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Autore: betacchi    23/04/2013    1 recensioni
|| various pov's - [pruk!het] [frain] - happy bday england. ||
« Ti servirebbe un ragazzo, sai Alice? Qualcuno che faccia tornare il tuo musone uno stupendo sorriso— così la smetteresti d'incupire la candida Paris con il tuo broncio londinese. » a questo punto un leggero sorriso, un sorso di vino rosso e poi uno scintillare paurosamente luminoso dei particolari occhi azzurri, tendenti, alle volte, al viola. L'inglese s'era sempre chiesta se non fosse colpa del troppo vino rosso. « Posso trovartelo io, ma amie. »
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nyotalia, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Happy birthday, dear love.



I tell the day to please him thou art bright
and dost him grace when clouds do blot the heaven;
so flatter I the swart-complexioned night
when sparkling stars twire not thou glid'st the even.



{ happy birthday, England.





« Sai, chèrie, dovresti sorridere un po' di più. Non ti farebbe male. »
François Bonnefoy, Françis per gli amici, Fran per gli amanti ed "il rompicoglioni" per l'inglese. Françis, quel disturbante biondo con il quale si trovava sempre, nella buona nella cattiva sorte, a bere, a qualsiasi ora della giornata; che fosse un cappuccino alle otto, un caffè dopo pranzo, un'aperitivo verso le sei, del vino a cena, birra durante la serata, superalcolici la notte: per i due, l'importante era fermarsi a chiacchierare con qualche liquido davanti che non fosse la pura e limpida acqua.
« Ti servirebbe un ragazzo, sai Alice? Qualcuno che faccia tornare il tuo musone uno stupendo sorriso— così la smetteresti d'incupire la candida Paris con il tuo broncio londinese. » a questo punto un leggero sorriso, un sorso di vino rosso e poi uno scintillare paurosamente luminoso dei particolari occhi azzurri, tendenti, alle volte, al viola. L'inglese s'era sempre chiesta se non fosse colpa del troppo vino rosso. « Posso trovartelo io, ma amie. »

Ogni qualvolta vedeva di fronte a sé quell'albino strafottente, l'inglese non poteva fare a meno di ricordare quell'avvenimento in particolare; la sciarpa beige del francese che ricadeva sulla sua schiena con pigrizia palese, i capelli biondi che, mossi da sconosciuta forza, accarezzavano le spalle coperte da una camicia color viola, abbinata con gusto particolare a dei pantaloni chiari. Alice aveva sempre ammirato la bellezza del suo amico parigino, per quanto avesse un grandissimo problema a sopportare il suo accento strusciato e la sua lingua, la quale ella stessa era costretta ad usare per comunicare con il mondo che la circondava. Trasferirsi a Parigi era stata la scelta peggiore della sua vita— sempre se di scelta si poteva parlare. Aveva maledetto con tutta se stessa il fratello maggiore e l'autorità che riusciva ad avere su di lei; aveva maledetto il suo accettare senza protestare, la sua ignoranza infantile; aveva rimpianto l'abbandonare Londra come s'avesse lasciato un caro amico, il migliore che avesse mai avuto. Se Parigi era la città più bella d'Europa, allora Londra non era europea: nulla i suoi occhi verdognoli avevano mai scorto che fosse più bello dei palazzi della grigia Londra; sembrava quasi che tutto quel grigiore la separasse dal mondo moderno, la proteggesse -come una cortina- e la rendesse invisibile all'esterno, maligno, desideroso d'intaccare la sua bellezza con l'orribile modernità. Abbandonarla fu un colpo durissimo, specialmente quando si rese conto che la sua destinazione non sarebbe stata l'altrettanto inglese Inverness, bensì la francesissima Parigi: la città dell'amour, la Ville per eccellenza. Alice aveva odiato suo fratello maggiore, lo aveva odiato nel peggior modo che le venisse in mente: anche dopo quasi un anno di soggiorno in quella pura e luminosa città, la bionda provava un grandissimo astio verso il ragazzo dai capelli rosso fuoco.
« Alce. » quanto poteva essere stupido quel soprannome; come riuscisse ad essere sempre così idiota, l'inglese credeva che giusto i suoi più stretti amici lo sapessero; « Tanti auguri. »
Non se l'aspettava. Non si aspettava davvero che qualcuno si ricordasse del suo compleanno. Il sorriso imbarazzato che tentò d'apparire sulle labbra dell'inglese fu fermato da un bacio. Non s'aspettava nemmeno quello. Le umide labbra del ragazzo s'erano trovare sulle proprie così velocemente che nemmeno era riuscita ad allontanarlo; non che lo desiderasse comunque.

« Lui è Gilbért. »
L'aveva presentato con molta nonchalance, quasi fosse una cosa del tutto naturale; aveva indicato la figura del giovane tedesco molto sbrigativamente, permettendo agli occhi della britannica di seguire la figura del tale "Gilbért" (era quasi sicura che la pronuncia fosse decisamente sballata) intento a dare il meglio di sé durante una partita a calcetto tra universitari di varie facoltà. Sul francese si dipinse un sorrisetto eccessivamente compiaciuto quando notò la curiosità illuminare le opache iridi dell'altra- era curioso come si fosse fatta subito prendere dal tedesco. Che fosse un bel ragazzo, non c'era nemmeno da metterlo in dubbio, ma il parigino era sempre stato convinto che i gusti dell'altra fossero leggermente diversi.
« Studia qui anche lui, oui, et -cosa più importante- è single. » altro sorrisetto impertinente e poi un sonoro colpo ai danni del proprio braccio sinistro, seguito da un mugugnato "non m'interessa". Alice riusciva ad essere così prevedibile, alle volte, tanto che il parigino dai capelli color beige s'era già immaginato le gote pallide rosse d'imbarazzo, gli occhi verdognoli come le campagne inglesi volti al terreno e le labbra che esternavano sbuffi che -per lui- erano oramai una melodia della quale non avrebbe potuto fare a meno. Si ritrovava più volte a pensare che quella ragazza avrebbe potuto essere il suo tipo, se non fosse stato per i suoi gusti leggermente "fuori dalla norma" e per il suo apprezzamento palese verso i sederi maschili— e non poteva lamentarsi, considerando quanto famoso risultava essere quello del suo ragazzo, il quale sembrava star giocando proprio contro l'albino. Il pallone entrò sfrecciante dentro la porta, affondandosi all'interno della rete; un grido di vittoria, persone sudate che si abbracciano, tre fischi: la partita doveva essere finita. A Françis non era mai piaciuto troppo il calcio ("uno sport dove si suda eccessivamente, per nulla aggraziato, ugh!"), ma guardare Antonio giocare era tutta un'altra cosa: permise ad un velo di dispiacere di coprire i suoi occhi, ammise un senso di tristezza e delusione dentro di sé, pur riuscendo a sorridere alla bionda accanto a lui.
« 'Toniò! » chiamò, gesticolando ampiamente; non era nel suo stile, ma catturare l'attenzione dello spagnolo risultava essere sempre più complicato da un paio di settimane a quella parte. « Gilbért! » Entrambi si voltarono, entrambi lo raggiunsero quasi correndo, con passo stanco e sorrisi soddisfatti. Commenti sulla partita, pacche sulla schiena e nessuno dei due che sembrava essersi reso conto della sua bionda amica, della minuta e magrolina ragazza che li osservava leggermente incuriosita. Tagliare i discorsi di Antonio era sempre stato difficile, il francese lo sapeva per esperienza e mai avrebbe cercato d'interromperlo (anche perché la sua voce aveva un qualcosa di talmente armonioso che Françis non sarebbe stato in grado di porre fine ad una tale melodia); interrompere gli sproloqui di Gilbert altrettanto autodistruttivo, considerando quanto l'altro potesse prendere male un tentativo simile. Ma Françis si era prefissato un compito per quel pomeriggio e l'avrebbe portato a termine.
« Lei è Alice. »

Gilbert non avrebbe mai pensato di poter finire in una situazione simile con quell'isterica inglese. La prima volta che aveva posato i suoi occhi rossi su quelli verdognoli di lei aveva anche pensato fosse abbastanza bruttina; "nulla di che", pensò, spostando velocemente lo sguardo sulla figura decisamente più femminile dell'amico francese.
Gilbert, in poche parole, non aveva messo in conto di potersi anche innamorare di una persona che fosse così diversa da lui. Anzi, Gilbert non aveva proprio messo in conto la possibilità d'innamorarsi, di provare un sentimento talmente forte per un qualcuno che non fosse lui. E dire che Alice non era nemmeno il suo tipo, se lo diceva sempre: una di quelle ragazze che passano inosservate perché non hanno curve né seno, si vestono in maniera neutra e non fanno alcunché per attirare l'attenzione; per di più, l'unica cosa che sembravano avere in comune era la passione per la birra. « Tanti auguri, Alice. » l'aveva ripetuto almeno quattro volte in quei dieci minuti. Perché sapeva che nessuno -a parte forse Françis ed Antonio (quei due avevano una memoria pazzesca per le date di eventi vari -la prima partita a calcio, la prima malattia vissuta insieme, la prima bevuta, la prima volta che Françis si era vestito da donna, la prima che Gilbert aveva vomitato in camera)- si sarebbe scomodato per ricordarle che era davvero il suo compleanno. « Stai diventando una vecchietta. »
La bionda avrebbe voluto ribattere, probabilmente anche tirargli un pugno, ma le labbra del prussiano riuscirono -ancora una volta- a catturare quelle altrui prima che ciò potesse accadere. Nemmeno avrebbe potuto immaginare che baciarla sarebbe stato così appagante, né che avrebbe desiderato quelle sottili labbra ancora ed ancora, senza esserne mai sazio.
Tanti auguri; risuonava quasi come un 'ti amo' strascicato, un 'ti amo' mugugnato nell'imbarazzo, un 'ti amo' urlato nella foga del momento, un 'ti amo' tra spasimi e gemiti innaturali. Eppure era un semplice 'tanti auguri', una frase quasi di circostanza, una di quelle che si dicono tanto per essere cordiali.
Un tanti auguri sarebbe mai potuto passare per un ti amo?
« Tanti auguri, Alice. » ancora ed ancora, tanti auguri.






Note dell'autrice:
Salve--! Allora, non potevo non scrivere qualcosa per il compleanno dei miei amati England, chu. Quindi ecco questa cosa più o meno PrUk molto gettata random, perché l'ispirazione va e viene e non è proprio il periodo giusto per scrivere.
La poesia a inizio storia è un passo del sonetto ventotto di Shakespeare, che oggi è anche il suo compleanno, tanti auguri Bardo~
Per il resto, ringrazio chaska e -tra le altre cose- le dedico anche questa fic, perché è un mostro- e le voglio bene. Sposiamoci cha'.

betacchi.

   
 
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