Eravamo nuovi nel quartiere, ci eravamo appena trasferiti con la mamma e il nonno. Di papà nessuna traccia.

Era una mattina, saranno state le otto quando svoltammo in quella che sarebbe stata la nostra via, il nostro nuovo quartiere.
Io ero emozionato almeno quanto mio fratello: tutti e due affacciati al finestrino a guardare le case e cercare di capire quale sarebbe stata la nostra.
Finalmente la mamma girò dentro un vialetto e spense il motore.
Di corsa scendemmo dalla macchina io e Jared e ci fermammo proprio davanti alla casa; era immensa, grandissima: di un bianco sporco, con il tetto rosso, il portone in legno era imponente davanti a noi e le porte-finestra ai lati ci permettevano di scrutare all’interno.
Mamma, dopo aver scaricato le valigie aiutata dal nonno, venne ad aprirci il portone.
Subito corremmo dentro eccitati per il nuovo ambiente: alla nostra sinistra una spaziosa sala: al centro un grande divano con penisola, color beige; dietro ad esso un tavolo contornato da delle sedie in legno e davanti la libreria, anch’essa in legno. Al muro una porta-finestra che si affacciava sul giardino.
Alla nostra destra, invece, la cucina: l’arredamento della stanza era di un color turchese che dava l’impressione di un ambiente spazioso.
Salimmo poi le scale a chiocciola e ci ritrovammo davanti tre stanze: la nostra, quella della mamma e quella del nonno.
A noi importò solo della nostra: era molto grande e spaziosa, con un letto a castello, un armadio e degli scaffali di un color arancione.
Una voce, poi, ci distrasse da quello che era il nostro nuovo piccolo mondo.
“Jared! Shannon!” ci chiamò la mamma. Scendemmo al piano inferiore e raggiungemmo la cucina.
“Tra poco la mamma va a fare la spesa, voi state buoni qui col nonno.” Ci raccomandò mamma.
Annuimmo e tornammo nella nostra cameretta.
Non so il perché ma ci sdraiammo in mezzo alla cameretta, uno all’opposto dell’altro, con i volti vicini.
“ Ehy Shan, questo potrebbe essere l’inizio di una vita nuova.” Mi disse Jared speranzoso.
“ Lo spero Jay, però in una vita migliore con te, mamma e nonno.”
“ Sai Shan, tu sei il migliore fratello che un bambino possa desiderare,.”
“ Anche se molto spesso mi arrabbio con te, per me vale lo stesso, Jared.”
“ Ti voglio bene.”
“ Anche io ti voglio bene. Insieme vedrai che ce la faremo. Ti prometto che riusciremo a diventare chi vorremo essere veramente, perché, nonostante tutto, ogni cosa, ogni traguardo, si può raggiungere. Combatteremo, l’uno al fianco dell’altro, nessuno potrà mai dividerci. Nessuno. Ricordatelo.”
E d’improvviso la mia mano si ritrovò intrecciata alla sua, finché i buio più profondo avvolse entrambi.

Mi svegliai, trentaquattro anni dopo, sdraiato su quello stesso pavimento.
No, non era un sogno, quella era la realtà. Ce l’avevamo fatta, insieme. Come ci eravamo promessi eravamo diventati qualcuno. Non ci eravamo mai abbandonati.
E questo lo dimostravano le nostre mani, ancora intrecciate, come quando ci dicemmo quella promessa tanto importante, che riuscì a cambiarci la vita per sempre. 

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