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Autore: Anakina    10/11/2007    21 recensioni
Ho notato che in questa sezione non c'era nessuna parodia, così ci ho pensato io... buon divertimento! (Avvertenza: se non avete un minimo di senso dell'umorismo siete vivamente pregati di saltare questa fic, grazie)
Genere: Parodia, Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vogliamo sottoporre alla vostra considerazione Troy Bolton

Vogliamo sottoporre alla vostra considerazione Troy Bolton.

Chi è? Ma naturalmente il più figo della scuola, che diamine! Capello anni ’70 color Lindor, occhi azzurri, denti così bianchi e splendenti che un suo sorriso potrebbe accecare più dei fari abbaglianti che quell’idiota di prima, mentre tornavo a casa con la macchina, si è dimenticato di spegnere. Aggiungiamo inoltre lineamenti da ragazzo troppo-bello-per-essere-vero-di-sicuro-è-gay, un fisico da urlo e… beh, ma l’avrete capito benissimo.

Da notare inoltre che, essendo il più popolare della scuola, ovviamente eccelle nello sport, il basket per la precisione; è anche capitano della sua squadra, i Wildcats, col padre che gli fa da allenatore (perché nessuno ha mai sospettato del nepotismo in questa torbida faccenda?).

Ebbene, nella nostra storia il suddetto era in un villaggio turistico di montagna e stava trascorrendo piacevolmente la sera dell’ultimo dell’anno. Cosa faceva secondo voi? Stava ultimando l’inventario dei petardi e delle granate che avrebbe fatto esplodere alla mezzanotte? Stava sputando dal cavalcavia sulle macchine sottostanti? Stava guardando un film porno?

No, semplicemente stava giocando a basket col padre. E che palle.

«Ricorda Troy, fai una finta a destra e poi vai a canestro col sinistro, e se proprio vedi che le cose si mettono male cerca di dare una ginocchiata nei coglioni al tuo avversario senza farti notare dall’arbitro.»

«Sì papà.»

In quella arrivò la madre-comparsa di Troy, acida come poche.

«Troy! Ma insomma, perché sei ancora qui? Non lo sai che c’è il veglione di capodanno? Sbrigati e vai a prepararti, sei il ragazzo più bello di tutti, non puoi mancare alla festa! Non sia mai che dopo arrivi tardi e si sono già finiti lo zampone con le lenticchie…»

«Ancora un tiro mamma!»

Troy spiccò un salto di tre metri, librandosi in aria stile Matrix; poi grazie alla moviola ebbe il tempo di fare una decina di capriole in volo prima di schiacciare la palla a canestro, rimanendo penzoloni aggrappato ad esso mentre il tabellone si frantumava in mille pezzi.

«Canestro! Così si chiude l’anno!» esclamò felice il ragazzo, atterrando come un personaggio di un manga tra le schegge di vetro che avevano irrimediabilmente rovinato il parquet.

La donna alzò gli occhi al cielo e seguì lui e il marito fuori dalla palestra, chiedendosi perché non aveva un figlio come tutti gli altri che quando dicevano “ancora un tiro” intendevano tutt’altra cosa…

 

Ma Troy non era il solo che non stava facendo le cose che fanno i ragazzi sani di mente.

Gabriella Montez, ispanica figona dagli occhioni da cerbiatta e i capelli d’ebano, talmente curata da non sorprendersi se fosse appena uscita da una beauty farm, era su un divano e stava leggendo appassionatamente un libro di sicuro pallosissimo. La signorina in questione vuole farci credere di essere una secchiona bella, buona e brava che pensa solo allo studio, ma a mio avviso questa è una vera e propria utopia.

Anche per lei arrivò sua madre che le tolse il libro di mano.

«Mamma ridammi il libro! Ne ho bisogno, o morirò!» gridò d’improvviso Gabriella già in preda a una crisi d’astinenza.

«Figlia mia, sei troppo giudiziosa e perfettina, perché non ti diverti un po’alla festa di stasera?»

«Ma mamma, leggere e studiare per me è il divertimento più appagante che ci sia!»

La signora Montez la guardò male (giustamente) per un lungo momento.

«Non dire stronzate e vai a stare insieme ai tuoi coetanei come tutte le persone normali piuttosto, muoviti!»

«Ok, ci andrò… però ti prego, ridammi il mio libro!»

La madre dovette accontentarla perché Gabriella stava cominciando a schiumare dalla bocca.

 

La festa era… beh, come volete che fosse, avete presente musica a tutto volume, palloncini, casino, cappellini ridicoli (quelli se li mettono solo gli americani, comunque), lucine colorate e un sacco di gente che mangia, beve e sporca? Ecco, quella è una festa, ma non penso che c’era bisogno di descrivere.

Naturalmente c’era anche il karaoke.

Troy si aggirava annoiato per la sala. Sbadigliava e pensava di continuo a quanto avrebbe voluto possedere lì in quel momento un bel canestro da lavorarsi ben bene, anche lì davanti a tutti, sudando e ansimando fino a che non avrebbe goduto di puro piacere nell’infilare dentro un ottimo tiro. La cosa inquietante è che dico davvero, non è una metafora erotica.

Gabriella invece si era accovacciata da una parte a leggere, giusto per sottolineare meglio che lei, al contrario di Troy, doveva interpretare la parte della sfigata. Cioè, seriamente: avete mai visto una che ad una festa si mette a leggere? Non so voi, ma per me questo personaggio non è umano.

Comunque, tra i bagordi dei festeggiamenti di capodanno, anche il destino a quanto pare si era ubriacato quella sera, dato che volle far incontrare i due giovani quando entrambi furono scelti per cantare al karaoke.

«Ma io non so cantare!» protestava il povero Troy, urlando e aggrappandosi con le unghie a una colonna che stava lì. Gabriella fu invece scaraventata sul piccolo palco, da dove si guardava attorno terrorizzata. Non appena il ragazzo desistette e venne portato lì anche lui di peso, la canzone iniziò.

Ora, normalmente uno che non ha voglia di cantare prende e se ne va, anziché stare lì fermo come uno stoccafisso, ma non Troy, né tanto meno Gabriella. Il ragazzo magnanimamente concesse di far sentire la sua splendida voce da gallinaccio alla Jesse McCartney per i primi quattro versi della canzone; poi, esasperato, fece per tornare ad infrattarsi tra gli altri invitati, quando improvvisamente Gabriella cantò.

Troy rimase estasiato: era la più bella vocetta scema da bambina gnè-gnè che gli fosse mai capitato di udire. Riprese anche lui ad accompagnarla nel duetto facendo la seconda voce, cosa che a uno che non sa nemmeno distinguere una canzone da una lavastoviglie non verrebbe mai in mente di fare. Ma Troy rese possibile questo miracolo, e insieme a Gabriella cominciarono pian pianino a perdere le inibizioni e a fare i fighi, sculettando e cantando sul palco come Britney Spears.

Al termine della canzone non se li cagò nessuno, al che i due si appartarono nel terrazzo innevato per tentare di socializzare. Erano in maniche di camicia e fuori la temperatura era -39°C, ma poco importa.

«Troy.» Il ragazzo gentilmente le porse la mano col suo sorriso da marpione.

«Oh, non mi è piaciuto molto quel film» rispose lei «Brad Pitt assomiglia ad un eroe omerico come un barboncino assomiglia a un lupo della steppa.»

«Che cosa…? No, mi sono presentato, Troy è il mio nome… Troy Bolton, per l’esattezza»

Gabriella assunse un colorito simile a una melanzana marcita.

«Oddio, mi dispiace per la gaffe, nonostante gli psicofarmaci sono proprio svalvolata» mormorò affrettandosi a stringere la mano di lui «Il mio nome è Gabriella Montez, sono ispanica, proprio come Russel Crowe ne Il Gladiatore

«Ah, ma allora sei di Roma!» esclamò Troy, improvvisando un patetico quanto improbabile accento romano, improbabile anche perché gli americani quando tentano di imitare gli italiani conoscono solo l’accento siciliano e napoletano. Poi, esaltato, prese a cantare sguaiatamente “O Sole Mio”.

«Ehm… sì, qualcosa del genere» la ragazza distolse lo sguardo imbarazzata.

«Comunque hai una voce molto bella» disse il ragazzo una volta tornato di nuovo in sé «Hai già cantato prima d’ora?»

«Una volta, quand’ero piccola, cantavo col coro dell’Antoniano» raccontò Gabriella «Ogni domenica mattina ero lì, davanti al televisore, aspettando il momento che li inquadrassero per fare la canzone della settimana… non vedevo l’ora, le sapevo tutte a memoria! E tu invece?»

«Oh, la mia doccia è pazza di me!»

«Accidenti, non sapevo fosse legale avere una relazione con la propria doccia» rispose perplessa l’altra aggrottando la fronte con fare pensieroso «Vi sono consentiti i diritti delle comuni coppie di fatto?»

«Ma che hai capito, intendevo dire che canto solo sotto la doccia, e manco tanto bene!»

«Ah! La tua ironia da seduttore imbranato mi confonde, tuttavia è divertente!» esclamò la ragazza ridacchiando.

Tra un discorso delirante e l’altro arrivò la mezzanotte. Tra fuochi d’artificio che esplodevano alti nella notte e chi si baciava, si abbracciava e si accoppiava per scambiarsi gli auguri di buon anno, i due scemi si guardarono a lungo con gli occhi a effetto glitter. Infine Gabriella esordì con la cosa più intelligente che le venne in mente, «Sarà meglio che vada a cercare mamma per farle gli auguri.»

«Sì, ehm… vado anch’io dai miei…»

Improvvisamente Troy ebbe un’alzata d’ingegno ed esclamò «Gabriella! Scambiamoci il numero di cellulare, così portò arrivare a 400 numeri in rubrica tondi tondi

«Ah, certo, certo! Io invece potrò finalmente inaugurare la mia, di rubrica… saranno ormai 2 anni che è vuota!»

Troy e Gabriella fecero quanto detto, con tanto di fotina relativa al numero di telefono. Poi la ragazza sparì tra la folla, e Troy restò là come un ebete. Prese a fissare la foto di Gabriella sul suo cellulare, pensando che non gli era mai capitato di provare un tale senso di euforia come quando ripensava a lei, nemmeno quando, durante le partite di basket, faceva canestro da fondocampo. Si sentiva lo stomaco in subbuglio, come se qualcosa si agitasse dentro di lui...

Poi si ricordò che le lenticchie gli procuravano sempre attacchi di diarrea, perciò corse via, alla ricerca del bagno più vicino.

 

  
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