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Autore: BartlebyLoScrivano    23/04/2013    2 recensioni
In questo frammento ipotizzo l'abbandono del dottore su un pianeta sconosciuto da parte della sua compagna di viaggio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - Altro, TARDIS
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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               Il Dottore me lo disse durante il nostro settantaquattresimo viaggio (ho tenuto puntigliosamente il conto di tutti). Ci trovavamo rinchiusi alla Bastiglia. Era il luglio del 1789. Lo sbeffeggiavo a causa della singolarità dei nostri viaggi: capitavamo sempre casualmente in un luogo caratterizzato da uno sconvolgimento imminente. Credo lo facesse di proposito, ma a pensarci bene ogni luogo in ogni epoca è contraddistinto da una propria unicità. In quel momento, non so perché, si fece serio in viso e mi rivolse le seguenti parole: “Il tempo non esiste”. Lo guardai incredula, ma lui tornò a sorridere, come se non mi avesse detto nulla. Da allora sono passati due anni. In realtà no, non saprei dire quanto è passato. Di anni ne abbiamo attraversati milioni e alla fine ci siamo ritrovati sempre nel medesimo luogo. Alle volte anche tornare a casa stanca. Alcune ore fa ho attirato con una scusa il Dottore fuori dal Tardis e l’ho abbandonato al suo destino. Solo, su di un pianeta notoriamente tranquillo e privo di qualsivoglia sciagure: non ne rimarrà troppo turbato. A quel punto ho impostato il Tardis e ho viaggiato in avanti di circa vent’anni, giungendo nel medesimo luogo in cui ho lasciato il Dottore. Non molto è cambiato, me ne accorgo facilmente. Che ne sarà stato del Dottore? Per me erano passati pochi minuti, per lui oltre vent’anni. Sarà sopravvissuto? Non sottovaluto le sue capacità, mai l’ho fatto. Non tornerò più al Tardis, sono stanca di viaggiare: la noia dell'infinito mi ha avvinto e non mi ha lasciata. Ho gettato la chiave del Tardis lontano, nessuno vi entrerà. Ora il tempo non esiste davvero più.
                Ho camminato per alcune ore nel pieno di un deserto immenso; ho creduto che non sarei giunta mai da alcuna parte, finché in lontananza ho cominciato a intravedere delle torri immense. Più mi avvicinavo e più queste costruzioni parevano elevarsi. Attorno a loro lo sfavillio cresceva. “Questo immenso deserto non dev’essere altro che un prolungamento di questa città”, pensai. Non sbagliavo. Nei numerosi viaggi con il Dottore non mi ero mai imbattuta in una città così splendida. Non riuscivo a intravedere il cielo tanto i suoi edifici si ergevano verso l’alto e ci ho camminato per ore, incontrando esseri di ogni tipo, fintanto un vecchio e lacero mendicante.
               Ma il Dottore? Avrei forse dovuto domandare a qualcuno, ma che avrei potuto chiedere? Mi avrebbero indirizzato in un centro ospedaliero se mai qui ne esistano. Forse ho fatto una sciocchezza abbandonandoloò Forse l’unica sciocchezza è stata quella di tornare a cercarlo. Non tornerò mai più al Tardis, mi fermerò qui; troverò qualcosa da fare che non sia viaggiare. Forse un giorno sentirò il rumore tanto amato e vedrò spuntare dal nulla una cabina blu, dalla quale vedrò uscire me stessa e il Dottore, capitati qui per caso. Ma sono già giunta a sperare di evadere da questa realtà? E pensare che il Dottore ci vive da due decenn,... chissà quali devono essere stati i suoi pensieri non appena giunto qui, se mai vi giunse. Mi avrà maledetta, non ne dubito. Mi avrà anche perdonato, probabilmente. Mi auguro solamente che sia vivo e che abbia sopito ogni rancore nei miei riguardi. Ma perché quel vecchio e lacerto mendicante mi fissa così orribilmente?
  
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