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Autore: Starmel_    21/04/2013    2 recensioni
Avete mai immaginato di tornare indietro nel tempo? Avete mai immaginato di finire dritti nell'epoca che tanto amate? Avete mai sognato di smettere di sognare e tramutare il sogno in realtà? Se vi riconoscete in una di queste domande, prendete posto, signori, signore, anziani, bambini, animali, entità trascendenti o qualsiasi essere siate, il viaggio sta per iniziare, allacciate le cinture, e abbandonate la ragione, che il viaggio abbia ora inizio.
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Word on a Wing.

 


Ivory si svegliò di scatto, disturbata dal suono metallico della sveglia, che insisteva a martellare le sue povere orecchie con il suo suono assordante. «Ma cosa ti ho fatto di male, maledetta sveglia del cazzo?!» Sporse una mano per trovare e spegnere quell'aggeggio infernale, quando una voce la chiamò: «Ivory! Datti una mossa. Tra dieci minuti abbiamo lezione!» Urlò Ophelia, irrompendo all'improvviso nella stanza, e si avvicinò all'amica, scuotendola leggermente.

«Mi hai sentita? Abbiamo quella bisbetica della Raudelph a prima ora, non vorrai far tardi.» Sussurrò Ophelia tirando velocemente via le coperte.

«Altri cinque minuti, mamma.». Rispose Ivory con voce vuota, alzando appena la testa dal cuscino per poi riposarla.

«Mamma?» Ophelia aggrottò le sopracciglia, per poi avvicinarsi ed iniziare a far il solletico insistentemente all'assonnata Ivory, tentando invano di farla svegliare del tutto. La ragazza si contratte, cercando inutilmente di fermare quelle mani. «Maledizione!», disse tra i denti, facendo un tonfo scivolando dal letto e tirando con lei le coperte.

 

Era una normale mattina risalente all'anno 2012, erano apparentemente due normali ragazze frequentanti un college nella capitale Londinese.
Ivory, era una un'ambiziosa sognatrice con le idee ben chiare sul suo futuro: sfondare nel mondo della musica.

Quando si parla di Ivory Von Droste, la fredda ragazza di origini tedesche non si parla di una persona timida ed introversa, ma più tosto d'una ragazza non comune.

Costretta ad ambientarsi in un'epoca che non le apparteneva ed indotta a crearsi maschere per il sol timore di non piacere all'ipocrita gente dell'undicesimo secolo.
Veniva sempre menzionata come la ragazza “particolare”, “strana”, “eccentrica” e che non stava mai con i piedi sulla terra. “Perché stare con i piedi sulla terra? Quando tutto ciò che non è questa è mille volte meglio?”, diceva; osservando con i suoi grandi occhi celesti il cielo e domandandosi se, magari, lassù, su Marte, c'era vita. Già, “C'è vita su Marte?” Come faceva la canzone del suo cantante preferito, David Bowie. Una figura che per lei non era solo un vecchio cantante con una carriera acclamata, ma la sua ispirazione perenne.

Cosa ci faccio qui?” pensava, mentre sola e meditabonda guardava la gioventù odierna così stereotipata e uguale strimpellando le corde della sua chitarra, con la quale, un giorno, avrebbe voluto salpare i palchi. Meditava sul perché Dio, se esisteva, le aveva riservato quest'ignobile destino.

Si sentiva così sola alcune volte, sola.
Fin quando non incontrò Ophelia.

Ophelia Delacroix era una timida ragazza di origini francesi che amava leggere e scrivere, e come Ivory, meditava sul perché quello pseudo Dio le aveva imprigionate in quel vile e stupido undicesimo secolo.

Lei, a contrario dell'amica, non aveva le idee ben chiare sul suo futuro, il suo motto era Carpe diem e amava Lou Reed, quell'uomo anni luce lontano dalla sua vita.

Quel giorno, era un giorno come tutti gli altri: Londra era cupa, le due ragazze erano, come al solito in ritardo per la lezione, e la campanella della prima ora era suonata.
«Iv, muoviti, su.» Ansimò affannata dalla corsa Ophelia cercando con lo sguardo l'amica che aveva perso di vista durante la corsa, e ritrovandola vicino alla macchinetta delle merendine intenta a scegliere uno spuntino con tutta la tranquillità possibile. «Ivory, maledizione. Cosa stai facendo? » s'avvicinò l'amica, posandole una mano sulla spalla. «La Raudelph non ci farà mettere piede in classe se non ci muoviamo!».

Ivory, che stava per mettere una monetina nella macchinetta, farfugliò qualcosa come un “ma quanto sei paranoica”, sbuffando e voltandosi verso l'amica. «Che si fotta.» sbottò «Non ho voglia di sentire i suoi strepiti di gallina in prima mattina.» pigiò con l'esile indice il numeretto per far uscire la merendina; aveva una fame folle, era da giorni che non toccava cibo, da giorni, sì. Avete capito bene. «Sono stanca. Di lei, di tutti. Del mondo.» Mormorò poi, chinandosi per prendere la barretta ai cereali. «L'ha rifatto di nuovo, sai? », disse poi.

«Fatto cosa?» Chiese poi Ophe con fare interrogativo. «Farmi una promessa e poi non mantenerla.» Sul viso pallido di Ivory si dipinse uno sghembo sorriso segno di un dispiacere interiore. «Ha preferito passare il Natale con la sua famiglia, non con me. Di nuovo». Ophe posò la mano sulla testa bionda, guardandola dispiaciuta. Ecco perché dopo le vacanze di Natale l'amica non si era minimamente preoccupata di farle la telecronaca di come aveva trascorso le vacanze.

Vedeva il padre una o due volte all'anno, se le andava bene.

A Iv mancava suo padre, anche per quel poco che ricordava da piccola: quando il giorno di Natale, la prendeva sulle spalle facendole appendere quei deliziosi addobbi.

L'amore non si compra con i beni materiali, ma il padre di Ivory, pensava il contrario, credendo di espiare le proprie colpe mandandole costosi regali. «Mi dispiace, Iv.». Ivory, rabbrividì stringendosi le spalle e mettendo le mani bianche e venose dentro il maglione di lana grigio per via d'un filo d'aria entrato dalla finestra aperta dal bidello della scuola; il rigido clima di Gennaio, post vacanze di Natale si faceva sentire. «Andiamo, dai. Non voglio metterti nei guai», disse poi la bionda, avviandosi per il corridoio.

 

«Griffin?!» «Presente!».

«Simons?!» «Presente!».

Le figure delle due ragazze sviarono a sedersi ai bianchi prima che l'occhio maligno della professoressa poté avvistarle.

«Delacroix?!» «Presente!». Ophe alzò la mano, senza accorgersi che era quella dove teneva il cellulare Nokia e72, vittima di cadute dal terzo piano. «Signorina, metta via quel cellulare se non vuol finire in detenzione.» Ophelia trasalì al richiamo della Raudelph, una professoressa tutta d'un pezzo.

L'insegnante finì l'appello iniziando una noiosissima lezione di anatomia.

Passò la prima, la seconda, la terza ora e quel maledetto DRIN sembrava non arrivar mai. Lo sguardo abbattuto di Ivory era rivolto verso l'orologio che ticchettava armoniosamente, accompagnato dal ticchettio che ella faceva con la penna sul banco. «Bene. Dividetevi in gruppi da due, e mi aspetto che domani, mi portiate una tesi scritta sull'argomento che ho spiegato oggi. Per approfondimenti, aiutatevi con i libri di testo della biblioteca.» si congedò poi l'occhialuta ed esile professoressa, appena in tempo che il suono della campanella potesse risuonare nelle aule causando un caos con gente che si ammassava per uscire dalla classe.

«Te hai capito qualcosa della lezione di anatomia?» la voce di Ivory richiamò Ophelia persa nei suoi pensieri più profondi dell'ora di ricreazione «Umh, come dici?», rispose, scuotendo la testa. Ivory riformulò la domanda. «Niente di niente.», replicò poi, posando gli occhi sull'ultima pagina del libro che stava leggendo “La Dama Che Dorme” di Poe, un autore che non giovava di certo alla sua psiche mentale. «Mi raggiungi in biblioteca pomeriggio?», domandò poi Ophelia con la sua flebile voce, non ricevendo una risposta dall'amica presa a scrivere su un foglio pentagrammato «Un altro tuo lavoro, mia cara?», Ophelia con un abile gesto strappò il foglio dalle mani all'amica e si mise a leggerlo, anche non sapendo leggere la musica. Non sapeva cosa ci fosse scritto su quel foglio, non ci capiva nulla con tutte quelle semibrevi, chiavi di violino, pause dell'ottavo; ma sapeva che se era ciò che aveva scritto l'amica era qualcosa di geniale.

«Sai, dovresti far ascoltare a qualcuno i tuoi lavori, credimi. Sono straordinari». Ivory si portò teatralmente una mano al petto, accennando un sorrisino compiaciuto.

«Lei mi lusinga, signorina Delacroix», disse facendo un finto tono modesto.

La fredda Von Droste era l'ambizione fatta persona, il suo ego era quasi al livello di quello di Roger Waters. «Beh, può darsi che tu abbia ragione.» continuò poi, sfilando il foglio dalle mani all'amica. «Ma.. non credo che qualcuno se lo filerà più di tanto. Cioè, guarda la gente.» esclamò, agitando le mani verso i propri coetanei di college «A nessuno ormai fila più niente della musica. Preferiscono star dietro quella Gangnam Style ballandola anche non capendone il significato e idolatrare cantanti di plastica che fanno canzoni più stupide di quelle che potrebbe scrivere una scimmia senza cervello che mangia banane.» continuò poi, parlando tutto d'un fiato e sistemando il proprio foglio pentagrammato dentro le pagine del quaderno d'inglese. «Farò per raggiungerti in biblioteca stasera, dopo che son passata da Stooges, per cambiare le corde alla chitarra.» Fece un salto scendendo dal tavolo della mensa e afferrando il proprio zainetto con su dipinti astronauti, pianeti e navicelle spaziali, lasciò sul banco la merendina che aveva preso prima, senza neanche un morso, intatta. Si sistemò il ciuffo versatile che ricordava sia dal colore che dai taglio quello del suo adorato Duca Bianco. «Ci vediamo, musona!» Si avvicinò all'amica scompigliandole il liscio ciuffetto mogano e sviando prima che lei possa proferire parola. «A stasera, Bowie. E non tardare!», esclamò Ophe con un tono di voce gradualmente più alto, osservando la figura dell'amica che si allontanava correndo tra la folla di studenti, come a fuggire.



Author's area. 

Salve a tutti! Vedete, era un noioso sabato sera e la connessione internet non predeva.
Quindi, ho iniziato a dare un'occhiata ai miei lavori di Word ed ho trovato questa bozza scritta qualche mese fa da me e dalla mia migliore amica.
Inizialmente mi è sembrata banale, scritta male, ma dopo averla riletta mi è sembrata carina. Perciò, senza il consenso della mia amica ho detto: "Massì, dai! La pubblico."
Ci teniamo molto a questa fan fiction, specie perché le due protagoniste sono i nostri alter eghi e perché tratta dei nostri idoli.
Spero vi piaccia, e preciso, ho fatto solo una prova, se mi dite che fa schifo... Non mi offendo. ;_;.

  
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