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Autore: marig28_libra    18/04/2013    3 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza:
portami il girasole impazzito di luce. “

( E. Montale )
 


 

 


- Quello stupido di Mu! Cosa cacchio c’ha dentro le cervella?!

Aldebaran  grugniva  come un toro esagitato  prima di una tragica corrida.
Non ne voleva sapere mezza di sdraiarsi sul letto e rimettersi in sesto.
I dottori avevano raccomandato massimo riposo  ma lui , da più di un quarto d’ora,   marciava avanti e indietro nella stanza in cui era stato ricoverato assieme agli altri  compagni.
I suoi passi echeggiavano in tutto il reparto rianimazione. Nell'ospedale del Santuario parevano grandinare  percussioni di  bonghi, versi  di uno sciamano  che implorava pioggia sulla siccità dell'affanno.     

- E’ una situazione di merda…- considerò scuro  Milo dal proprio giaciglio -  Mu, nel teletrasportarci,  avrà perso i tre quarti della sua energia…

Il brasiliano si fermò davanti la finestra della camera.

- Già – sbuffò– io l’ avevo detto a zucca-di- legname  che ero disposto donargli parte del mio cosmo ma niente! Niente! Ha fatto : “ E’ un mio rischio. Stanne fuori”e  ha  aggiunto: “ Non provare a interferire col mio potere” !! Che incazzo !! Giuro che quando tornerà  qui lo ridurrò in frappé di marmellata!!

- Il guaio è che rimasto con Icelo – sospirò Camus indolenzito – l’aurea dell'Incubo non si è ancora dileguata dal Grande Tempio… Inoltre  non si sa che fine abbiano fatto Saga e il Sommo Sion…

- Conta  nella lista dei casini  la collaborazione di Morfeo!- rincarò Aldebaran.

- Esatto – soggiunse Scorpio – anche quello lì simpatico come un calcio nei coglioni…

- Dovresti provare i suoi fiorellini alla morfina – riprese  il gigante – ti drogano per sempre in un mondo immobile!

Aiolia, sollevando debolmente la testa dal cuscino, ansò rabbioso:

- Che  i figli di Ipnos vadano a cagare sui rovi dell'Inferno! Quei fottuti stronzi!

Tossì sudando tensione e  fatica …Dalla sua testa non erano ancora sbiadite le immagini orripilanti  del suicidio della madre e della tortura inferta da Aiolos. *  Avrebbe voluto frantumare con una mazza ferrata quegli altorilievi, quegli aborti artigianali della Fobia.
Milo, che si trovava alla  destra del suo letto, allungò la mano posandogliela sul braccio:

- Vedrai – lo rassicurò – avremo la nostra occasione! Faremo un culo esagonale alle divinità dei sogni!

- Divinità – mormorò  cupo Aldebaran – sì…Divinità…Non trovate che ci sia un po’ di differenza tra noi e loro? Si muovono tra il Cielo e la Terra, tra la Vita e la Morte, creano e disfano dimensioni…Insomma…non siamo messi così bene…

Tra i quattro adolescenti capitombolò il mutismo.
 Il bianco  della stanza  fiatava una lingua senza articoli e verbi. Un orologio,  quadrato al pari di un insipido contabile, segnava con inutile precisione le ventuno.
Le lampade circolari del soffitto rimbambivano ogni sintomo d’ombra.

Il cavaliere del Toro fece remeggiare fiocamente l’attenzione fuori le vetrate della finestra…
Il suo sguardo era un maratoneta dai tendini usurati.
Non riusciva a indossare la fascia dello strenuo agonista, dell'atleta che travolge gloriosamente il nastro delle vittorie e delle aspettative.
Oltre le dodici case, stive senza derrate di certezza, oltre le rovine dell'Acropoli , sopramobili di stopposo polistirolo, vi era  il mare… Ormeggiava  l’Egeo   nastro adesivo incollato blandamente sul nereggiante  cartoncino della sera.
Atene, intanto,  crepitava con gli edifici moderni. Le luci delle dimore somigliavano a lampadine natalizie cadute  dalle frasche di  un abete invecchiato. Così sciattamente vivaci e  insulsamente serene…

Dalle sale dell'ospedale proveniva il liquefatto silenzio delle siringhe anestetizzanti…Circolava l’odore segaligno,  rosastro e citrico dell'alcool che candeggiava le superfici dei banconi.
Talvolta il rumore rullante   delle  barelle mobili   pressava il tanfo sterilizzato dei pavimenti lindi e azzurrini.

Camus si mise lentamente a sedere sul letto.
Posò gli avambracci sulle ginocchia.
I suoi occhi guardarono un punto indefinito della parete davanti : non erano trasmigrati in una cecità d’abbattimento.
Un’immensa decisione s’era scarcerata da botole stantie.

- Hai ragione,  Aldebaran.

Il colosso inarcò  i sopraciglioni. 
Aiolia, stupito,  si voltò a sinistra per fissare  il francese .
Milo si puntellò sui gomiti allungando il collo: voleva accertarsi che il suo migliore amico avesse un’espressione credibile. Non era mai successo che  approvasse un’opinione del Toro…

- Gli  dei hanno in pugno un’infinità di cose – espresse Acquarius –  manovrano gli  ingranaggi del nostro mondo e le dimensioni invisibili e sconosciute. Ci muoviamo nel loro schema esposti ad eventi che  ci accarezzano o  ci picchiano. La nostra personalità è un siero spaventosamente cangiante. Siamo deboli e  le nostre ossa  non sono di calcio ma di argilla malleabile.

Si zittì per un istante.
Guardò Aldebaran con insolubile serietà. Nessun’ aria altezzosa o provocatoria.

- Sì…- proseguì – non saremo fatti di leghe metalliche però…possiamo rompere gli iceberg che ci intrappolano nelle  chiusure. Abbiamo una testa e un cuore. Le paure, purtroppo, compongono la nostra natura. Dobbiamo attraversarle. Crescere ad ogni occasione. Non arriveremo mai ad  un adempimento definitivo ma almeno in questo modo impareremo a brillare come gli dei. Rimarremo incompiuti perché non vogliamo conoscere nessuna fine.

Sorrise blu d’acquamarina.
Concluse:

- Al…Milo…Aiolia…sono convinto che Mu sappia sfruttare le sue armi fino in fondo. È tutto calmo, gentile e ragionevole ma non credo  sia un guerriero inoffensivo e senza midollo.

Il Toro sollevò il viso verso la  primizia volta  notturna.
Le spille della costellazione dell'Ariete balenarono  più  del consueto .
Sembravano  posa ceneri  di cristallo  nei quali s’annichilivano i fumi tossici della nicotina.

- Accidenti a Mu…- ridacchiò rincuorato il brasiliano – è capoccione e inarrestabile come un montone…

Aiolia prese a respirare  come un aprico cortile abbeverato di sole.
Milo non sentì più il molesto lezzo dei barbiturici ospedalieri…Gli parve che un lieve zefiro gli portasse alle narici l’ aroma di un basilico neonato.

 

 
 I campi dimenavano chiacchiere arancioni e rosate di tramonto.
Le piantine di riso si beavano nelle loro acque profumate di fertilità.
Le canne di bambù tacevano in un raccoglimento di sulfurea e spensierata preghiera.

Una piccola di sei anni raggiunse il gruppo di amichette che l’attendeva davanti le mura del villaggio. 

- Niente? – domandò una delle bambine.

Leira, arrossata e spettinata dalla corsa, scosse il capo.

- No – rispose abbattuta – il mio laccetto si è perso.

Era  un nastrino per capelli decorato con pietre lilla e bianche.
Era un preziosissimo dono  della  madre.  

- Abbiamo provato a cercare nell’erba e tra i cespugli – disse una compagna – non c’era.

- Vai a capire  dove sarà caduto…- fece un’altra.

Il sole ormai stava per tramontare. Bisognava rientrare  nelle dimore.
Nell’attimo in cui  la mora bambina s’apprestava a ritirarsi tristemente udì:

- Leira! Leira!

Si voltò.
Un bambino con la capigliatura lilla e due macchie sulla fronte s’avvicinava rapidamente.

- Mu!

- Leira…questo è tuo!

Il piccolo  si fermò col fiatone.
Le porse un cordoncino ornato con  minerali colorati.

- Ma…Ma dove l’hai trovato?!

- Era sotto quel pesco che sta vicino al fiume. L’ho visto mentre tornavo dal mio addestramento.

La fanciullina  gli sorrise raggiante e deliziosamente buffa: le erano caduti i denti e due finestrelle lasciavano spifferare una nascente allegria.

- Grazie! Grazie mille!

Prese con affetto il regalo della mamma.
Guardò gioiosamente Mu che si voltò  dalla parte opposta.

- Ehi! Perché non giochi mai con noi? – gli chiese – quando sei al villaggio te ne stai sempre solo!

Il bimbo si grattò impacciato la testolina. Spostò il peso da un piede all’altro.

- Beh- incespicò – non so…se vuoi…

- Certo!

Mu s’irrigidì come uno stecco col  visino  irrimediabilmente imporporato.
Le bimbe ridacchiarono.
Leira  sorrise  con la vitalità di un’ape spruzzata di polline.
Non le sarebbe sfuggito quell’ Icaro in miniatura dalle inesplicabili ali di cera e  nuvole.

Due giorni dopo tornò a cercare le orme delle sue piume.

Quel mattino era ancora tamponato di fresco… Potevano essere le nove o le  dieci...
Il mezzogiorno non aveva ancora  riversato, come un bambinesco pirata, dobloni infuocati sulla tavola del Giorno.

Leira  volle dirigersi verso la fine della stradina principale del villaggio.
Lì vi era una bella ed umile  abitazione  affiancata da un’ampia bottega.
Lì vi era quel bimbo…la curiosa creaturina con le macchiette sulla fronte...
Chissà se tra i suoi capelli  si nascondeva qualche baco di seta addormentato o qualche timido uccellino...Un fascino similare   ad una placida e fresca  mollica di  pane permeava tale rebus di morbidezza.

La bimba giunse davanti la casetta.
Sul lato sinistro stava un cortiletto cinto da una staccionata di legno di noce.
La porticina d’ingresso era aperta.
Un alberello di ciliegio  regnava ,  senza prepotenza,  su UN  modesto tappeto di erbetta.
Sotto le sue frasche, abbigliate da tondeggianti e acerbi frutti, stavano Mu e un tavolino di legno.

Il bimbo, in ginocchio su un vecchio  sgabello, osservava un plastico.  In cima ad una collina , di cartone dipinto, dominava  un piccolo Partenone.  Attorno, un agglomerato di cubici edifici greci lo ossequiava pari ad un gruppo di  damigelle nuziali.
Su un terreno pianeggiante un’ agorà di sassolini bianchi lampeggiava decisa e dolce.
Una schiera di omarini armati le conferiva un’aurea di giocosa marzialità.

- Posso entrare? – domandò a bruciapelo Leira .

Mu cascò all’indietro dallo scanno.
Rotolò per terra come un micetto ancora inesperto di acrobazie.

- Scusa! – esclamò la bambina preoccupata – ti sei fatto male?

Corse vicino all’albero.

- Va tutto bene! Va tutto bene! – assicurò il ragazzino  rialzandosi – sono abituato a queste cadute.

Leira sorrise.

- Meno male! Hai fatto un volo!

Posò gli occhi  sul  modellino che riproduceva l’Acropoli ateniese.

- Che bello!- dichiarò curiosa - L’hai costruito tu? 

- Beh, sì… anche il papà mi ha aiutato un po’ …

- E’ la città in cui ti vai ad allenare? Come si chiama…? Alene? Asene?

-   Atene.

Mu rise divertito. L’interlocutrice assumeva espressioni comiche con i denti che le mancavano. Gli occhioni chiari e spalancati, poi,  parevano quelli di una civetta che scruta con ammirazione le braccia drappeggiate di una foresta.

- Hai fatto pure gli omini armati?

- Sì. Sì.

 La piccola  avvicinò il volto al plotone. Lo studiò attentamente... Restò colpita dalle  loriche muscolate, dagli elmi coi lunghi pennacchi, dagli schinieri, dalle pelte circolari…  

- Strani! Che soldatini sono?

- Guerrieri dell'antica Grecia. Si chiamano opliti.

- Perché?

- Perché il loro scudo tondo è l’oplon.

- Ti piace giocare alla guerra?

- Beh…con i miei uomini  è bello. Decidi come metterli e farli combattere. Batti i nemici quando vuoi.

La bimba si fece seria e indagatrice.
Si zittì per un istante come  fosse preoccupata. Nell’ambra d’infantilismo dei suoi occhi ondeggiò la  perspicace beltà di una ragazza matura.
Mu si perse rapito in quella misteriosa ed inspiegabile  insenatura.

- Ma…ti piace…lottare per davvero?- lo interrogò l’amichetta.

Lui restò spiazzato  identico ad un carovaniere che abbia  perduto cammelli di mercanzie.
 
- Non so… ho  paura…Io non voglio far male a nessuno. Il mio maestro dice che la guerra è orribile però…serve  per la pace.

- Non capisco! Si fa pace per non litigare più!

- Ci sono parecchi cattivi.

- Come mai?

- Sion mi ha spiegato che non è facile rimanere buoni.

- Che strano…

- Già…

Spensero le  voci imbarazzati e colpevoli d’ingenuità.
L’amara consapevolezza pareva li stesse esaminando senza però  tendere  agguati.
Gli zufolii  delle cinciallegre puntellarono  di giallo e blu il silenzio.
 
- Emh…senti…- borbogliò Mu.

- Dimmi.

- Ti…ti va…di stare qui?

La bimba sprizzò spumante   da tutti i pori.
 
- Sì! Sì! Hai costruito anche le fidanzate e le mogli?

- Eh?

- Le fidanzate e le mogli dei soldati! Ovvio!

Il bimbo sgranò gli occhi  impanato di costernazione e tenero panico.

- Oh…mi dispiace…non le ho fatte…

- Non va bene ! Gli uomini  devono essere innamorati se no è brutto!

- Dovremo fare…che  abbracciano e  baciano le donne?

- Naturalmente !Si devono amare!Guarda, porto le mie bambole …ho anche i bimbi…così ci sono i figli! Non so però come si faccia un neonato.

- Neanche io…vedo  soltanto che cresce nel pancione della mamma.

- Secondo te in che maniera  ci finisce lì dentro?

- Sarà  un regalo del papà…

 

 

- Leira…Leira …

Al tatto di quel mormorio, la fanciulla evase dal guscio del sonno.
Precipitò lentamente, come carta trasparente, dal piano di una scrivania ridente.
Si adagiò sul pavimento del risveglio.

- Leira…

Quel  tono  scivolava dolcemente  uguale ad un mantello di seta che sviene dal cuscino di un sofà.
Liscio, genuino di morbidezza eppure per nulla glabro di profondità. Era vigoroso e pacato,  assimilabile alla navigata di una testuggine.

- Come ti senti?

Una mano calda coccolò la guancia della ragazza.
Non era il tocco gretto, lascivio e omicida di Icelo…
Niente da temere. Era la protezione insostituibile di un animo in grado solo di costruire.

- Leira…

Due labbra  mitigarono la fronte, risananti oli  di mandorla.
L’adolescente aprì gli occhi.
Nessun volto da Incubo. Non vi erano iridi da cobra e  gengive rosse ornate di sciabole taglienti.
Fluttuavano due occhi di cammei acquatici, una  bocca fluente di sapone delicato.
Una capigliatura leggera  e  vivida , dalle  rifrazioni lilla, guarniva quello splendido viso.

- Mu!

Leira sorrise incredula e felicissima.
Il ragazzo, accovacciato sul pavimento, la sorreggeva per le spalle continuando ad accarezzarla.
Nonostante  fosse  scarmigliato, sporco e con gli abiti rovinati  era sempre bellissimo.
 
- Perdonami se sei finita qui…- sussurrò afflitto.

Lei gli buttò le braccia attorno al collo.
Lui l’avvolse con ardore  per non lasciarla più in balia degli uccelli stinfalidi dell'orrore.

Si baciarono logorando la polvere che li aveva offuscati.
Inumidirono ogni secchezza di pelle, ogni erto gelo di emottisi…
Tuffarono le dita l’uno nella chioma dell'altra. Nel chiarore dei ciclamini, nell’emolliente  bruno dell'uva settembrina. 
I loro respiri s’intrappolarono:  erano  infanti che s’abbracciavano  attorcigliati dalle trame di un  unico scialle.

Leira godette nell’allacciarsi alle spalle larghe di Mu.
Era una sirena che affiora dai marosi ombrosi per unirsi ad un invincibile  navarca.
Mu si ubriacò nell’avvoltolare  il corpo affusolato di Leira.
Peleo doveva essere stordito in quel modo nell’attimo in cui  s’avvinse a Teti  che abbandonò il tabernacolo salato dell'Egeo.

I due adolescenti staccarono mollemente le labbra.
La fanciulla nascose il viso nell’incavo del collo del cavaliere.

- Come…Come sei riuscito…a trovarmi? – esalò.

Il giovane le sfiorò l’orecchio bisbigliando:

- Ho seguito il suono dei tuoi sogni…Ho di nuovo rivisto i nostri ricordi…come tutto è iniziato…

Leira  si slegò da lui  meravigliata:

- Incredibile…La tua mente riesce ad arrivare fino a questo punto?!

- Non devi stupirti…  Quando si creano dei soli pensi sia facile annientarli? Io ti amo…ti amo perché mi dai ogni giorno degli inizi in cui credere, l’immaginazione di poter sempre costruire qualcosa superando il nero più odioso e infame. Mi sento immortale grazie ai tuoi battiti che mai hanno smesso di correre  nel mio cielo.

- Non puoi essere un abitante della terra…Come sei fatto veramente? Che cos’hai dentro di te?

- Ho carne, sangue, ossa e il pensiero disperato di vivere con te e di te.

La ragazza si strinse intensamente a lui avvertendo  un senso di inadeguatezza e smarrimento. In che modo non provare passione e paura d’adorazione per quel giovane atipico? In che modo  non patire la piccolezza di disperdersi in un bacio d’immenso celeste?

- Mu – disse lei lacrimando insicura – riesci ad amarmi così tanto anche se in confronto a te sono poco o niente? Non avrò mai la tua potenza…Non sarò mai grande quanto il tuo spirito…Mi sento insulsa…

- Piantala!

- Ma è vero! Sono paragonabile a te?! Ai tuoi poteri?!

- Sciocca! Non credi di vedermi troppo perfetto?  Mi hai scambiato per una creatura onnipotente?!

- Mu! Mi hai trovato!  Sei riuscito  a scoprire la trappola di quel mostro…di quell’orribile demone che,  non so come , mi ha portato via di casa… - rabbrividì shockata- s-stavo dormendo e…s-senza che mi rendessi conto di nulla, lui mi avrà presa e…e…quando ho aperto gli occhi…

Il ricordo di Icelo l’ammutolì.
Il cavaliere  le prese con dolcezza le guancie guardandola con accigliata apprensione.

- Leira…quel verme ha osato farti qualcosa?

- No…per fortuna no…Diceva che sarei stata la tua…sorpresa…Che schifo…Temevo che…mi avrebbe…che mi avrebbe…

Il ragazzo l’attrasse a sé per depennarle  quel carcinoma di disgustato terrore.

- Ti riporterò al sicuro- promise con fermezza – Icelo sarà pure il dio dell'incubo ma sbaglia di grosso a sottovalutare un umano.

Aiutò la fanciulla ad alzarsi.
Si drizzò in tutta  altezza analizzando la stanza grigio scuro del palazzo- prigione : come aveva detto il Re delle Fobie l’edificio non possedeva  né  porte, né  scale. *
Mu era stato in grado di penetrare lì dentro grazie all’energia del suo medaglione. L’occhio dell'Ariete gli aveva infuso la potenza per il teletrasporto lasciandogli percepire anche la presenza di altre sale.
Dentro quella capziosa struttura non vi era soltanto Leira. Si trovavano altri passaggi per giungere a Sion e Saga.    
Pareva  una catena di tranelli, un metro di un maligno sarto che misurava centimetri di stoffe soffocanti.

- L’unica via d’uscita è quella finestra – osservò la ragazza – potremmo scappare di là…

Il cavaliere esaminò quel varco che s’apriva nella parete orientale della camera.
Si avvicinò al davanzale squadrando gli stipiti rettangolari…
Guardò fuori il deserto arancione e granuloso che aveva tessuto Icelo…Appeso all’ombrello del cielo giallastro  ticchettava l’enorme orologio-sole…Per una metà si era deformato in una smorfia squagliata…Erano già trascorsi trenta minuti…

Mu strinse gli occhi…
Doveva scovare un punto, sui parati di quella dimensione, che fosse sufficientemente debole…Gli strati dello spazio onirico erano piuttosto  disomogenei ed occorreva, dunque,   captare anche un solo molle sprazzo da infrangere.
In tal modo sarebbe stato possibile attuare un rapidissimo teletrasporto…

Il ragazzo lasciò infuocare l’Occhio dell'Ariete.
Serrò lo sguardo terreno. Cominciò a far oscillare le membra del cosmo come fossero alianti argentei…
Le tegole temporali dell'incubo erano uguali ad irrequieti cavalloni.
Individuare una sola boa di debolezza si mostrava insidioso e disagevole…

- Stupido marmocchio! Cosa credi di fare? Ti senti uno spirito divino?

L’eco della voce grossa e sgraziata di Icelo rombò nelle mura della stanza.

Mu si girò di scatto con volto alterato.
Desiderava sfondare il cranio a quell’essere.
Non riusciva a capire dove si stesse celando…Nessuna materializzazione…
Leira gli si avvicinò impaurita…La prese tra le braccia…

- Oh! Quanto siete adorabili! – li irrise l’Incubo -  ho proprio voglia di dedicarvi una bella cerimonia…una cerimonia un po’ speciale che vi travolgerà!

- Icelo – disse Mu – il tuo regno  non ha fondamenta così solide…Sei un pessimo architetto. I materiali che hai scelto per costruirti il tuo bell’edificio sono di qualità schifosa. Non tarderò a compiere un’opera di demolizione per la tua spazzatura. 

- Fai lo smargiasso, arietucolo da quattro soldi? Sei patetico…Vediamo come tu e la tua sposina  ve la spassate con questa pioggia di petali floreali!

Sghignazzò estinguendo momentaneamente la propria aurea.

Scivolò un silenzio truculento.

L’orologio criccava formiche carnivore di minuti…

Leira si addossò al petto del suo ragazzo.

Calma tiranna e maleolente.
Calma…Calma…sempre più scucente…

Farfuglii…
Risecchiti borbogli scalpicciarono da dentro la muratura delle pareti.
Eliche pesanti sembravano ventilare di stropicciamenti la camera.
Si udivano movimenti di alette…carte logorate che si strusciavano mummificate…

I due giovani capirono che , sotto l’intonaco dei muri , colonie di esseri stavano per emergere…
La ragazza avvertì  fastidiosi fremiti tirarle la pelle delle ossa. 
Il guerriero aguzzò lo sguardo e i sensi restando fermo.

I suoni s’infittirono dissennatamente. Erano gli stridori rancidi di una corsa di ratti che sfocia da una cloaca.
Tutto si tappezzò di scuotimenti.

Miriadi di buchi scoscesero le mura della stanza.
Da quei fori sbrindellati spumarono fiumi di locuste.

Leira strillò ripugnata chiudendo gli occhi.

I corpi delle cavallette erano oblunghi, verdastri e costellati  di bitorzoli callosi. Possedevano la consistenza di ortaggi riarsi da un’afa rugosa. Erano induriti, polverosi, come bruttati  da una poltiglia di alghe ormai coagulata.
Gli elementi più spaventosi dei loro ventri erano le lunghissime zampe posteriori  scheletriche e fregiate  di macchie marroni  . Potevano apparire ridicole:  ricordavano gli arti  di una cicogna convessi in modo innaturale, spezzati come bronconi d’albero. A sminuire l’ effetto comico  vi erano cime di granfie che dentellavano minacciosamente quelle stecche che sapevano di vitiligine.

Mu si accovacciò al suolo stringendo  forte la propria amata.

Gli insetti si scagliarono contro.
Erano una granata di sputi fangosi ed emetici. I battiti arteriosi delle loro ali  coprivano di un fetore sudoriparo e  arenaceo l’ossigeno nella sala. 
Velocità endemica.
Velocità di esoscheletri piagati di fame.

All’improvviso un bagliore di linfa solare.

Un maremoto di fiamme massacrò quell’agglomerato pestilente.
Un anello tagliente di bollore ruggente.
Un cerchio rosseggiante esplose dal cosmo combattente di Mu.

Le locuste cascarono carbonizzate ed  affini ad abietti escrementi di avvoltoi.

Il cavaliere si distaccò delicatamente da Leira.
Si rialzò con ella.

Precipitò  la quiete.
Una quiete bucherellata.
Le pareti  della sala erano similari ad un derma sfigurato da cicatrici d’acne. Miriadi di fossette minavano ciascuna  crosta di muro.
L’unica  finestra di quello spazio pareva un quadro surrealista penosamente in svendita.

Mu sporse lo sguardo fuori, in direzione dell’orologio-sole che si disfaceva sempre di più…
Lo studiò con occhi indecifrabili, con strana attenzione…

Leira assisteva alla scena muta ed interrogativa.

- Tra qualche minuto sarai fuori di qui – rivelò dopo alcuni istanti il discepolo di Sion – abbi ancora un po’ di pazienza.

Si liberò i polsi dai bracciali di cuoio.
Si tagliò le vene.

- Mu! – esclamò impressionata la fanciulla – cosa vuoi…

- Stai tranquilla…

I torrenti porporini , che eruppero dagli avambracci del ragazzo,  mutarono in luce.
Colate di fuochi lavici arancioni e rossi danzarono nell’aria come se la forza di gravità fosse venuta soavemente ad annullarsi.
Erano nastri di ginnaste che poi divennero  bolle di fiamme.
Tutte quelle sferette conflagrarono eguali ad ampolle di profumo che si sminuzzano cristalline.

Leira restò esterrefatta nel più profondo.
Dalla nube vaporosa di lucerne comparve un magnifico animale.
Un ariete dal corpo di candida lana, dalle corna aurifere e con gli  arti di tonalità sabbiose.
I suoi occhi palesavano un  rosso d’albore e diaspri.

- Presto – la incitò il guerriero – sali.

La ragazza, confusa, si lasciò  adagiare  sulla groppa  del montone.

- Ma…ma  tu…

L’adolescente la interruppe con un bacio.
Accarezzandole i capelli  mormorò:

- Questa creatura è un mio frammento di infinità…l’infinità che ti porterà via da quest’incubo. Tra pochi secondi tutto finirà.

Un trapanamento  d’ali guastò i pistilli di quell’ istante di comunione.
Una nuova  mandria di cavallette insozzate di secchezza stava per attaccare.
Non sarebbero eruttate soltanto dai muri. Avrebbero devastato anche il pavimento.
Sinistre vibrazioni seminarono  d’infausti ronzii il suolo.

-  Che succederà?! – esclamò agitata Leira afferrando il mantello di Mu – resterai qui?!

- Il Sommo Sion e un mio compagno sono in pericolo …Devo salvarli da questa dimensione.

Ella  non poté controbattere.
Soltanto un  pianto di vespaio le si attorcigliò in gola.

- Leira…- le sorrise il cavaliere – tornerò da te…

L’ariete iniziò a correre.
La fanciulla gli si aggrappò al  collo.
Voltò i propri occhi dorati per allacciare quelli verdi del suo guardiano.
Voleva inabissarsi assieme a lui ma la velocità dell'animale la costrinse a girarsi in avanti e a chiudere lo sguardo…

Udì l’orrendo galoppo dei voli delle locuste.

Di Mu neppure un grido.

Il giovane  fu travolto da getti verdastri e chiodati.
Restò a lottare contro quella torma immonda pareggiabile ad un Eracle che sfidò le viscide teste dell'idra.

Tuonò un breve e corposo brivido di caos.

L’ariete, rompendo gli stipiti della finestrata,  decollò folgorante verso il cielo.

Leira vide l’orologio-sole avvicinarsi vertiginosamente alla traiettoria.

Un lampo detonatore.
Note di tempo distrutte.

Un tonfo silenziato.

Secondi di immobilità.

La ragazza aprì occhi…

Era sul suo letto. Era nella sua stanza.
Sopra il capo aveva il tetto di legno che la rassicurava vigoroso di paternità e spumoso  di maternità.
 
Si alzò  a sedere con agitazione.
Guardò febbrilmente le pareti calde della sua camera tappezzate di quadretti di stoffa decorati.
Spostò l’attenzione al piccolo e vecchio orologio sul comodino. Erano le quattro di mattina.

All’esterno della finestra della stanzetta, adornata con disegni di ghirlande floreali, si scorgevano le casette del villaggio.
Gli abitanti del Sole di Giada si godevano le ultime stelle del sonno.

Leira restò rintronata in un capogiro di spaesamento e nausea.

La sua mano, posata sulle lenzuola,  toccò qualcosa… Un pezzetto di stoffa logora.
Lo afferrò guardandolo meglio…

Un lembo del mantello di Mu.

Una tachicardia di lacrime prese a vessarla…
Sfregi d’angoscia…
Sfregi di non vedere mai più un arcangelo d’indaco sommergerla di gigli e vento.

“ Sei un bugiardo, Mu! Un bugiardo! Non mi hai liberata dall’Incubo! Mi stai facendo morire…Dove finirai? Come finiremo? ”



 

 

Note inerenti ai capitoli precedenti:

“ Dalla sua testa non erano ancora sbiadite le immagini orripilanti  del suicidio della madre e della tortura inferta da Aiolos. *  “ : cap 10 – o’ phobon labyrinthos : le spire dell'incubo.

Si drizzò in tutta  altezza analizzando la stanza grigio scuro del palazzo-prigione : come aveva detto il Re delle Fobie l’edificio non possedeva  né  porte, né  scale. * “ : cap 13- amoris lex: il quinto punto cardinale.
 

 


Note personali: ciao a tutti!!! ^^ perdonate questo mio ritardo… ho avuto due esami da sostenere e ho un impegno da portare a termine…
Ahimè, il capitolo 13 doveva concludersi con questa unica parte ma poiché le pagine sono diventate troppe e le scene sono aumentate sono stata costretta a riorganizzare il lavoro >.<  sono a buon punto con la conclusione di questo episodio che ha visto come nemici quel rompiballe di Icelo ( che voi amerete sicuramente XD )  e l’adorabile Morfeo ( spero vi sia risultato un picciolo più simpatico del fratello XD) …mamma mia!!! Questa battaglia è iniziata alla fine del capitolo 9!!! O.O Ah!ah!ah! Tra pochissimo finirà! Questa volta ve lo posso garantire ;)
Io non prometto con certezza di aggiornare l’ultima parte la prossima settimana, però direi che entro la fine di aprile il cap 13 potrà essere completato definitivamente ( e verrà inserito nella lista dei capitoli più “ macignosi” di questa fan-fic!)
Sempre in questa sezione metterò il 25 aprile ( o massimo il 26) una one-shot partecipante ad un contest ! Per questo motivo non ce la farò con L’occhio dell'Ariete -.-
Spero tanto che stiate continuando ad apprezzare quest’avventura a cui mi dedico con sincera e appassionata dedizione ( sputando litri d’anima XD ) !!

Grazie a tutti voi lettori!!! :D

p.s non ha a che fare con la scrittura ma riguarda sempre Saint Seiya…vi lascio questo link:  http://libra-marig.deviantart.com/gallery/
è la mia pagina su deviant art ^^  l’altra mia grande “ malattia”  è il disegno e ho realizzato e sto realizzando molte illustrazioni su Saint Seiya ( affianco ovviamente di originali)…se volete curiosare troverete i personaggi de L’occhio dell'ariete ^^ Dora, Eirene, Anita, Leira, Odette ecc…
Ho messo anche diverse mie fan art qui sul forum di efp nella sezione galleria ( sono martina-12) ma sto aggiornando più frequentemente deviantart…

   
 
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