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Autore: theOldEnnui    23/04/2013    2 recensioni
Boccheggia, preda di un sentimento simile al terrore, ogni volta che gli si rovescia addosso la consapevolezza che non è il pensiero delle mani di Jake che toccano Marley, a disturbarlo tanto, ma quello delle mani di Marley che toccano Jake.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jake Puckerman, Ryder Lynn, Ryder Lynn
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa cosa è per Pol, che qualche giorno fa è diventato vecchio <333 e nonostante io gli abbia fatto presente che conosco poco il fandom e che in questo periodo la mia musa è un po' latitante lui ha impugnato i suoi diritti di festeggiato e ha graziosamente insistito affinché gliela scrivessi.
È venuta fuori una roba un po' così, che nelle ultime battute si trasforma in un polpettone super cheesy, ma hey-- come dicono gli appassionati di filosofia della matematica 'è il pensiero che conta', quindi felice genetliaco Pollyanna e buon non-compleanno a tutti gli altri <333
Grazie a chiunque si fermerà a leggere!

Il titolo è una canzone degli XTC che se anche non c'azzecca granché col prodotto finito mi ha comunque dato il 'la' per iniziare a scrivere, quindi sì-- siccome faccio schifo con i titoli è rimasto. Ve la linkerei, ma non so come fare :D

 

 

 

 

WHEN YOU'RE NEAR ME I HAVE DIFFICULTY

 

Sono settimane che Ryder si arrovella le meningi attorno alla questione, e nonostante tutto il tempo e la maniacale meticolosità investiti per scandagliare ogni più recondito meandro della sua ingarbugliatissima psiche, ancora non è riuscito ad individuare con precisione quale sia stato l'esatto momento in cui la bastarda ha deciso di ammutinarglisi contro.

Non che abbia importanza ricordarsi il quando, o che cambierebbe qualcosa capire il come: ormai è successo e Ryder è piuttosto certo che siano permanenti, i danni causati dal corto circuito sinaptico che, inoppugnabilmente, si trova all'origine di questa situazione.

La presa di coscienza è avvenuta all'improvviso ed ha portato con sé una buona dose di sorpresa, che non si è ancora del tutto dissipata, e anche adesso Ryder non riesce a capire se a lasciarlo senza fiato sia il morso crudele della gelosia, oppure la semplice incredulità-- boccheggia, preda di un sentimento simile al terrore, ogni volta che gli si rovescia addosso la consapevolezza che non è il pensiero delle mani di Jake che toccano Marley, a disturbarlo tanto, ma quello delle mani di Marley che toccano Jake.

L'ironia della cosa potrebbe quasi divertirlo, se solo si fermasse un istante a contemplarla, ma non ha tempo e ha ancora meno voglia. Si sente un po' come se l'universo gli si fosse accartocciato addosso; tutte le sue energie sono assorbite dallo sforzo di ridare un senso a cose che un tempo conosceva, di cui era certo, e che ora, all'improvviso e senza un perché, hanno deciso di andare in frantumi e riassemblarsi in forme aliene, che Ryder fatica a decodificare.

La sorpresa si è prosciugata e ha lasciato il posto ad una pacata accettazione quando, dopo giorni di agonia, si scopre finalmente in grado di articolare il concetto e con solo una punta di titubanza confessa a se stesso: dio, mi sono preso una cotta per il mio migliore amico-- che banalità.

 

***

 

Ryder è ubriaco; non così ubriaco da giustificare l'avventatezza dell'azione che è in procinto di compiere, ma a sufficienza per fingere di esserlo.

Il cosmo ha cospirato contro di lui – o a suo favore – e si è ritrovato da solo con Jake, in quella che avrebbe dovuto essere una serata fra uomini, disertata all'ultimo momento da tutti gli altri.

Jake sorride e blatera con entusiasmo di cose inutili.

Alle orecchie di Ryder il significato delle sue parole giunge diluito in un mormorio indistinto, perché il suo intero potenziale cognitivo è impegnato ad inseguire i movimenti ipnotici delle labbra dell'altro, i denti bianchi, la lingua che lo tormenta con le sue apparizioni fugaci e dipartiti fulminee.

Sono nel parcheggio del Bel Grissino e si stanno salutando senza nessuno intorno e Ryder pensa-- Ryder non pensa: pensare non è mai stato il suo forte, nemmeno in condizioni normali, figurarsi adesso, mentre Jake gli passa un braccio attorno alle spalle e il suo cervello è avvolto da una beata coltre etilica.

Solo un bacio, decide e, senza lasciare ai suoi frastornati neuroni il tempo di mettere insieme un'argomentazione coerente, in grado di dissuaderlo, agisce: afferra il volto di Jake fra le mani e con accettabile approssimazione fa coincidere le loro bocche.

Non è proprio un grande bacio, ma Ryder è troppo impegnato a meravigliarsi del fatto che Jake non l'abbia ancora respinto, per prestare attenzione alla sua performance, e poi le labbra di Jake continuano a distrarlo, perché sono così morbide e così di Jake e la realizzazione colpisce Ryder come un pugno nel plesso solare, gli ruba tutto l'ossigeno dai polmoni e lo lascia frastornato e preda di un vago senso di vertigini, aggrappato forte alle spalle dell'altro per non cadere: sta baciando il suo migliore amico.

Si tira indietro all'improvviso, scottato da quel pensiero, perché dio-- lo ha fatto. Ha baciato il suo migliore amico.

Ha baciato il suo migliore amico.

Ha baciato-- l'espressione di Jake è indecifrabile.

È sorpreso, questo è chiaro, ma c'è anche qualcos'altro nei suoi occhi, qualcosa di confuso, che Ryder non riesce a interpretare, perché ha appena baciato il suo migliore amico e a quanto pare gli ingranaggi che fanno funzionare il suo cervello si sono inceppati tutti quanti all'unisono, proprio in questo dannato momento, e lui ha appena baciato il suo migliore amico e--

«Io... io non...» balbetta, facendo un passo indietro «Non... voglio dire... ero-- dio

Ryder si passa una mano fra i capelli, per cercare di scrollarsi di dosso un po' della frustrazione che lo sta immobilizzando: «Cavolo,» riesce ad articolare, prima che una risatina isterica gorgogli fuori dalle profondità della sua gola e lo costringa a fermarsi per un attimo, «sono proprio ubriaco marcio... magari è meglio se vado... sì, è davvero meglio se vado...»

 

***

 

Ryder non vede Jake da quasi una settimana, ma non è che lo stia evitando attivamente. È un ragazzo impegnato, ha un sacco di cose da fare: non passa certo tutto il suo tempo ad escogitare modi sempre nuovi per eludere la compagnia del suo migliore amico-- come se ce ne fosse bisogno, poi! Jake sembra soddisfatto con le cose come stanno ora, non manifesta alcun sintomo di nostalgia nei suoi confronti e a quanto pare non ha nessuna intenzione di iniziare una manovra di riavvicinamento.

Ryder non è deluso, davvero. Non si aspettava niente di diverso.

Sa che questa cosa che trasforma le sue ginocchia in gelatina ogni volta che Jake è nei paraggi è solo il risultato di un temporaneo subbuglio ormonale e che presto passerà e che tutto tornerà come prima. Gli servono solo i giusti stimoli: magari dovrei chiedere a qualche ragazza di uscire, pensa distrattamente giovedì pomeriggio, mentre si lega un asciugamano attorno alla vita e riemerge da una delle docce degli spogliatoi. Ha passato un paio d'ore nella palestra della scuola, sollevando pesi nel tentativo di bruciare un po' di energie in eccesso e adesso ha i muscoli indolenziti e sta morendo di fame, perché ha saltato il pranzo per evitare di incrociare Jake e Marley seduti vicini nel mezzo della mensa.

Il suo stomaco sta ruggendo indispettito nel tentativo di richiamare la sua attenzione e, assordato da tutte quelle rimostranze, Ryder non si accorge dell'intruso in avvicinamento ad ore sei. «Hai pensato di mangiare qualcosa?» suggerisce la voce di Jake, da qualche parte alle sue spalle e Ryder sobbalza, colto di sorpresa, e piroetta su se stesso, pronto per fronteggiare il nemico: «Cosa ci fai qui?», abbaia con inopportuna veemenza.

Jake aggrotta la fronte, un po' stranito dalla sua aggressività, poi con lentezza si umetta le labbra e rivela: «Sam mi ha detto che eri qui»

Qualcosa fluttua nel petto di Ryder, a quelle parole: uno strano miscuglio di compiacimento, paura e anticipazione. Deve schiarirsi la gola un paio di volte, prima di poter domandare, fingendo indifferenza: «Volevi qualcosa?»

Jake non risponde, quanto meno non ricorrendo ad idiomi appartenenti a famiglie linguistiche anche solo lontanamente imparentate con l'inglese: emette un suono sconsolato, a metà fra uno sbuffo e un grugnito, poi si lascia cadere seduto su una delle lunghe panche che imbandiscono gli spogliatoi, puntellandosi coi gomiti sulle ginocchia ed afferrandosi la testa fra le mani.

Ryder lo contempla interdetto per qualche secondo, ma siccome l'altro appare talmente assorbito dal proprio sconforto da essersi quasi scordato la sua presenza, il giovane Lynn decide di voltarsi e di iniziare a frugare nella propria borsa alla ricerca di una maglietta.

Jake lascia sgocciolare via interminabili secondi di silenzio, prima di proferire a tradimento, facendo di nuovo ed indignitosamente sobbalzare l'amico: «Penso che dovremmo parlare»

«Parlare?» inquisisce Ryder, camuffando il terrore incipiente con una pessima imitazione di sorpresa «Parlare di cosa?»

«Di-- questo... quello che è successo... di...» Jake sospira e allarga le braccia, arrendendosi alla propria incapacità di dar forma alle parole che gli si affollano sulle labbra, «Mi stai evitando?» chiede a bruciapelo, dopo qualche attimo e un bel respiro.

«Cosa?! No! Perché dovrei?» stride Ryder, con la voce di un'ottava più acuta del solito, mentre le sue mani, rese goffe da tutta quella tensione improvvisa, lasciano cadere a terra la maglietta rossa che stava tentando di indossare.

Jake lo guarda chinarsi a raccoglierla e deglutisce, prima di proferire, un po' incerto: «Per quello che è successo»

«Non è successo niente!» si affretta ad esclamare lui, senza lesinare sull'enfasi, pentendosi quasi subito dell'irruenza con cui ha abbaiato quelle parole, perché l'altro fa una smorfia e serra forte la mascella e: «D'accordo. Come vuoi», dice, mentre senza guardarlo si alza, pronto ad andarsene e a porre fine al loro colloquio.

Ryder non vuole parlare di quello che è successo e coronare la sua umiliazione, ma non vuole nemmeno che Jake se ne vada con addosso quella strana espressione, un po' arrabbiata e un po' delusa così, senza pensarci, sputa fuori: «Ero solo ubriaco, l'alcool fa fare un sacco di cose stupide alle persone...»

Le parole sortiscono l'effetto desiderato e il giovane Puckerman frena la sua avanzata verso la porta. Rimane immobile qualche secondo, dandogli le spalle, poi si volta con lentezza e lo trafigge con uno sguardo impassibile e insolitamente attento. Ryder sposta il peso da un piede all'altro, a disagio, cercando di sottrarsi a quella fastidiosa disamina, di fuggire dall'accusa che può leggere nascosta nell'intensità di quegli occhi-- la consapevolezza di essere stato scoperto gli salta addosso e lo azzanna alla gola, mozzando sul nascere ogni suo eventuale tentativo di abiura. Si passa una mano fra i capelli e ammette: «Io non-- metterò questa cosa sotto controllo, ok? Prometto che non succederà più. Smettila di preoccuparti»

Jake fa un passo nella sua direzione e fra tutte le cose al mondo che avrebbe potuto ringhiargli contro a questo punto, decide di chiedere: «Non ti è piaciuto?»

Il cervello di Ryder va in cortocircuito; i suoi neuroni dimenano le sinapsi nel tentativo di afferrare il movente nascosto dietro ad un simile quesito, ma non importa quanto si impegni, proprio non riesce a spiegarsi perché diavolo l'altro gli abbia domandando una cosa del genere-- curiosità? Sadismo? Qualcos'altro? Può percepire un timido germe di speranza tentare di insidiare la sua percezione della realtà; ha già messo radici e ormai è troppo tardi per pensare di estirparlo senza conseguenze. Sa che non dovrebbe illudersi, sa che non è sano, ma Jake ha capito e avrebbe potuto andarsene, invece è ancora qui, e gli sta ponendo interrogativi assurdi, privi di ogni scopo pratico, ai quali Ryder non sa cosa rispondere, così decide di temporeggiare: «Cosa?», inquisisce, millantando sincero smarrimento.

Jake inarca un sopracciglio con silenziosa eloquenza e lo guarda serio.

Ryder sbuffa e abbozza un sorriso. «No... io... cioé-- » balbetta, prima di prendere un bel respiro ed azzardare con circospezione «Forse?»

Il mondo attorno a loro si congela e lui teme quasi di aver dato la risposta sbagliata, perché trascorrono alcuni frustranti momenti di immobilità, durante i quali il volto di Jake è una maschera indecifrabile, poi il tempo di un battito di ciglia e Ryder si ritrova con la schiena premuta contro al metallo freddo degli armadietti, incapace di mettere a fuoco quello che sta succedendo e le mani di Jake sulla sua nuca attirano la sua testa verso il basso e-- oh.

Anche se i loro denti collidono un paio di volte è decisamente un bacio migliore del primo e quando si separano, dopo un'imprecisata quantità di tempo, sono entrambi senza fiato. «Cos'era questo?», boccheggia Ryder.

«Non ne ho idea», ammette Jake, e sembra sorpreso quasi quanto lui «Forse... forse dovrei parlare con Marley e poi magari possiamo... magari possiamo cercare di capirlo-- insieme

Ryder sorride e concede: «Sembra un buon piano»








 

  
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