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Autore: redseapearl    22/04/2013    5 recensioni
Attenzione: spoiler sulla Winter Cup!
Anche se avesse potuto, Sakurai non sarebbe mai riuscito a rifiutarsi di fare qualcosa, che gli venisse chiesto gentilmente o meno. Il compito datogli dal capitano era stato molto chiaro, ma anche altrettanto vago. Se la persona incaricata di adempiere a questo dovere era stata proprio lui, compagno di classe di Aomine, era dovuto al semplice fatto che tra tutti i membri della squadra lui era quello con cui il fenomeno del basket sembrava andare più d’accordo. In verità questa relazione pacifica era da attribuirsi interamente alla totale incapacità di Sakurai di difendersi dalle angherie dell’altro, perdonandogli e concedendogli tutto.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryou Sakurai
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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L’Aomine domato

 



 

Sebbene odiasse ammetterlo, come nuovo capitano, Wakamatsu non riusciva proprio a gestire il ‘problema Aomine’. Quel ragazzo lo mandava continuamente in bestia; anche incrociare per un attimo il suo sguardo strafottente bastava a fargli scoccare la scintilla di rabbia.

Ciò si traduceva in continue diatribe tra di loro, il cui risultato era creare malcontento nella squadra.

Wakamatsu sapeva che, per quanto impegno ci avesse messo, non sarebbe mai riuscito ad andare d’accordo con l’asso del Touhou o almeno accettare il suo comportamento. In quanto capitano, inoltre, aveva il dovere di mantenere l’armonia nella squadra e, anche se non poteva dirlo con certezza, aveva avuto la netta impressione che Aomine approfittasse di ciò per provocarlo e metterlo in cattiva luce davanti agli altri compagni.

C’era solo una cosa da fare: tenere Aomine il più calmo possibile. La persona in grado di fare ciò era solo una.

Sakurai!” chiamò Wakamatsu.

“S-sì?” rispose titubante questi, nascondendosi dietro un pallone da basket timoroso di aver fatto qualcosa di sbagliato.

“Non vorrei addossarti questo peso, ma… devo affidarti un compito molto delicato.”

 

Tanto più dunque, o dea, da' ai miei detti fascino eterno.
Fa' sì che frattanto i fieri travagli della guerra,
per i mari e le terre tutte placati, restino quieti.

 

 

 

Anche se avesse potuto, Sakurai non sarebbe mai riuscito a rifiutarsi di fare qualcosa, che gli venisse chiesto gentilmente o meno. Il compito datogli dal capitano era stato molto chiaro, ma anche altrettanto vago. Se la persona incaricata di adempiere a questo dovere era stata proprio lui, compagno di classe di Aomine, era dovuto al semplice fatto che tra tutti i membri della squadra lui era quello con cui il fenomeno del basket sembrava andare più d’accordo. In verità questa relazione pacifica era da attribuirsi interamente alla totale incapacità di Sakurai di difendersi dalle angherie dell’altro, perdonandogli e concedendogli tutto.

Come sempre Sakurai si stava allenando al tiro da tre punti: ogni giorno si era ripromesso di farne almeno duecento con l’intento di segnarli tutti, dal primo all’ultimo. Prese il pallone dalla cesta di metallo accanto a lui. Era arrivato al settantaquattresimo tiro. Posizionò le mani attorno al pallone, piegò le ginocchia e si apprestò a darsi la spinta necessaria per lanciarlo quando nel suo campo visivo rientrò Aomine.

Era appena arrivato, il che voleva dire che era giunto agli allenamenti con un’ora abbondante di ritardo: sul viso aveva un’espressione a dir poco incurante della sua mancanza e le mani erano nascoste nelle tasche dei pantaloni. Nella testa di Sakurai scattò il primo campanello di allarme.

Wakamatsu gli aveva confessato di non riuscire a resistere all’impulso di inveire contro Aomine ogni qualvolta questi lo provocava, sia volontariamente che non. Per cui, Sakurai, non appena avesse notato qualche atteggiamento classificabile come ‘provocatorio’ da parte di Aomine nei confronti del capitano, sarebbe dovuto intervenire immediatamente.

Arrivare in ritardo era etichettabile come una provocazione.

“Alla buon’ora!” lo rimproverò il capitano.

“Mi sono appisolato” si giustificò blandamente l’altro. Sul viso aveva un ghigno beffardo.

Il secondo campanello di allarme suonò: quell’espressione era più eloquente di molte parole.

“Vorrà dire che rimarrai ad allenarti un’ora dopo che tutti gli altri avranno finito.”

“Stai scherzando? Sono solo passato per prendere il mio pranzo, mica per allenarmi.”

Le dita di Wakamatsu si strinsero a pugno. “Prendere il tuo pranzo? Credi di essere al ristorante?”

Aomine uscì le mani dalle tasche e tirò il busto indietro, quasi si stesse preparando a schivare il colpo che da lì a poco Wakamatsu gli avrebbe sferrato.

Il terzo e ultimo campanello d’allarme suonò forte come un coro di decine di sirene di ambulanze. I segnali c’erano tutti: Aomine era pronto a dar battaglia e, come sempre, Wakamatsu si era lasciato trascinare dalle parole.

Aomine!” chiamò Sakurai, terrorizzato.

L’interpellato voltò la testa quel tanto che bastava per guardare l’altro alle proprie spalle, ma tenendo sempre sott’occhio il suo avversario.

“Ecco il tuo pranzo. Scusa se non te l’ho portato io.” Sakurai gli porse un pacchetto nel modo più riverente possibile, come un credente che porti un dono al proprio dio.

“Oh, sapevo che potevo contare su di te, Ryou!” si complimentò Aomine, rilassandosi.

Sakurai emise un sospiro di sollievo: era riuscito a mantenere la pace, portando ancora una volta a termine il suo compito. Wakamatsu stava per protestare, ma frenò la lingua non appena si ricordò che era stato proprio lui a chiedere a Sakurai di tenere Aomine il più tranquillo possibile, per il bene della squadra.

Quest’ultimo prese il proprio pranzo e, dopo un saluto ironico, andò via più soddisfatto che mai.

“Mi dispiace, Sakurai” si scusò il capitano.

“No, scusa, davvero, non importa. A me non costa nulla.”

Intimamente, Wakamatsu si rimproverò di non essere più freddo e composto come lo era stato l’ex capitano Imayoshi.

 

Tu sola infatti puoi con tranquilla pace giovare
ai mortali, poiché sui fieri travagli della guerra ha dominio
Marte possente in armi, che spesso sul tuo grembo
s'abbandona vinto da eterna ferita d'amore.

 

 

Aomine sapeva che Sakurai si sarebbe trattenuto in palestra oltre il convenzionale orario di allenamento; sapeva anche che sarebbe stato solo. Per questo, ora, aveva il suo corpo alla propria completa mercé. Dietro il pesante sipario rosso del palco che si affacciava sul campo da basket, ogni colore veniva inghiottito dall’oscurità. Solo una sottile lama di luce bianca penetrava dallo spazio lasciato libero al centro dalle due tende.

La scusa era stata banale, come sempre: riportargli il cestino del pranzo, vuoto. Ma, ormai, quegli incontri intimi erano diventati una routine per entrambi.

I gemiti di Sakurai riempivano le orecchie di Aomine, alimentato il suo già smisurato ego. Le mani sapiente dell’ala grande, delicate ma decise come quando maneggiavano la palla da basket, sapevano dove e come muoversi anche nelle tenebre. Il tocco delle lunghe dita era seguito ogni volta da un sussulto o da un verso di goduria, quasi queste stessero pizzicano le corde di un violino.

Di sicuro quel soddisfare le voglie sessuali di Aomine era molto più di quanto il capitano avesse chiesto a Sakurai, ma il ragazzo non poteva negare a sé stesso che il ruolo dell’amante segreto gli piaceva.

“Lo so a che gioco state giocando tu e Wakamatsu” disse all’improvviso Aomine, interrompendo di colpo la sinfonia di geremiadi del compagno.

“Scusa” disse solo Sakurai.

“Non mi importa perché lo fai. Finché la cosa non mi annoia possiamo continuare a recitare ognuno la propria parte.”

Dunque Aomine sapeva tutto e per di più aveva di proposito continuato a provocare il capitano solo per farsi servire e riverire da Sakurai.

“Mi dispiace, ma io…”

“Zitto!” imperò Aomine, soffocando ogni scusa con un bacio famelico. Continuò ad estasiarsi delle delizie carnali che il piccolo e fragile corpo di Sakurai gli donava sino a che non ne ebbe avuto abbastanza. Tuttavia, anche se prepotente, Aomine non era un amante così egoista: anche Sakurai riusciva a trarre una consistente fetta di piacere dai loro rapporti.

“Il pranzo di oggi era proprio buono: rifammelo uguale domani” gli disse Aomine una volta che si fu rivestito.

“A-aomine…”

“Che c’è?”

“Io non farei tutto questo se non lo volessi… Scusa, volevo dire che…”

“Lo so” rispose l’altro. Quando scostò la tenda per andarsene, Sakurai vide sul suo volto un sorriso che avrebbe osato definire gentile. “Neanche io te lo chiederei se sapessi che non lo vuoi.”

Sakurai rimase solo al buio. L’eco dei passi di Aomine che si affievoliva man mano che questi si allontanava. Sorrise. Wakamatsu era convinto che per lui fosse un sacrificio, ma la realtà era completamente opposta. Che il capitano lo sapesse o meno, era del tutto irrilevante.

 

E così, levando lo sguardo, col ben tornito collo arrovesciato,
pasce d'amore gli avidi occhi anelando a te, o dea,
e, mentre sta supino, il suo respiro pende dalle tue labbra.
 (Cit. Lucrezio)

 

 

Note dell’autrice

Non sono impazzita e tanto meno non ho tradito l’AoKise! Questa fanfic è stata scritta per un contest e dato che non mi dispiaceva poi tanto ho deciso di pubblicarla. Non è niente più e niente meno che un esperimento di AominexSakurai, senza troppe pretese: so perfettamente che non è la migliore shot della mia produzione, ma mi piace provare a cimentarmi con nuove coppie.

Preciso che la storia è ambientata un anno dopo gli eventi del manga e per questo abbiamo Wakamatsu come capitano. Il carattere di Aomine l’ho volutamente lasciato invariato a come era prima della Winter Cup, perché ai fini della storia mi serviva che lui continuasse ad avere degli screzi con il nuovo capitano. Non so che tipo di avvertimento può andare bene qua, se What if o OOC, in ogni caso è tutto voluto.

Il prompt del contest era la citazione di Lucrezio scritta in corsivo e allineata a destra. Non vi annoio con la spiegazione della mia interpretazione perché altrimenti non me ne esco più: comunque la cosa non è essenziale per la comprensione della shot! Spero sia stata una lettura piacevole ^^

   
 
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