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Autore: lulubellula    20/04/2013    4 recensioni
Kalokairi, Grecia.
Una donna in fuga dalla sua famiglia e da un mondo scintillante che l'ha ripudiata.
Un mazzo di chiavi ed un vecchio casolare di famiglia sono il suo punto di partenza.
Una bionda pittrice entrerà nella sua vita come una ventata d'aria fresca e nuova, finché ...
L'arco temporale abbraccia circa vent'anni di vita delle due donne, vicine e distanti, due anime destinate a trovarsi, perdersi e ritrovarsi di nuovo.
CalliopexArizona
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Il cielo era terso, sereno, non c’erano nuvole minacciose portatrici di pioggia, ma solo qualche nuvoletta qua e là di un tenue violetto, rosso, arancio rosato ad incorniciare il mare greco.
Una donna stava osservando una nave andarsene all’orizzonte, con le lacrime agli occhi, stringeva al seno una bambina di circa due anni, mora come sua madre, che dormiva stretta a lei, succhiando debolmente il pollice.
La donna piangeva, le lacrime le scendevano copiose lungo il volto, macchiandole la camicetta leggera e chiara, bagnando i capelli scuri e folti della sua piccola.
Sembravano farsi forza a vicenda, la madre stretta alla figlia, come se quell’abbraccio, quel contatto, quei due corpi famigliari si completassero a vicenda e non servisse nient’altro.
Questo era il ritratto che si prospettava dinnanzi alle persone del villaggio, che spiavano la dolce e forte Calliope, proprietaria della locanda dell’isola, come si guarda una persona cara e amata che non si vorrebbe veder soffrire per niente al mondo.
Invece Calliope soffriva.
Soffriva per amore.
Ma non per una cotta estiva da un nonnulla, di quelle per cui si piange per un paio di settimane e pian piano ce ne si dimentica.
No, lei soffriva perché su quella nave c’era la donna che amava, la donna per la quale avrebbe mollato tutto e che avrebbe seguito in capo al mondo, se solo lei gliene avesse offerto la possibilità di farlo.
Ma Arizona se n’era andata, dopo averla illusa di aver finalmente costruito una famiglia con la persona giusta, lei era andata via, portandosi con sé quei colori e il cavalletto con i quali trascorreva le giornate a dipingere le mille sfumature del mare e del sole, della natura incontaminata di quel luogo magico e unico.
L’aveva abbandonata, anche lei, insieme ai suoi genitori che le avevano indicato la porta di casa, quando lei era rimasta incinta, da nubile che era, sola, senza soldi, né una casa dove ritornare.
 Si era rifugiata nell’unico luogo dove si fosse davvero sentita benvenuta, in quella terra forte e bellissima circondata dalle onde del Mar Egeo, dove trascorreva l’estate con i suoi nonni paterni sin da fanciulla.
Era stato difficile all’inizio, difficilissimo.
Era sola, spaventata e impaurita, senza prospettive, senza futuro e con una paura tremenda di non riuscire ad allevare la creatura che portava in grembo.
Era arrivata sull’isola in un fosco giorno di settembre, il mare era mosso e irrequieto, le onde si scagliavano con violenza sulle pareti della barca e Calliope si sentiva male, la nausea le attanagliava lo stomaco e i movimenti bruschi dovuti al tempo incerto peggioravano il suo malessere di minuto in minuto.
Aveva con sé una manciata di dollari e le chiavi del vecchio casolare dei suoi nonni, che suo padre, in un momento di magnanimità, le aveva consegnato affinché avesse un posto in cui andare a vivere con il bambino, ben lontano da occhi indiscreti e dalle malelingue dell’alta società.
Attraccata al porto, si era trovata spaesata per qualche istante, non sapendo che cosa fare e dove chiedere un passaggio per il vecchio casolare, che sovrastava il paesaggio circostante, situato sulla cima di una collinetta da cui si poteva rimirare l’intera costa ellenica, la sua magnificenza e bellezza, la sua magia antica e sempiterna.
Calliope aveva con sé solo una sacca da viaggio e pochi effetti personali, aveva lasciato gran parte dei suoi ricordi e degli oggetti a lei più cari nella sua camera a Miami, dicendosi che, se proprio doveva incominciare tutto daccapo, portarsi dietro macigni del suo passato sarebbe stato dannoso, doloroso e soprattutto del tutto inutile.
Però ora non sapeva che cosa fare, era incerta e impaurita, a soli venticinque anni si trovava a passare dalle stelle alle stalle, da ricca rampolla di una famiglia ricchissima di proprietari d’alberghi di lusso, a futura ragazza madre senza un soldo bucato, in un luogo famigliare ma lontanissimo da casa sua, dai suoi amici, dalla sua vita di prima.
Eppure non si pentiva della sua scelta di andarsene via, non poteva sposare Mark, proprio non poteva, per quanto gli volesse bene, non riusciva nemmeno a pensare di legarsi a lui per tutta la vita.
Un conto era essere amici e andare talvolta a letto insieme, un altro era ritrovarsi sposati e genitori senza amarsi davvero.
Questo lui non se lo meritava e nemmeno il bambino.
Era sicura di non meritarsi il trattamento che le avevano offerto i suoi genitori, mandare una figlia lontano, dall’altra parte del mondo ad “espiare le sue colpe”, come chiamavano loro un figlio fuori dal matrimonio.
Peccato che la pena che le avevano inflitto avesse il sapore di un ergastolo.
Si sentiva abbandonata, tradita dagli affetti più cari e senza prospettive, aveva solo voglia di raggiungere al più presto quel luogo che aveva calpestato con piedini da bambina e nel quale non ritornava da oltre quindici anni.
Indossava un vestito azzurro chiaro e teneva i lunghi capelli corvini sciolti che le scendevano lungo le spalle, una cintura larga in cuoio a cingerle la vita ancora stretta, senza un accenno di pancia per il momento.
Si era avviata con rassegnazione verso la via che portava alla casa in cima alla collina, la strada polverosa e piena di ciottoli e di sassi di varie forme e misure, il caldo che inaspettatamente si era manifestato nonostante la nebbia greve che l’aveva accolta solo un paio d’ore prima.
Il sole cominciò ben presto a scaldare l’atmosfera e ad affaticare la povera Calliope, che camminava lungo la via, calzando un paio di sandali blu, poco adatti alla scarpinata vera e propria che ancora la attendeva.
Non ricordava che la strada fosse così lunga e nemmeno il terreno così accidentato in più punti, ma, del resto, era trascorso molto tempo dall’ultima volta che lei aveva messo piede sull’isola.
Camminò ancora per una manciata di minuti, con fatica, attanagliata com’era dalle nausee e dalla mancanza di acqua, respirando polvere ad ogni passo che percorreva.
Ben presto la stanchezza per il viaggio e il cambio di fuso orario si fecero sentire e la donna inciampò maldestramente in una pietra, scivolando e sbattendo la testa a terra, perdendo i sensi.
Di lì a pochi istanti, una vecchia jeep con la carrozzeria imbrattata di polvere passò per quella strada, nella stessa direzione rispetto a Callie.
Arrivata in prossimità della donna, la conducente della vettura frenò bruscamente, scese dall’auto e corse dalla fanciulla svenuta nel bel mezzo della strada per prestarle soccorso.
Si trovò davanti una giovane donna dai lunghi capelli neri, bella da toglierle il fiato, con un vestito azzurro impolverato e un incarnato pallido e malsano, probabilmente dovuto al caldo improvviso e alla disidratazione.
Dopo aver provato a sollevarle gli arti inferiori verso l’alto ed averle adagiato una pezza bagnata d’acqua fresca sulla fronte, la donna rinvenne, ma si mostrò estremamente debole e dovette aggrapparsi alla sua soccorritrice per salire sulla jeep.
Guidò per una manciata di minuti sino ad una casetta bianca, poco più in basso rispetto alla cima della collinetta, e aiutò la giovane donna che si era sentita male ad entrare in casa sua.
All’interno vi era una luce calda e accogliente, un tavolo malfermo e zoppicante, qualche stoviglia da lavare nel lavandino e quadri appesi ovunque alle pareti.
Calliope si lasciò guidare all’interno di una camera da letto arredata in modo estremamente semplice e spartano, un letto matrimoniale, un comodino, una vecchia lampada a gasolio e uno scatolone pieno di libri erano l’unico arredo che riempiva il tutto.
“Grazie mille. Sono in debito con lei” disse Calliope alla sua giovane e taciturna soccorritrice.
La donna annuì, mostrandole un flebile sorriso, quasi un accenno impercettibile, poi la aiutò a coricarsi sul letto e le chiese se avesse bisogno di qualcos’altro.
“Sto bene così, grazie, Signora, ehm, Signorina …” iniziò.
“Arizona”.
“Come lo Stato?” chiese incuriosita.
“No, non come lo Stato, è una lunga storia”.
“Anche lei è americana o sbaglio?, noto una lieve inflessione nella sua voce”.
“Sì, sono americana, lei non si sbaglia – iniziò la donna, poi cambiò argomento per non dover iniziare una lunga, noiosa e probabilmente imbarazzante discussione sulla sua famiglia e su luoghi comuni in generale – Posso chiederle il suo nome?”.
Calliope sorrise debolmente.
“Sono se mi darai del tu, dopotutto siamo coetanee, credo. Io ho venticinque anni e tu?”.
“Ventiquattro. Allora, posso chiederti come ti chiami?”.
“Callie”.
“Callie? E’ il tuo vero nome o il diminutivo di qualcos’altro?”.
“Calliope, in realtà, ma non mi è mai piaciuto più di tanto, trovo che Callie sia di gran lunga meglio”.
“A me Calliope piace, lo trovo un nome stupendo, ha origini greche, no?”.
“Sì, è il nome di una musa, di quella della musica, ha un nonsoché di magico a dire la verità”.
“Sono d’accordo con te”.
Seguì un lungo e imbarazzante silenzio.
Arizona si avvicinò alla porta e fece per uscire.
“Arizona?”.
Lei si voltò.
“Posso chiederti un favore?”.
“Certo”.
“Ti dispiace se resto a dormire qui questa notte, non me la sento di andare al casolare in cima alla collina da sola”.
“Sei diretta lì?”.
“Sì, era dei miei nonni, ci sono stata molte volte d’estate, quando ero bambina”.
“Sei qui per restare o per fuggire?”.
“Per entrambe le cose in realtà, solo che adesso non mi sento pronta a rientrare, ma non vorrei nemmeno approfittare della tua gentilezza e della tua ospitalità”.
“Non ti stai approfittando, Calliope, mi fa piacere avere un’ospite, sono sempre sola, in questa casetta, sola con i miei colori e le mie tele”.
“Sei una pittrice?” le chiese Callie incuriosita.
Arizona annuì e le mostrò i suoi colori, i pennelli, il suo laboratorio e gli attrezzi del mestiere.
Callie li osservò affascinata e ammirata, lasciando scivolare le dita affusolate lungo le setole dei pennelli ripuliti di recente con l’acquaragia.
“Sono bellissimi, Arizona. Davvero una meraviglia. Complimenti”.
“Mai quanto te” pensò Arizona, osservando quella donna giovane e bellissima che era appena entrata nella sua vita, sconvolgendo i suoi piani, come niente e nessuno erano riusciti prima di allora.
 
NdA:
In questa storia ci saranno alcuni elementi in comune con il Musical “Mamma mia!”, ma in generale, la trama avrà molti spunti narrativi del tutto inventati da me.
Spero di avervi incuriosito
lulubellula

   
 
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