«Non sei ancora sazio di carne?» sibila quella sua lingua forcuta, piena d’astio e cocente invidia. A che ti riferisci, mio ombroso fratello? Alle carneficine ordinateci da nostro Padre, per difendere la maestà del Regno Eterno, o ad i carnai di piacere in cui scelgo di smarrirmi di mia sponte?
«Perché mai dovrei esserlo?» ribatto con gioioso noncuranza, sedendomi al tuo fianco, ed i tuoi occhi zampillano di brace. Sono certo che a farli ardere non sia il crepitio del fuoco.