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Autore: Stay away_00    20/04/2013    4 recensioni
Una piccola One Shot su Klaus nella 4x19. u.u
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Weakness

 

Aveva udito i suoi fratelli che lasciavano l’abitazione, aveva udito Elijah dire a sua sorella che la cura doveva guadagnarsela, dimostrare che non fosse un altro dei suoi stupidi capricci, quindi, l’ibrido aveva in mente di far si che sua sorella non riuscisse a mettere le mani sulla così tanto bramata cura.

Doveva fare qualcosa per evitare che cadesse nuovamente in quel dolore, doveva evitare che succedesse di nuovo, perché, era sicuro che quella volta non sarebbe finito, era sicuro che l’eternità avrebbe avuto un significato diverso.

Poche volte nel corso della sua esistenza aveva sentito quel terrore, puro, scorrergli nelle vene e stringergli lo stomaco in una morsa ferrea, quella situazione, gli ricordava inspiegabilmente le visioni che l’avevano tormentato intorno al dodicesimo secolo, in Italia.

Ricordava con troppa cura il viso di Alexander, il “fidanzato”, oppure, come meglio definirlo, “L’ennesimo capriccio” di sua sorella che lo osservava dall’angolo della sua camera con uno sguardo accusatorio, mentre gli chiedeva il vero motivo per cui l’avevo ucciso.

“Perché lo avete fatto, Niklaus?” Cantilenava.

“Vendetta… oppure gelosia?” Per settimane l’ibrido non aveva capito il senso di quelle parole, per settimane  aveva cercato di dare un senso a quella parola: “Gelosia.”

Nel corso dei secoli ricordava bene le parole pronunciate da ognuno dei cacciatori, avevano usato le sue debolezze, il nome si suo padre e quello si sua madre.

Avevano usato quello che aveva fatto a Finn come arma e con il tempo lo avevano convinto ad uccidersi, ma non perché lo meritasse, ma solo per far smettere quelle voce che ronzavano instancabili nella sua testa, quelle immagini, quelle persone che sarebbero dovute essere morte, Tatia.

Eppure, quando cercava di riportare alla mente qualcosa, la prima parola che esso ricordava era: Gelosia.

“Vendetta… oppure gelosia?”

Forse, solo quando aveva visto Rebekah abbandonarlo per Stefan ne aveva compreso il vero significato.

Solo quando li aveva visti ballare insieme e aveva sentito qualcosa all’altezza dello stomaco, una rabbia cieca e inespressiva, una rabbia che aveva provato poche volte nel corso della sua esistenza, non forte come quella che l’aveva catturato quando aveva ucciso sua madre, ma era sicuro che si potesse avvicinare ad essa con troppa facilità.

Amava sua sorella, un amore morboso e del tutto fraterno, o almeno così credeva, non la desiderava nel modo in cui l’aveva desiderata il cacciatore, oppure Stefan.

La considerava semplicemente sua e non sopportava che qualcuno la toccasse o si prendesse cura di lei, forse era per quello che non aveva lasciato che Stefan li seguisse, forse era per quello che aveva ucciso Alexander.

Forse era quello il vero significato di “gelosia”.

 

Niklaus, mentre osservava il fuoco scoppiettare nel camino ripensava a quello, ripensava a quando un fuoco simile era stato acceso nel suo villaggio, quando lui e la sua famiglia, umani, poco più che bambini lo circondavano, osservandolo rapiti.

Pensava a cosa sarebbe potuto accadere, ora, che Rebekah aveva preso la cura e ripensava a quell’amore che l’aveva condannato a quel sentimento di solitudine e rabbia, che in quel momento lo tormentava.

Sua sorella aveva scelto di morire, aveva scelto di vivere la sua vita, essere umana, avere una famiglia, un ragazzo.

Aveva scelto di morire per condannare lui ad un’eternità di sofferenze e torture.

Ricordava cosa avesse provato quando Silas aveva preso il controllo della sua mente, ricordava il dolore e la consapevolezza della morte, morte a cui credeva di essere condannato.

“Le sento spostarsi verso il cuore.”

Dissi a Caroline, quel giorno, sicuro che fosse così, eppure era solo un’illusione, era quell’uomo che si prendeva gioco di lui, come se fosse soltanto un bambino.

Ricordava di aver pensato che se lo meritasse, infondo lo pensavano tutti e quando non facevano altro che ripeterti qualcosa, sino alla nausea alla fine ci credevi.

Alla fine credevi di essere una delle persone peggiori che potevano esistere sul pianta, potevi credere di meritare la morte, e potevi soffrirne e chiederti perché ti eri spinto sino a toccare il fondo.

Nessuno immaginava che fossi soltanto il risultato di quello che ti era stato fatto, nessuno immaginava quanto dolore potevi provare e quante lacrime nel corso dei secoli avevi versato.

Nessuno sapeva dell’amore che provavi per quella ragazza, nessuno sapeva quante volte avevi pregato i tuoi dei che ti facessero amare da tuo padre, quante volte avevi chiesto agli spiriti che tua madre vedesse qualcosa di buono in te.

Nessuno sapeva quanto amore potessi provare e alla fine era semplicemente colpa tua, avevi costruito quel muro, rintanandoti nella tua solitudine e facendoti cullare da quella che poteva sembrarti pazzia.

L’ibrido di morse delicatamente il labbro lasciando che quei sentimenti gli scorressero dentro, travolgendolo e facendolo sentire ancora più solo, con quel semplice fuoco a tenergli compagnia.

Forse era in quel modo che avrebbe passato i giorni a venire, osservando un fuoco scoppiettare, perso nei ricordi mentre ascoltava, dall’esterno, come se non fosse nel suo corpo, le urla di terrore che sarebbero uscite dalle sue labbra.

Perché, sapeva che sarebbe successo, sapeva che avrebbe visto la scena dall’esterno, impotente, solo.

Chiuse gli occhi per un istante prendendo un respiro profondo e lasciando che tutto quello gli scivolasse addosso, lasciando che il panico lo prendesse, anche se sembrava infinitamente calmo, sin troppo per una persona che era stata condannata ad una morte certa, una delle più terribili, quella che avrebbe dovuto affrontare da solo.

Si accarezzò delicatamente il mento perso in quei pensieri, sino a quando non trasalì al suono squillante di una voce conosciuta.

Una voce, che in fin dei conti amava ma che in quel momento avrebbe voluto tanto che tacesse, lasciandolo con i suoi ricordi, senza portarlo bruscamente a quella stupida realtà.

Si voltò in modo lento, inchiodando il suo sguardo in quello agitato di Caroline e lasciando che la realtà lo avvolgesse, come un manto invisibile, una pellicola che non sarebbe mai riuscito a staccare, lasciando che la consapevolezza di quel dolore lo cullasse, uccidendolo mentre alle parole della ragazza un sorriso divertito illuminò il suo viso.

 

   
 
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