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Autore: pandamito    17/04/2013    1 recensioni
Di solito i Favoriti sono persone spietate e pronte a tutto pur di vincere, strafottenti ed assetate di sangue, alcuni più violenti di altri. Ma esistono anche persone così gelide che pare che neanche i diamanti possano scalfirli; e questo è il caso di Elle Evans ed Ian Stoner, che arrivavano sempre un passo più tardi a comprendere la realtà dei fatti.
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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for Clary,
'cause I'm just a fangirl and I'm relying on you.



 

 
Dire che Ian Stoner e Jesse Klanders si odiavano era veramente poco. Distretto 1 e Distretto 2. Entrambi belli. Entrambi forti. Entrambi Favoriti. E questa parola racchiudeva in sé quel genere di tributi spietati, disposti a tutto pur di vincere. Così erano loro, si sarebbero scannati a vicenda alla prima occasione, se solo avessero potuto, ma per il momento dovevano fare buon viso a cattivo gioco e collaborare nell'Arena fin quando il cannone non avrebbe sparato per tutti gli altri tributi deboli ed insignificanti; non che avessero bisogno l'uno dell'altro, ovviamente, ma i loro mentori dicevano che quest'alleanza avrebbe portato un bel po' di sponsor.
Ian dalla sua postazione osservava tutto il centro d'assestramento: i poveri e piccoli tributi che sarebbero morti alla Cornucopia stavano accendendo un fuoco o ascoltavano ciò che l'istruttrice aveva da dire sulle tecniche di sopravvivenza, vide Leonis e Tessa del Distretto 4 parlottare fra loro mentre sperimentavano qualche nodo, invece Alexa Prior - la sua troppo bionda compagna di distretto che avrebbe cercato di uccidere appena gli sarebbe stato possibile - lanciava coltelli uno dietro l'altro, centrando ogni volta i bersagli sparsi per tutta la sua postazione. Quando si allenava quella ragazzina metteva tutta la sua rabbia in ciò che faceva ed Ian sarebbe riuscito a percepirlo anche ad un miglio di distanza. Spostò lo sguardo, continuando la sua postazione, e si soffermò sul ragazzo dell'Uno che lo guardava sogghignando, per poi conficcare nel centro di uno dei bersagli la punta della sua lancia. 
Ian afferrò chiaramente a cosa l'altro volesse alludere, ma di certo lui non avrebbe fatto la fine di quel bersaglio da addestramento. La rabbia ribolliva sotto la sua pelle, tanto da impugnare saldamente la sua spada e fare a fette quattro manichini che lo circondavano. Ridotte quelle povere figure a brandelli, Ian rimase fermo e rigido al suo posto, respirando sonoramente e fulminando con sguardo truce il suo - purtroppo - alleato, che non la finiva di ghignare.
Gli occhi di ghiaccio di Ian si spostarono lentamente verso la postazione che concludeva la sua perlustrazione, ma ciò che vide non era un bello spettacolo - o almeno, non in parte: la piccola quattordicenne del Distretto 1, Elle Evans, aveva l'arco teso fra le mani, ma la freccia che scoccò andò a finire poco più in là del centro del suo bersaglio; quella rilassò le braccia, abbassando l'arco, e sospirò.
Jesse, che nel frattempo si era avvicinato all'altro Favorito, fece una smorfia, incrociando le braccia. « E' meglio se la lasci stare quella. » fece un cenno del capo verso la ragazzina dai capelli color carota. « Non è mai stata brava in Accademia, poi un giorno si è offerta e nessuno sa cosa le passa per la mente. »
Ian si allontanò, come infastidito dalla sua presenza e Jesse sbuffò; peggio per lui se non gli voleva dare ascolto.
Elle sospirò, come a darsi coraggio, poi tese di nuovo l'arco e si preparò a scoccare unaltra freccia. 
Nessuno credeva in lei, nessuno l'aveva mai fatto, non le era mai piaciuto allenarsi in Accademia, ci andava solo perché era obbligata a farlo ed oramai era diventata un'abitudine. Era la pecora nera della famiglia, che sopportava a stento, e di certo non era bello sentirsi dire di essere una fallita, una delusione, proprio dai suoi stessi genitori. Ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da una famiglia di vincitori? Suo padre Marshall era un vincitore, sua madre Chanel era una vincitrice ed ora suo cugino Marsh le faceva da mentore. 
La freccia sibilò nell'aria, ma finì su una delle striscie bianche del bersaglio, non sul cerchio rosso del centro. Sospirò, sconsolata, e riponendo l'arco al suo posto. Con gli oggetti pesanti non ci sapeva proprio fare, in fondo lei era minuta, era più per le armi leggere. Se le avessero dato una cerbottana li avrebbe stesi tutti in un batter d'occhio, ecco come avrebbe vinto, avrebbe dimostrato a tutti di cosa era capace, che ce la poteva fare contando sulle sue forze. Ecco perché si era offerta volontaria, per scommettere su sé stessa e vedere fino a che punto poteva arrivare e se moriva... beh, amen. Elle era fatta così, non le era mai importato di nulla, né della morte, perché la sua vita era insignificante.
« Non sai fare nulla. » affermò una voce profonda alle sue spalle, che la fece trasalire, costringendola a voltarsi di scatto.
Gli occhi di Elle e di Ian si scontrarono gli uni in quelli degli altri, notando che entrambi avevano le iridi della stessa tonalità del ghiaccio. Elle lo fissò col suo solito sguardo impassibile e serio ed Ian non era da meno, altrettanto duro e determinato. La quattordicenne si spostò, ignorandolo, e dirigendosi verso la postazione dei coltelli dove si stava allenando Alexa, mentre Ian la seguiva di pari passo. 
Elle prese delicatamente un coltello, pigiando la punta sull'indice della mano opposta con cui la teneva e rigirandoselo di fronte al viso. 
« Perché ti sei offerta? » continuò Ian, desideroso di avere delle risposte. Mai nessuna ragazza si era azzardata ad ignorarlo e di certo non voleva iniziare proprio quando era un passo dal vincere gli Hunger Games e diventare famoso ed acclamato in tutta Panem. 
Elle sollevò lo sguardo verso il maggiore, facendo scontrare ancora una volta i loro occhi così dannatamente chiari.
« Hey! » fece una voce rabbiosa, che costrinse i due a voltarsi. Alexa Prior teneva due coltelli per mano ed uno sguardo truce che non prometteva bene. « Se volete fare i piccioncini andatevene da un'altra parte, ma non nella mia postazione, non mentre mi sto allenando! » esclamò, con la voce piena della rabbia che l'assaliva quando pensava alla sua famiglia, ciò che la stimolava a combattere per vincere i Giochi.
Elle distolse lo sguardo da lei, abbassandolo sul coltello che ripose fra tutti gli altri.
« Chi se ne frega! » sentì la voce profonda ed infastidita di Ian spezzare quel silenzio. Sbatté le ciglia, ritornando a fissarlo, mentre quello ringhiava contro la sua compagna. « E se volessimo allenarci coi coltelli? » protestò in tono di sfida.
La bionda rimase sulle sue, non aspettandosi una rezione del genere. « Aspettate il vostro turno, ma non nel mio! » esclamò, ribattendo.
« Sei qui da tutta la giornata! » sbottò il biondo.
« C'è qualcuno che lo vieta? Quando finirò potrete starci quanto volete come una perfetta coppia di piccioncini, ora non rompete. »
« Spero che tu schiatta alla Cornucopia per mano di un tributo sfigato. » le augurò il ragazzo.
Alexa ghignò, mostrando i coltelli nelle sue mani. « Attento, non vorrei mai che uno di questi gioiellini rovinasse il tuo bel faccino. »
Ian fece una smorfia, beffardo. « Non se prima verrai ridotta a brandelli dalla mia lama, non ti pare? »
Il ghigno di Alexa si trasformò in un broncio e subito diede le spalle ai due, tornando al suo addestramento, stavolta immaginandosi i bersargli con la faccia del suo compagno di Distretto e, tutti poterono notarlo, faceva ancora più paura di prima con quella nuova rabbia che aveva tirato fuori.
Elle era sorpresa, non per quello scontro verbale, bensì più per il fatto che Ian, in un certo senso, l'aveva difesa proprio quando lei se ne stava per andare. Forse l'aveva fatto più perché non era abituato ad essere trattato così, quando invece ad Elle non importava nulla, lei era perennemente passiva alla vita in generale e svolgeva ogni sua singola azione come una monotonia quotidiana. 
Sorpassò quella postazione, cercandone una nuova, quando la presa salda di Ian bloccò il polso della ragazza e la fissò con uno sguardo duro e severo, in attesa di una risposta. Elle si fermò e voltò il capo verso di lui, con la sua solita espressione indifferente, poi si avvicinò di qualche passò e stavolta fu lei a prendergli delicatamente la mano ed ad indurlo a seguirla. 
« Vieni. » lo incitò, cercando di smuoverlo. Poi aggiunse, per convincerlo: « Starcene qui senza allenarci è solo una perdita di tempo. »
Ian la seguì mentre le loro dita intrecciate le une nelle altre attiravano non ben poche occhiate. Ma che importava, in fondo? Capitol City amava questo genere di cose ed agli occhi degli strateghi quel gesto non era altro che sponsor in più. Invece a parere di Ian nessuno aveva capito un tubo di come erano fatti lì dentro: lui di ragazze ne aveva avute a palate nel Distretto 2, ma erano tutte oche che non lo lasciavano in pace, non facevano altro che accollarsi a lui e non ne poteva più; ad Elle, invece, non era mai importato, molti ci avevano provato, ma era difficile capire come prendere una ragazza del genere, capire i suoi sentimenti o cosa le passava per la testa era praticamente impossibile. Erano due maschere di ghiaccio, esattamente come i loro occhi, non vi trapelava nessuna emozione. 
La postazione finale si rivelò altro non esser che la zona per le fionde; Elle ne prese una, poi prese tre proiettili perfettamente sferici e li posizionò sull'elastico teso. Chiuse un occhio, prese la mira e rilasciò all'istante l'elestico, mentre sette piccoli bersagli caddero a terra per merito delle piccole biglie che rimbalzavano dall'uno all'altro e poi scivolavano al suolo. 
Ian sbarrò gli occhi, incredulo, ricredendosi che forse quella ragazza non era poi così male come tutti credevano. Si mise a braccia conserte, ancora con la bocca aperta, poi abbassò il capo per poter fissare il volto di Elle e le chiese, nuovamente: « Perché ti sei offerta? »
Elle non fece nulla, non si mosse, non cambiò espressione, sembrava quasi che non respirasse più. « Per dimostrare a tutti quanto valgo. » palò, finalmente.
Ian fu colpito da quelle parole, era la seconda volta che quella quattordicenne lo sorprendeva ed in meno di un minuto. 
« Sei figlia di Marshall Evans e Chanel Mellow, giusto? » Al solo pronunciare dei nomi dei suoi genitori, il corpo minuto e latteo di Elle si irrigidì. « Sei figlia di due vincitori, devi essere brava per forza. »
« Ti sbagli » controbatté subito l'altra, « io non ho niente a che fare con i miei genitori. »
I loro occhi si immersero l'uno nell'altro, ma stavolta non per sfida o per intimorirsi, bensì era uno sguardo di intesa, cercando di vedere all'interno dell'altro.
« Neanch'io. » concluse Ian.
Era l'accenno di una qualche sorta di sorriso quello che si stavano scambiando i due tributi di ghiaccio?
 
* * *
 
Quello era l'ultimo giorno di allenamento prima che i tributi venissero intervistati e spediti in un'arena a morire. Iniziavano a sparire alcuni piccoli gruppi alla volta dentro l'ascensore, pian piano, abbandonando per sempre le postazioni del Centro in cui avevano passato quella settimana. 
« Hey, Ian, che fai? Non vieni? » la voce scocciata di Alexa Prior echeggiò per tutta la stanza oramai vuota.
Era rimasto solo il biondo del Distretto 2 a far roteare la propria spada e, lontano da tutti, la quattordicenne lattea che si stava pettinando i capelli color carota, passando una mano fra essi e poi intrecciandoli in una semplice ed ordinata treccia.
Ian non si fermò, decapitò un manichino e la testa impagliata rotolò per terra. « Inizia ad andare, ti raggiungo dopo. »
La bionda sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e poi scomparve dietro le porte metalliche.
Ian diede uno sguardo con la coda dell'occhio all'uscita, assicurandosi che non ci fosse più nessuno, poi fece la stessa cosa verso la ragazza del Distretto 1 e ripose la spada al suo posto, avvicinandosi a lei e fermandosi alle sue spalle.
« Non c'è bisogno che ti acconci i capelli per me, tanto non attira. » parlò sfacciatamente il colosso.
Elle voltò piano la testa, come se non l'avesse spaventata quell'improvvisa presenza che le era spuntata alle spalle, ma in fondo non aveva modo di preoccuparsi visto che lì vi erano solo loro due ed un presentimento le diceva che Ian non le avrebbe fatto del male, almeno non lì, fuori dall'Arena. Inclinò leggermente il capo, non aveva una minima ruga d'espressione in viso, era sempre rilassato e tranquillo, il suo unico accenno di confusione era limitato solamente a quel piegamento.
Ian scrollò le spalle, come se non ci fosse neanche bisogno di dare spiegazioni. « Devo essere sincero, non ne ho mai vista una come te, anche se timide hanno sempre trovato il modo di rompermi le palle. »
L'espressione di Elle era impassibile, si soffermò solo qualche attimo sul volto squadrato e lentigginoso del ragazzo, poi finì di intrecciare i suoi capelli e li legò, incamminandosi verso l'uscita.
Ian strabuzzò gli occhi, sorpreso, e poi, inaspettatamente, afferrò saldamente il polso della ragazza per non lasciarla andare; non era di certo difficile raggiungerla, camminava velocemente, ma le gambe del biondo erano nettamente più lunghe. Elle non fece neanche la cortesia di voltarsi, alzò solamente il viso quando Ian fu costretto a pararsi davanti a lei.
« Che c'è, ti sei offesa? » chiese, non mostrandosi affatto dispiaciuto, ma neanche troppo sorpreso per la reazione, semplicemente era l'unica scusa plausibile che aveva ideato per giustificare il suo comportamento.
« In realtà, no. » rispose Elle e questo mise non ben poco in difficoltà l'altro, che non riusciva assolutamente a capire cosa passasse per la testa a quella ragazzina.
Lui pensava di averle sempre capite le donne, non perché si interessasse molto a loro, ma solo perché quelle non facevano altro che ronzargli attorno ed oramai ne aveva visti di tutti i tipi; ma non si era mai imbattuto in una come Elle e, ovviamente, non sapeva che mai nessuno era riuscito a comprenderla. Ci avevano provato, davvero, ma proprio non riuscivano a tirarle fuori i pensieri dalla testa, così, si arrendevano e lasciavano correre, passando sopra lo strano atteggiamento della ragazza.
« E allora perché te ne stavi andando? » insistette, con un'espressione dura e volenterosa di una risposta.
« Ho finito il mio allenamento, stavo andando nel mio appartamento. » rispose semplicemente.
« Ma stavi parlando con me e non hai risposto alla mia domanda. » controbattè, non arrendendosi.
« E cos'avrei dovuto dirti? »
Furono quelle le parole che spiazzarono il giovane, facendolo rimanere di stucco e con la gola secca, non riuscendo a trovare le parole adatte per dimostrarle che era lui ad avere ragione. Si irrigidì, le mani si chiudevano continuamente a pugno, cercando forse di agguantare qualcosa che, effettivamente, non c'era. Elle lo squadrò da capo a piedi, studiando ogni suo gesto, si accigliò a guardarlo, alzando gli occhi dalla sua bassa statura, ma poi lo sorpassò con un passo e dei movimenti così delicati che pareva danzasse. Solo quando la rossa spinse il pulsante dell'ascensore e le porte metalliche si aprirono un istante dopo, Ian capì che non poteva lasciar perdere in quel modo; sfilò una piccola corsa e si fiondò dentro quel metro quadrato. Elle premette il numero uno e successivamente anche il due, come se volesse fargli una gentilezza; le porte si richiusero e l'ascensore prese a salire, ma quasi immediatamente dopo essersi staccato da terra, Ian si protese di fronte la quattordicenne con uno scatto e pigiò la mano sul pulsante di arresto del macchinario. Con una mano poggiata sul pannello di controllo e gli occhi di ghiaccio rivolti in basso verso quelli di Elle - che non accennavano a distogliersi da essi -, fece un respiro profondo che la rossa poté sentire sulla propria pelle, così caldo, il quale le fece vibrare i sottili spaghetti attorno al viso e chiudere le palpebre per qualche istante leggermente più lungo.
« Non mi piace quando la gente non mi risponde. » si giustificò così il diciottenne. « Finiamo il discorso, dopodomani forse morirai e già devo uccidere altre ventidue persone, non ne voglio una in più sulla coscienza. »
Scuse. Tutte scuse a parere di Elle, o almeno era quello che pensava, ma si destò bene dal dirglielo in faccia, ritenendo opportuno tenere la bocca chiusa se non voleva far scoppiare l'ira del tributo del Due prima che entrambi entrassero nell'Arena.
« Sembri quasi sentimentale, così. » si lasciò sfuggire, non ritenendo che quella frase fosse una chissà quale minaccia. 
« Pungente, ragazza. » commentò il biondo, che sollevò un inaspettato ed alquanto compiaciuto ghigno, incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi alla parete metallica.
« Dico solo la verità. » ammise lei, scrollando le spalle. 
« Ma stai allontanando il discorso. » fece notare, come se non avesse terminato la frase precedente. 
« L'hai allontanato tu. » lo contraddì. « Semplicemente io mi tengo le cose futili per me. »
Dannata Elle, diceva sempre la verità, ciò che era giusto nel momento giusto ed era impossibile raggirarla in qualche modo. A parere di Ian, se avesse imparato a mentire, sarebbe stato più facile avere la supremazia su di lei. Prima o poi si annega nelle proprie bugie; ma come poteva fare se lei si limitava a dire ciò che effettivamente era?
Elle si voltò, allungando il braccio per premere il pulsante per riavviare il meccanismo, ma anche stavolta Ian la fermò.
« No. » si affrettò a dire, prima che lei potesse premere sul serio quel bottone, fermandola con la sua mano che stringeva quella più piccola e sottile di lei.
Si guardarono nuovamente dentro quegli occhi di ghiaccio, ma stavolta c'era qualcos'altro in loro, qualcosa di inaspettato, che non era comune vedere addosso alle due figure, qualcosa che forse era più simile alla sensazione di un sentimento più di quanto non avessero mai provato in vita loro. Ian risalì dalla sua mano percorrendo tutta la lunghezza del braccio ed accarezzandolo con la punta delle dita senza che il loro contatto visivo si interrompesse; avanzò di poco in avanti, ritrovandosi di fronte alla ragazza, che non accennava a muoversi o a fare qualsiasi tipo di gesto. Con una mano arrivò fino alla clavicola, accarezzandola col polpastrello del pollice e risalendo il collo fino ad arrivare alla mascella ed a fermarle il mento, mentre l'altra mano si fermava sul fianco, premendo il suo corpo massiccio su quello più esile di lei e spingendola lentamente contro la parete. Sui loro volti nessuna espressione, mentre il fiato caldo di Ian arrivava sul volto di Elle, ma non era pieno di eccitazione, bensì qualcosa più simile alla frustrazione. Le loro fronti si toccarono ed i loro occhi - assieme al viso - erano vicini come non lo erano mai stati, un attimo prima che finalmente Ian staccò lo sguardo da lei e posò le sue labbra su quelle della rossa, per niente delicate, con una certa foga soppressa e prive di quella dolcezza che di solito si usa la prima volta. No, queste erano prepotenti, senza gentilezza, senza chiedere alcun permesso o consenso, le loro lingue si cercavano e si intrecciarono senza tanti indugi, mentre il diciottenne faceva percorrere le sue mani su tutto il corpo di Elle, delicate ma che esercitavano una certa pressione nei punti giusti, come ad afferrarla, fin quando non si fermarono saldamente sui fianchi e attirò maggiormante a sé il suo corpo, azzerando le distante. Le labbra umide di lui si staccarono di poco, soffiando su quella pelle lattea e sfiorando tutta la lunghezza del lungo collo di lei, facendola fremere quando si contraevano in dei piccoli baci e facendole sfuggire il primo e piccolo gemito inaspettato, mentre la sua lingua le arrecava piacere alla base del collo ed i suoi denti affondavano nella carne, benchè non potesse nascondere una certa eccitazione nell'udire l'accondiscendenza della sua nuova preda. 
« Ci sono delle telecamere, Ian. » sussurrò Elle, decisamente meno avventata e più ragionevole di lui, cercando di far riprendere ad entrambi il lume della ragione. 
« E allora? » chiese lui totalmente indefferente, non fermandosi dallo stuzzicarle quel piccolo pezzo di pelle su cui si era soffermato e cingendole la vita, avvicinando ancor di più i loro bacini e facendo pressione. « E' la mia penultima notte, merito un ultimo desiderio. » sussurrò con voce roca, gemendo a quel piacevole contatto fra i loro corpi, limitato dalle tute d'allenamento. 
« Un ultimo desiderio... » ripeté la rossa in un sussurro ancor più basso di quello dell'altro, con la voce priva dei sentimenti a cui ora poteva abbandonarsi, ma persa nel vuoto e carica di dubbio. Ian si fermò a malincuore, sollevando la testa verso di lei, la quale, accorgendosene, riprense il contatto glaciale che prima avevano interrotto. « Stai dicendo che pensi di morire in quell'Arena o che sono io il tuo desiderio? » domandò, quasi alludendo a qualcosa, ma desiderosa di comprendere i pensieri del vero Ian, quello che si nascondeva sotto quell'enorme parete di ghiaccio che sembrava insormontabile. 
Lui indurì lo sguardo, increspò le sopracciglia e corrugò la fronte mentre i suoi muscoli divennero tesi.  « Non ci casco con questi trucchetti da donne. » tagliò corto, come se già conoscesse quell'atteggiamento. Come si sbagliava. In effetti, a volte l'aveva visto nelle solite ochette che mettevano il finto broncio per farsi assecondare, ma l'espressione e le intenzioni di Elle erano ben diverse. « Se volevi solamente parlare, perché non sei andata con Jesse? » sbuffò, con un pizzico di frustrazione nella voce. 
« Io non volevo parlare, sei tu che hai attaccato. » gli fece notare con tranquillità. « Non ci sono andata per lo stesso motivo per il quale tu non sei andato con Alexa. »
Ecco. Questa era un'altra verità inaspettata. 
Non poté fare a meno di sgranare gli occhi e di mordersi le labbra per non spalancarla e non sembrare come un pesce lesso. « Ma io pensavo che... beh, tu... » cercò di controbattere ma l'unica cosa in cui riuscì fu solo un imbarazzante balbettio. Aveva frainteso tutto, aveva pensato che l'innocenza e la semplicità di Elle fossero tutta un'apparenza, aveva veramente creduto che rimanere per ultima ad allenarsi era solo una scusa per restare con lui, invece lei non aveva mai pensato minimamente a tutto ciò. Piegò gli estremi delle labbra all'ingiù e la sua espressione tornò dura, quasi offesa. « Vuoi dire che non mi vuoi? Pensi che non sia abbastanza per te? Che non sia fottutamente bello? » domandò, stringendo i denti ed i pugni ad ogni frase, mentre la frustrazione iniziava a riprendere il controllo su di lui, benché dall'esterno appariva completamente rilassato ed indifferente a quella situazione, merito del suo involucro di ghiaccio. 
« Mentirei, se dicessi il contrario. » confessò con sincerità la rossa ed all'udire questa frase Ian non poté fare a meno che capovolgere il suo broncio in un piccolo sorriso speranzoso - o ghigno, dipende dai punti di vista - il quale, subito dopo essersi conto di cosa si era fatto sfuggire, scomparve facendo posto alla sua solita freddezza.
« E allora? » insistette, facendo combaciare il suo corpo a quello di Elle, la quale si stava mordendo le labbra, un piccolo accenno di cambiamento del suo umore rispetto al normale, che Ian non le aveva mai visto fare e dovette controllarsi per reprimere i suoi istinti.  « Sembra che tu non abbia sentimenti. » dichiarò. 
« Tutti hanno dei sentimenti, Ian, non essere sciocco. » sospirò, voltando lo sguardo lontano dal suo e cercando di scostarsi - anche se di poco - dal ragazzo, che la teneva inchiodata fra il suo corpo e la parete dell'ascensore. « Tutti. » ripeté, a voce più bassa e con una punta di malinconia, persa nei suoi pensieri. 
Nessuno era mai riuscito a sciogliere la barriera di ghiaccio della piccola Elle, nessuno aveva mai capito che anche lei aveva dei sentimenti, che avrebbe tanto voluto non sentirsi più dire che era una nullità, che avrebbe tanto voluto una famiglia affettuosa e meno rigida, ma non c'era mai stato nessuno così tenace e in grado di rompere quel ghiaccio in cui era intrappolata.
« E allora dimostrali » sussurrò il biondo, riaccorciando quelle distanze che Elle aveva voluto mettere qualche secondo prima, soffiando sulla sua pelle, con le labbra che sfioravano il suo orecchio, provocanti, ma allo stesso tempo con una voce determinata, « falli uscire fuori. »
Elle si sentì mancare il respiro e, quando tornò a puntare il suo sguardo in quello altrettanto maledettamente chiaro del tributo del Due, per la prima volta in vita sua si sentì attratta da qualcuno, capace di provare qualcosa che non fosse soltanto l'indifferenza. Sgranò gli occhi, sorpresa da quelle parole. Senza dire troppo lui era riuscito finalmente a scavare quel poco che bastava dentro di lei, addentrandosi dove mai nessuno ancora era riuscito ad infiltrarsi nel piccolo cuore congelato della giovane Evans. 
« Semplicemente, io non ho avuto mai l'intenzione di fare colpo su di te, Ian. » dichiarò l'ennesima verità.
Fu quella frase a spingere nuovamente il ragazzo a baciarla con foga.
Se proprio doveva avere un ultimo desiderio, in quel momento avrebbe desiderato fosse solamente Elle, nient'altro. 
 
* * *
 
Il vento della notte batteva sulle braccia scoperte e bianche della piccola quattordicenne dai capelli rossi, consapevole che tutto ciò che la circondava era puramente artificiale. Era il suo turno di guardia, quella notte, benché non era certamente più forte degli altri Favoriti mentre stringeva quella lancia in mano. La tenda alle sue spalle si aprì silenziosamente, ma non si scomodò neanche a girarsi, se non a dare una sbirciata con la coda degli occhi e notare l'alta ed imponente figura di Ian strisciare alle sue spalle ed abbracciarla, costringendola a voltarsi ed afferrandole fortemente il mento con una mano, quasi a farle male. Le sue labbra premettero contro quelle più delicate della ragazza, così impetuose che qualcuno avrebbe addirittura potuto pensare che volesse mangiarla.
Si staccò quel tanto che bastava per poterle sussurrare direttamente sulle labbra: « Se ti fai uccidere, ti ammazzo prima io. » Ma aveva l'idea di essere più una minaccia.
Elle annuì, alzandosi, aiutata dalla lancia; era praticamente da tutto il corso degli Hunger Games che i due alleati stavano escogitando un modo per sbarazzarsi degli altri Favoriti e quella notte era giunto il momento di attuare il loro piano. Ian estrasse un sacchetto dalla tasca della giacca e fece cadere cautamente la polvere da sparo da esso circondando tutta la Cornucopia, mentre Elle estraeva velocemente la cerbottana dalla sua tasca ed assieme ad essa qualche dardo. Entrò silenziosamente nella tenda, il minimo rumore poteva causarle l'immediata morte e di certo questa non era nei suoi programmi. Posizionò il primo dardo, stringendo gli altri fra le dita, poi avvicinò la sottile canna alla bocca e vi soffiò dentro, conficcando un ago avvelenato nel collo di Tessa. Sentì un fruscio e poi vide gli occhi azzurri della ragazza del 2 fissi su di lei, sbarrati per aver compreso cosa stava accadendo, benché fosse troppo tardi per lei visto che Elle non esitò a lanciare un altro dardo, che le centrò proprio la pupilla dell'occhio, paralizzandola e facendola ricadere sul sacco a pelo con un sonoro tonfo. Peccato che, per colpa di questo piccolo imprevisto, si sentì letteralmente buttata a terra e sovrastata dal corpo del suo compagno di distretto che la teneva ben salda, inchiodandola. Ancor prima che l'urlo acuto di Elle richiamasse in aiuto il suo alleato, quello si era già fiondato nella tenda, gettandosi su Jesse ed iniziando il vero scontro, dove l'uno cercava di sovrastare l'altro con la sua forza. 
« Ian! » gridò la rossa, estraendo la fioda dalla tasca e tenendo l'elastico teso con la munizione esplosiva, benché incapace di avere il coraggio di tirare visto che i due avversari non facevano altro che muoversi. 
« Non fermarti! » le urlò. 
Elle s'irrigidì; le era appena stato detto che doveva continuare col loro piano, non doveva fermarsi. Indietreggiò a malincuore, correndo verso la Cornucopia, cercando di raccogliere quante più provviste potesse in uno zaino. D'un tratto, però, il suo sguardo si posò sulle armi in fondo al corno e, senza pensarci due volte, scattò in avanti, afferrando una lunga spada e ricominciando a correre verso i due combattenti, con lo zaino in spalla.
Si fermò vedendo Jesse che tirava un pugno in pieno volto ad Ian, facendogli grondare sangue dal naso, e lui, per tutta risposta, lo afferrò per la nuca e gli diede una testata che lo fece stordire per un po'. Con il tributo dell'Uno che cercava di riprendersi, Ian scorse la minuta figura di Elle con la spada stretta in mano ed ebbe qualche secondo per scattare in piedi e correre verso di lei, afferrando la lama che gli aveva procurato. 
« Tira fuori i fiammiferi. » ordinò, fin troppo serio, quando all'improvviso un'ombra gli balzò addosso.
Elle indietreggiò, squittendo dalla paura, per poi fare come il compagno le aveva ordinato: tirò fuori dalla tasca la piccola scatola, estrasse un fiammifero e fece scivolare la testa rossa sul lato ruvido del pacchetto. Una piccola fiammella alimentò quello stecchino di legno. 
Elle alzò lo sguardo qualche attimo per vedere i due combattenti ed il cuore le sembrò scoppiare dal petto quando vide Jesse sopra Ian che tentava di sgozzarlo con la sua stessa lama, il momento dopo però il biondo aveva capovolto la situazione e il lamento di Jesse fuoriuscì dalla sua bocca quando uno squarcio gli attraversò il fianco. Successe tutto così velocemente che Elle si rese a malapena conto di quando Ian le piombò davanti, la strinse fra le braccia e buttò il fiammifero a terra, facendo alzare un muro di fuoco intorno alla Cornucopia, esattamente sulla scia dove prima avevano piazzato la polvere, per poi immergere loro stessi in quelle lingue infuocate e ruzzolare sull'erba. La rossa sentiva il calore avvolgerla, bruciarla, mentre danzava sull'erba nella salda stretta di Ian. Non era pazzo, capì che stava spegnendo le fiamme che li avevano avvolti solo quando sentì il calore diminuire sulla sua pelle. Le sarebbe rimasta qualche bruciatura, questo era ovvio, ma almeno non sarebbe morta. 
Il diciottenne continuò a tenerla forte a sé anche quando si alzò a mezzo busto da terra, una volta spente definitivamente le fiamme sui loro vestiti, ed entrambi guardarono lontano, dove una figura - che stava andando completamente a fuoco - continuava ad agitarsi. Il tributo dell'Uno aveva provato ad inseguirli, ma, ovviamente, si era bruciato anche lui, anzi, la sua situazione sembrava peggio perché non riusciva a spegnersi e così, lentamente, si accasciò una volta perse tutte le forze ed incapace di combattere ancora il dolore. I due alleati non si mossero, né parlarono, fino a quando non sentirono l'ennesimo cannone sparare.
Ian tirò un respiro di sollievo, ma la sua pace non durò a lungo visto che si accorse che Elle stava tremando.
« Cos'hai? » domandò, corrugando la fronte, preoccupato.
« Io... penso di non aver mai provato la paura fin'ora. » confessò, alquanto scossa. Alzò immediatamente gli occhi sul corpo di Ian, tastandolo. « Stai bene, vero? » domandò agitata, forse per la prima volta nella sua vita. 
Ian strabuzzò gli occhi, fece per parlare ma poi si trattenne ed infine riuscì a mettere insieme una frase: « Tu, piuttosto, stai bene? »
Elle sbatté le palpebre, anzi, forse è meglio dire che le sgranò perché sul suo volto c'era la pura incredulità. « Ti sei buttato in un cerchio di fuoco per salvarci la pelle, stavi andando completamente a fuoco e mi chiedi se io sto bene? »
« Anche tu stavi andando a fuoco. Per colpa mia. » le fece notare, tagliente. « Inoltre penso sia la prima volta che ti vedo provare un minimo di emozione così... forte. »
La ragazza abbassò il capo, ancora sconvolta, guardandosi attorno come in cerca di qualcosa che non c'era, ma con gli occhi effettivamente persi nel vuoto. Si scostò di poco dal ragazzo e prese la sua testa fra le mani, non riuscendo ad evitare di scoppiare a piangere disperatamente e con un respiro affannato. Ian rimase sconvolto, inizialmente, poi l'abbracciò ancora più forte e cominciò ad accarezzarle i capelli, non avendo la minima idea di cos'altro fare. 
Era vero, era la prima volta che Elle sentì il suo equilibrio cedere e dar spazio a qualcosa che non aveva mai provato in vita sua. Era sempre stata avvolta da una patina fredda ed inviolabile, ma ora quella si stava sgretolanda e, sinceramente, questo esporsi le faceva paura. Non aveva mai provato sentimenti così forti e vivi perché non c'era mai stato nessuno in grado di far scoppiare la scintilla in lei, in modo da sciogliere il ghiaccio in cui era stata intrappolata. Odiava i suoi genitori, la famiglia, l'Accademia, e gli amici erano quelli occasionali, non aveva veramente qualcuno a cui tenesse. Ma ora era diverso, ora c'era Ian. E non era per il fatto che lei lo amasse, non aveva mai pensato di poter provare qualcosa del genere, semplicemente il suo essere così simile a lei aveva creato una sorta di legame fra i due ed Elle si era appena resa conto che avrebbe potuto perdere l'unica persona a cui aveva iniziato ad affezionarsi, quella che aveva scolfito la sua barriera come lei aveva fatto con quella di Ian. Ma non voleva perderlo e se n'era resa conto troppo tardi.
« Forse hai vissuto troppo a lungo nella freddezza, L. » pronunciò quella piccola lettera che fungeva da soprannome. « Stai iniziando a provare qualche emozione. » sussurrò, sperando di confortarla, ma forse più a giustificare la scena a sé stesso che alla ragazza. La fece scostare di poco, cercando di asgiugarle le lacrime col dorso della mano e bloccandola per le spalle. « Elle, me lo devi dire: perché ti sei offerta? » chiese, come giorni prima al Centro Addestramento. 
Ian non si poteva dire il massimo nelle relazioni o nel confortare una persona, ma lui, che viveva di strategia, in fondo sapeva come comportarsi in certe situazioni. Gliel'aveva detto Elle quella volta in ascensore: tutti provano dei sentimenti. Tutti. Anche Ian.
La quattordicenne tirò su col naso, cercando di calmarsi. « Te l'ho detto. Per mettermi alla prova. » rispose con voce strozzata. Il suo naso era rosso, come le guance e gli occhi, quel genere di rosso tendente al colore del sangue e non come quello più arancio dei suoi capelli.
Ian storse il muso ed increspò le sopracciglia. « Non ti credo, L. Non è possibile. » mormorò, scuotendo la testa. « Perché l'hai fatto? Voglio dire, io ero sicuro di vincere, ma tu... » si morse un labbro, cercando di trovare le parole giuste per continuare, « ... non dico che tu non sia brava, sai quanto io sia a conoscenza delle tue capacità, solo che non bastano negli Hunger Games. Ti portano al manicomio e tu stai avendo una crisi di panico isterica solo perché io stavo per morire. E ti giuro che è la cosa più bella al mondo perché per la prima volta ti vedo provare un sentimento vero, ma... ti rendi conto che qui tutti muoiono? Jesse è morto perché doveva morire, io anche potevo esserlo e dovrò per forza se vuoi vincere. Ti rendi conto che uno di noi due dovrà morire per forza, vero? Non possiamo vincere entrambi. »
Le parole di Ian fluirono l'una dietro l'altra. Era forse il discorso più lungo che Elle gli avesse sentito mai fare e, anche per lui, era la prima volta che metteva così tanto sentimento nella sua voce intrisa di dispiacere e che sbatteva in faccia la realtà dei fatti alla povera e piccola rossa del Distretto 1. La sua lingua pungeva più di mille aghi nel corpo. Ma, purtroppo, tutto ciò che aveva detto rispecchiava la realtà e, se il discorso non fosse stato così delicato, Ian avrebbe addirittura sorriso nell'ammettere che la ragazza aveva dimostrato di tenere a lui. Ad Ian non interessavano veramente le ragazze, ma questa situazione faceva sciogliere qualcosa al suo interno che non aveva mai provato, la consapevolezza che ci fosse finalmente qualcuno che teneva veramente a lui, si preoccupava sul serio e non fingeva. E questo qualcuno era Elle. 
La rossa si morse le labbra, riflettendo. « Ci tengo a te, Ian, non avrei mai voluto... Mi sarei sentita morire se avessi smesso di vivere. » confessò, con la voce ancora un po' incrinata.
« Lo so, ma se vuoi vincere io dovrò morire per forza. »
« Sei la prima persona che non mi ha considerato come una bambola di porcellana. » 
Stavolta gli occhi azzurro ghiaccio della quattordicenne si riempirono nuovamente di lacrime che non sarebbero state trattenute per molto; il tributo del Due fece un verso di silenzio all'altra, accarezzandole le gote con i dorsi delle mani e poggiandole la fronte sulla sua, per poi unire le loro labbra, dolcemente, in modo da non scombussolare ulteriormente la compagna. Se solo l'orgoglio e la freddezza di Ian non l'avessero frenato - come facevano ogni volta - sarebbe riuscito anche lui a rilassarsi ed a esprimere ciò che realmente provava.
Quando si staccarono, la rossa inspirò ed espirò, cercando di calmarsi, ma i pensieri che ora la travolgevano non rendevano la situazione meno complicata. 
« Sarebbe tutto molto più semplice per te se io morissi, vero? » chiese, mentre un singhiozzo la investì, facendola tremare.
Ian le strinse forte il viso fra le mani, stringendo gli occhi come a non voler sentire. « Shh! Non devi neanche pensarci. Io farò sì che tu viva finché potrò. »
« Sarebbe tutto più facile... » mormorò un'ultima volta Elle mentre le lacrime le rigavano nuovamente il viso e le labbra di Ian non premettero prepotenti sulle sue. 
 
* * *
 
Il vento soffiava da sud e l'erba si muoveva gentilmente sotto i piedi dei due tributi.
« E' la resa dei conti. » affermò Ian, guardando lo spiazzale di fronte a lui.
Lo sapeva perché erano rimasti in tre e gli strateghi erano assetati di sangue, avrebbero spinto l'ultimo tributo da loro. Come aveva promesso, era riuscito a portare in salvo Elle almeno fino alla fine, anche se nemmeno lui sapeva come, ma per adesso la sua unica preoccupazione era: come sarebbero morti? E se avesse dovuto scontrarsi con Elle alla fine?
La quattordicenne era in silenzio, ciò non suscitava la preoccupazione di nessuno visto che era usuale, ma Ian ancora non era a conoscenza di cosa occupava i suoi pensieri per non parlare. 
Il diciottenne si sentì tirare per la maglia e quando si voltò incrociò gli occhi di Elle troppo simili a lui e si tuffò in quelle pozze azzurro chiaro, capendo ciò che la ragazza chiedeva dal silenzio. Si chinò di poco, mentre la rossa si stringeva al suo collo e premeva ardentemente le sue labbra su quelle del ramato. In quel bacio si nascondeva la passione, la disperazione, un desiderio che non sarebbe mai salito a galla. Ian si scostò di poco, afferrando i fianchi della ragazza e notando che i loro respiri si erano mischiati, come i loro occhi, ipnotici. Avrebbe voluto stringerla senza delicatezza ed unirsi a lei, ma l'odore di fumo lo distrasse, insinuandosi nelle sue narici.
Scattarono non appena videro il ragazo biondo del Sette correre verso di loro per scappare dal fuoco che incendiava il bosco alle sue spalle.
« Uccidilo! » gridò Elle, ma parve più un ordine che un incoraggiamento.
Ian sfoderò la sua spada, sorpassando la quattordicenne che si era fermata nello spiazzale e si avventò contro l'avversario, facendo sibilare la lama della sua arma a contatto con l'ascia dell'altro. Afferrò il suo polso e lo sbalanzò lontano, facendo cadere lui e la sua ascia poco più lontano. Il tributo si rialzò velocemente, afferrando l'arma con altrettanta prontezza ed iniziando a correre verso la rossa, che non si era mossa dalla sua posizione. Ian iniziò a correre per raggiungerlo, sapendo però che non sarebbe mai riuscito a raggiungerli in tempo e che Elle avrebbe dovuto difendersi da sola e ce l'avrebbe potuta fare. I suoi pensieri mutarono solo quando vide la ragazza rimanere immobile, voltandosi un attimo verso il suo alleato e pronunciare qualche parola col labiale, pochi secondi prima che la sua testa ruzzolasse a terra, lontano dal corpo. Il tributo dell'Uno non si rese neanche conto della sua spada fuoriosa che attraversava il petto del ragazzo del Sette, ponendo fine alla sua vita ed essere proclamato automaticamente vincitore.
Non si rendeva conto di nulla, solo che non aveva avuto nessuna spiegazione per la morte della donna che amava.
 
* * *
 
Quel giorno molta gente nel Distretto 1 girava vestita di nero. Ian compreso, stretto nel suo nuovo smoking che ora poteva permettersi grazie ai soldi che aveva ricevuto per la vittoria degli Hunger Games. 
Il funerale era finito e non era uno di quelli normali con una cerimonia e la conseguente seppellizione. Questa sembrava più somigliare ad un antico rito celtivo, ma Elle gliel'aveva sempre detto che la sua famiglia era strana, per questo avevano bizzarre e rigide tradizioni interne e ci tenevano a mostrare i propri tatuaggi, simbolo della famiglia Evans. 
Era arrivato fin dal Distretto 2 per assistere al suo funerale, ora che aveva vinto non aveva problemi a permettersi il treno per viaggiare.
La folla di gente in lutto stava già svanendo, stava rimanendo solo qualche parente di Elle, fra cui varie teste rosse piene di tatuaggi sul corpo e - Ian non poté non riconoscerlo - Marsh Mellow, il cugino vincitore nonché mentore della sua ex-alleata. La bara era posta su una lunga e larga tavolta di legno, ornata di fiori e torce accese. 
Ian si avvicinò a quella quando ne ebbe il permesso dai Pacificatori, che erano incaricati di controllare la cerimonia, mentre alcuni famigliari della ragazza lo fissavano senza dire nulla. Non voleva avere a che fare con loro, come loro non volevano riconoscere la sconfitta della figlia ed il disonore che aveva portato sul nome della famiglia. Così si chinò in ginocchio, all'altezza della bara di lucido legno nero, poi vi posò le proprie labbra a lungo, nostalgico, come se potessero riportarla in vita ma, in fondo, lui sapeva benissimo che non sarebbe mai accaduto. Quando si staccò, si rialzò, con l'espressione più fredda che avesse mai avuto. Per tutta la bara sistermò alcuni fiori di loto raccolti, adagiandoli delicatamente.
Gli ricordavano Elle. La sua piccola Elle.
Ricordava quando un giorno gli aveva confessato che, fra tutti i suoi tatuaggi, quello del fiore di loto era il suo preferito.
Quando ebbe il permesso dai Pacificatori, prese una delle torce e diede fuoco al legno della piccola zattera, mentre con un piede la spingeva lontano nel lago.
Elle era morta e l'aveva deciso lei stessa, per permettere al biondo di continuare la sua vita, di vincere. Non era questo in sé per sé che continuava a tormentare l'ormai neo-vincitore, bensì il fatto che lei non gli avesse detto nulla. Aveva aspettato fino alla fine per spronare l'altro a combattere e poi, senza dire nulla, non lasciandogli neanche una spiegazione, si era fatta uccidere volontariamente. In effetti, aveva sempre saputo che non avrebbero mai potuto vincere entrambi e trovarsi in finale con Elle non sarebbe stato meglio, solo che ora le parole non dette della ragazza continuavano a tormentare il povero e solitario Stoner. In effetti, anche se la giovane ne avesse parlato col compagno, lui non gliel'avrebbe mai permesso. Non esisteva la speranza per loro, non era mai esistita negli Hunger Games.
Osservò la zattera bruciare persino quando anche i componenti della famiglia Evans se n'erano andati. 
In seguito a minuti e minuti in silenzio, solo con sé stesso, un Pacificatore gli si avvicinò, staccandosi da altri due che lo guardavano da poco più in là. 
« Scusi, signor Stoner. » iniziò quello, rigido, con la tipica postura diligente e seria da chi riceveva ordini e li eseguiva. Ian si voltò, benché avrebbe tanto voluto non farlo e riposarsi di nuovo nel suo mondo. « Dovremmo parlare di una cosa. »
Ian alzò un sopracciglio, non avendo la minima idea di che cosa volessero e mettendo bene in chiaro col suo sguardo che non voleva essere disturbato. Un secondo Pacificatore si avvicinò, facendo rimanere solo l'altro che non si smosse dal suo posto.
Secondo Ian, in realtà, alcuni di quei Pacificatori non erano lì per obbligo, alcuni forse erano venuti di loro spontanea volontà, visto che lì il rapporto fra loro ed i cittadini era totalmente diverso dai Distretto periferici, lì andavano estremamente d'accordo, come nel Distretto 2 e probabilmente molti di questi conoscevano Elle, era a dir poco inevitabile.
Il secondo Pacificatore si schiarì la voce, prendendo del tempo e ponendosi con lo stesso portamento rigido che aveva assunto l'altro. « Dopo la morte della signorina Evans, Capitol City ha riscontrato la presenza di un feto in via di generazione in lei. »
Fu proprio in quel momento che il mondo gelido di Ian si spezzò in mille frammenti. Sì, perché tutti sappiamo che il ghiaccio si rompe, ma a volte non è la soluzione giusta. 
 
* * *
 
Ian faceva dei piccoli saltelli in camera, portando il piccolo Kado di nove mesi in braccio e cercando di farlo addormentare, anche se quello non aveva la minima intenzione di dormire e non faceva altro che rigirarsi fra le sue braccia. La rossa sul letto si attorcigliava una ciocca di capelli, mentre sorrideva divertita all'uomo ed al bambino, venendo immediatamente ricambiata.
« Papà! » gridarono in coro due vocini troppo familiari, all'unisono.
Due gemelline identiche dai corti capelli rossi e lisci e gli occhi azzurri sbucarono in camera da letto, come due furie. Ma più che furie erano semplicemente due peperini.
« Brunt ha rovinato la mia bambola! » piagnucolò Femme, mettendo il broncio. Fierce non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi per via della faccia buffa che aveva assunto la gemella, provocando un ringhio furoso nell'altra, che la convinse ad arrendersi e ad alzare le mani al cielo. 
Ian sbuffò, conoscendo perfettamente che non se ne sarebbero andate fino a quando non avrebbe risolto il problema. Lanciò un'occhiata di sconforto verso la moglie, che ridacchiò; poi precedette le figlie e si avviò verso il sesto genito nella sala da pranzo, dove stava facendo colazione assieme a Cook e Cinque. 
« Brunt. » bastò solo il suo nome pronunciato dalle labbra del padre per far voltare il bambino di sette anni dalla sedia e farlo balzare in piedi.
« Non è vero! » gridò sulla difensiva, come se già sapesse cosa gli stesse per dire. 
Ian coccolò ancora Kado fra le braccia, mentre le gemelle erano piombate al suo fianco tenendosi le mani per i mignoli ed anticipandolo. 
« L'hai fatto solo perché siamo più brave di te in Accademia. » sghignazzarono pronunciando esattamente le stesse parole contemporaneamente, attornando il piccolo Brunt e sussurrandoglielo nelle orecchie con tono tagliente e vanitoso.
Il bambino castano strinse i pugni e digrignò i denti, ringhiando verso le sorelle maggiori. 
Un Kane diciannovenne spuntò nella stanza sbadigliando, ancora in pigiama, mentre andava a stampare un dolce ed assonnato bacio sulla guancia di Cinque, che continuava a non interessarsi del discorso ed a mangiare i suoi cereali nel latte, così come Cook, di cui però ora l'attenzione era stata rivolta verso il maggiore. Cook guardò il fratello in cagnesco, lanciando poi un'occhiata non ricambiata da Cinque, che continuava a mangiare, e cercando di sfiorare la mano della ragazza, per poi darle a sua volta un bacio sulla guancia che non venne degnato minimamente come quello dell'altro che, invece di star a competere, si era già versato i cereali nel latte della tazza. 
Due esili braccia cinsero la vita di Ian, che stringeva ancora Kado fra le braccia e quando si voltò fu immensamente felice di vedere la sua rossa moglie sorridergli. Ricambiò, posando poi un bacio sulle sue labbra. 
 
* * *
 
Ian non era pazzo, aveva solo iniziato ad immaginarsi le cose da un po', ma le vedeva solamente, non ci interagiva, rimaneva a fissare il suo mondo immaginario che si mescolava con quello reale. Era l'unico modo per vedere lei, ancora una volta.
Indossava uno smoking ricoperto da smeraldi e rubini, era uno dei tanti, ora poteva permettersene quanti voleva. Stringeva in mano un bicchiere di vino che sorseggiava ogni tanto, osservando gli altri mentori tutt'attorno dietro le quinte e sul palco il tributo che gli avevano assegnato quell'anno che parlottava col presentatore nella sua intervista. 
Lontano da tutti, cercando di evitare lo stilista del Distretto 1, c'era persino Marsh Mellow e la prima cosa che Ian Stoner pensò non fu quanto quel ragazzo fosse stato sanguinario nella sua edizione, bensì che era il cugino di Elle.
La sua Elle.
Non aveva mai pensato di innamorarsi e, in effetti, non l'aveva fatto: quello che aveva provato per la ragazza dell'Uno non era stata solo una forte attrazione fisica, ma la consapevolezza di aver finalmente trovato qualcuno uguale a lui. 
La piccola ragazzina rossa di porcellana era morta ai Giochi per lasciarlo in vita; ma che vita poteva avere se era ritornato dove le oche del Distretto 2 non lo lasciavano in pace? 
Non gli interessavano le donne, per tutta la vita si era allenato a combattere, ma ora i Giochi per lui erano finiti, poteva limitarsi a fare il mentore, e non c'era nulla di sensato nella sua vita. Ian avrebbe voluto sposarsi un giorno, magari avere dei figli, un erede di cui andare fiero, ma ora era costretto a vendersi senza amore a Capitol City, addestrandosi per diventare Pacificatore, sperando di riempire il vuoto che si era creato nel ghiaccio che aveva preso di nuovo il sopravvento su di lui. 
Ma Ian Stoner sarebbe rimasto sempre solo, incompreso da tutti, perché la piccola Evans era stata portata via dalla corrente. 
D'un tratto Elle entrò dal corridoio in fondo, sbucando dietro le quinte, chiusa nel suo lungo vestito azzurro a balze, dannatamente scollato, e coi capelli raccolti in uno chignon alto.
« Mi dispiace. » sussurrò, avvicinandosi e prendendo delicatamente la mano di Ian.
« L'hai detto anche prima di morire. » rispose il ragazzo con la voce di un uomo tradito.
« Ti amo. »
Non era proprio amore, il loro, non poteva essere considerato tale, ma quella che avevano provato l'uno per l'altro era certamente il sentimento più forte che avessero mai sperimentato sulla propria pelle e quindi, almeno per loro, era ciò che c'era di più simile all'amore in loro. 
Sospirò, accarezzandole una guancia col dorso della mano. Avrebbe tanto voluto baciarla, ma sapeva che quella era solamente un'illusione.
Scrutò attorno alla sala, incrociando gli occhi di Marsh Mellow puntati su di lui e si aggangiò a quello sguardo muto per qualche secondo; poi tornò a bere un sorso del suo vino rosso, aspettando la conclusione dell'intervista.
Era troppo tardi, ormai, per un ultimo desiderio.
Era sempre troppo tardi quando si parlava degli Hunger Games. 











pandabitch.
Sono secoli che devo pubblicare questa schifezza ed ora mi sono tolta un peso.
Sono soddisfatta solo a metà, lo devo ammettere, ma alla fine non posso pretendere di scrivere sempre capolavo-
Beh, in verità potrei, ma il mio lato pigro prende il sopravvento.
In fondo pigrizia fa rima con letizia, so...
Elle Evans, Distretto 1, è un tributo di mia proprietà.
Ian Stoner, Distretto 2, è sotto il copyright di Clary1835.
Entrambi partecipano alla fanfiction interattiva Mors tua, vita mea di Luna Evans.
Per altri platani potete benissimo andare sulla pagina facebook Pandamito EFP - prossimamente Come una bestemmia.
Oppure vedermi fare la fangirl su twitter come @pandamito.
Amo il discorso in ascensore, specialmente le ultime parole di Elle.
Basta, li shippo abbesstia.
Ringrazio solamente Clary che ha praticamente reso possibile una delle mie crack ship preferite.
Ho anche alcune one-shot su Colton Haynes e Julie Kennedy (Lass Suicide), se vi interessano.
Beh... bao?
Baci e panda, Mito.

   
 
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