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Autore: Niglia    24/04/2013    12 recensioni
[Klaus/Caroline]
Dove il Big Bad Hybrid aiuta la sua Caroline a scegliere il vestito adatto per il ballo di fine anno, e
Che cosa sarebbe dovuto succedere dopo la fuga di Tyler, quando Klaus rimane sul portico a rimuginare sul perché diavolo non gli abbia strappato il cuore quando ne aveva l'opportunità.
Due missing moment che sentivo un urgente bisogno di scrivere perché la 4x19 sembrava monca, a mio parere, senza queste scene.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cinderella Fetish

 

 

 
 
 
 
 
 
 
«Could you please go back into your creepy trophy case of family collectibles and dig me out something of royal caliber?»
 
 
*
 
 
    «È incredibile come, nel bel mezzo di una crisi di proporzioni apocalittiche, tu riesca a preoccuparti così tanto per un vestito
    «Ti ho già detto di non ridere! E poi queste sono cose da donne, non mi aspetto che tu capisca.»
    Ma lui si stava divertendo troppo per lasciar perdere così. «Silas sta cercando di ucciderci tutti, e tu vai fuori di testa perché non sai cosa metterti al ballo», continuò a stuzzicarla, senza riuscire a celare un ghigno.
    «Sei terribilmente spiritoso per essere un vecchio ibrido di qualche centinaia d’anni», ribatté Caroline, seguendolo su per le scale.
    «Ahi, questa faceva male.»
    «Sono sicura che sopravviverai.»
    Klaus sorrise. Aveva trovato strano già il fatto che lei fosse venuta di sua spontanea volontà in casa sua senza che fosse stato lui a convocarla – sì, le serviva aiuto, ma doveva pur significare qualcosa il fatto che si fosse rivolta a lui prima di andare dalle sue amiche o da Stefan, no? – ma addirittura ritrovarsi a scherzare con lei con tutta quella disinvoltura, come se fosse una cosa alla quale erano abituati, lo lasciava ancora più confuso e sorpreso. In senso positivo, ovviamente.
    «Eccoci qui», fece l’ibrido celando un sorrisetto, fermandosi di fronte ad una porta normale come le tante altre che avevano superato. Abbassò la maniglia e si fece da parte, con un gesto tipico dei gentiluomini dei bei tempi andati. «Prego, divertiti.»
    Quando Caroline varcò la soglia sbarrò gli occhi, incredula. Le pareti formavano un unico, immenso armadio, le cui ante, ricoperte di specchi, le restituivano il proprio riflesso centinaia e centinaia di volte, lasciandola per un attimo confusa e disorientata. Per terra, al posto del marmo o del parquet che aveva visto nelle altre stanze della casa, c’era una morbida e chiara moquette; non c’erano quadri ne lampadari, ma solo lampade da terra che diffondevano una calda luce avvolgente. Solo un’anta era priva di specchio, e nascondeva la porta di un camerino grande quanto la sua camera da letto, completo di tavolino da toilette, appendiabiti e portagioie.
Vedendo che la vampira non si decideva a muovere un muscolo, Klaus fraintese tale immobilità e si schiarì la voce. «Ti do la mia parola che nessuno è morto, o è stato torturato, per creare questa collezione. Sentiti libera di frugare dovunque», le concesse, indicando la stanza con un gesto della mano.
    Lei non stava aspettando altro. Obbedendo alla propria curiosità, nonché intimamente sollevata per quell’informazione, Caroline prese a spalancare una per una tutte le ante per poi rimanere immobile, al centro della stanza, ad osservare con feroce bramosia tutti gli abiti, le scarpe, le borse e i vari accessori che sbucavano dall’interno dell’armadio.
    Quindi è così che dev’essere il Paradiso, si ritrovò a pensare con una punta d’invidia. Se avesse avuto una stanza del genere a casa sua probabilmente non ne sarebbe mai uscita…
    «Rebekah ha sempre avuto un debole per lo sfarzo e l’eccesso», commentò Klaus, rincuorato dal palese entusiasmo di Caroline nonché assurdamente divertito, avanzando con noncuranza all’interno della camera e andando a sedersi su una poltrona bianca dalle cuciture nere, sistemata in modo da non disturbare il vai e vieni della fortunata.
    «Saremmo potute essere grandi amiche io e lei», mormorò Caroline, avvicinandosi con reverenza a uno scaffale intero di spille e accessori per capelli. «Se non si fosse alleata con Elena», aggiunse subito dopo, aggrottando le sopracciglia con aria infastidita.
    «Mia sorella non si è alleata con la doppelgänger», la corresse Klaus, allungando le mani sui braccioli della poltrona e tamburellando sull’imbottitura. «Suppongo la voglia tenere d’occhio. Ma non lasciare che ciò rovini la tua caccia all’abito perfetto, tesoro – sei già in ritardo, se non ho capito male.»
    Era palese che trovasse spassoso il terrore di Caroline di non essere all’altezza del ballo – e in un’altra occasione anche lei si sarebbe messa a ridere della propria follia, probabilmente – ma qui si trattava del suo ultimo ballo di fine anno, e la faccenda era terribilmente seria, terribilmente grave, era una questione di vita o di morte! Era venuta a patti con il fatto di non avere un cavaliere per la serata, ma addirittura non avere un vestito
    «Sì, hai ragione, un vestito. Ho bisogno di un vestito», ripeté Caroline come un mantra, iniziando a far scorrere le dita sulle stoffe di abiti che fino a quel momento aveva visto solo sulle copertine delle riviste di moda o sul tappeto rosso degli Oscar. «Mio Dio, sono tantissimi!» Mormorò sconsolata. Non ce l’avrebbe mai fatta in tempo – si conosceva, e prima di trovarne uno che le facesse girare la testa avrebbe dovuto provarne una ventina, e per allora avrebbero già eletto il re e la regina del ballo!
    Presa dal panico, iniziò a scartarne uno dopo l’altro. Troppo rosso, troppo giallo, troppo pizzo, troppo pesante, troppo luccicante, troppo scollato, troppo poco scollato!, troppe balze…
    «Concedimi di aiutarti», sussurrò la voce di Klaus al suo orecchio, facendola sobbalzare. «Credo di averne visto qualcuno che fa al caso nostro…» Continuò, allontanandosi da lei e andando a colpo sicuro verso una zona dell’armadio ancora inesplorata. «Il blu l’hai già indossato, e il rosso è troppo banale. Mmh… Mi permetto di consigliarti questo.»
    Quando si voltò nuovamente verso di lei stava reggendo con entrambe le mani un abito chiaro, tra il panna e l’avorio, che già a una prima occhiata sembrava assolutamente favoloso. Caroline gli si avvicinò incantata, ignara della pressoché simile espressione con cui Klaus stava però guardando lei. «Uao. Sembra davvero… principesco
    L’ibrido sorrise – ormai gli capitava spesso in sua presenza. «Come Grace di Monaco?», la provocò.
    Caroline arrossì lievemente. «No, molto meglio.»
    Klaus parve fin troppo soddisfatto da quella risposta. «Avanti, provalo. Nel frattempo faccio venire la parrucchiera.»
    «La parrucchiera
    Rise al suo tono sconvolto. «Non penserai che sia stato io, o Elijah, a sistemare i capelli di Rebekah», la prese in giro.
    In realtà non sapeva neppure che Elijah fosse di nuovo in città, ma non era quella l’informazione che l’aveva confusa. Insomma, una parrucchiera? Da dove l’aveva tirata fuori, una parrucchiera? «Beh, no… ma…»
    Interrompendo le sue deboli proteste, Klaus la spinse gentilmente verso il camerino. «Su, tesoro, non perdere tempo. Vai, vestiti e torna qui, il tempo scorre.»
    Caroline si arrese. Alla fine dei conti non importava in che modo fosse riuscita a prepararsi per il ballo – di certo quando era arrivata a casa Mikaelson non aveva immaginato che si sarebbe anche cambiata e agghindata lì, sotto lo sguardo attento e critico di Klaus – quello che davvero era importante era che riuscisse ad arrivarci prima che venissero eletti il re e la regina. Non che lei si fosse candidata – forse un tempo le sarebbe piaciuto, ma nell’ultimo periodo aveva avuto sin troppo da fare per pensare anche a pubblicizzare la propria candidatura a reginetta del ballo nei corridoi del liceo.
    Nel frattempo che ripassava mentalmente le ultime settimane della sua vita, i jeans, la maglia e la giacca che indossava erano finiti sull’appendiabiti, seguiti poi dal reggiseno, e lo splendido abito color panna che Klaus aveva scelto per lei – per la seconda volta – stava iniziando a prendere forma sul suo corpo. La linea era morbida e sinuosa, la fasciava elegantemente dalla vita fino alle ginocchia come la coda di una sirena, per poi schiudersi e allargarsi come una cascata di velo e seta tutto intorno a lei e anche dietro, a mo’ di piccolo strascico. Il vestito aveva preziosi inserti che brillavano riflettendo la luce, con un disegno che ricordava una tela di ragno, e sia sotto il seno che nel punto in cui si allargava all’altezza delle ginocchia vi era una sorta di piccolo medaglione che rendeva l’abito un po’ più moderno.
    Guardandosi nello specchio, Caroline si sentì davvero come una principessa. Non era niente a che vedere con il vestito che le aveva rubato Elena – ah, quella simpatica della sua ex migliore amica poteva anche tenerselo, visto che lei aveva avuto in cambio questo – era molto più raffinato ed elegante di quanto si fosse aspettata. Si voltò di tre quarti, cercando di osservare il retro, ma si rese conto di non aver tirato su la zip. Sbuffò, scocciata: da sola non ce l’avrebbe fatta.
    Si affacciò alla porta del camerino, imbarazzata, reggendosi il davanti del vestito con entrambe le mani per evitare che cascasse all’improvviso mostrando porzioni di pelle che era meglio tenere coperte. «Klaus?»
    L’ibrido le apparve davanti con un fruscio, talmente all’improvviso da strapparle un’imprecazione. A quel linguaggio assai poco principesco lo vide sorridere. «Hai chiamato, tesoro? Serve aiuto?»
    Caroline annuì, sorridendo timida. «Scusa se te lo chiedo, ma potresti… Sai, la cerniera…?»
    Klaus sbatté un paio di volte le palpebre, perplesso, ma quando comprese cosa lei gli stesse chiedendo non ci pensò due volte e la raggiunse, cercando di non dare a vedere quanto lo innervosisse, in realtà, essere stato autorizzato così indifferentemente a metterle le mani addosso. In senso figurato, certo.
    Caroline gli diede le spalle, raccogliendosi i capelli in modo da liberare la schiena e portandoseli davanti, su una spalla, senza proferire una sola parola. Sei una vampira stupida e infantile, Caroline Forbes, si insultò mentalmente, mordendosi il labbro inferiore. Che bisogno c’è di provocarlo, santo cielo?
    Era una fortuna che Klaus sembrasse abbastanza pratico in abbigliamento femminile – oh, ti prego, non l’hai pensato davvero – da tirarle su la zip dell’abito in una frazione di secondo. Eppure la sua mano esitò un attimo di troppo, quasi che il proprietario fosse indeciso sul da farsi, ma alla fine decise di continuare a comportarsi da gentiluomo perché indietreggiò di qualche passo, incrociando le braccia dietro la propria schiena in quella posizione antiquata che Caroline aveva imparato ad associare solo a lui.
    «Puoi venire fuori, Magda ti sta aspettando», la informò, le labbra arricciate nello sforzo di non sorridere con aria troppo compiaciuta.
    In effetti Klaus non si era inventato l’intervento della parrucchiera: Magda era una donna sulla quarantina d’anni, un’umana naturalmente, alta, sottile e abbronzata, con i capelli di un rosso cupo tagliati corti alla Sharon Stone. Sembrava arrivare direttamente da qualche famoso salone di bellezza e, conoscendo Rebekah, Caroline avrebbe scommesso la sua mano sinistra sul fatto che fosse così. Come se non bastasse, parlava con un accento spiccatamente californiano.
    «Oh, signor Mikaelson, è lei la ragazza? Sarà un piacere sistemarle quei splendidi capelli», esclamò, battendo le mani fin troppo euforica. «Prego, accomodati a quel tavolino, miss…»
    «Caroline», dissero insieme lei e l’ibrido.
    Klaus sorrise della coincidenza e si voltò verso la ragazza. «Ti lascio alle mani di Magda, allora.»
    Caroline non fece neppure in tempo a rispondergli – chiedendogli di restare, per esempio – che già lui era sparito dalla stanza. Magda iniziò a tempestarla di domande mentre le accarezzava i capelli. «Allora, è il ballo di fine anno, vero? Ah, io ero vestita di rosso al mio! Trovo che stesse benissimo con la mia carnagione olivastra… Dimmi, avevi già in mente qualcosa per i capelli? Li preferisci sciolti, raccolti o una via di mezzo?»
    Malgrado fosse leggermente frastornata da quella tempesta di domande, Caroline riuscì a riprendere il controllo. «Stavo pensando di raccoglierli. Sa, qualcosa alla Grace di Monaco…»
 
    Quando Klaus bussò nuovamente alla porta della camera, le due donne avevano già finito. Magda stava mettendo a posto i suoi oggetti del mestiere, ritirando forcine e pettini, mentre Caroline era davanti ad uno specchio a rimirarsi con aria estasiata. Vide il riflesso dell’ibrido alle sue spalle e il suo sorriso si allargò notevolmente, mentre si voltava verso di lui con un’espressione interrogativa come se fosse in attesa di un suo qualche parere.
    «Grazie Magda, puoi andare ora», disse lui invece, liquidando l’umana: solo in quel momento Caroline si accorse che era stata soggiogata, ma finché non le veniva fatto del male non vedeva dove fosse il problema. Quando la porta si richiuse dietro la solerte parrucchiera, Klaus piegò il capo di lato e osservò attentamente la vampira di fronte a sé. «Sei splendida», le confessò infine, con una dolcezza che raramente l’ibrido lasciava venire in superficie – se non con lei. «Ma manca ancora qualcosa… Posso?»
    E, prima che se ne rendesse conto, Caroline si ritrovò la sua mano tra quelle di Klaus e in meno di un battito di ciglio il suo polso era cinto da un bracciale di diamanti. Quel bracciale, volendo essere precisi.
    Se fosse stata ancora viva, il suo cuore avrebbe saltato diversi battiti.
    «Ma… Dove…?»
    «Non ho vissuto mille anni senza imparare uno o due trucchetti», disse semplicemente, senza voler aggiungere altro. «Spero di vedertelo indossare più spesso... ora che, beh, siamo amici
    La vampira sorrise quasi timidamente e annuì, osservando il gioiello. «Grazie», rispose soltanto.
    Il silenzio durò pochi secondi, prima che Klaus lo scacciasse con una più prudente ironia. «Bene, Cenerentola… Hai bisogno anche della carrozza?»
    Le ci vollero una manciata di secondi prima di capire la battutina di Klaus, e quando lo fece si lasciò scappare una breve risata. «Ah no, grazie, non serve», lo rassicurò, voltandosi di nuovo verso il proprio riflesso per sistemarsi gli orecchini – non osava neppure immaginare quanto dovessero costare quei gioielli che le pendevano innocentemente dai lobi. «Sono venuta con la mia macchina.»
    «E vorresti guidare con questo vestito?» Le chiese lui, inarcando un sopracciglio.
    Caroline incrociò lo sguardo dell’ibrido attraverso lo specchio. «Ehi, sono pur sempre una vampira. Sono perfettamente capace di guidare con i tacchi e una gonna.» Per quanto potesse essere triste andare al ballo senza cavaliere, non l’avrebbe mai detto a Klaus: non voleva approfittare troppo della sua disponibilità, anche se probabilmente lui l’avrebbe accompagnata davvero e senza pensarci due volte. Ma no, non l’avrebbe permesso.
    Klaus sollevò le mani in segno di resa. «Come desideri.»
    Non sapeva bene come salutarlo, adesso. Un bacio sulle guance come quando salutava Stefan o Matt? Un abbraccio? Ma no, diamine, non era Bonnie… Era Klaus! Dio, non avrebbe lasciato che quella sciocchezza la imbarazzasse come non aveva fatto neppure la richiesta di tirar su la zip del vestito.
    «Beh, sono quasi fuori tempo massimo… È ora che vada», affermò, dopo essersi schiarita la voce. «Grazie mille per l’aiuto, Klaus, ti devo un grande, grandissimo favore», aggiunse, sincera. Gli strinse rapidamente la mano, e con un ultimo sorriso sparì in uno svolazzare di gonne e uno scintillio di gioielli, proprio come una principessa.
 
 
 
***
 
 
«Was it worth it? To see her smile? To make her dream night come true? Was it worth it?»
 
    Non aveva pianificato di andare al ballo, era stata una mera decisione dell’ultimo momento, e solo perché doveva tenere sotto controllo Rebekah – o perlomeno questo era quello di cui aveva cercato di convincersi. Per un momento, aveva anche pensato che forse avrebbe potuto rubarle un ballo… Ma poi aveva visto Caroline andare via proprio mentre lui si dirigeva sul retro della sala per raggiungere sua sorella, e benché il desiderio di girare i tacchi e seguirla fosse più prepotente del solito, non lo era ancora abbastanza da fargli abbandonare del tutto le questioni di famiglia; così aveva a malincuore raggiunto Rebekah che rischiava, ormai per l’ennesima volta, di distruggere la propria vita in favore di quella di un insulso essere umano privo di qualsiasi scopo e interesse. Se da quella decisione fosse dipesa la sua felicità non avrebbe esitato a lasciar dissanguare quella ragazzina per terra, e senza neppure pensarci due volte… Ma Rebekah, talvolta, si dimostrava davvero troppo stolta e debole per i suoi gusti.
    Dopo aver parlato con lei, alla fine, si era sentito liberissimo di andare alla ricerca di Caroline, cosa che gli premeva particolarmente dato che da quel poco che aveva potuto notare non sembrava del tutto soddisfatta di quella che sarebbe dovuta essere la sua serata dei sogni. Aveva una bottiglia di liquore in mano o aveva visto male?
    Così adesso era sul portico di casa Lockwood, a voler essere sinceri l’ultimo dei posti nei quali avrebbe voluto trovarsi, e aveva assistito all’intero, disgustoso tête-à-tête tra Caroline e il suo ibrido. La ragione stava cercando di farlo andar via – che senso aveva farsi del male in quel modo, assistendo al loro ballo, ai loro discorsi sussurrati, alle loro effusioni? – ma il suo corpo non rispondeva ai comandi. Sembrava paralizzato.
Strinse le mani a pugno così forte che i suoi stessi artigli penetrarono nella carne, ferendolo. Che senso aveva avuto vedere Caroline tra le braccia di Tyler? Non era stato già abbastanza difficile sopprimere il proprio orgoglio e permettere a quell’ibrido arrogante di tornare in città per trascorrere del tempo insieme alla donna di cui lui, Klaus, era innamorato? Perché doveva tenersi da parte e accettare di essere sempre la seconda scelta, l’escluso, l’odiato – perché non era mai abbastanza?
    Tutti loro, piccoli essere soprannaturali che lanciavano giudizi e sentenze dall’alto di un pulpito verniciato di morale, ipocrisia e buone intenzioni, avevano le mani macchiate di sangue e di azioni non sempre giustificabili. Che cosa lo rendeva diverso da loro? Che cosa lo rendeva immeritevole di un briciolo di…
    No, quella parola non sarebbe più uscita dalle sue labbra. L’amore è la più grande debolezza. Doveva continuare a ripeterselo se voleva crederci ancora…
 
«In the shared interest of giving Caroline the night of her dreams, I will allow you five seconds before I rip your heart out of your chest. Five… Four… Three…»
 
    Dannazione, gli aveva persino dato l’ennesima chance di fuggire e salvare la sua putrida pellaccia. Tyler era sparito con un fruscio, scappando come il cane che era, e lui non poté fare a meno di maledirsi mentalmente. Si chiese se quello che aveva detto al giovane Lockwood – ne era valsa la pena? Era valsa la pena risparmiare un ragazzino insolente che aveva giurato di uccidere, solo per vedere il suo sorriso? Solo per esaudire il suo desiderio? – non fosse, in realtà, una propria riflessione fatta ad alta voce.
    Aveva già dato le spalle alla porta e stava per andarsene, lasciando così Caroline al ricordo dolceamaro dell’ultimo ballo condiviso con il suo fidanzato, quando la sua voce lo immobilizzò sui gradini del portico.
    «Klaus.»
    L’ibrido decise di ignorare l’intonazione soffice con cui Caroline aveva avvolto il suo nome. «Non gli ho fatto niente», disse freddamente, voltandosi per fronteggiarla. I suoi occhi cercarono quelli azzurri della ragazza, sperando malgrado tutto di non trovarci odio, né rabbia, né rammarico. «Se n’è andato.»
    L’espressione di Caroline, però, era sorprendentemente serena, e sulle sue labbra apparve quel piccolo sorriso accennato che gli aveva dedicato giorni prima, quando le aveva chiesto se adesso, dopo la faccenda di Silas, potevano considerarsi amici. Quel sorriso lo turbò e lo rassicurò allo stesso tempo.
    «Lo so», ammise lei. «Vi ho visto.» E sentito. Ma queste parole rimbombarono nell’aria, inespresse.
    Klaus allargò le braccia, senza ben sapere cosa dire. «La prossima volta non sarò così misericordioso», la avvertì, sperando di suonare intimidatorio come al suo solito. Ma come poteva minacciarla quando lei era lì, a pochi passi da lui, senza dar cenno di essere minimamente spaventata, con ancora addosso il vestito che aveva scelto per lei e che l’aveva aiutata ad indossare, così bella e accecante come il sole?
    Il suo sorriso non si era minimamente incrinato, anzi, se possibile sembrava appena più largo.
    «Sai», disse invece, avanzando di un passo verso di lui. «Non sono più abituata a partecipare a un ballo senza danzare con il grande ibrido cattivo. E c’è ancora tempo prima che arrivino gli ospiti per l’after party, così mi chiedevo… Ti andrebbe di ballare con me?»
    Niklaus Mikaelson, l’ibrido Originale, la creatura più potente che il mondo avesse conosciuto, che aveva terrorizzato re e imperatori, sedotto regine e principesse, creato e guidato eserciti attraverso i secoli, era rimasto letteralmente senza parole. Non gli era capitato spesso nel corso dei decenni – solitamente era Elijah a privarlo di qualcosa da dire – e di certo non per causa di una donna. Ma già, qui non si trattava di una donna qualunque – si trattava della sua Caroline.
    Vedendo che lui non sembrava voler rispondere, perso com’era in chissà quali elucubrazioni, la suddetta Caroline sbuffò divertita, porgendogli una mano. «Avanti, solo un ballo. Non mordo», insisté con aria maliziosa, sicura che Klaus avrebbe colto il riferimento. Cosa che fece, a giudicare dal sorriso che a sua volta apparve sul suo viso solitamente corrucciato.
    Tutti i pensieri cupi che aveva coltivato fino a pochi secondi prima parevano essere svaniti nel nulla.
    Senza stare a rifletterci troppo risalì i gradini e tornò nel portico, raggiungendo la ragazza che lo stava aspettando con la mano ancora tesa. Gliela prese delicatamente, con gentilezza, attirandola verso di sé e osservando con quanta naturalezza i loro corpi emulassero i movimenti dell’altro trovando l’incastro perfetto per danzare insieme. Passò l’altra mano intorno alla vita di Caroline, posandola gentile sulla base della sua schiena, e lei fece lo stesso con la propria, abbandonandola sulla spalla dell’ibrido. Si scambiarono un rapido sguardo e un timido sorriso, prima di iniziare a muoversi lentamente al ritmo di una musica silenziosa che suonava solo per loro.
    Klaus non distoglieva gli occhi da lei, e Caroline si sentì arrossire. «Io e te non siamo molto fortunati nei balli», disse, cercando di alleggerire un silenzio che sarebbe potuto diventare imbarazzante. «L’ultima volta siamo rimasti bloccati nella palestra della scuola, ti ricordi?»
    «Perché mia madre stava cercando il modo perfetto per uccidermi, sì, mi ricordo», rispose, sorridendo divertito nel vedere l’espressione mortificata che era apparsa sul viso della ragazza nel rendersi conto della gaffe appena fatta. «Mi ricordo anche di quello che mi avevi detto tu… Qualcosa a proposito di un maschio Alfa?» In realtà ricordava le parole e l’intonazione esatta con cui lei le aveva pronunciate, ma non voleva dare l’impressione di essere così… patetico.
    «Qualcosa del genere», ammise lei, un po’ meno imbarazzata.
    C’era qualcosa di diverso nel modo in cui Klaus la teneva stretta mentre danzavano, rispetto a come aveva fatto Tyler solo pochi minuti prima. Stavano semplicemente dondolando sul posto, e senza musica per di più – anche perché l’abito di Caroline non le permetteva di fare chissà quali acrobazie – ma il modo in cui l’ibrido la teneva stretta a sé le stava provocando uno strano formicolio che pareva nascere nel centro della sua pancia. Era una sensazione piacevole, tuttavia, un senso di calore e nervosismo adolescenziale – sembrava quasi… una fremente anticipazione. Non era molto brava a renderlo a parole. Se avesse dovuto usare una metafora, avrebbe detto di avere le farfalle nello stomaco. Diamine! Si trattava di quello? Deglutì, distogliendo momentaneamente lo sguardo da quelle fossette che apparivano sulle guance dell’ibrido quando il suo sorriso si faceva troppo profondo.
    «Grazie per aver reso possibile la serata. Sei stato una fantastica fata madrina», mormorò Caroline dopo un po’, prendendolo scherzosamente in giro. Non si stava riferendo al ritorno di Tyler e al fatto che l’avesse lasciato andare via senza neppure cercare di fargli del male – anzi, mentre ballava con Klaus l’immagine di Tyler era sbiadita dalla sua mente, come se già appartenesse a un passato dal quale doveva andare avanti.
    Klaus sorrise e le fece fare una lenta giravolta. «Devo ammettere che sono stato chiamato in molti modi, ma fata madrina mi giunge nuovo», ribatté sullo stesso tono. «Ti supplico di non raccontarlo in giro, tesoro; rovinerebbe la mia reputazione.»
    Le sfuggì una risata mentre tornava accanto a lui. «E noi non vogliamo che questo succeda.»
    Noi. Il sorriso di Klaus si addolcì. «No, non vogliamo.»
    Continuarono a danzare del tutto a loro agio, senza il nervosismo iniziale, e non si accorsero nemmeno di essersi inconsciamente avvicinati di più l’uno all’altro. Non Caroline, perlomeno.
    «Anch’io ti devo ringraziare, comunque», riprese Klaus dopo un momento di silenzio. «Se non fosse stato per te sarei rimasto tutta la sera a casa a rimuginare su quanto sia triste e solitaria la mia vita, e cose del genere.»
    «Vuoi dirmi che era quello che stavi facendo quando sono arrivata?» Fece Caroline, inarcando poco convinta un sopracciglio. Il suo tono tuttavia era scherzoso quando proseguì. «Non stavi pianificando qualcosa di perfido e malvagio, o, ancora meglio, la tua vendetta nei confronti di Silas?»
    «Anche se stai palesemente insinuando il contrario, non sono ancora così arrogante da pensare di poter uccidere da solo una creatura che si è dimostrata così potente da riuscire a prendersi gioco di tutti gli esseri soprannaturali di Mystic Falls, me compreso», le spiegò paziente, cercando di mascherare il tono divertito.
    «Guarda che non ci credo ancora alla storia del lupo solitario.»
    Klaus roteò gli occhi. «Diciamo allora che stavo pensando a un modo meno stupido di liberarci di lui», dichiarò con cautela, non volendo esternare del tutto i propri piani. Anche se era sicuro che quella tra le sue braccia era davvero Caroline e non qualche allucinazione causata da Silas, c’era pur sempre il pericolo che qualche orecchio indiscreto stesse spiando la loro conversazione.
    «Oh, sono sicura che ti verrà in mente qualcosa», lo rassicurò lei. «Un grande stratega come te…»
    La stretta intorno ai fianchi si fece pericolosamente più salda, ma il sorrisetto di Klaus la tranquillizzò. «Le parole sono un complimento, ma il tono è da presa in giro. Mi stai prendendo in giro, Caroline?»
    «Io? Non mi permetterei mai», rispose con tono sostenuto, mordendosi il labbro per non ridere.
    Dio mio, Caroline, stai flirtando con lui. Non flirtare con lui! Si ammonì severamente, rendendosi conto della situazione in cui si stava mettendo. Ma era impossibile non ridere di quello che raccontava Klaus – negli ultimi dieci giorni il loro rapporto era diventato in qualche modo più stretto, stavano imparando a conoscersi meglio, e lei era abituata a divertirsi quando era in compagnia di un amico. Perché comportarsi diversamente solo perché si trattava di Klaus?
    Non per colpa sua, ma perché sai cosa prova per te…
    E tu, cosa provi per lui?
    Non aveva una risposta a quella domanda – forse non l’avrebbe mai avuta – ma per il momento poteva ammettere di trovare piacevole la sua compagnia, e di volersela godere. Che cosa c’era di male?
    Il loro breve idillio tuttavia venne rovinato dal rumore delle auto che percorrevano il vialetto, segno che i ragazzi del ballo avevano già deciso di spostare la festa ad un livello successivo assai poco scolastico. Caroline e Klaus si separarono a malincuore, rimettendo una piccola distanza di sicurezza tra loro, ma senza riuscire a smettere di fissarsi. Sembrava che solo guardandosi negli occhi riuscissero a comunicare molto più di quanto non facessero a parole – era una cosa che lei, anche se probabilmente non l’avrebbe mai ammesso, trovava inebriante.
    «È meglio che vada», disse Klaus, dolcemente. Caroline si limitò ad annuire.
    Senza riuscire a dire nient’altro per congedarsi da lei, Klaus si limitò a indietreggiare di qualche passo per poi darle le spalle, e iniziare a scendere i pochi gradini in marmo della veranda. Altri umani stavano invadendo il giardino – il rumore fastidioso dei loro tacchi sulla ghiaia, le risate, i singhiozzi di chi era già un po’ brillo – e lui non voleva trovarsi lì quando sarebbe arrivato anche il resto degli amici di Caroline. Non era dell’umore di fronteggiare né i fratelli Salvatore né tantomeno la loro doppelgänger o la piccola strega…
    «Psst!»
    Klaus si fermò a metà di un passo e si voltò ancora una volta, inarcando un sopracciglio con un’espressione divertita e curiosa insieme. «Sì, tesoro?»
    Caroline sorrise. «È mezzanotte! Devo restituirti il vestito?»
    Ah, la faccenda di Cenerentola. Per tutta risposta l’ibrido ghignò. «E lasciare che Elena abbia un vestito più bello del tuo? Hai davvero un’opinione così bassa di me?»
    La risata della vampira aveva un che di delizioso. «Te lo riporto domani, allora», promise, facendogli l’occhiolino e sorprendendolo piacevolmente, per l’ennesima volta. Agitò la mano in un ultimo saluto, per poi tornare dentro casa a sistemare le ultime cose prima dell’arrivo degli ospiti.
    Klaus rimase là fuori ancora qualche minuto, assaporando gli ultimi momenti di quella serata. Forse, si disse, ne era valsa davvero la pena.
    Poi, con un vago sorriso che ancora gli aleggiava sulle labbra, infilò le mani in tasca e se ne andò via, a passo lento, umano, senza sentire il bisogno di ricorrere alla velocità vampiresca. Non aveva alcuna fretta. Per qualche minuto, decise, si sarebbe goduto la quiete della notte.

    I problemi ci sarebbero stati ancora, l’indomani mattina.
 
 
 
 
 
«Because of you, Caroline. It was all for you.»
 





 
 
 
 
 
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Nota. Ho tradotto il delizioso “Sweetheart” di Klaus con “Tesoro”, dato che “dolcezza” mi sembrava in qualche modo troppo paternalistico e derisorio perché lui lo usasse nei confronti di Caroline.
 
 
Angolo autrice.
Everything is Klaroline and nothing hurts.
Assurdo come ci sia più tensione sessuale tra questi due – che ogni volta non condividono che pochi minuti sullo schermo e che, al di là dei vari scambi di sangue, non si sono mai neppure toccata – che tra Klaus e Hailey (sto ancora cercando di superare il trauma) e Tyler e Caroline. Sono così sposati, porca paletta, non può finire tutto con lo spin-off! Non lo accetto, no. ç__ç
Dovremmo avere più puntate da dedicare a questi due – francamente, mi sono un po’ rotta le scatole del triangolo Stefan-Elena-Damon, nonché di Elena in generale – hanno troppo potenziale per vederli sprecati così. :(
E niente, è la prima volta che scrivo di loro due e spero di non aver sconvolto i personaggi – se li ritenete troppo OOC ditemelo così metto l’avviso ;) Ci sono un sacco di missing moment che si potrebbero narrare su di loro, dato che quella simpaticona della Plec lascia sempre le loro scene a metà per farci vedere Elena che fa la pipì – insomma, abbiamo capito che è la protagonista ufficiale, ma basta. >_<
Liberate Caroline, mandatela a New Orleans!
A presto, popolo di Vampire Diaries. ♥
Niglia.
   
 
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