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Autore: June_    16/04/2013    4 recensioni
[...] Sarà così ovvio che ordinerai un caffé, con quella bella giornata, con quel bel sole, non potresti voler altro che un caffé. Perché sei fatto così, ed è stato così che mi hai chiesto di uscire la prima volta, con un semplice “è un bella giornata, c’è il sole, prendiamoci un caffé: come piace a noi”, sì, come piace a noi.
Mentre tornerò da te, con due caffé, mi chiederò se anche tu in quel momento hai pensato alla stessa cosa. Allo stesso “come piace a noi”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Volevo scrivere una storia.'
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E magari ci rincontremo un giorno, anzi, quasi sicuramente. Magari a Milano, t’è sempre piaciuta Milano... Saremo più grandi di adesso, è ovvio, avremo altre cose per la testa.

Succederà in un bar, credo: tu ti siederai ad un tavolo, con quella sicurezza che ti appartiene scosterai veloce la sedia e ti metterai comodo, aggiustandoti il cappello.

In quel momento passerò io, e ti vedrò di spalle, mi sembreranno così familiari quelle spalle... Mi accorgerò che sei tu dai tuoi capelli, sì, quei capelli che un colore preciso non ce l’hanno mai avuto, per chi li vede la prima volta saranno sicuramente rossi, ma alcuni hanno dei riflessi biondi e secondo la luce diventano persino castani. Sì, non li scorderei mai quei capelli: sono il tuo biglietto da visita.

Indietreggerò un po’, con le gambe tremanti, come ogni volta che ti vedevo, e sentirò qualcuno alle mie spalle dirmi che “un altro po’ e facevo cadere le ordinazioni”.

Sì, sicuramente lavorerò part- time come cameriera quando ti rivedrò, e avrò la fortuna che ti siederai esattamente lì, a quel tavolo.

Non darò ascolto a quel qualcuno, sarò troppo impegnata a tenere ferme le gambe e cercare un po’ di saliva che in quel momento sembrerà inesistente.

Non saprò che fare all’inizio, così tornerò dentro, mi poggerò al bancone e il mio sguardo cadrà sul blocchetto delle ordinazioni. Di solito non dovrei chiederle io, di solito io li porterò e basta gli ordini, ma che dire, quella non sarà una cosa solita, forse non succederà mai più, forse sarai lì solo di passaggio, e sai com’è, ti ho già lasciato andare una volta.

Prenderò il blocchetto e la penna affianco, e dirò a qualcuno che lavora lì che quell’ordine lo prenderò io, e non mi interesserà, sarò capace di scrivere su un dannato blocchetto.

O forse no.

Farò un respiro profondissimo prima di uscire che non servirà a niente. Mi accosterò a te il più piano possibile, tanto non potrai vedermi, ti arriverò alle spalle, e dopo un altro respiro, per prendere coraggio e voce, fingerò di non averti riconosciuto e con lo sguardo sul blocchetto chiederò con voce sicura -che non mi apparterrà- cosa desideri.

Non sentirò altro che silenzio, un silenzio che mi costringerà ad alzare lo sguardo e incontrare i tuoi occhi, quegli occhi che come i capelli variano di colore in un modo assurdo. Dal nocciola all’ambra, dal giallo al marrone.

Tu starai già sorridendo quando ti guarderò, ma io lo farò subito dopo involontariamente, sentirò i lati della bocca allargarsi da soli, senza che ci possa far nulla.

Passeremo così qualche secondo, a sorriderci.

Poi tu pronuncerai un nome, ma non il mio, in effetti, non mi hai mai chiamata col mio nome, me ne avevi dato uno tuo e a me stava bene così, perché l’hai sempre saputo che a me il mio non piace. Sarà quello, sarà quel nome che dirai, e mi farai sorridere ancora di più, perché con quel nome capirò che non ti sei scordato di me, che anche tu, forse, in qualche momento della tua vita, qualche sera mi hai pensata.

Io risponderò col nomignolo che ti avevo dato anni prima, e tu riderai.

Sarà quello il momento più bello, la tua risata. Solo allora capirò quanto mi è mancata, quanto l’ho desiderata e per quanto tempo. Perché è stata la tua risata, i tuoi sorrisi, a farmi innamorare di te.

Sarò così felice in quel momento, nonostante le gambe mi tremeranno ancora, e non avrò recuperato la saliva, e il mio cuore batterà così forte da farmi venire le vertigini, non mi importerà, sarò felice, avrò gli occhi lucidi dalla felicità.

Mi chiederai cosa ci faccio lì e io ti rigirerò la domanda, perché quel che farò io si vedrà benissimo anche senza risposta.

Mi dirai di sedermi con te, così me lo racconterai, e io vorrò saltare proprio come farà il mio cuore.

Guarderò l’orologio e ti dirò che il mio turno finirà tra cinque minuti, e che nel frattempo potresti dirmi cosa vuoi ordinare. Segnerò tutto sul blocchetto e tornerò dentro, a prenderti il tuo caffé. Sarà così ovvio che ordinerai un caffé, con quella bella giornata, con quel bel sole, non potresti voler altro che un caffé. Perché sei fatto così, ed è stato così che mi hai chiesto di uscire la prima volta, con un semplice “è un bella giornata, c’è il sole, prendiamoci un caffé: come piace a noi”, sì, come piace a noi.

Mentre tornerò da te, con due caffé, mi chiederò se anche tu in quel momento hai pensato alla stessa cosa. Allo stesso “come piace a noi”.

Mi siederò di fronte a te e ti chiederò di raccontarmi tutto. Mi dirai che tu a Milano ci abiti, d’altronde t’è sempre piaciuta. Dirai che i tuoi sogni di un tempo si sono realizzati, e ad alcuni ci stai lavorando, tutto procederà bene. Io, invece, avrò finito gli studi da poco e mi sarò trasferita lì anch’io, sempre da poco.

Ci sarà un momento di silenzio, ma non sarà imbarazzante o pensante, sarà solo un momento che passeremo esattamente come il precedente: a sorriderci.

 

 

  
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