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Autore: mamie    24/04/2013    9 recensioni
La fine di Meleagro ispirata a quanto racconta Ovidio nelle Metamorfosi e al quadro di Pompeo Batoni "Atalanta piange Meleagro morente".
[Prima classificata al contest "Dal linguaggio iconico a quello verbale" di darllenwr.
Seconda classificata al contest "Un tuffo nell'arte" di Jayu.
Quattordicesima classificata al contest "Tempo di lacrime" di Chisana kizune].
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '... e di altre Storie'
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Nota: il quadro ispiratrice della storia, Atalanta piange Meleagro morente lo trovate qui.

Seconda classificata al contest Un tuffo nell'arte di Jayu
Prima classificata al contest Dal linguaggio iconico a quello verbale di darllenwr. 
Quattordicesima classificata al contest Tempo di lacrime di Chisana kitzune.

 




GLI DEI SONO FELICI
 

Avresti preferito, certo, la rapida morte in battaglia degli eroi invece di quel lungo ed estenuante dolore. Forse l’hai persino invocata, la dea cacciatrice che tanto amavi. Hai chiamato il suo nome nel mezzo del tuo bruciante delirio, hai cercato, brancolando, la sua mano che incoccasse finalmente la freccia pietosa per trarti fuori da quel fuoco. Ti è parso addirittura di vederla, seduta al tuo fianco, tergerti il sudore dalla fronte e bagnarti le labbra. Sentivi il guaito sommesso dei suoi cani e un altro suono, più grave, come se stesse anche lei piangendo.
Non era Lei. Gli dei non hanno per gli uomini che un breve interesse. Loro sono felici e non possono essere altro.
Ah, Meleagro, ne valeva davvero la pena?
Valeva la pena morire così per l’onore di una femmina non domata, di una cavalla selvaggia cui nessuno finora è riuscito a mettere il morso?
Quando apri di nuovo gli occhi vedi che è lei quella che ti sta accanto, l’unica che è rimasta dopo che tutti se ne sono andati presi dall’orrore, quei pochi che erano rimasti vivi. L’unica che per te ha qualche lacrima umana.
L’altra, la dea, ti ha segnato col suo marchio e ti ha lasciato al tuo destino, come ha fatto decine di volte, senza che questo abbia scalfito di un soffio la potenza della sua luce.
 
L’hai amata subito quella ragazza selvaggia che osava stare in mezzo agli uomini come se non avesse mai fatto altro nella sua breve vita. L’hai amata contro tutto e contro tutti. Ti piaceva il modo in cui, con un gesto brusco, si scostava i capelli dal viso. Ti piaceva il movimento delle sue braccia forti quando tendevano l’arco. Ti piacevano le sue gambe lunghe e veloci; nessuno riusciva a batterla quando correva come una cerva di montagna in mezzo ai boschi. Restavi incantato a guardare il piccolo seno adolescente che spuntava tenero dalla tunica male annodata e fantasticavi sulle sue labbra avide del sangue delle prede uccise.
Lei non ti guardava. Vedeva solo la gioia della caccia, del bosco selvaggio, della freccia che coglie precisa il bersaglio. Come gli altri si buttava allegramente nel torrente gelato per togliere la polvere e il sudore della lotta, come gli altri gioiva al latrato festoso dei cani che le giravano attorno leccandole le caviglie.
L’hai paragonata alla dea dall’arco d’argento. Forse, amando lei, avresti voluto amare quell’altra, quella cui era legato il tuo destino, la vergine feroce che non ha pietà per nessuno.
Sei stato folle e lo sapevi. Gli dei non avrebbero steso le loro mani pietose su di te, gli uomini non ti avrebbero perdonato. Sei rimasto solo, Meleagro, solo col tuo amore, con la tua rabbia vendicativa, con la tua inutile pietà. Sei rimasto solo con quel tizzone che ti brucia le viscere facendoti urlare come una bestia ferita; da cacciatore sei diventato una misera preda che aspetta solo la morte.
 
Forse adesso l’altra ti sta guardando compiaciuta. Quasi lo vedi il suo sorriso sereno. Là dove corre la sua muta di stelle stanno i trofei di chi ha osato amarla, ma tu non avrai da lei neppure quella sorte. Allora comprendi che il destino ti ha braccato come un segugio ostinato e alla fine ti ha preso.
Mentre l’atroce sofferenza si scioglie nell’abbraccio liquido della morte, capisci che di te resterà solo cenere.
Ti arrendi, finalmente, e ti è dolce all’orecchio l’ultimo suono sommesso di quelle lacrime.
 



 

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Nota: il titolo vuole alludere al fatto che gli dei greci sono per definizione "felici" e non spetta a loro piangere i mortali; Artemide non può (non deve) piangere per Meleagro, mentre Atalanta (quasi alter ego della dea) può farlo.
  
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