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Autore: A r l i e    21/04/2013    4 recensioni
Aprì il suo fedele quaderno nero e lesse il suo nome ad alta voce «Mathias Køhler» disse scandendo lettera per lettera il cognome «Dal cognome non credo che sia americano» ipotizzò richiudendolo «Non che la cosa mi importi molto alla fine»
«E tu chi diavolo sei?» esordì il diretto interessato, fermandosi di fronte ad Arthur «Un angelo?» domandò ironicamente ridendo.
Evidentemente è sotto l’effetto di quella roba che gli umani chiamano alcool, pensò l’altro.
«Un angelo?!» ripeté Arthur inarcando un sopracciglio «Non sei il primo che mi scambia per un angelo» scosse la testa «Voi terrestri avete davvero poca fantasia»
Il ragazzo smise di ridere e si avvicinò ad un palmo dal viso della strana creatura, ancora più incuriosito di prima «E allora cosa sei?»
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  Ehi tu! Si proprio tu che hai avuto il coraggio di aprire la mia storia, ti dico...
  GRAZIE!
  Dopo
 tantissimo tempo, sono tornata su questo sito dove nessuno ha sentito la mia mancanza con questa sorta di esperimento.
  Come avrete capito dall'introduzione, la storia è basata sugli Shinigami - i  mietitori di anime - e questa FF, miei cari lettori, è nata    leggendo una Doujinshin di Hetalia basata su queste creature:
  Gilbert and the Grim Reaper & Antonio and the Grim Reaper.
La mia versione, però, è mooolto rivisitata in quanto l'ambientazione e i personaggi sono completamente diversi.
Beh...non so che altro dire, aspetto le vostre recensioni per sapere se vale la pena continuare.
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Chapter 1


Insanity


Arthur osservava annoiato i pochissimi passanti in quel vicolo remoto della periferia di New York , seduto su una  ringhiera in ferro che divideva il marciapiede dal giardino di una piccola e tetra villetta abbandonata.
Mancavano pochi minuti ormai all’arrivo della sua vittima, e nonostante avesse aspettato per svariate ore, quei minuti  in confronto sembravano durare un’eternità.
Consapevole del fatto che nessuno riuscisse a vederlo, spiegò le sue grandi e piumate ali nere e le sventolò per  sgranchirle, solo in quel momento intravide una figura barcollante avvicinarsi a lui: eccola, la sua vittima.
Aprì il suo fedele quaderno nero e lesse il suo nome ad alta voce «Mathias Køhler» disse scandendo lettera per lettera il  cognome «Dal cognome non credo che sia americano» ipotizzò richiudendolo «Non che la cosa mi importi molto alla fine»
«E tu chi diavolo sei?» chiese il diretto interessato, fermandosi di fronte ad Arthur «Un angelo?» domandò ironicamente ridendo.
Evidentemente è sotto l’effetto di quella roba che gli umani chiamano alcool, pensò l’altro.
«Un angelo?!» ripeté Arthur inarcando un sopracciglio «Non sei il primo che mi scambia per un angelo» scosse la testa «Voi terrestri avete davvero poca fantasia»
Il ragazzo smise di ridere e si avvicinò ad un palmo dal viso della strana creatura, ancora più incuriosito di prima «E allora cosa sei?»
Arthur restò immobile, puntando i suoi occhi verdi in quelli blu della vittima «Sono uno Shinigami…- disse abbozzando un sorriso - e…c’è un tizio alle tue spalle che ti sta puntando una pistola sulla schiena, se mi vedi è perché stai per morire»
E fu un attimo: una mano guantata di nero premette sulla bocca del danese, la stessa mano lo spinse all’indietro fino a far toccare la schiena con la canna della pistola retta dall’altra mano e infine, uno sparo  lacerò il silenzio di quella buia periferia dimenticata dal mondo.
Alcune gocce di sangue schizzarono sul volto di Arthur che impassibile si ripulì con la manica della sua tunica nera, poi scese dalla ringhiera e si avvicinò al ragazzo che giaceva a terra in un lago di sangue.
Era ancora vivo, ma adesso spettava a lui dare il colpo di grazia.
Nel mentre  l’assassino nascondeva la pistola nella tasca interna della sua giacca, Arthur strinse saldamente il manico della sua ascia tra le mani e l’alzò in aria per poi far ricadere la lama affilata sul corpo di Mathias.
«Benvenuto nel regno dei morti, Mathias»

***

Con passo cauto, Alfred si avvicinò al vicolo cieco che gli era stato segnalato dalla polizia statunitense;
Era notte fonda, e oltre all’oscurità  a coprire la visuale al poliziotto americano ci si metteva anche la fittissima nebbia che come una coltre, era calata sulle strade della periferia di New York , sfocando la luce dei pochi lampioni funzionanti.
Una volta arrivato all’imbocco del vicolo, Alfred estrasse la torcia elettrica dal cinturone che teneva stretta alla vita la sua divisa, e la accese poco prima di inoltrarsi all’interno di quella stradetta.
«Che freddo! -brontolò stringendosi nelle spalle- Avrei dovuto portare  con me il giacc...» le parole gli morirono in gola, non  appena la luce della torcia illuminò il corpo privo di vita di un ragazzo.
Si era arruolato da poco Alfred al corpo di polizia,  ancora era abituato a scene del genere, anche se nell’arco di pochi mesi ne avesse già viste.
Preso alla sprovvista rimase impietrito ad osservarlo, e solo quando la torcia gli scivolò dalle mani decise di fare qualcosa.
Si avvicinò con cautela al ragazzo e si chinò per controllargli il polso «Shit! È morto!» esclamò rialzandosi.
«E già,sei arrivato in ritardo sbirro» commentò Arthur avvicinandosi al poliziotto «Non è la prima volta che ci incontriamo, vero?» chiese cominciando a girargli intorno, pur sapendo che  non poteva essere né visto e né sentito.
«Alfred F Jones» lesse il suo nome sulla divisa «questo nome non mi è nuovo sai?» si fermò alle sue spalle e controllò nel suo Death Note se fosse presente il nome di quel poliziotto tra le sue future vittime, ma non lo trovò.
Alzò lo sguardo sull'americano ancora scioccato. 
«È morto da poco -continuò, come se volesse rispondere alle mille domande che in quel momento frullavano nella testa dell'altro- circa un quarto d’ora, ma che te lo dico a fare? Tu non puoi sentirmi tanto»
«Non dovrà succedere più»
Lo shinigami  lo osservò perplesso.
«Scoprirò chi è l’artefice di questi omicidi»

***

Anche quella sera, l’animata e colorata Chinatown di New York era fin troppo trafficata.  La confusione regnava sovrana, e l’atmosfera all’interno di quella caotica e chiassosa zona era a dir poco febbrile: Alfred a stento riusciva ad infilarsi tra i piccolissimi spazi liberi per poter raggiungere il ristorante cinese del suo amico Wang Yao.
Una volta arrivato davanti alla porta, la aprì senza esitare troppo ed entrò subito nel piccolo locale: l’odore pungente della cucina cinese inebriò le sue narici.
«Ni-hao Alfred!» lo salutò Yao, riconoscendo il poliziotto dall’inconfondibile ciuffetto all’insù che faceva capolino tra la folla.
«Hi Wang!» l’americano lo raggiunse facendosi largo tra la gente «Sono passato per…»
«…per prendere la tua cena da portare via, aru!» lo precedette il cinese, prendendo le scodelle di ceramica vuote da un tavolo da poco sgombrato da quattro clienti. «L’ho già preparata e insaccata! Vai alla cassa e chiedi a mio cugino di consegnartela.»
Alfred sorrise in segno di gratitudine all’amico e non appena fece per avvivarsi verso la cassa, intravide il cugino di Yao  avvicinarsi ai due.
«Ehi Aniki! -la voce del coreano sovrastò tutte le altre, attirando l’attenzione di tutti i clienti- Ahahahahah guarda! Mi devi 10 yen» esclamò correndo verso il cinese, sventolando fieramente il giornale fresco di stampa «L’assassino ha colpito ancora! C’è stata un’altra vittima»
Yao strappò il giornale dalle mani di Soo e fece scorrere velocemente gli occhi sulle righe dell’articolo che trattava l’argomento citato, poi alzò lo sguardo sul poliziotto che si era fermato ad osservarli pochi tavoli più avanti.
«È vero che la polizia non ha ancora nessun sospetto sul colpevole?» Chiese incuriosito il coreano.
«Davvero aru?» si aggiunse il cinese.
Alfred sospirò sommessamente  passandosi una mano dietro la nuca, aveva appena staccato dal turno di lavoro e dover continuare a parlare di quelle vittime che da tempo cominciava a sognare anche la notte lo atterriva.
«In realtà uno ne abbiamo, ma non credo che sia lui il colpevole» tagliò corto.
«Infatti non è lui il colpevole» ridacchiò divertito Ivan, osservando i tre seduto a mezz’aria con le braccia e le gambe incrociate tra lo spazio che divideva Young e Yao da Alfred.
Ovviamente nessuno di loro lo sentì , dato che anche lui  come Arthur, era uno Shinigami ma a differenza dell’altro, Ivan non aveva il piacere di uccidere qualche umano da un po’ di tempo.
Il motivo? Aveva perso il suo Death Note, ed era convinto di averlo smarrito proprio in quella Chinatown, ecco perché si aggirava sempre da quelle parti
«Se gli omicidi continueranno, allora sicuramente lui è innocente!» ipotizzò Young.
«Con tutta sincerità -disse Alfred- spero che non ce ne saranno più»
"Ed è una notizia dell’ultimo minuto: -il telegiornale delle due di notte aveva indotto un servizio speciale- una donna sulla cinquantina, è stata trovata morta in una villa abbandonata, la polizia sospetta che anche questo omicidio sia legato agli altri venti cinque…"
«Come non detto…»
   
 
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