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Autore: TwistedRocketPower    24/04/2013    2 recensioni
Una passeggiata nel parco si trasforma in qualcosa di diverso quando Kurt trova un ragazzo piangere su una panchina. Dopo aver realizzato che il ragazzo non ha dove andare, Kurt lo porta a casa, ma quel semplice gesto gentile finirà per cambiare entrambe le loro vite per sempre.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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 A WALK IN THE PARK

 
 
Era stata una lunga giornata. Kurt sospirò mentre si infilava il cappotto, dirigendosi verso la porta. Aveva bisogno di una passeggiata per schiarirsi le idee. La mattinata era iniziata male quando la sveglia non aveva suonato e si era svegliato tardi. Aveva avuto appena il tempo sufficiente per mettersi il primo completo che era riuscito a trovare e a sistemarsi i capelli. Mentre si dirigeva verso scuola, pensò che la giornata non potesse andare peggio… e invece fu così.
 
10:02 granita in faccia
10:12 uscito dal bagno; in ritardo; detenzione
12:04 pranzo. Odore di insalata di tonno dalla caffetteria.
13:13 sbattuto contro un armadietto, due volte
13:58 la lacca smette di tenere
14:51 andare nella sala coro per dire al signor Schue della detenzione. Scoperto di avere la possibilità di cantare un assolo. L’assolo va a Rachel.
15:00 inizio di un’ora di detenzione trascorsa con gli idioti dell’hockey e del football che vanno avanti e indietro facendo i peggiori scherzi da ‘gay’.
 
Nemmeno scriverlo sul suo diario lo aiutava a sentirsi meglio. Da qui decise di fare una passeggiata.
 
Aveva appena finito di cenare da solo. Finn voleva finire di giocare a qualche videogioco e suo padre e Carole erano fuori per un appuntamento.
 
Camminò per strada, con le mani nelle accoglienti tasche del cappotto, dirigendosi verso il parco. Normalmente non era un fan della natura, ma il parco era una forma più ridotta della natura e non gli importava poi molto se andava lì. L’unica cosa positiva era che il suono del vento tra gli alberi lo rilassava.
 
Attraversò la strada. ‘Senza guardare, Hummel?’ pensò con sarcasmo. ‘Sei un tipo pericoloso’.
 
Camminò lungo il marciapiede, sorridendo mentre guardava la gente passare insieme ai loro cani. Gli piaceva cercare di indovinare i loro nomi, anche se non avrebbe mai saputo se avesse indovinato o meno.
 
 



 
Stava camminando da una decina di minuti, quando lo notò su una panchina. Era la posizione particolare che attirò la sua attenzione. La schiena era curva, con i gomiti sulle gambe e la testa tra le mani.
 
Kurt si avvicinò un po’ e si accorse che era un ragazzo, e da quello che poteva vedere, sembrava avere la sua stessa età.
 
Niente di tutto ciò, però, lo poteva indurre a fermarsi per controllare il ragazzo. No, si fermò perché mentre si avvicinava lo sentì tirar su con il naso. Conosceva quel suono fin troppo bene, perché era solito farlo anche lui.
 
Si sedette tranquillamente sul lato opposto della panchina, aspettando un momento prima di parlare. “S-stai bene?”
 
Il ragazzo tirò su la testa e si affrettò ad asciugare le lacrime sulle guancie. “Sto bene” rispose troppo in fretta. Stava guardando nella direzione di Kurt mentre rispondeva, ma si era rifiutato di stabilire un contatto visivo.
 
“Davvero?” rispose Kurt. “Piangi per il gusto di farlo?”
 
La domanda fece sorridere il ragazzo che si lasciò scappare una piccola risatina. Il sorriso, però, svanì troppo in fretta per i gusti di Kurt e fu sostituito con un respiro traballante.
 
“E’ stata una lunga giornata” rispose finalmente il ragazzo.
 
Kurt annuì. “Non dirlo a me”
 
“Anche per te?”
 
Un altro cenno.
 
Rimasero entrambi in silenzio per un attimo prima che Kurt parlasse di nuovo. “Allora, lo farai?”
 
“Farai cosa?”
 
“Dirmelo”
 
“Oh”
 
Il ragazzo sembrò sorpreso. “Davvero vorresti?”
 
“Solo se vuoi” Kurt non voleva sembrare invadente, ma voleva anche che la loro conversazione non finisse dopo solo due parole.
 
“Uhm, beh…”. Il ragazzo si schiarì la gola. “Io vado alla Dalton Academy e oggi c’era una riunione dei professori quindi non avevamo lezione. Avevo deciso di tornare a casa prima per trascorrere il fine settimana in famiglia”. Si guardò i piedi che a malapena toccavano terra, mentre raccontava la sua storia a un ragazzo sconosciuto. “V-volevo parlare con loro”. Fece una pausa prima di spiegarsi meglio.
 
“Per fare outing”. Aspettò un giudizio o che il ragazzo si alzasse e se ne andasse, ma non successe niente di tutto ciò.
 
“Non l’hanno presa bene?” provò a indovinare Kurt, anche se era più una constatazione che una domanda.
 
Scosse la testa. “No, affatto. Credo che le parole esatte di mio padre siano state ‘non esiste che lasci vivere un frocio sotto al mio tetto’, e mia madre era d’accordo”
 
“E’… è orribile. Mi dispiace tanto”
 
Lui annuì, ringraziandolo silenziosamente per la sua sincerità. “Non sapevo cosa aspettarmi” continuò il ragazzo “ma non che mio padre mi spingesse in auto, guidasse fino a qui e poi… mi scaricasse”
 
Kurt spalancò gli occhi shoccato. “Ti ha lasciato qui? Non sei arrivato da solo?”
 
“No”
 
Il ragazzo sentì le lacrime bruciargli di nuovo gli occhi, così torno nella posizione in cui l’aveva trovato Kurt.
 
Kurt fu tentato di prendere il ragazzo, tirarlo per un braccio e allontanare la tristezza da lui, ma si rese conto che sarebbe stata una cosa troppo imbarazzante.
 
Aspettò un attimo prima di avvicinarsi e mettergli dolcemente una mano sulla spalla. Il ragazzo si voltò a guardare la mano, poi Kurt, guardandolo finalmente negli occhi.
 
“Io… spero che non ti dia fastidio se ti tocco. Mi sembrava che ne avessi bisogno” disse Kurt.
 
“No, va bene” rispose, senza allontanarsi da quel tocco. “Sai, ero seduto qui da due ore prima che una persona si fermasse per vedere se stessi bene. Perché ti sei fermato?”
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Ho visto una persona piangere, un ragazzo giovano oltretutto, e… ho capito. Anche se fai finta che non sia così, è solo un altro modo per chiedere a qualcuno di domandarti se stai bene. Qualcuno che si prenda cura di te… e io l’ho fatto”
 
Il ragazzo guardò a terra. “Grazie” disse con calma.
 
“Nessun problema”
 
Il ragazzo, ancora una volta, si asciugò le lacrime dal viso. “Probabilmente penserai che sono un coglione. Hai avuto una brutta giornata anche te?”
 
“Ho avuto” rispose Kurt, togliendo la mano da sopra la spalla del ragazzo e rimettendola in tasca. “Ma in realtà non sembra più così brutta”. Sorrise, sperando che quel ragazzo con troppo gel nei capelli gli sorridesse in risposta. Lo fece.
 
Un silenzio confortevole calò su di loro mentre il ragazzo si guardava intorno. Cominciava a far buio e la temperatura stava calando.
 
“Hai un posto dove andare?” chiese Kurt.
 
Abbassò lo sguardo. “E’ una notte serena. Starò bene qui”
 
Kurt lo fissò per un momento, prima di alzarsi. “Andiamo”
 
Il ragazzo si voltò verso di lui aggrottando le sopracciglia. “Cosa?”
 
“Andiamo” ripeté Kurt, facendo un cenno al ragazzo di alzarsi.
 
“Dove?”
 
“Non ti lascerò dormire su una panchina del parco. C’è una stanza per gli ospiti a casa mia. Puoi stare lì”
 
“D-davvero?”
 
Kurt annuì.
 
“Non vivo molto lontano da qui. C’è il mio fratellastro a casa e mio padre e la mia matrigna torneranno presto”. Si guardò introno e si rese conto che il ragazzo non aveva nulla con sé. “I tuoi genitori non ti hanno lasciato niente?”
 
Scosse la testa, nascondendo la vergogna.
 
“Non hai il mio stesso fisico, ma dovrei avere qualcosa che fa per te”
 
“N-non…”
 
“Senti, non sono un serial killer che sta tentando di farti cadere nella mia trappola. Voglio dire, guardami, potresti atterrarmi in un attimo. Non voglio farti congelare, quindi hai due opzioni. Numero uno: ti posso portare in un rifugio dove potrai dormire in una stanza con cinquanta e più vecchi, uomini sudati e sporchi o venire con me nella tua confortevole e ben arredata stanza”
 
“Non voglio essere un intruso”
 
Kurt roteò gli occhi mentre allungava una mano e lo tirava per un braccio.
 
 



 
Si diressero verso la casa di Kurt, entrambi con le mani nelle tasche mentre camminavano.
 
“Questo va contro tutto quello che i miei genitori mi hanno insegnato” disse il ragazzo mentre si avvicinavano alla casa.
 
“Anche per me” rispose Kurt con un sorriso. “Oh, sono arrivati. Bene” aggiunse avvistando l’auto di suo padre nel vialetto.
 
Kurt prese la chiave dalla tasca e aprì la porta. La tenne aperta perché il ragazzo più basso potesse entrare, poi la richiuse alle sue spalle.
 
“Hai una bella casa” disse il ragazzo guardandosi intorno. “Molto accogliente”. Sapeva di dover essere nervoso ad entrare in casa di uno sconosciuto e fino a un attimo prima lo era, ma qualcosa nell’intimità di quella casa lo aveva calmato immediatamente.
 
“Grazie” rispose Kurt. Sentì movimento in cucina. “Sono di là. Andiamo”
 
Si diresse verso la cucina dove Burt e Carole erano seduti a mangiare il dolce avanzato.
 
“Papà?”
 
Burt alzò lo sguardo per vedere Kurt e un ragazzo sconosciuto dietro di lui.
 
“Kurt” rispose. “Chi è il tuo amico?”
 
Fu in quel momento che Kurt si rese conto di non avere idea di come si chiamasse il ragazzo. Si voltò verso di lui. “Il nome?” chiese con calma, nonostante Carole e Burt potessero sentirlo.
 
“Oh. Blaine. Blaine Anderson”
 
Kurt annuì e indicò se stesso. “Kurt Hummel”
 
Blaine annuì e Kurt si voltò verso suo padre. “Papà, Carole, ho bisogno di chiedervi una cosa”
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
So che tutti avevate intuito che si trattava di Blaine prima ancora che si fosse presentato, ma visto che per Kurt era uno sconosciuto, non ho usato il suo nome.
Ad alcuni potrebbe sembrare un po’ OOC. Se sotto alcuni aspetti tutto rimarrà uguale, per altri sarà un po’ diverso.
Spero che vi sia piaciuto il primo capitolo! Lasciatemi una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate!

 
 
Note della traduttrice:
Rieccomi con una nuova traduzione. Essendo ormai agli sgoccioli con ‘In A Heartbeat’, inizio a pubblicare il primo capitolo di questa long della stessa autrice.
Per qualsiasi cosa, vi rimando al mio account : Leana.
  
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