E
magari ci rincontremo un giorno, anzi, quasi sicuramente. Magari a Milano, t’è
sempre piaciuta Milano... Saremo più grandi di adesso, è ovvio, avremo altre
cose per la testa.
Succederà
in un bar, credo: tu ti siederai ad un tavolo, con
quella sicurezza che ti appartiene scosterai veloce la sedia e ti metterai
comodo, aggiustandoti il cappello.
In quel
momento passerò io, e ti vedrò di spalle, mi sembreranno così familiari quelle
spalle... Mi accorgerò che sei tu dai tuoi capelli, sì, quei capelli che un
colore preciso non ce l’hanno mai avuto, per chi li vede la prima volta saranno
sicuramente rossi, ma alcuni hanno dei riflessi biondi e secondo la luce
diventano persino castani. Sì, non li scorderei mai quei capelli: sono il tuo
biglietto da visita.
Indietreggerò
un po’, con le gambe tremanti, come ogni volta che ti vedevo, e sentirò
qualcuno alle mie spalle dirmi che “un altro po’ e facevo cadere le
ordinazioni”.
Sì,
sicuramente lavorerò part- time come cameriera quando ti rivedrò, e avrò la
fortuna che ti siederai esattamente lì, a quel tavolo.
Non
darò ascolto a quel qualcuno, sarò troppo impegnata a tenere ferme le gambe e
cercare un po’ di saliva che in quel momento sembrerà inesistente.
Non
saprò che fare all’inizio, così tornerò dentro, mi poggerò al bancone e il mio
sguardo cadrà sul blocchetto delle ordinazioni. Di solito non dovrei chiederle
io, di solito io li porterò e basta gli ordini, ma che dire, quella non sarà
una cosa solita, forse non succederà mai più, forse sarai lì solo di passaggio,
e sai com’è, ti ho già lasciato andare una volta.
Prenderò
il blocchetto e la penna affianco, e dirò a qualcuno che lavora lì che quell’ordine
lo prenderò io, e non mi interesserà, sarò capace di
scrivere su un dannato blocchetto.
O forse
no.
Farò un
respiro profondissimo prima di uscire che non servirà a niente. Mi accosterò a
te il più piano possibile, tanto non potrai vedermi, ti arriverò alle spalle, e
dopo un altro respiro, per prendere coraggio e voce, fingerò di non averti
riconosciuto e con lo sguardo sul blocchetto chiederò con voce sicura -che non
mi apparterrà- cosa desideri.
Non
sentirò altro che silenzio, un silenzio che mi costringerà ad alzare lo sguardo
e incontrare i tuoi occhi, quegli occhi che come i capelli variano di colore in
un modo assurdo. Dal nocciola all’ambra, dal giallo al marrone.
Tu
starai già sorridendo quando ti guarderò, ma io lo farò subito dopo
involontariamente, sentirò i lati della bocca allargarsi da soli, senza che ci
possa far nulla.
Passeremo
così qualche secondo, a sorriderci.
Poi tu
pronuncerai un nome, ma non il mio, in effetti, non mi hai mai chiamata col mio
nome, me ne avevi dato uno tuo e a me stava bene così, perché l’hai sempre
saputo che a me il mio non piace. Sarà quello, sarà quel nome che dirai, e mi
farai sorridere ancora di più, perché con quel nome capirò che non ti sei
scordato di me, che anche tu, forse, in qualche momento della tua vita, qualche
sera mi hai pensata.
Io
risponderò col nomignolo che ti avevo dato anni prima, e tu riderai.
Sarà
quello il momento più bello, la tua risata. Solo allora capirò quanto mi è
mancata, quanto l’ho desiderata e per quanto tempo. Perché è stata la tua
risata, i tuoi sorrisi, a farmi innamorare di te.
Sarò
così felice in quel momento, nonostante le gambe mi tremeranno ancora, e non
avrò recuperato la saliva, e il mio cuore batterà così forte da farmi venire le
vertigini, non mi importerà, sarò felice, avrò gli occhi lucidi dalla felicità.
Mi
chiederai cosa ci faccio lì e io ti rigirerò la domanda, perché quel che farò
io si vedrà benissimo anche senza risposta.
Mi
dirai di sedermi con te, così me lo racconterai, e io vorrò saltare proprio
come farà il mio cuore.
Guarderò
l’orologio e ti dirò che il mio turno finirà tra cinque minuti, e che nel
frattempo potresti dirmi cosa vuoi ordinare. Segnerò tutto sul blocchetto e
tornerò dentro, a prenderti il tuo caffé. Sarà così ovvio che ordinerai un
caffé, con quella bella giornata, con quel bel sole, non potresti voler altro
che un caffé. Perché sei fatto così, ed è stato così che mi hai chiesto di
uscire la prima volta, con un semplice “è un bella giornata, c’è il sole,
prendiamoci un caffé: come piace a noi”, sì, come piace a noi.
Mentre
tornerò da te, con due caffé, mi chiederò se anche tu in quel momento hai
pensato alla stessa cosa. Allo stesso “come piace a noi”.
Mi
siederò di fronte a te e ti chiederò di raccontarmi tutto. Mi dirai che tu a
Milano ci abiti, d’altronde t’è sempre piaciuta. Dirai che i tuoi sogni di un
tempo si sono realizzati, e ad alcuni ci stai lavorando, tutto procederà bene.
Io, invece, avrò finito gli studi da poco e mi sarò trasferita lì anch’io,
sempre da poco.
Ci sarà
un momento di silenzio, ma non sarà imbarazzante o pensante, sarà solo un
momento che passeremo esattamente come il precedente: a sorriderci.