mano stava armeggiando ai fornelli.
Si avvicinò a Bill subito dopo avergli dato un'occhiata fugace. "Ahi..." Sussurrò quando gli fu a due centimetri. "Deve fare male." Continuò fissandogli con attenzione l'occhio sinistro.
Bill inarcò un sopracciglio, ma se ne pentì subito. Voleva essere un "si", ma fu costretto a sibilarlo a denti stretti.
"Gli avevo detto di restare dov'era, ma non ha voluto darmi ascolto. Così l'hanno accerchiato ed ecco il risultato."
Questa volta a parlare era stato suo fratello, con la sua voce beffarda e irritante.
"Ne abbiamo già parlato Tom, lo sai come la penso al riguardo." Rispose subito Bill, afflosciandosi stancamente sulla prima sedia che si trovò vicina, aspettando che l'amico gli servisse i suoi cornetti.
La discussione finì lì, nessuno aveva voglia di litigare di prima mattina. Subito dopo suonò il campanello.
"Vado io." Disse Bill dirigendosi verso la porta. Quando la aprì si trovò davanti un amico con la faccia un pò scura che lo sanzò senza tanta cura e si diresse in cucina a passi svelti e pesanti.
"E buongiorno anche a te." Sibilò Bill con una smorfia.
Georg masticava avidamente, poi deglutendo disse: "E' tardi, dobbiamo muoverci, alla prima ora ho matematica. Tutti in macchina."
Tom spense la palystation e Gustav mise via il grembiule da cucina. Bill si mise la borsa in spalla sbuffando sonoramente. Sapeva bene cosa lo aspettava.


Riusciva sempre a paragonare il sottofondo di bisbigli che si levavano al suo passaggio al rumore della musica bassa che viene dall'i-pod quando non hai le cuffie nelle orecchie. Era un rumore che in un certo senso gli piaceva. Non per il fatto che amasse far parlare di sè, al contrario lo odiava, ma perchè ormai era diventato parte della sua giornata, e magari senza si sarebbe sentito sordo. Era rassicurante in un certo senso. Fino a che la gente sputava veleno su di lui, almeno era certo di esistere.
"Io non capisco perchè si debba essere tanto fieri di voler attirare l'attenzione..." Aveva detto una ragazza pochi minuti prima.
Bill ci stava ancora riflettendo sopra. Trovò quel commento diverso da quelli soliti. Quella biondina col naso all'unsù e la gonna troppo corta non si era chiesta: "Ma come si veste!?".
Bill aveva sempre creduto che questa critica non avesse in assoluto nè capo e nè coda. Insomma ognuno si veste come vuole!
Quella ragazza invece credeva che lui vestisse a quel modo per attirare l'attenzione.
"Bhe...certo, potrebbe sembrare che io lo faccia per questo, ma non è così. Iinsomma, andiamo!" Pensò Bill di nuovo. "A chi piacerebbe essere preso di mira da tutti solo per attirare l'attenzione? Sarebbe da malati."
Si convinse subito che quell' accusa era anche peggio di quella solita. Era più stupida, e senza senso.
Sorrise; aveva appena definitivamente smontato un' altra giudizio inutile sul suo conto. Poteva essere davvero fiero di quella giornata, e magari se avesse continuato ad essere tutto così tranquillo, avrebbe cercato di scrivere un testo carino quel pomeriggio. Erano già sei che ne scriveva di tristi e malinconici.
Tom camminava al suo fianco, come sempre segiuto da un paio di ragazze adoranti che facevano finta di doversi dirigere per forza nella loro stessa direzione.
Alle ragazze Tom poteva piacere o potevano odiarlo del tutto. Non esistevano vie di mezzo con lui. Per loro era o bello, o un casanova mal riuscito, o carino, dolce e misterioso, o semplicemente ridicolo. (anche per il suo modo di vestire).

"Dunque, se spostiamo la x cosa otteniamo?" Ripetè di nuovo la professoressa con voce stanca. Nessuno rispose, ma non ce ne fù bisogno. La campanella della ricreazione suonò proprio in tempo. Bill sorrise a mezza bocca. Ora doveva solo andare a prendersi un barile di caffè e a cercare Tom e gli altri per parlre un pò. Magari l'avrebbero lasciato in pace quelli. Forse quella mattina avrebbero trovato un altra persona da tormentare. Almeno sperava che avessero dimenticato il suo tentativo mal riuscito di difendersi. Non che lui non si sapesse difendere, ma quelli tendevano ad essere in branco, ed era piuttosto difficile che una cosetta magrolina come lui potesse prendere a calci e pungni qualche armadio di quelli.
Ringraziò di nuovo l'alto perchè aveva fatto arrivare l'estate tanto in fretta, ne aveva davvero bisogno. Non ne poteva più dello studio, di quella gente che era sempre la stessa da anni, e di svegliarsi la mattina tanto presto. Aveva dinanzi a sè tre lunghi mesi di vacanza. "E chi lo sà..." Pensò con un sorriso raggiante. "Magari la mamma ci porta a Parigi...era tanto che voleva andarci..."
Con questi pensieri si diresse verso il Bar della scuola che era come sempre stracolmo di studenti che si spingevano con foga tra loro.
Bill neanche si impeganva per arrivare primo; col tempo aveva imparato che la gente tendeva a scansarsi da se al suo passaggio. E sorrideva sempre quando arrivava a destinazione prima di tanti altri che magari erano lì da molto più tempo.
Quel giorno però qualcosa andò diversamente.
"Ehi, ehi, ehi! Dove credi di andare?" Una vocetta squillante e un pò stridula lo distrasse dal suo monologo interiore. Si voltò per accertarsi che non si stessero rivolgendo a lui, ma dovette ricredersi. Una ragazzina lo aveva appena afferrato per la maglietta e ora lo guardava torva. Non sembrava affatto spaventata da lui, o intimidita nonostante fosse molto più bassa.
"Non te l'hanno insegnato che non si supera nelle file?" Domandò di nuovo la ragazza.
Bill sembrava confuso, oltre che stupito. "Non stò superando!" Esclamò.
La ragazza sorrise lievemente, ma sembrava offesa. Aveva perso un pò di quella luce assina negli occhi.
"Va bene che sono piccolina, ma non puoi non avermi vista, ero proprio davanti a te!"
Bill assunse un espressione mortificata. "Scusa. Davvero non ti avevo vista, ma perchè ero distratto; mi dispiace..."
La ragazza sorrise, questa volta un pò più dolcemente. "Non importa." Sussurrò. "Ma sarebbe perfetto se per farti perdonare finiresti la fila per me e mi prendessi un caffè macchiato con poco zucchero e tanta panna per favore...se rimango qui in mezzo finisco per soffocare." Continuò.
Bill sorrise a annuì. "Nessun problema." Disse a bassa voce.
La ragazza si fece indietro a aspettò che il ragazzo ordinasse per entrambi, occupò un tavolino libero non appena lo vide tornare.
Bill le porse il suo bicchiere con un sorriso educato. "Come da lei ordinato." Mormorò, prima che lei lo ringraziasse con un lieve cenno del capo.
Stava per fare dietrofront e tornarsene da dove era venuto, quando la ragazza lo richiamò di nuovo. "Ehi. Dove vai?" Gli domandò.
Bill si voltò piano, con aria stupita. Riuscì solo a farfugliare: "A cercare...perchè...Tom...e..bè.....Perchè?" Esclamò finalmente.
La ragazza sorrise imbarazzata. "Bhe, avevo preso il tavolino anche per te, ma se preferisci andare non importa."
Bill rimase a fissarla per qualche secondo. Poi, quando capì che sembrava una proposta seria, sorrise di nuovo.
Si stupì di quante volte quella mattina era riuscito a sorridere.
Sedette accanto a lei senza fiatare.
"Allora?" Esordì quella. "Tu sei il famigerato Bill Kaulitz non è così?"
"Colpevole." Rispose il ragazzo prima di sorseggiare il suo caffè.
"Finalmente parlo con te." Continuò quella.
Bill notò che non c'era sarcasmo nella sua voce, e nemmeno sul suo viso c'era traccia di presunzione e presa in giro. Ne fu soddisfatto. Le domandò subito: "E tu, come ti chiami?"
"Loreen." Rispose la ragazza dopo aver mandato giù in un gran sosrso l'intruglio nel suo bicchiere.
Bill sorrise. "Allora non sei delle medie..."
"No!" Esclamò subito la ragazzina, che non sembrava davvero offesa, ma solo un pò divertita.
"Tu sei in classe con Gustav, vero? Sei Loreen Mauren." Continuò il ragazzo.
"Colpevole..." Fece lei con un piccolo sorrisetto beffardo, e le sopracciglia leggermente aggrottate.
"Mi parla spesso di te." Disse Bill, con espressione eloquente.
Il sorriso sul viso di Loreen sparì come era venuto. "Cosa?" Domandò con un filo di voce. "Cioè volevo dire, perchè? No, non volevo dire nemmeno questo, volevo solo sapere: cosa dice?"
Bill rise sotto i baffi. "Sei davvero sicura di volerlo sapere?"
La risposta della ragazza fu un' espressione minacciosa. Così Bill inspirò profondamente. "Mi dispiace, ma non posso proprio dirtelo. Insomma, sarebbe sleale da parte mia confessarti che Gustav si è preso una cotta per una certa Loreen da un pò di mesi...pensa se ti raccontassi di quando dice che è bellissima e simpatica...No, no, spiacente, ma non posso davvero dirtelo."
Detto questo, Bill si rimise a sorseggiare il suo caffè con espressione sicura e gli occhi ridenti.
La ragazza sembrava pietrificata. Non muoveva un muscolo e la sua faccia aveva assunto un' espressione completamente vacua e priva di colore.
"Bè...no..." Riuscì a mormorare appena. Dopo aver schiarito la voce, continuò. "Sarebbe orribile se tu mi rispondessi...non ti preoccupare, non devi dirmelo per forza."
Un sorriso si face piano piano spazio sul suo viso. "Potrei andare io a chiederglielo di persona...magari con davanti una pizza e una coca...no?"
Bill sorrise trionfante. "Sarebbe approrpiato." Disse.
"Bhe!" Esclamò Loreen cercando di reprimere un sorriso raggiante. "Ora temo proprio di dover andare, Bill." Continuò rimettendosi in piedi.
Il ragazzo la imitò e disse: "Si, si è fatto un pò tardi."
"E' stato un piacere conoscerti...magari domani ci ritroviamo." Sussurrò un poco imbarazzata Loreen.
"Stesso posto, stessa ora?" Propose Bill gettando nel cassonetto il bicchiere di plastica della ragazza e il suo. Quando si voltò incontrò il bel sorriso di lei, che tenedogli la mano per un momento mormorò timidamente: "Perfetto. E...grazie, Bill."


Bill aveva trovato un amica. Un'amica che non aveva cercato, ma che era venuta come una manna dal cielo a tirarlo fuori dalla monotonia a dalla tristezza. Che non aveva avuto pregiudizi nei suoi confronti.
"Forse" Pensò Bill quella sera sdriato nel suo letto soffice. "Se Gustav riesce a combinare con lei, diventeremo davvero amici."
Si addormentò con questo pensiero e col sorriso sulle labbra.
La mattina dopo scisse un bellissimo testo, come si era ripromesso. Sarebbe stato uno dei suoi più grandi successi....



  
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