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Autore: neverenough    15/04/2013    1 recensioni
[...] Abbassò la testa, rendendosi improvvisamente conto che solo parte del suo desiderio poteva essere realizzato. "Qualcuno deve per forza perdere la vita." disse con gli occhi lucidi. [...]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chaz , Justin Bieber, Nuovo personaggio, Ryan Butler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si avvicinò lentamente allo scienziato, poggiandosi al mobile accanto a sé.
Le forze con l’età gli stavano venendo meno e non poteva farci niente.
<<Mi dica Buse.>> disse guardandolo.
L’uomo lo scrutò da sopra gli occhiali. <<Probabilmente, quello che lei mi ha sempre chiesto si può realizzare.>>
<<Si spieghi.>>
Andò verso un tavolo, prendendo alcuni rotoli di carta messi alla rinfusa. Justin rimase sorpreso: erano decenni che nessuno utilizzava più quel materiale.
<<Lei mi ha sempre chiesto se potevo inventare una sorta di macchina del tempo che non faccia viaggiare solo nei ricordi persi, ma che possa far davvero tornare al passato e cambiare le cose.>>
Lo guardò sempre più incuriosito. Gli occhi caramello erano contornati da diverse rughe e le labbra apparivano secche e screpolate.
<<Ebbene, ci sono riuscito. Sono riuscito a creare una macchina che porta tutto indietro nel tempo. È molto simile a quella dei ricordi, perché si può vivere al tempo desiderato come si era allora, ma si possono cambiare realmente le cose.>>
Sorrise prendendogli le mani. <<Davvero Buse? Ci sei davvero riuscito?>>
Annuì. <<Certo e ho già provato questa sorta di macchina. L’unico problema è che ha una durata massima di quattro ore.>>
<<Non importa se ha un limite. Può davvero portarmi indietro nel passato e aiutarmi a cambiare le cose?>>
Annuì perplesso. <<Drew, so bene che lei ha in mente di tornare indietro a quella notte solo per un motivo, ma non possiamo permettere che il passato venga alterato. Le conseguenze sul presente non sono immaginibili e anche una minima cosa potrebbe alterare il corso naturale delle cose.>>
<<So bene a cosa si riferisce. È per questo motivo che la tranquillizzo.>>
Sospirò. <<Drew, non mentirmi. So che vuoi tornare indietro solo per salvarla… ma così altererai il corso delle cose in maniera irreparabile.>>
Abbassò la testa, rendendosi improvvisamente conto che solo parte del suo desiderio poteva essere realizzato. <<Qualcuno deve per forza perdere la vita.>> disse con gli occhi lucidi. <<Non importa. Avrei dato la mia vita allora e non ho cambiato idea adesso.>>
<<Sei.. sicuro?>> chiese titubante.
Annuì. <<Lei rappresentava la mia vita, era il mio tutto. Morire per salvarla potrebbe rendere questo mondo migliore.>>
<<Drew.. tu dovresti rinunciare a tutto. Sarà come cancellare la tua esistenza in questi ultimi cinquanta anni.>>
Sorrise, mettendogli una mano sul viso e accarezzandogli la guancia barbuta. <<Buse, tu sei il mio più caro amico, l’unico che mi sia rimasto. Hai fatto di tutto per regalarmi speranze ed io non potrò mai ringraziarti abbastanza. La mia vita a breve giungerà al termine e non ho fatto niente che avrebbe potuto cambiare le cose a questo mondo. Sai bene che l’unica persona che ho davvero amato è morta in quell’incendio cinquantadue anni fa.. ed io non mi sono mai perdonato perché non sono riuscito a salvarla. Ho la possibilità di rimediare ai miei errori e non importa se devo rinunciare alla mia vita. Io l’amavo e la mia vita non è niente in confronto a quello che eravamo.>>
Buse sospirò, cercando di trattenere le lacrime. <<E va bene. Facciamolo.>>

Seguendo le istruzioni che gli diede Buse, si sdraiò sul letto a due piazze.
Erano passate due ore da quando gli aveva comunicato la notizia e aveva cercato di spiegare in modo chiaro come funzionava quella macchina e come si sarebbe dovuto comportare appena sarebbe tornato nel passato: avrebbe dovuto ripetere tutte le azioni che aveva fatto quella sera e solo una cosa sarebbe dovuta cambiare.
Tossì. <<Drew, sei davvero sicuro?>>
Sorrise debolmente e annuì. <<Niente al mondo potrebbe farmi cambiare idea.>>
<<È stato bello conoscerti.>> sorrise e una lacrima gli percorse la guancia, trovando rifugio nell’incavo tra il collo e la spalla.
<<Abbi cura di te.>> sorrise per poi stringergli la mano in una stretta amichevole.
Una volta che tutto sarebbe finito, Buse non avrebbe mai saputo chi era Justin Drew Bieber, e non avrebbe avuto più un solo ricordo che li ritraeva insieme mentre giocavano a dama.
Non ci sarebbe stato più niente.
Chiuse gli occhi. La smaterializzazione stava iniziando e non c’era modo di poter tornare indietro. Nessuno sbaglio era accettabile.

Riaprì gli occhi, trovandosi a fissare un soffitto bianco immerso nell’oscurità.
Voltò la testa verso sinistra, capendo di trovarsi una stanza diversa da quella dello scienzato… che effettivamente doveva ancora nascere.
Riconobbe tutti gli oggetti in quella camera, dall’armadio di legno, alla cassettiera dello stesso materiale, alla scrivania bianca con sopra un computer portatile spento.
Rivolse lo sguardo alla sua destra, vedendo la ragazza che amava dormire beatamente girata su un fianco.
Sorrise, accarezzandole leggermente il braccio fuori dalle lenzuola.
Guardò oltre, vedendo l’orologio sul comodino che segnava le undici e un quarto della notte.
Sospirò, poi le diede un dolce bacio sulla fronte. La guardò un’ultima volta, cercando di stamparsi nella mente l’espressione serena che aveva in quel momento.
Non importava se poche ore prima avevano litigato per un qualcosa che non aveva capito sul momento, o se il loro rapporto era in crisi per una persona gelosa di quello che erano. Lui l’amava e niente era cambiato dopo la sua morte, dopo anni passati a rimpiangere una decisione sbagliata. L’amore vero resiste a tutto, ma una separazione a cosa può mai portare?
Si alzò dal letto e velocemente si tolse il pigiama, mettendosi dei vestiti che si trovavano nell’armadio.
Uscì dalla camera, scese al piano sottostante e, accendendo la luce, prese le proprie chiavi che si trovavano sul mobile affianco alla porta d’ingresso.
Portò lo sguardo sullo specchio che insieme avevano deciso di mettere all’entrata, per quando andavano di fretta e non avevano il tempo di andare nel bagno per sistemare il proprio aspetto.
Fissò la propria sagoma: i capelli erano leggermente scompigliati ma ancora alti in una cresta; le labbra a forma di cuore erano carnose e morbide all’apparenza; gli occhi color miele non erano contronati dalle rughe. Era di nuovo il diciannovenne che aveva lasciato il cuore in quella casa.
Uscì dalla porta, chiudendola alle sue spalle, e si diresse verso l’auto nera ferma davanti al vialetto. Prese posto accanto al guidatore, dando il pugno sia a Chaz che a Ryan.
<<Al solito locale?>> chiese Ryan e Justin annuì.
In quella realtà, li aveva chiamati diverse ore prima, dicendo che aveva bisogno di svagarsi per dimenticare la litigata con la sua fidanzata.
Chaz mise in moto e poco dopo l’auto partì.
Rivolse un’occhiata alla casa, consapevole che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista ancora intatta.

Tutte le sue azioni si stavano ripetendo esattamente come quella sera. Niente era cambiato e tutto era come doveva essere.
Lo sguardo preoccupato e perplesso sul suo volto era lo stesso che aleggiava quando aveva vissuto tutto ciò per la prima volta, solo che era per un motivo completamente diverso.
Guardò l’orologio sulla parete mentre Ryan era intento a colpire la pallina bianca sul tavolo da biliardo con la propria stecca. Il colpo partì ma la numero sette non entrò in buca come sperava.
<<Non è serata..>> si lamentò.
Justin prese posizione, mirando alla pallina numero otto, l’ultima per poter vincere quella partita. Stava per caricare il tiro quando, il vibrare del suo cellulare, lo costrinse a bloccarsi e a perdere la mira.
Si rimise in posizione eretta, cercando il telefono nelle tasche.
<<Andiamo Justin! Fa quel maledetto tiro!>> si lamentò l’altro.
Se la prima volta gli aveva dato retta, lasciando che quella telefonata si perdesse nel vuoto, adesso rispose.
<<Bieber! La tua casa sta andando a fuoco!>> sentì agitata la sua vicina di casa.
<<Cosa!?>>
<<So che non sei in casa perché ti ho visto uscire! Ma Julie dov’è!?>> chiese ancora agitata. <<Dimmi che non è lì!>>
Ingoiò la saliva. <<Arrivo subito.>> rispose staccando la chiamata e, prendendo Chaz per un braccio, lo trascinò fuori dal locale correndo. <<Presto, dobbiamo tornare a casa mia!>> l’amico lo guardò interrogativo ma non disse nulla e salirono in auto. <<Vai a tutta velocità e non perdere tempo! Casa mia sta andando a fuoco! >> disse sentendosi agitato.
Credeva di riuscire a mantenere la calma e a controllarsi, ma quelli erano gli ultimi dei suoi pensieri.
Mentre l’auto sfrecciava a tutta velocità, Justin estrasse dalla tasca un foglietto e una penna che aveva preso precedentemente e scrisse qualcosa sopra.
L’auto si fermò pochi minuti dopo davanti casa sua e lui si precipitò fuori dal veicolo.
I pompieri erano già sul posto mentre alcuni vicini si erano radunati a guardare scioccati le fiamme che divoravano la casa.
Puntò gli occhi su tutti, vedendo diversi pompieri che cercavano con la pompa di domare e spegnere l’incendio, ma non la trovò.
Superò tutti, volendo correre verso la porta e salire al piano di sopra per salvarla, ma un uomo lo fermò. <<Non può andare! L’incendio è troppo intenso e dobbiamo prima domarlo!>> urlò nel tentativo di sovrapporre la propria voce al suono della sirena.
Tutto questo non era accaduto la prima volta. Lui aveva rifiutato la chiamato e aveva scoperto dell’incendio troppo tardi. Julie era morta e lui aveva vissuto una vita solitaria colma di rimpianti.
<<Lì dentro c’è la mia ragazza! Devo fare qualcosa!>> urlò a sua volta ma l’uomo scosse la testa.
Nervosamente, lo spinse, facendolo indietreggiare e cadere.
Guardò verso il veicolo dei pompieri, notando poco dopo la giacca della loro divisa.
La prese e, mentre correva verso la porta d’entrata, la indossò.
Gli urlarono di non entrare, ma niente poteva fermarlo.
Tutto dipendeva da quel momento.
Con un calcio sfondò la porta ed entrò nella casa.
Il caldo era insopportabile e le fiamme stavano divorando tutto, dalle pareti al corrimano. Senza pensare molto, corse su per le scale e, facendo attenzione a dove metteva i piedi, arrivò alla camera matrimoniale in cui solitamente riposava con Julie.
Lei era lì, ancora sotto le coperte che dormiva. Il fuoco stava per assalire anche quella stanza e lui si sentiva sempre più in agitazione.
Si avvicinò e la scuoté, chiamandola più volte.
Quando finalmente aprì gli occhi li puntò nei suoi. Non capì cosa stava succedendo in un primo momento ma, quando realizzò che c’era del fumo e delle fiamme nella camera, iniziò ad agitarsi.
Si alzò dal letto e Justin le prese la mano, conducendola velocemente all’uscita della camera ma si bloccò quando capì che una trave appartenente al tetto stava venendo giù.
Indietreggiò, riportando entrambi nella stanza.
Julie lo guardò spaventata. <<Ho paura..>> disse mentre delle lacrime iniziarono a rigarle il viso.
Le prese il volto tra le mani, guardandola dritto negli occhi. <<Ti fidi di me?>>
Annuì e Justin sorrise, premendo poco dopo le labbra alle sue, intensificando il bacio.
Le sue labbra, quel dolce sapore di latte e menta.. era qualcosa che aveva sempre desiderato e che non era mai riuscito a togliersi dalla testa.
Si staccò e, mettendole un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena, l’alzò da terra.
Guardò la finestra e arretrò, mettendo le spalle contro il muro.
Sospirò, mentre lei le si strinse al collo capendo le sue intenzioni.
Prese la rincorsa e arrivato vicino alla finestra, si voltò di spalle senza perdere la velocità.
Il vetro s’infranse al colpo e Justin si capultò nel vuoto senza mollarla per un solo secondo.
Il volo durò poco e lui atterrò di schiena.
Un dolore lancinante gli invase tutto il corpo ma, nonostante tutto, si sentiva felice.
Julie si mosse e, poco dopo si alzò dal suo petto, guardandola ancora nel mezzo dello shock.
Justin le sorrise e poi chiuse gli occhi, lasciando una lacrima uscire mentre esalava l’ultimo respiro.
L’ultima cosa che sentì, fu il suo nome urlato da Julie, che lo pregava di restare con lei, di non lasciarla per sempre.

Tutto quello che aveva passato, tutti i cinquanta anni che aveva passato da solo, stavano svanendo nel nulla.
La storia della loro vita era stata riscritta e non importava se era morto. Avrebbe sempre voluto salvarle la vita e aveva avuto la sua possibilità.


La sua mano si sciolse dal pugno in cui aveva ancora un fogliettino di carta. Julie lo notò e lo prese, leggendo il contenuto:

“Prenditi cura di nostro figlio. Digli che lo amo anche se non potrò mai conoscerlo. Vi amerò per sempre. Addio, Justin.





Commenti autore:
Salve c:
Spero che questa one shot che ho scritto vi piaccia e mi farebbe piacere se mi diciate cosa ne pensate :)
Se ve lo state chiedendo, mi sono ispirata al video just one last time di David Guetta ft. Taped Rai e diciamo che ho dato un’interpretazione mia a quello che si vedeva nel video.
Vi lascio il link della storia che sto scrivendo: Identity: Just the beginning . Se vi va dateci un’occhiata :)
Sparisco.
Recensite, un bacio :*


-Yogurt
   
 
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