*ascoltate http://www.youtube.com/watch?v=Kq-r4ZUpels mentre leggete*
2500
miles
Hello,
do you miss me?
Darren si passò una mano sul viso,
stropicciandosi gli occhi stancamente e
sbuffando frustrato. Rotolando nel piumone un po’ goffamente, si sporse
verso
il comodino alla sua destra e afferrò il suo telefono con le punte
delle dita,
per poi sbloccarlo e guardare l’ora. Il quadrante digitale segnava la
bellezza
delle tre di notte, e Darren sentì ancora di più il peso della
stanchezza che
gli gravava addosso: erano più di diciotto ore che stava sveglio, e
aveva un
dannato, dannatissimo bisogno di dormire. Avrebbe dato qualunque cosa
pur di
riuscire a sprofondare in un pesante e rigenerante sonno senza sogni,
ma le sue
palpebre si rifiutavano categoricamente di chiudersi - nonostante
fossero
pesanti come macigni e implorassero pietà - come se già sapessero che
l’avrebbe
accolto l’ennesimo incubo che l’avrebbe fatto svegliare di soprassalto
e col
cuore che scalpitava alla velocità della luce.
Darren si chiedeva quando sarebbe riuscito
di nuovo a dormire serenamente.
Era da sei mesi a quella parte che il suo
corpo non gli concedeva una sana
dormita, a causa di quell’angoscia che gli attanagliava il petto tutte
le sere.
Nonostante si fidasse ciecamente di Chris, non sopportava l’idea che
fosse a
Los Angeles da solo, mentre lui se ne stava a New York a rodersi il
fegato per
la paura costante che gli potesse succedere qualcosa; non sopportava
l’idea di
averlo lontano, di non poter essere con lui qualora ne avesse avuto
bisogno, di
non poterlo abbracciare in ogni momento, e di vederlo solo attraverso
lo
stupido monitor di un computer, o nei pochi week-end in cui entrambi
erano
liberi.
Chris gli mancava, in un modo che Darren
non riteneva umanamente possibile:
a volte sentiva così tanto la sua assenza che gli faceva male il cuore,
il fiato
si spezzava e non riusciva più nemmeno a muoversi. Ed era frustrante,
soprattutto perché non poteva farci assolutamente nulla: più di una
volta aveva
pensato di prendere il primo aereo per Los Angeles, ma non l’aveva mai
fatto
perché era conscio di non poter mollare tutto su due piedi, piombargli
là e
implorarlo di tornare a New York con lui, o di poter rimanere lui
stesso. Ed
era sicuro che ci avrebbe pensato ancora altre mille volte, finché non
avrebbe
potuto riabbracciare Chris, perché nonostante fosse irrazionale,
stupida e
assurda, era l’idea migliore che gli tornasse in mente.
Era assurdo come non riuscisse ad abituarsi
all’assenza dell’altro, ma era
più forte di lui: erano passati da stare perennemente insieme, quasi
vivendo in
simbiosi, a vedersi saltuariamente, quando avevano la
fortuna di non avere impegni.
I primi tempi di lontananza a causa dei
loro lavori erano stati difficili,
ma Darren aveva pensato che col passare delle settimane quella
situazione
avrebbe raggiunto un equilibrio, e non sarebbe stato così faticoso
tollerare
quelle 2500 miglia che li dividevano. Ma aveva constatato a sue spese
che no,
non poteva abituarsi a quella sensazione di incompletezza nel suo
petto, e che
le chiamate – per quanto fossero lunghe e fitte fitte di chiacchiere –
e la sua
immagine composta da pixel non rendevano assolutamente giustizia
all’avere
Chris al suo fianco. Anzi, vederlo solo per webcam o sentirlo per
telefono
appesantiva ancora di più quell’infinita e straziante attesa, perché se
sfiorava lo schermo del pc Darren non riusciva a percepire il calore,
la
morbidezza, e il profumo della pelle di Chris.
Così passava le sue
giornate
sperando che arrivasse presto il weekend libero di Chris, e in quei
momenti
Darren si sentiva letteralmente perso, perché bramava quei
momenti:
bramava il momento in cui lo avrebbe potuto stringere tra le sue
braccia,
annusare il suo profumo e perdersi nei suoi occhi.
Ma allo stesso tempo, odiava di dover
fingere che ne avesse bisogno, che
non fosse inevitabile.
Darren sapeva esattamente ciò che provava
per Chris, era qualcosa che aveva
realizzato molto tempo prima, quando si era reso conto che l’amicizia
che li
legava andava ben oltre il confine consentito. Ma nonostante si fossero
baciati, e ogni volta i loro incontri finivano con loro che facevano
l’amore,
per Chris era quello che erano: amici.
Nonostante fosse ben consapevole che Darren fosse innamorato di lui, e
il moro
avesse la certezza che anche Chris provasse lo stesso.
Si amavano, e non potevano dirlo. Perché
poi, Darren ancora se lo chiedeva.
Fatto stava che non se l’erano mai nemmeno detto l’un l’altro per non
peggiorare la situazione. Ciò che c’era tra di loro era tanto evidente
quanto
il fatto che una conferma non avrebbe cambiato nulla, in nessun modo e
caso,
quindi continuavano con la farsa dei buoni amici pure tra di loro.
Tuttavia, il non ammettere i loro
sentimenti ad alta voce non impediva a
Darren di provarli, né di sentire la mancanza di Chris in modo a dir
poco
malsano.
Chris era il suo porto sicuro; era
diventato una certezza di cui non poteva
fare a meno, nonostante tutta quella situazione gli urlasse dritto in
faccia
che aggrapparsi a lui con tutte le sue forze l’avrebbe portato a
precipitare in
un burrone. Ma non poteva far nulla contro quella sensazione reale e
concreta
di completezza che lo avvolgeva come un abbraccio quando era al suo
fianco,
quando posava il capo sul suo petto e ascoltava il battito del suo
cuore,
quando le loro labbra si congiungevano. In quei momenti, Darren sentiva
come se
avesse trovato il suo esatto posto nel mondo, quella stessa sensazione
che
provava quando cantava sul palco e suonava la chitarra.
Era destinato a suonare, era destinato
anche ad amare Chris con tutto se
stesso.
Ed era per quel motivo che i giorni lontani
da lui erano così terribili. Il
tempo sembrava addirittura dilatarsi in modo osceno, un susseguirsi di
secondi
lunghi come ore e ore lunghe come giorni, che per lui rappresentavano
solo
tempo perso lontano da Chris. E ne passava veramente troppo, tra un
incontro e
l'altro: a volte erano fortunati, e si vedevano una settimana si e una
no, ma
c'erano anche quelle volte che non si potevano vedere per un mese o
più, e
quelli erano i momenti peggiori per Darren.
Erano quei giorni in cui era terribilmente
arrabbiato, un po' con sé stesso
e un po' col mondo, e finiva per sfogarsi con Chris. Già litigare con
lui era
brutto -o meglio, terribile- farlo a 2500 miglia l'uno
dall'altro era
anche peggio. Chiarire era difficile, perché non potevano stringersi e
guardarsi negli occhi per essere certi che fosse tutto apposto.
C'erano quei giorni in cui entrambi erano stanchi, o distanti l'uno
dall'altro
non solo fisicamente, e a Darren faceva male il cuore da morire. Quando
litigavano almeno riuscivano a
buttare fuori ciò che provavano: vedere Chris freddo e distaccato con
lui
senza motivo apparente era più doloroso di una pugnalata.
C'erano giorni, poi, in cui Darren avrebbe solo voluto prendere il primo volo
per Los
Angeles, andare da Chris, baciarlo con tutto il suo cuore e chiedergli
di
diventare il suo ragazzo, perché lo amava e se ne fregava di ciò che
avrebbe
pensato il resto del mondo di lui. Avrebbe dovuto, ma non lo faceva
mai.
Se solo tutto fosse stato più semplice, se solo avesse potuto stare
vicino a
lui..
A volte Darren avrebbe davvero mandato a puttane tutto
-la sua vita, il lavoro - pur di
stringere tra le braccia Chris. Ma c'era sempre qualcosa che lo
fermava: un litigio, la semplice voglia di tranquillità solo per un
po'..una foto scandalistica di Chris con un altro ragazzo.
Odiava con tutto il cuore quando succedeva -e succedeva: dopotutto,
loro non
stavano insieme. Chris gliel'aveva ripetuto più di una volta, ma
ovviamente non
cambiava il senso di tradimento che Darren sentiva dentro di sé, soprattutto perché
nessuno di
quei ragazzi durava tanto e cambiavano spesso.
A volte, aveva pensato di fare la stessa cosa: trovarsi una ragazza,
avere una
relazione degna di quel nome, rifarsi una vita. Quando ci aveva provato, aveva capito che
no, non gli importava avere una storia, se quella non era con Chris.
Perché
amava lui, voleva stare con lui.
Darren non aveva mai
creduto veramente nel chiodo schiaccia chiodo, i sentimenti non
cambiano come
si cambiano le mutande. Specialmente se erano forti, devastanti e
totalizzanti
come quelli che provava per Chris.
A volte, si chiedeva se anche lui sentisse la sua mancanza -se ne
sentisse
almeno un millesimo di quanto lui mancava a Darren. Se anche lui avesse una canzone che gli
ricordava di
loro, se ancora usasse Rain come profumo, se indossasse mai la
maglietta di Harry Potter che gli aveva
rubato dal cassetto con la scusa che 'gli piaceva troppo'.
Si chiedeva se come lui, ogni sera, guardasse fuori dalla finestra e si
ricordasse che almeno erano sotto lo stesso cielo, anche se erano a
miglia di
distanza.
Duemilacinquecento fottute miglia a
dividerli, già; come se
non fossero bastate quelle assurde regole che si erano auto-imposti, a
rendere
tutto di per sé più complesso.
Darren sbuffò, colpendo la coperta con un
pugno, per poi tirarsi su. Il
letto cigolò appena, quando con un balzò ne saltò giù; si spostò in
bagno,
accese l’acqua fredda e la lasciò scorrere per un po’, nel mentre che
si
guardava nello specchio.
Perché doveva essere tutto così
dannatamente difficile? Era così necessario
doversi nascondere? Nascondere cosa, poi? Chris non voleva nemmeno
ammettere a
sé stesso che tra loro ci fosse qualcosa.
Prese un lungo respiro, raccolse un po’
d’acqua con le mani e
spruzzandosela in faccia, nel mero tentativo di schiarirsi le idee e
darsi una
calmata. Poi si spostò nella cucina, tirò fuori dal frigorifero una
lattina di
birra, e tornò in salotto solo dopo aver recuperato anche la sua
chitarra.
Se non riusciva a dormire, tanto valeva che
facesse qualcosa di
costruttivo.
*
Hello,
Do you miss me?
I hear you say you do,
But not the way I'm missing you
«Mi manchi»
«Anche tu
mi manchi, Dare. »
«Questo
weekend ci vediamo? Ho bisogno di abbracciarti. »
«..Sì,
penso si possa fare. Stasera controllo i voli per New York, poi ti
dico, okay?
»
«Va bene.
Notte, Chris. »
«Buonanotte»
*
You sound so
close but it feels
like you're so far
Quando Darren entrò nella sua
stanza, dopo aver
riaccompagnato Chris all’aeroporto per tornare a Los Angeles, sentì il
suo
cuore fare una capriola e il suo stomaco chiudersi in una morsa
fastidiosa
quanto ferrea.
La presenza di Chris si
sentiva ovunque. Nelle lenzuola
disfatte, nell’odore – il suo - che
aleggiava in ogni singolo millimetro cubo di aria, misto a quello del
sesso.
Nonostante fosse rimasto lì solamente per meno di quarantotto ore,
sembrava
fosse inevitabile che qualsiasi cosa appartenesse a Darren assorbisse
l’essenza
di Chris.
Per la prima volta in mesi,
Darren maledì il fatto che
ogni cosa sapesse di lui. Si sentiva sopraffatto, confuso e frustrato,
e non
riusciva a pensare lucidamente, cosa che aveva davvero
bisogno di fare per realizzare cosa fosse successo durante
quei due giorni.
Chris era stato distante. Non
intenzionalmente, certo,
ma Darren si era accorto che la sua mente era altrove.
Quando era atterrato, Darren
come al solito gli era
andato in contro con un sorriso grande quanto una casa, perché non
poteva fare
altro, quando aveva l’opportunità di vederlo. Gli aveva gettato le
braccia al
collo, e avrebbe semplicemente voluto sprofondare in Chris, penetrargli
nei
pori della pelle e filtrare nelle sue ossa, per rimanere con lui in
ogni
istante; tuttavia, quando Chris – contrariamente al solito – si era
limitato ad
avvolgergli la schiena con un gesto così poco accorato, per Darren era
stato
automatico mollare quasi subito la presa.
Un campanello nella sua testa
aveva cominciato a suonare,
ma Darren l’aveva deliberatamente ignorato; capitava a tutti di essere
stanchi,
e non sempre i viaggi in aereo erano piacevoli. Chris poteva essere
semplicemente stanco, non avrebbe dovuto allarmarsi per così poco.
Ciononostante, quella mera
consolazione di Darren
cominciò a vacillare quando Chris non spiccicò parola finché non fu lui
a
cominciare un discorso piuttosto futile, cosa che – nel loro rapporto –
non si
era mai visto. Chris e Darren, sin dal loro primo incontro, avevano
sempre, sempre trovato qualcosa di cui parlare.
Ogni tanto Chris si perse nei
suoi pensieri lasciando
Darren senza risposta, altre volte parlò come se fosse totalmente da
un’altra
parte.
Darren lo conosceva
sufficientemente per dire che in
quei due giorni Chris non era stato veramente con lui, ma non ebbe il
coraggio di
farglielo notare. Lo lasciò stare.
Ma se durante il giorno il
suo comportamento era stato
strano, quando erano andati in camera sua – tecnicamente per dormire –
lo era
stato ancora di più.
Chris l’aveva letteralmente
assalito, trascinando con
sé Darren in un intreccio confuso di braccia e gambe, di tocchi decisi,
morsi e
carezze ovunque: in quel momento, il moro si era lasciato completamente
andare
a quei gesti, ricambiandoli con la stessa attenzione, ma a mente lucida
Darren
non riusciva a dare un senso a quella foga. La passione c’era sempre
stata tra
loro mentre facevano sesso, ma si erano sempre presi il loro tempo per
esplorarsi con minuziosità, portarsi al limite e giocare con l’altro.
Se avesse dovuto dare un
aggettivo a quella notte,
Darren l’avrebbe definita disperata.
E il fatto che non capisse
perché gli avesse dato
quella sensazione lo terrorizzava.
Perché quella mattina, quando
si erano svegliati, Chris
era ritornato come il giorno prima. Impassibile, e con la testa altrove.
*
10 Nov.
(10.30 PM)
-Quando sei
libero posso chiamarti? Mi manchi. –D
11 Nov.
(11.46 AM)
-Ieri non
mi hai risposto, spero che vada tutto bene. Un bacio. -D
11
Nov. (10.23 PM)
-Chris,
ora mi stai preoccupando. Per piacere,
rispondimi. –D
11 Nov.
(11.02 PM)
-Ehi,
Chris? Ci sei? Ti prego, dimmi solamente che stai bene. Sono
preoccupato.-D
12
Nov. (00.04 AM)
-Va
tutto bene, non volevo farti preoccupare. Sono
molto impegnato, se non rispondo è per questo. -C
Darren rimase a fissare quel
messaggio per circa una
decina buona di minuti, senza sapere se tirare un sospiro di sollievo
perché
Chris gli aveva risposto, alla fine, o se farsi prendere ancora di più
dall’ansia
per il tono freddo che trapelava dal messaggio.
Decise di non pensarci.
12 Nov.
(00.16 AM)
-Okay,
figurati. Buonanotte <3 – D
E perse due ore di sonno nell’attesa di un
altro messaggio di risposta.
*
'Cause I'm
Trying to explain
Something's wrong
You just don't sound the same
Darren dovette aspettare una settimana,
prima che Chris tornasse lentamente
a farsi vivo di sua spontanea volontà, senza che lui dovesse
bombardarlo di
messaggi imploranti per ricevere una risposta.
Pian piano, il loro equilibrio, dopo quel
weekend atipico e quei giorni di
silenzio, si stava ristabilendo.
Tuttavia, era abbastanza palese che anche
per telefono Chris fosse più
distante del normale. Come quando era andato a trovarlo a New York, ciò
di cui
parlavano erano futilità; talvolta Chris si lamentava di quanto fosse
impegnato, di come avrebbe desiderato triplicarsi per fare tutto ciò
che doveva
con maggior calma. Darren si mordeva tutte le volte la lingua per non
chiedergli se, tra tutte quelle cose da fare con più calma, ci fosse
stato
anche lui.
Darren sapeva che Chris si faceva sentire
solamente per non farlo andare
nel pallone, e francamente non sapeva se indignarsi o essere felice e
accontentarsi
di quello che gli concedeva. Dopotutto, lo stava facendo per lui, per
non farlo
impazzire – perché era quello che sarebbe successo, se Chris, da un
momento all’altro,
fosse sparito dalla sua vita.
Darren sperava con tutto il cuore che fosse
solo la stanchezza a far
sembrare Chris così poco coinvolto alle sue orecchie, e la mancanza di
tempo a
obbligarli a chiamate veloci e sempre meno frequenti.
*
Quando Darren quella sera arrivò a casa,
era
letteralmente a pezzi.
Non che fosse una novità. Ormai erano
settimane
che faceva di tutto, letteralmente di tutto, pur di tenersi
occupato. Perché
lui era fatto così: o pensava, o agiva. E quando agiva ci metteva tutto
se
stesso e ogni singolo briciolo di attenzione che potesse dedicarvi, sia
che
stesse facendo la lavatrice, sia stesse portando a spasso il cane
dell’anziana
vicina che gli offriva sempre i biscotti al cioccolato.
L’importante, comunque, era non pensare.
Perché quando
pensava, pensava a Chris. E francamente, lui era l’ultima persona che
voleva
gli ronzasse nella testa.
Era passato più di un mese dall’ultima
volta che
si erano parlati. Ovviamente per telefono, perché, a quanto pareva,
Chris era
troppo impegnato con la stesura del suo nuovo libro e con le riprese
del suo nuovo
film anche solo per vedersi per qualche minuto via webcam. Darren si
era
accontentato di un veloce botta e risposta, perché sapeva quanto
effettivamente
il suo ex collega fosse preso e quanto collezionasse anche solamente minuti
liberi per mettersi al computer e scrivere. Si accontentò perché un
veloce
botta e risposta erano meglio di niente, a quel punto.
Tuttavia, nonostante sapesse gli impegni di
Chris, la settimana dopo non era riuscito a non proporgli di
incontrarsi. Ma
Chris aveva detto di no perché era impegnato, e la risposta fu la
stessa anche
la settimana dopo, e quella dopo ancora.
Darren ci era rimasto di merda. Perché okay,
Christopher Paul Colfer era un attore di fama mondiale, era uno
scrittore ormai
affermato, ed era super impegnato, aveva tante cose da fare, tanto che
faceva
sembrare l’esistenza di chiunque praticamente una nullità, e doveva
destreggiarsi tra molti impegni. Ma quando Darren si sentì preso in
causa
proprio come tale, come impegno, come qualcosa di obbligato si
sentì più
offeso di quel che avrebbe dovuto.
Lui non voleva essere un impegno per Chris.
Voleva
che lui avesse voglia di vederlo, che gli facesse piacere
passare del
tempo insieme. Come, ormai, non voleva più che Chris lo chiamasse solo
per far
felice lui.
Ma inghiottì il rospo, e finse di non aver
sentito l’eco della musica da discoteca che obbligava Chris a parlare
con voce
più alta, e non appena riattaccò - dopo avergli dato la buonanotte –
decise di
dimenticare con l’alcol quella voce maschile che aveva richiamato la
sua
attenzione dall’altro capo del telefono e che gli aveva fatto fretta,
facendo
così concludere quella chiamata anche più velocemente del solito.
La mattina dopo, bazzicando sul computer,
un
articolo su Chris e su una certa festa attirò la sua attenzione. Una
festa che
risaliva al giorno prima, alla quale erano state scattate una serie di
foto che
ritraevano Chris con un ragazzo biondo in vari momenti della serata. E
c’era la
foto di un bacio; sfocato e confuso, e la luce era pessima, certo, ma
Darren
era quasi sicuro che sì, Chris stava baciando quel ragazzo – Will,
l’avevano
chiamato nell’articolo.
Darren sentì qualcosa spezzarsi dentro di
sé, e seppe
per certo che il rumore di un cuore che si spacca in due è il peggior
suono al
mondo.
Decise di ignorarlo, e non fu nemmeno
difficile
farlo, dal momento che per due giorni interi Chris non gli scrisse né
tentò di
chiamarlo.
Ma poi lo fece, e Darren – da idiota
qual’era –
non aspettò nemmeno che cominciasse il secondo squillo per rispondere.
Ma sentire
la voce di Chris fu un’accoltellata dritta dritta nel petto,
all’altezza di
quel cuore già spezzato in due.
Lo ascoltò parlare per un po’ di cose che
gli
sembravano così lontane, così fuori dalla sua realtà. E poi – come uno
stupido –
gli chiese ancora se quel weekend si sarebbero visti, e la risposta fu
la
stessa delle precedenti settimane.
«Ho un sacco di impegni, Dare. »
E Darren glielo disse. Gli disse ciò che
aveva
pensato la sera della festa, sul fatto di essere diventato un impegno
nella sua
lunga lista d’attesa. E quando Chris tentò di rispondere che no, non
era così,
Darren lo interruppe.
«E da quando scrivi in discoteca, Chris? La
musica
roboante ti aiuta a concentrarti? E dimmi un po’, pomiciare con i
ragazzi porta
ispirazione? »
La litigata che ne seguì fu tremenda, più
brutta
di qualsiasi altro litigio li avesse mai coinvolti. Darren sentì il suo
cuore
lacerarsi in altri punti, e lo sentì sanguinare dolorosamente ad ogni
parola
che Chris pronunciò, ad ogni accusa che lui gli rivolse. E alla fine,
quando lo
stesso Chris – con voce stranamente bassa e cauta, considerando i toni
accesi
che aveva assunto la conversazione - gli disse che forse avrebbero
fatto bene a
non sentirsi per un po’, Darren sentì ogni cellula del suo corpo
diventare di
ghiaccio.
Acconsentì, tentando di sembrare più
indifferente possibile, ma non appena la chiamata si concluse, se ne
pentì.
Ma era troppo tardi, e Chris, in ogni caso,
non
avrebbe voluto sentirlo. Forse, in realtà, era quello che avrebbe
voluto fare
da mesi, ma non aveva mai trovato il coraggio di allontanarlo
definitivamente
per paura di una sua reazione.
Darren francamente avrebbe preferito che lo
scaricasse – si può scaricare qualcuno che non è mai stato il tuo
ragazzo? - una
volta per tutte, con un taglio netto, dicendogli che non lo voleva più
intorno,
piuttosto che lasciarlo come un idiota sul filo di un rasoio, con
costanti
sensi di colpa e senza aver idea di cosa sarebbe stato di ciò che c’era
tra di
loro – amicizia?, amore?, qualunque cosa fosse stata.
Perché quel non sapere quando si
sarebbero riparlati lo stava uccidendo. E per quanto cercasse di
stancarsi a
morte per non pensarci, pur di non pensare a Chris, non ci riusciva.
Gli
mancava da morire, più di quanto gli fosse mai mancato da quando si
erano
conosciuti.
Darren era irriconoscibile perfino ai suoi
stessi occhi, e questo avrebbe davvero dovuto dargli un’idea della
portata dei
propri sentimenti per Chris.
Chris che non voleva più avere a che fare
con
lui.
Darren si alzò dal divano e si diresse in
cucina. Magari era rimasta qualche bottiglia di birra dalla sera prima.
*
«Pronto? »
«La mia vita fa schi-ich!-fo.»
«Darren?! » Darren
allontanò il
telefono dall’orecchio, guardandolo male. Perché Joey urlava tanto? «Hai bevuto? »
«Pooochino. Poco poco. Poco così. »
«Darren, vai a dormire. »
«Perch-perché sono nato? Non ha senso
vivere. »
«..Darren. Rettifico, quanto hai bevuto? »
«Joey, io lo amo. Chris. Lo amo tanto. »
«Tu lo--Darren, lo
so. Probabilmente lo sa anche il mondo che lo ami. »
« Chris no. Non gliel’ho mai detto. Avrei
dovuto. Magari ora mi parlerebbe
ancora. È tutta colpa mia»
Joey, dall’altro capo del telefono,
sospirò. «Non è affatto così. Darren, vai a dormire. »
«Vado. Nei miei sogni c’è sempre Chris. »
«Ecco, bravo. Buonanotte, Dare
»
«Buonanotte, Joey »
*
Probabilmente era andato del tutto fuori di
senno.
Anzi, era di sicuro così, altrimenti non si
spiegava perché avesse preso un
volo last minute per Los Angeles che, guarda caso, era atterrato giusto
pochi
istanti prima.
Era un’idea stupida, di cui Darren si stava
già pentendo. Maledetta quella
chiacchierata con Joey, e maledetta la sua capacità di convincerlo
anche a fare
le cose più stupide.
Non sapeva nemmeno
con quali facoltà
mentali avesse prenotato il volo e avesse deciso di volare fino a lì.
Senza
nessun bagaglio, dopo essere corso via dalla casa del suo migliore
amico, con
solo pochi contanti necessari con sé per pagare due corse del taxi: una
per
raggiungere casa di Chris, l’altra per tornare all’aeroporto nel caso
l’avesse
cacciato via o non gli avesse direttamente aperto la porta.
Fatto stava che ormai era lì. E non poteva
rimanere come un imbecille a
fissarsi intorno, come se così facendo potesse trovare il coraggio di
muoversi.
Cosa che fece solamente qualche minuto
dopo, quando una donna di circa tre
metri– e che era, la nipote di Madame Maxime? - gli diede
involontariamente una
borsata in testa, destandolo dal suo stato di ameba catatonica.
Poteva farlo. Sì, poteva – si ripeté quel
mantra per tutto il tragitto fino
all’uscita dell’aeroporto.
«Posso farcela » disse, quando il taxista
gli chiese la destinazione,
ricevendosi un’occhiata di sbieco.
Quando finalmente s’immisero nel traffico
di Los Angeles, Darren cominciò
ad avere le palpitazioni.
«Posso farcela»
«Che cosa, di grazia? » incalzò l’uomo di
colore, guardandolo dallo
specchietto.
«Dire all’amore della mia vita che lo amo.
»
«Ah, beh! Buona fortuna, amico! » commentò,
sostando finalmente davanti all’appartamento
di Chris.
Darren prese dei lunghi, lunghissimi
respiri, una volta aver pagato l’autista
ed essere sceso dall’auto.
Era lì. Era lì, e non poteva tirarsi
indietro. O la va, o la spacca, pensò. E dopotutto,
era vero. Non aveva
niente da perdere, perché la situazione non poteva peggiorare più di
così. Stava
già perdendo Chris, se non l’aveva già perso del tutto. L’unica cosa
che
avrebbe potuto succedere era, effettivamente, che gli richiudesse la
porta in
faccia. O che gli urlasse contro. In ogni caso, avrebbe avuto
l’opportunità di
vederlo faccia a faccia dopo settimane, e sentire la sua voce dal vivo,
e
magari avere il tempo di perdersi nei suoi occhi un’ultima volta.
Fu sufficiente quello, per Darren, per
allungare la mano e premere
finalmente il campanello.
Il suo cuore scalpitò non appena sentì un
rumore di passi e qualche
imprecazione. Se non fosse stato così agitato, probabilmente sarebbe
scoppiato
a ridere, perché quando Chris diceva le parolacce era adorabile e
buffissimo.
Ma non ebbe il tempo di concentrarsi troppo
su quel pensiero, perché la
porta si aprì con uno scatto secco, e un Chris trafelato e al limite
della
crisi isterica gli comparve davanti in tutta la sua bellezza,
mozzandogli
letteralmente il fiato.
Dio, quanto gli era mancato.
«Scusa Darren, non ho tempo da perdere,
devo prendere un aereo per New York
e venire a casa tua per dirti che—Darren? »
Il diretto interessato impiegò più di
qualche istante per connettere le
sinapsi. Non riusciva nemmeno a muovere un muscolo. Perché Chris era
poche
spanne da lui, con un’espressione sconvolta, il viso stanco, le guance
arrossate e gli occhi a dir poco brillanti.
E gli aveva appena vomitato in faccia che lo stava per raggiungere a
New York
per dirgli— per dirgli cosa?
«Cosa ci fai qui? » gli chiese, la voce
ridotta a malapena ad un sussurro.
Darren sentì il proprio cuore fare una
capriola davanti a quello sguardo
intenso. Sembrava quasi che Chris lo stesse fissando come
un’apparizione
mistica.
«Cos’è che devi dirmi? » decise di
ribattere poi, qualche istante dopo.
Vide Chris abbassare lo sguardo, prendere
lunghi respiri, e poi rialzarlo,
puntando i suoi zaffiri nei suoi occhi. Deglutì. «Volevo chiederti
scusa. Mi
sono comportato malissimo nei tuoi confronti, ma avevo paura di
perderti. Lo so
che non ha senso, ma ho fatto di tutto per allontanarti, ho fatto
apposta a
trascurarti sperando che mettessi un punto alla situazione. Ma non è
successo,
e ho esagerato, e non volevo farti star male. Il punto è che ero
terrorizzato
da cosa stava succedendo, siamo così lontani, mi sentivo da cani senza
di te e
ho pensato che portarti a voler tagliare i ponti con me sarebbe stata
l’idea
migliore. Almeno mi sarei messo il cuore in pace sapendo che non mi
volevi più.
Scusa, sono un idiota. » concluse, dopo aver parlato tutto d’un fiato,
arrossandosi ancora di più in viso.
Darren rimase a fissarlo per qualche
istante ancora, impassibile.
Quando decise di parlare, l’unica cosa che
gli uscì fu: «Sì, sei un idiota.
», facendo automaticamente accigliare Chris. «Stavo di merda, Chris. Ho
fatto
mesi a pensare che tu non mi volessi, a chiedermi cosa avessi fatto per
meritarmi un trattamento del genere. E ora mi vieni a dire che hai
fatto tutto
questo perché avevi paura di perdermi? Scusami, ma da quando in qua per
non
perdere una persona la si allontana apposta? Per di più come se io
avessi mai dimostrato
di non volerti più! Pensavo fosse piuttosto evidente che ti amassi,
soprattutto
dal momento che facevo di tutto per vederti! »
«T-tu mi ami? » balbettò Chris, guardandolo
con occhi spalancati.
Darren si irrigidì, e si portò una mano tra
i riccioli ribelli. «Oh, beh.
Avrei voluto che lo sapessi in un altro modo, ma sì, ti amo. Sono
venuto
apposta per dirtelo »
«Anche io ti amo. » sussurrò Chris, e se il
suo cuore non gli fosse
schizzato in gola, Darren avrebbe giurato che se lo fosse immaginato.
«Davvero? »
«Anch’io stavo venendo a New York per
dirtelo. Non ne potevo più di stare
lontano da te. » Chris cercò di sorridergli, mentre le guance gli si
imporporavano in una maniera indecentemente adorabile.
«Ti prego, ripetilo. » implorò Darren,
continuando a fissarlo come se gli
fosse piombata addosso un’incudine.
«Ti amo. »
«Ancora. » Chris scoppiò a ridere, mentre
una lacrima gli rotolava sulla
guancia per la commozione.
Darren non riuscì a stare fermo un attimo
di più, e gli si gettò letteralmente
al collo, seppellendo il viso nell’incavo della spalla. «Ti amo da
morire,
Chris»
«Credo che non mi ci abituerò tanto
facilmente. Mi sa che dovrai
ripetermelo parecchie volte prima che mi entri in testa» sussurrò
Chris, la
voce spezzata dalle lacrime e dalla leggera risata che lo stava
scuotendo,
mentre entravano a tentoni nel suo appartamento all’indietro.
Non appena riuscì a richiudersi la porta
alle spalle, Darren sembrò
ricordarsi improvvisamente di un dettaglio che era decisamente da non
trascurare, anche perché era stato motivo di parecchio dolore. «Ma
Will? »
Chris lo guardò perplesso. «Will? »
«Il ragazzo con cui eri in discoteca. La
sera della litigata. »
«Oh. » fece Chris, improvvisamente
ricordandosi di lui. «E’ solo un amico. »
«Un amico che ti piace baciare? » incalzò
Darren, perplesso.
Chris sospirò. «Ho provato a frequentarlo,
come ho provato a frequentare
altri ragazzi. Semplicemente non ha funzionato. Pensavo solo a te»
«Perché mi ami? »
Chris ricambiò il sorriso di Darren,
avvicinandosi nuovamente a lui. «Perché
ti amo» sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo per la prima volta
dopo
mesi. Per la prima volta, dopo aver confessato ciò che provavano l’uno
per l’altra.
Avevano ancora tanto di cui discutere su
ciò che era successo. Darren
avrebbe voluto capire meglio cosa diavolo fosse passato per la testa di
Chris
in quei mesi, e decisamente dovevano trovare una soluzione per quelle
duemilacinquecento miglia che li dividevano.
Ma per il momento, avevano le labbra troppo
occupate per riscoprirsi e per
sussurrarsi ti amo, per farlo.
The end
Oddio, non ci posso credere che l'abbia pubblicata. Credo di averlo fatto solamente perché sono mesi che lavoro su questa cosa, e ora che l'ho finita non voglio lasciare tutta la mia fatica a marcire in una cartella isolata sul mio computer.
Sì, la chiamo cosa. Perché non può essere chiamata storia. Non sono nemmeno convinta di quello che ho scritto, perché quando tratto Darren e Chris mi sento sempre di violare un terreno che non è il mio. E sento che quindi la probabilità di scrivere cazzate si alza. Infatti sono a dir poco in asia, mentre scrivo queste note. Spero sinceramente di non aver esagerato. Perché effettivamente è molto angst, e parecchio deprimente, ed è anche un po' sconclusionata, e ho finito la fanfiction con fluff Crisscolfer da cariare i denti, e no, non sono convinta nemmeno di quello perché in teoria doveva continuare con altro angst e tanta depressione per poi sfociare in un per sempre felici e contenti. Ma mi sono scocciata di scrivere solo cose tristi, soprattutto perché sono influenzata e raffreddata, e ho bisogno di dolcezza - e sì, a chiunque abbia letto - se qualcuno ha letto - e se qualcuno è arrivato fin qui e sta leggendo queste note - è un suggerimento a non prendermi a frustrate o a sassate. Sono fragile.
No, a parte gli scherzi, sentitevi liberi di dare commenti, negativi o positivi che siano. Mi farebbe piacere, solo per sapere se ho sprecato solo tempo.
Un bacio.