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Autore: AllePanda    22/04/2013    5 recensioni
Siamo alle battute finali dell’edizione della Memoria. Per chi non avesse letto il secondo libro: non continuate a leggere, nemmeno l’introduzione! Peeta e Katniss si sono separati salutandosi con un bacio, dopodiché gli eventi li hanno travolti fino a giungere al punto in cui lei, priva di ogni briciolo di forza in corpo, non è più stata in grado di muoversi ed è stata tratta in salvo dai Ribelli che, purtroppo, non hanno fatto in tempo a recuperare anche Peeta. Cosa sarebbe successo se invece ce l’avessero fatta? Con i distretti in rivolta, diretti verso il 13, finalmente liberi, finalmente assieme e adesso più consapevoli che mai del loro amore, i due sfortunati tributi del Distretto 12, come si sarebbero comportati?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Catching Fire "REBELS HAVE SAVED US" 
 


Scusate, so bene che il libro si conclude magnificamente per dare spazio al seguito della storia, tuttavia ero qui a fantasticare su questa cosa dopo aver riletto “Catching fire” per la seconda volta e ho pensato di mettere i miei pensieri per iscritto. Un ringraziamento a chi si prenderà la briga di leggerli :)

Dal libro

 

“Quando torno ad uno stato di semicoscienza, capisco di essere stesa su un tavolo imbottito. Ho la fastidiosa sensazione di avere delle flebo infilate nel braccio sinistro. Stanno cercando di tenermi in vita, poiché scivolare tranquillamente verso una morte privata sarebbe una mia vittoria. Sono ancora quasi del tutto incapace di muovermi. Non riesco ad aprire le palpebre né a sollevare la testa. Ma ho ripreso un po’ di controllo sul braccio destro. Si muove sgraziato sopra il mio corpo, come se fosse una pinna, anzi no, qualcosa di più sgraziato, un bastone. Non ho ancora coordinazione motoria, non capisco nemmeno se ho ancora le dita o no. Però riesco a muovere il braccio, finché non riesco a staccare le flebo. Parte un cicalino, ma non riesco a stare sveglia per scoprire chi accorrerà. Quando torno di nuovo in superficie, ho le mani legate al tavolo e le flebo ancora infilate nel braccio. Però riesco ad aprire gli occhi e a sollevare un po’ la testa. Sono in una grande stanza con il soffitto basso e una luce argentata. Ci sono due file di letti, una di fronte all’altra. Sento il respiro di quelli che immagino siano gli altri vincitori. Proprio di fronte a me vedo Beetee attaccato ad alcune macchine. Lasciateci morire!, urlo nella mia mente. Lascio ricadere la testa sul tavolo e perdo di nuovo i sensi. Quando alla fine mi sveglio per davvero, non sono più legata. Sollevo la mano e scopro di avere ancora tutte le dita e di poterle di nuovo muovere come voglio. Mi sollevo a sedere e mi tengo al tavolo imbottito finché la stanza non si ferma. Ho il braccio sinistro bendato, le flebo sono attaccate a dei trespoli accanto al letto”. I miei occhi sembrano non voler funzionare subito a dovere, ci metto un po’ a mettere a fuoco il resto. Di fronte a me c’è ancora Beetee. Volto lentamente la testa per esaminare gli altri letti e non appena mi rendo conto che c’è qualcuno appoggiato al mio, ho un sussulto. I miei riflessi spenti, sembrano destarsi tutti in un istante, d’istinto mi getto giù dal letto per allontanarmi. Le gambe mi cedono immediatamente e la testa mi torna a girare prepotentemente. Non sono più in grado di difendermi da nulla, penso. Probabilmente lottare servita a poco, viste le miei condizioni attuali. Mi tortureranno a morte comunque, tuttavia forse se resisto, un modo rapido per andarmene potrei trovarlo, magari con una bolla d’aria conficcata in vena, da una siringa come quelle che vedo sul tavolo accanto al letto di Beetee. Sto per gettarmi in quella direzione quando due braccia forti mi trattengono e una voce mi parla – Katniss…sta tranquilla…è tutto finito! -. Le mie orecchie ci sentono bene, mi dico, ma questo deve essere uno scherzo malefico degli strateghi perché la voce che ho appena ascoltato sembra proprio quella di Peeta Mellark. Mi volto verso di lui e lo vedo. Sembra proprio Peeta. E’ vestito con una sobria camicia azzurra, dello stesso colore dei suoi occhi e un paio di pantaloni grigio scuro. Non sembra avere riportato tanti danni quanto la sottoscritta, se togliamo una piccola fasciatura nell’avambraccio destro. Possibile che si sia salvato? Che ci fa qui e per di più libero da vincoli e sedativi? Devo fidarmi oppure dovrei pensare che sia una specie di ibrido? La botta che Johanna mi ha dato sulla testa deve avermi annebbiato la mente perché resto immobile a fissarlo, ora più disorientata che mai, senza riuscire a prendere una decisione. Lui si inginocchia a terra accanto a me, mi accarezza dolcemente la schiena, mi scosta una ciocca di capelli dal viso e poi mi abbraccia forte iniziando a sussurrarmi parole dolci e rassicuranti. – So che è difficile da credere – comincia – non ci credevo nemmeno io all’inizio. Però siamo salvi Katniss… Ci hanno tirati fuori dall’Arena – spiega quasi con le lacrime agli occhi. Quel briciolo di prudenza svanisce in me non appena le braccia di Peeta cominciano a stringermi. Non so come, né perché, ma questo è proprio Peeta e ci troviamo al sicuro, lo capisco dai suoi occhi limpidi che non sta mentendo. In silenzio ci alziamo da terra e lui mi aiuta lentamente a sdraiarmi di nuovo a letto. Mi sento confusa come non mai, non ancora in grado di tirare un sospiro di sollievo perché l’immagine di Plutarch Evensbee che mi chiude le palpebre con indice e pollice, mi rimbalza con violenza nella testa. Quel ricordo e la realtà attuale non potrebbero incastrarsi peggio di così. Il mio cuore inizia a martellarmi all’impazzata nel petto, o forse già lo sta facendo da quando mi sono accorta di Peeta, in ogni caso, so che darò di matto se non avrò al più presto una spiegazione sensata di come le due cose possano combaciare. Peeta, come sempre, sembra capirmi perfettamente: - vado a chiamare Haymitch…credo che dovrebbe essere lui a spiegarti ogni cosa. Non vorrei più separarmi da te adesso che ti ho ritrovata, è questione di pochi minuti ok? Resta qui - e senza aggiungere altro mi dà un bacio e un’ultima stretta veloce alla mia mano, che poi lascia lentamente ricadere sul letto. I miei occhi rimangono incollati alla schiena di Peeta finché lui non sparisce fuori dalla stanza. Non faccio niente, semplicemente aspetto, disorientata come non mai, che arrivino le spiegazioni. Per un paio di secondi il mio cervello mi dice che dev’essere un trucco, che se non mi muovo ora, da quella porta comparirà il presidente Snow in persona, venuto apposta per uccidermi con le sue mani. Poi mi ripeto che non avrebbe senso, che semmai dovrebbe farmi subire un’esecuzione pubblica per dare l’esempio, che altrimenti non avrebbe avuto senso aspettare e tenermi in vita e inoltre sono sicura con tutta me stessa che quello era Peeta. Non passa molto tempo  che le spiegazioni arrivano. Finalmente vedo Haymitch varcare la soglia della mia camera da ospedale, seguito a ruota da Peeta, Finnick e… Plutarch Evensbee e Johanna Mason? Gli ci vogliono parecchie parole buone per convincermi che non sono impazzita, che non sto sognando e che tutto quanto è reale. Dopo un paio d’ore so che Johanna non ha tentato di uccidermi ma mi ha soltanto tramortita per estrarmi il rilevatore dal braccio e che Plutarch fa parte da anni di una organizzazione segreta per soverchiare il governo di Capitol City, che tutti i tributi dei distretti 3,4,6,7, 9,11 sapevano fin dall’inizio che c’era un piano per farci fuggire dall’arena e che Haymtich non ci ha mai voluto dire le cose come stavano. Tradimento, mi sento tradita come non mai. Forse se avessi saputo tutto fin dal principio avrei fatto davvero delle scelte sbagliate, perché evidentemente non sono in grado di capire chi mi è amico e chi no. Haymithc vuole soltanto la sua ribellione e io e Peeta siamo stati soltanto pedine di due giochi incrociati. La cosa mi dà il voltastomaco, ma mentre protesto e inveisco contro Haymitch e Plutarch, Peeta è accanto a me. Nessuno meglio di lui può capire come mi sento ora, eppure sembra tranquillo mentre mi esorta a calmarmi – alla fine ciò che conta è il risultato Katniss – sbuffa infine Haymitch. Non sono d’accordo, non del tutto almeno, ma quando Peeta aggiunge – siamo ancora vivi tutti e tre… e non solo: anche Finnick, Beetee e Johanna sono ancora con noi. Non ti pare un traguardo? E’ meglio di quanto avremmo mai potuto aspettarci. Volevamo sacrificarci l’uno per l’altra e adesso invece potremmo ricominciare tutti da un’altra parte -. L’idea di un Distretto 13, libero e pronto ad intraprendere una guerra contro il governo oppressore di Capitol City è quanto di più utopico avrei mai potuto aspettarmi, per di più con Peeta ancora al mio fianco. Visto che il mio obiettivo ultimo era morire per lui, e che adesso possiamo vivere entrambi, direi che le cose alla fine non sono andate poi così male. Purtroppo però quando vengo messa al corrente del resto della storia, è come se qualcuno mi pugnalasse alle spalle. Il distretto 12 non esiste più. Prima che io perda del tutto la ragione, comunque, Haymitch ha la decenza di dirmi che la mia famiglia e quella di Gale sono sani e salvi nel distretto 13. Poi inizio a sentirmi così provata che sono costretta a dormire. Peeta non lascia mai la sua posizione, si appoggia sul letto con le braccia incrociate, seduto su una sedia, e si addormenta con me. Quando mi sveglio dev’essere metà mattina. I ricordi riaffiorano e l’inquietudine che mi ha ottenebrato la mente durante la notte scompare, di fronte a me due occhi azzurri che mi fissano. – Come ti senti? – mi chiede ed io, per la prima volta da quando siamo usciti dall’arena, mi sento finalmente libera di lasciarmi andare. Quello che verrà adesso non conta più. Negli ultimi mesi la mia vita ha cambiato strada in modo brusco tante di quelle volte che adesso voglio aggrapparmi a questo momento. Vorrei che il tempo si fermasse, che ci regalasse almeno un po’ di pace, che mi permettesse di stare con le persone che amo senza dover lottare ogni giorno per tenerle in vita. Le mie braccia si chiudono attorno al corpo di Peeta, lo stringo forte a me e lui fa altrettanto. Senza rendermene conto scoppio in un pianto disperato mentre lui prende a baciarmi la fronte, le guance, la bocca. Ed è come se ad ogni bacio, un ricordo che brucia come la tortura di Cinna prima dell’ingresso nell’arena, la morte di Rue o di Wires, di Mags, scottasse un po’ meno. Non so se i baci di Peeta siano una vera medicina per queste ferite, perché non si rimargineranno mai del tutto, però adesso sento che ho un bisogno disperato di quei baci. La fame che mi ha colto prima nella grotta, quando fui costretta a stendermi, e poi sulla spiaggia, poco prima che Finnick ci interrompesse, adesso è ricomparsa più potente di prima. Ancora una volta, è come se i baci e le carezze di Peeta, anziché saziarmi mi facessero aumentare la fame. – Katniss…- tenta di dire qualcosa ma io glielo impedisco continuando a giocare con le sue labbra. La dolce sensazione di calore che mi ha attraversata la mattina del nostro ultimo giorno nell’arena, adesso ha finalmente un nome. – Ti amo Peeta – gli dico mentre mi nascondo tra la sua spalla e l’incavo del collo. Lo sento smettere di respirare per un secondo, annaspare alla ricerca di un appiglio cui aggrapparsi. – Sono felice che entrambi abbiamo ottenuto ciò che volevano. Non sai quanto…- e poi scoppio a piangere come una stupida mentre lui riprende colore e inizia a stringermi a sé con quanta forza riesce. – Mi fai male… - ridacchio mentre mi allontano un po’ dal suo petto. – Ti amo tantissimo Katniss – è la risposta che ricevo insieme al suo sorriso. Quelle labbra hanno il potere di farmi andare a fuoco. Continuiamo a baciarci e a stare abbracciati finché ad interromperci non giunge qualcuno che bussa alla porta. Peeta si ricompone e così anche io, ma è inevitabile che il nuovo arrivato legga nei nostri occhi quanto desiderio ci ha acceso fino ad ora. E la cosa mi lascia senza fiato perché colui che è appena entrato non è altri che Gale.
 

  
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