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Autore: mael_    23/04/2013    2 recensioni
Kurtbastian!
“Mi dispiace!” esclamò allora a voce alta, facendo si che si fermasse “sono pentito, non avrei mai dovuto e …”
“Cosa? Avermi dato del fallito? Eri tu e ti amavo” disse Sebastian. “Sono un professore, sai? Sono laureato e insegno letteratura. Ho scritto due libri di poesie, un romanzo epistolare e un libro per bambini. Non sono un fallito.”
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fallimenti e delusioni.

Sebastian uscì dalla classe, pensieroso mentre teneva in una mano un foglio, lo leggeva arricciando le labbra e si avviava all’uscita della scuola, erano in primavera e amava stare di fuori. Così scese le scale e si avviò al di fuori dell’istituto, sedendosi su di un muretto là vicino.

Sorrideva quando ripose la poesia insieme alle altre nella tracolla, poi alzò gli occhi. Come faceva quando attendeva, o semplicemente quando non aveva nulla da fare come allora, cominciò ad osservarsi intorno pensieroso su cosa faceva la gente. Osservava due ragazzi che si passavano una sigaretta ridendo tra loro, una ragazza intenta nella lettura di un libro e che ogni qual volta le ciocche di capelli le cadevano sul viso, le scostava ritornando a leggere, un uomo sulla quarantina che si aggiustava gli occhiali sul naso con aria stanca, una ragazza che correva incontro ad un’altra ragazza e poi si abbracciavano felici, forse non si vedevano da tempo, pensò Sebastian. Le cheerleader che passeggiavano in sincronia, un po’ più lontano, quell’anziana signora e il suo cane che camminavano lenti, la donna che parlava al telefono arrabbiata, il tipo che lo guardava fisso da un po’, seduto al bar di fronte. Lo osservò più attentamente, inarcando le sopracciglia dal modo in cui veniva guardato. Poi sembrò capire, la sua espressione mutò lentamente in una di stupore.

Joder pensò, proprio come avrebbe detto Santana in quella situazione. Doveva andarsene, pensava, sì doveva. Ma sembrava non aver intenzione di muoversi mentre premeva le labbra una contro l’altra corrucciato, sentiva gli occhi pizzicare, sentiva l’amarezza mentre lo guardava, il dolore e stringeva il pugno della mancina, la destra la portava togliersi gli occhiali e a stropicciarsi l’occhio mentre il cuore batteva veloce e il petto si gonfiava e sgonfiava, il ritmo del respiro più accelerato. Forse doveva davvero alzarsi, ma non staccava gli occhi da lui e lo stava fissando tra troppo, come faceva lui. Chiuse gli occhi e prese un bel respiro, si rinfilò gli occhiali e si alzò per andarsene. Accelerò il passo, quasi iniziando a correre mentre sentiva una strana sensazione al petto. Respirava e inspirava mentre stringeva i pugni e teneva lo sguardo fisso a terra. La sua mente vagava veloce tra i ricordi, tra immagini di cui non voleva avere ricordo e prendeva il cellulare per scrivere a Santana …

“Sebastian?”

La sua voce. Smythe fermò la sua andata stupendosi di quanto ci avesse messo poco a raggiungerlo. Sospirò fermandosi, chiuse gli occhi, infilò entrambi le mani in tasca e si girò verso di lui, puntando i suoi occhi in quelli di lui.  Alzò il mento, si mostrava sicuro, ma sapeva benissimo di non esserlo, le sue mani erano più calde e sudavano e si mordeva l’interno delle guance, forte. “Cosa ci fai qui?” chiese picchiettando con la mano sulla coscia, all’interno della tasca del pantalone.

“Io …”

“Va’ via, Hummel” annuì Sebastian piegando leggermente gli angoli della bocca all’insù, poi si girò e riprese a camminare a sguardo basso. Gli occhi che pizzicavano di più, sbatteva freneticamente le palpebre sperando di mandar via quelle lacrime che si accumulavano nei suoi occhi. Diavolo, andava tutto così bene fino a poco prima.

“Aspetta, Sebastian!” fece Kurt correndogli dietro, ma lui non si girava, anzi andò più veloce. “Mi dispiace!” esclamò allora a voce alta, facendo si che si fermasse “sono pentito, non avrei mai dovuto e …”

“Cosa, Kurt?” lo provocò lui cominciando a ridere, nonostante il dolore nel petto “Su, dimmi, di cosa ti penti, cosa non avresti dovuto?” chiese allargando le braccia, in una chiara richiesta a dare i suoi motivi.

Kurt boccheggiò, trattando di parlare. “Io …” apriva e chiudeva la bocca cercando nella sua mente come iniziare a dire di cosa effettivamente si dispiacesse, ma poi la chiuse in definitiva e abbassò lo sguardo mordendosi le labbra.

“Avermi dato del fallito?” chiese Sebastian, richiamando l’attenzione del ragazzo, che alzò lo sguardo spiazzato e lo puntò nel suo. “Avermi dato dell’idiota, stronzo e bastardo, che pensa solo a sé? Arrogante, sfacciato?” chiese tirando su col naso, aggiustandosi gli occhiali su di esso. Rideva ancora, ma le lacrime gli attraversavano veloci le guance. “Avermi fatto sentire una merda davanti tutta la scuola, mentre mi urlavi contro che nella mia vita non avrei mai fatto niente se non fallire?” fece spallucce e sorrise tristemente, scuotendo il capo. “Kurt, tuo padre aveva avuto un altro attacco di cuore, stavo per venire a dirti che mi dispiaceva, abbracciarti, baciarti davanti tutta la scuola come desideravi da tempo. Credesti che ti stessi per deridere come facevo per nascondermi dagli altri, per non far sapere loro che Sebastian Smythe poteva avere una relazione seria. Hai iniziato ad insultarmi, non mi hai lasciato parlare.” Kurt fece per dire qualcosa, ma Sebastian alzò una mano bloccandolo. “Mio padre pensava lo stesso, che non avrei fatto niente, lo pensava e lo sapevo, però non me l’aveva mai detto in faccia come facesti tu quel giorno. Per lo meno mio padre aveva la decenza di provare a spronarmi. Tu non l’hai mai fatto, non te ne fregava niente di me, me ne sono accorto solo allora, quando urlasti a tutta la scuola che Sebastian Smythe aveva paura delle relazioni, allora si nascondeva come un bambino chiedendo al suo ragazzo, perché sì aveva un ragazzo, di non dire a nessuno della loro relazione.” Si asciugò le lacrime sulle guance con la manica della camicia. “Sebastian Smythe al liceo aveva un ragazzo, Kurt, eri tu. Eri tu e ti amavo, te l’avevo detto due settimane prima che ti amavo nonostante stessimo insieme da due mesi, non ero mai riuscito a dirtelo perché avevo paura, per me era tutto così nuovo. Non è stato così e quel cazzo di giorno Kurt volevo dirlo a tutti, che stavo con te, così da poterti abbracciare e confortarti senza nascondermi da nessuno.” Si fermò un momento, prendendo respiro. “Sono un professore, sai? Sono laureato e insegno letteratura. Ho scritto due libri di poesie, un romanzo epistolare e un libro per bambini. Non sono un fallito.”

Kurt lo fissava, aveva cominciato a piangere anche lui mentre il litigio e le urla gli venivano in mente, facendolo sentire più in colpa di quanto non fosse stato in quegli anni. Il pentimento gli stringeva il cuore provocandogli dolore, mentre vedeva Sebastian in quello stato, mentre ricordava Sebastian che scappava sotto le risate di tutti e non tornava più a scuola dopo quel giorno, trasferitosi alla Dalton per colpa sua. Non rispondeva alle sue chiamate, lo bloccava in tutti i contatti possibili. E scopriva in quell’istante che Sebastian s’era impegnato, nella vita, per dimostrare a lui, a suo padre, a tutto il mondo che gliel’aveva detto, che non era un fallito. E c’era riuscito.

 “Sai Kurt la cosa che fa male non è che tu me l’abbia detto, perché magari era vero, ma il fatto che sia stato tu. Eri arrabbiato per tuo padre, era in ospedale e te la prendevi con tutti. E con me. Sei la prima persona a cui ho detto ti amo, con cui sono uscito in un ristorante, che ho coccolato al cinema, a cui ho presentato i miei genitori sottoponendoti alle loro domande, sapendo che saresti piaciuto a loro più di quanto gli piacessi io. Con te ho pensato al matrimonio, perché ti amavo così tanto. Dio Kurt quanto ti ho amato, e dopo che mi hai umiliato ti amavo ancora e questo ha fatto ancora più male” fece “mi hai spezzato il cuore.”

Kurt si avvicinò, aveva intenzione di abbracciarlo, lì in quel momento mentre piangevano. Kurt scosso dai singhiozzi, Sebastian silenziosamente e le lacrime ancora scendevano copiose sul suo viso, con quel sorriso deluso, amaro. Riuscì a circondare il suo collo con le braccia, stringerlo e inspirare il suo profumo, gli era mancato molto. Sebastian non ricambiò l’abbraccio, rimase fermo.

“Scusa, Kurt ma preferirei … voglio andarmene” fece staccandosi, poi si girò e se ne andò in mezzo la folla. 

 

mael

oggi mi sentivo in vena di angst, mi è venuta in mente all'improvviso (come tutto ormai) e quindi mi sono scritta l'idea e poi, a casa, l'ho sviluppata. Ora, spero vi sia piaciuta. *cries* oh, sono ancora dispiaciuta di aver fatto fare questa cosa a Kurt... a Seb poi! çwç alla prossima, va, prima che pianga veramente. <3 ringrazio Nico per aver letto la storia "in anteprima", spronandomi diciamo a pubblicarla, ahhaha. c:

  
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