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Autore: AgelessIce    19/04/2013    3 recensioni
Da bambina era diverso.
Tutto semplicemente diverso.
Quand’ero piccola, l’aria entrava ed usciva rapidamente dai miei polmoni, senza alcun dolore, com’è giusto che sia.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Happy, Lisanna, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come una volta, come da bambina.

-Lisanna POV-

So benissimo che non dovrei essere legata più di tanto al passato.

L’ho imparto in quei due anni di dolorosa lontananza, quando il pensare alla mia famiglia –quella vera- non faceva altro che dilaniarmi l’anima, stringermi il petto in una morsa soffocante.

Ho quasi dimenticato come fosse la sensazione del respirare liberamente, in quel luogo.

Da bambina era diverso.
Tutto semplicemente diverso.

Quand’ero piccola, l’aria entrava ed usciva rapidamente dai miei polmoni, senza alcun dolore, com’è giusto che sia.

Quand’ero piccola, l’unica cosa che poteva mozzarmi il respiro era la presenza di quello che per anni è stato il mio migliore amico.
Ma non era sgradevole, come lo è ora.

Il cuore che tamburellava nel petto, quasi pretendendo di uscire, ribellarsi a quella specie di gabbia che era incapace di contenerlo, non faceva così male.

Ora quasi non lo sento più.

Quello che dovrebbe essere il mio organo vitale se ne sta lì, in silenzio. Come se quella stessa gabbia, quella stessa prigione, adesso lo avesse completamente soffocato.
E questo si che fa male.

Perché, infondo, è davvero come se quel giorno ormai lontano io fossi morta.
Perché è solo il mio corpo ad essere ancora vivo.
Io sono semplicemente morta.

Ho creduto, all’inizio, che una volta tornata qui sarebbe tornato tutto come prima.
Che avrei ripreso la vita esattamente da dove l’avevo lasciata.

Eppure è strano, perché io non sono mai stata così ingenua.

Perché, invece, il mio ritorno non ha fatto che infliggermi il colpo di grazia.
Perché prima avevo la speranza, seppur flebile, a sorreggermi.
Ora non mi resta neanche quello.
E quando la speranza muore, è finita. Semplicemente finita.
Game over.

Mi hanno accolto tutti con sollievo, certo. Erano tutti sollevati di vedermi in piedi.
Ma erano solo questo: Sollevati.

Nella loro voce, nei loro occhi, non c’era più il calore di quella che è sempre stata la mia famiglia.
C’era più affetto negli occhi della mia altra casa, quella che mi ha ospitato per 2 soli anni, che nei loro, con i quali ho passato la vita intera.

Solo gli occhi di Mira ed Elfman sono rimasti gli stessi.
Solo le loro braccia sono rimaste a sorreggermi, ad impedirmi di cadere.

Anche Natsu mi ha abbandonata.
Nemmeno lui ha notato il sorriso spudoratamente falso che mi incornicia il viso ogni santo giorno.
Perché non vuole vederlo, forse, perché non gli interessa più.

Ha Lucy al suo fianco, adesso, no?
Ha fatto la cosa più normale di tutte.
È andato avanti. Ha eliminato le corde che lo  legavano al passato, e si è liberato.

Ed è giusto, che sia così. Perché vivere nel passato è tremendamente sbagliato, lo so.
Solo che… io non riesco ad imitarlo.

Quelle stupide corde continuano a stringermi i polsi, fino a far male, fino quasi a sanguinare. Continuano a strattonarmi all’indietro, cercando di attrarmi verso qualcosa che non c’è nemmeno più.
E mi sento così dannatamente sciocca. Così dannatamente debole.

Perché nonostante tutto,  io amo Natsu.
In una maniera semplice, naturale, e tremendamente dolorosa.
Perché non ho più alcun diritto, di amarlo.
Perché il suo cuore, è chiaro, appartiene ad un’altra.
Perché non sarò io sua moglie. Perché i suoi figli correranno da Lucy, chiamandola “mamma” con una vocina allegra ed infantile. Non da me.

“Mamma?”

E mi ritrovo a trasalire, mentre Happy mi si avvicina con un’aria strana, quasi demoralizzata.
Non mi chiamava così da non so più nemmeno quanto.
E mi limito ad osservarlo, con gli occhi leggermente ampliati, per qualche manciata di secondi.
Poi sorrido.
Falsamente, ma sorrido.
Perché non sono più capace di sorridere con sincerità. Vorrei, ma davvero non posso più.
Ed è triste, perché questa non sono io.
Perché io non sono una bugiarda.

“Cosa c’è, Happy?”

E la mia voce suona allegra, come sempre.
Sono diventata mostruosamente brava, alla fine, a fare qualcosa che reputo sbagliato e ripugnante come il mentire.

“Charle ha rifiutato di nuovo il mio regalo…”

Alza la testolina, guardandomi con occhi grandi e lacrimosi, sinceri, alla ricerca –forse- di un supporto. Di un consiglio. Di una mano.
E lo guardo con sincera meraviglia. Perché credevo che fosse diventata Lucy, il suo punto di riferimento.

“Non so più cosa dovrei fare. Voglio dire, le porto sempre i pesci migliori, i più buoni di tutti, pronto a cederli a lei, e lei non accetta mai.”

Ed abbozzo un flebile sorriso, completamente diverso dal mio solito, mentre il mio sguardo si addolcisce.
Do una serie di colpetti sulle mie gambe, incitandolo a prendere posto, e lui non se lo fa ripetere, accoccolandosi comodamente, stringendosi a me come faceva una volta, mentre io lo circondo con le braccia.
E riprendo a respirare normalmente, come da bambina. Non avverto più il dolore dell’oppressione.

“Su, non preoccuparti, sono sicura che non sia tu il problema. Magari non le piace il pesce.”

E lui mi guarda con gli occhi spalancati, come se avessi detto un’eresia, mentre io scoppio a ridere, alla vista della sua espressione buffa.
Stringo maggiormente la presa, appoggiando il mento alla sommità della sua testa, e sorrido di nuovo. Questa volta con il sorriso di un tempo. Quello che mette in bella mostra i miei denti bianchi, che mi crea delle leggere fossette nelle guance, che fa sorridere persino gli occhi.
Uno di quelli veri, insomma.

“Vedrai, prima o poi riuscirai a conquistare la tua bella. Sei il mio piccolo Happy, no?”

E lui annuisce, con foga, mentre sul suo visetto si dipinge un’espressione gioiosa e fiduciosa.
Ed il suo sorriso si allarga, se possibile, ancora di più, quando scorge Natsu uscire dalla rissa –per chissà quale miracolosa ragione- e dirigersi verso di noi.

“Woah, sembra di essere tornati indietro nel tempo! Sei sempre minuscolo, Happy”

Ride, con contagiosa ilarità, reggendosi la pancia, mentre il gatto in questione gonfia le guance, offeso.

“Non è vero! Sono cresciuto, io. Sono forte, adesso!”

Esclama, cercando con lo sguardo l’unica micetta dell’intera gilda.

“Non è vero, sei tale e quale a quando sei uscito dall’uovo!”

Continua lui, imperterrito, con quella sua voce calda e familiare.
E stava per ribattere, lo scricciolo che ho tra le braccia, quando intervengo per impedire una sciocca lite, come quelle che avevano da ragazzini.

“Insomma, ancora a litigare? Siete una famiglia, no? Smettetela di fare i bambini!”

Sorrido, mentre pronuncio quel “rimprovero”, puntando gli occhi in quelli di quella forza della natura che è il mio compagno d'infanzia. 
E non posso che perdermici per qualche secondo, quasi rapita dal suo sguardo, dalla sua usuale aria allegra e spensierata.

“Non trovi che sia bello, Lisanna? Poter rivivere i vecchi momenti, intendo.”

Esclama, all’improvviso, alzando un pugno in aria come se stesse parlando di un combattimento, come se mi stesse sfidando.
Ridacchio leggermente, pensando che si, è bello.
Però lo so che per lui non è importante.
Non come lo è per me.
So che a lui va bene anche questo presente, che non ha più bisogno del nostro passato.
Ed i miei occhi s’intristiscono per un attimo, mentre abbasso la testa.

Poi lui si inclina leggermente in avanti, continuando a sorridere, osservandomi attentamente.

“Se tu dici che non le piace il pesce… potrei provare a portarle dei fiori! Però mi sembra strano… Le porterò entrambi, per sicurezza.”

Sento Happy sgusciare via dalle mie braccia, con quella frase, e lo vedo dirigersi verso Mira, probabilmente per chiedere a lei il necessario.
Natsu però non si distrae, non segue il suo gatto con lo sguardo, come faccio io.
No, lui continua a fissarmi.
Ed il suo sguardo brucia sulla pelle, penetra le ossa e fa sussultare il cuore.
Proprio quell’organo ha deciso di battere di nuovo all’impazzata, per un secondo.
Poi però torna nel suo soffocante silenzio, nella sua oppressione.
E fa dannatamente male.

“Vieni con me un attimo.”

Afferma poi, deciso, afferrando il mio polso e cominciando a trascinarmi fuori dalla gilda.
E continua a trascinarmi in giro, imperterrito, ignorando completamente le mie domande, le mie deboli proteste.
Si ferma solo quando raggiungiamo quello che è stato il nostro rifugio, la nostra casa, nell’infanzia.

Lo vedo imbambolarsi lì, intento a fissare una lapide. Me ne accorgo con qualche secondo di ritardo, che quello inciso sulla roccia è il mio nome.
Però non rabbrividisco, non sussulto, non mi sento inquietata.

Perché l’ho già detto,  no?
Io sono morta davvero, quel giorno.
Io mi sento morta. O, per l’esattezza, non mi sento più viva da allora.

Osservo la sua espressione farsi triste per un attimo, prima girarsi verso di me e sorridere nuovamente, indicando con un gesto quella tomba.

“Hai visto? È davanti al tramonto. È qui da anni.”

Afferma, con il dolore nella voce, sebbene il suo volto sia ancora quello di sempre, ancora sorridente, ancora così Natsu.
Io annuisco, senza capire cosa stia cercando di dirmi, inclinando leggermente il capo.

“Però non dovrebbe essere qui, no? Tu sei viva. Sei miracolosamente viva.”

E non so nemmeno perché, ma la sua voce, la sua espressione, questo posto, mi spingono a dar voce ad i miei pensieri.
A buttar giù la maschera di falsità che  mi ero costruita in volto.
Parlo, quindi, con voce incrinata, permettendo al sorriso che avevo in volto di vacillare fino a scomparire.

“Io… io credo che, infondo, questo sia il posto giusto, che sia giusto che questa lapide sia qui. Che la mia stessa tomba, sia qui.”

Sposto gli occhi dal suo volto, nel momento in cui lo vedo assumere un’espressione sorpresa, completamente incapace di sostenere il suo sguardo.
Sorrido, quindi, con un sorriso vero. Vero ma terribilmente triste.

“Che vuoi dire con questo?”

La sua voce trema, di stupore e tristezza assieme, e non ho il coraggio di girarmi nuovamente a guardarlo.
È con gli occhi puntati al sole, che, ironicamente, ha cominciato la sua discesa oltre l’orizzonte, che rispondo alla sua domanda.

“Vedi, in questo modo i miei ricordi sono intatti. Quelli prima della mia apparente morte, intendo. Perché momenti come quelli non li rivivrò più, perché infondo quel giorno una parte di
me è morta davvero. Questa è la sua tomba, Natsu. Della piccola Lisanna. Della bambina che voleva diventare tua moglie, te lo ricordi? Io e lei non siamo più la stessa persona. Quindi si, è giusto che questa lapide sia qui. Sono contenta che quella bambina felice, che ha cessato di esistere dannatamente presto, possa godersi il tramonto ogni sera.”

Non faccio nulla per nascondere la sorpresa quando, girandomi nuovamente verso il ragazzo che ha involontariamente carpito il mio cuore, non lo vedo immediatamente.
E non trattengo un suono strozzato, quando avverto le sue braccia stringermi, il suo respiro caldo sul collo.
Non trattengo nemmeno le lacrime che hanno cominciato a formarsi agli angoli dei miei occhi, quando lo sento parlare con voce graffiante, arrabbiata, delusa, immensamente triste tutto assieme.

“Non dire mai più qualcosa del genere.”

Affonda maggiormente il volto nell’incavo nel mio collo, solleticandomi il viso con i capelli, stringendo la presa attorno a me, come se non volesse più lasciarmi andare, come se adesso fosse il suo stesso corpo ad incatenarmi al passato, e non più quelle fantomatiche corde.

“Non dire mai più che Lisanna è morta. Tu sei qui.”

Mi mordo il labbro inferiore, facendolo sanguinare appena, involontariamente, mentre le lacrime cominciano a rigarmi le guance arrossate, cercando di rallentare il battito cardiaco.
Perché batte decisamente forte, adesso, quello stupido cuore.

È stato qui, in silenzio, per anni. Non mi ha dato un vero segno di esistenza per non so più nemmeno quanto. Nulla che durasse più di un battito di ciglia.
Ed ora quasi pretende di uscire dalla cassa toracica.
E lo stomaco si contorce, in una maniera dolorosa e piacevole assieme.

E mi rendo conto di sentirmi di nuovo viva.
Semplicemente viva.

“Io voglio guardare ancora il tramonto assieme. E voglio che tu mi aiuti a far pace con Happy quando litighiamo, come facevi prima. E voglio che mi corri ancora incontro con il sorriso
sulle labbra, quando torno da una missione. Proprio come prima. Come quando eravamo ancora piccoli.
Anzi, vieni in missione con me.”

Si scosta leggermente, guardandomi diritto negli occhi, e quasi ci si vedono ardere le fiamme. Come sempre.
Ed io mi ritrovo a tremare leggermente, ampliando gli occhi. Perché lui è ingenuo. Non sa quale effetto riescono a fare su di me le sue parole.

“Se vieni in missione con me, sarò sicuro che non succeda più.”

Inclina leggermente la testa, verso quella pietra fredda che ora comincia a sembrarmi terribilmente sbagliata.

“Così non sentirò più quel dolore al petto, così tu non dirai più cose così stupide.”

Lo vedo ampliare gli occhi, quasi spaventato, quando comincio a singhiozzare, come una bambina, continuando a mordermi il labbro inferiore nel vano tentativo di spezzare i singhiozzi, mentre afferro con forza il suo gilet, cercando di smettere di tremare.

“E-ehi! Perché piangi, adesso? Non volevo offenderti, s-scusa!”

Scuoto con forza la testa, e mi limito a stringermi di più a lui, senza parlare.
Ho bisogno di non so nemmeno quanto tempo, per riprendermi.
Resto in silenzio per un po’, dopo aver smesso di singhiozzare, godendo del calore emanato dal suo corpo, dell’aura di semplice felicità che lo avvolge sempre.
E trovo sia terribilmente piacevole, stare così. Terribilmente giusto.

“Natsu?”

La mia voce suona quasi infantile, nel suo leggero tremore, mentre sollevo leggermente la testa.
Lui apre un occhio, con aria assonnata, e non riesco a non sorridere, pensando a quanto lui sia assurdo.
Si era addormentato!

“Da grande posso essere tua moglie?”

Faccio particolare attenzione nel rimarcare il tono che usai da bambina, osservandolo prima annuire, in preda al sonno, per poi arrossire vistosamente, urlando un “Ma che razza di domande fai, ancora?”, prima di mormorare qualche frase sconnessa, con la stessa adorabilità di un tempo.
Gonfio le guance, fingendomi offesa, mettendomi le mani sui fianchi e squadrandolo con attenzione.

“Vuoi dirmi che c’è qualcun’altra?”

Il mio tono è cantilenante, ironico, ma lui prende la domanda stranamente seriamente.
Ammutolisce di botto, per poi sorridere, con quel suo sorriso caldo –non c’è altro modo per definirlo-, fissandomi con i suoi occhi sinceri.

“No. Nessun’altra.”
 


Buonasera! Lo so, lo so, non scrivo Nali da un pezzo. quindi, voi poche anime pie che come me adorano questi due, perdonatemi!
Spero non sia uscito un completo disastro, se c'è un forte distacco fatemelo notare -l'ho scritta in due tempi, e di solito non lo faccio mai xD -
Ho il terrore che sia oc, ma una volta tanto può capitare a tutti >.<
Ora vi saluto, che devo scappare!
Grazie per aver letto!

 
 
 
 
  
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