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Autore: Delirious Rose    24/04/2013    3 recensioni
“Ecco, andrò da lei e le farò placare la bufera, costi quel che costi!” E detto questo, prese il mantello, la verga e la spada e si mise in viaggio verso la parte alta della Valle. 
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’ERA UNA VOLTA, quando questo paese era governato da un re straniero, una famiglia di Conti-Maghi. L’ultimo Conte godeva di grande stima presso la corte reale e, nonostante le invidie e le macchinazioni dei cortigiani suoi rivali, era riuscito non solo a divenire uno dei più fidati consiglieri del re, ma anche a ottenere la mano della fanciulla più graziosa dell’entourage della regina per il proprio figlio maggiore: le malelingue videro mero interesse in quelle nozze, ma in realtà il giovane Conte amava profondamente la fanciulla. 
Venne il tempo per la futura sposa di raggiungere il suo promesso presso la dimora dei suoi avi: il viaggio non era lungo, ma il corteo nuziale doveva raggiungere la Valle attraverso un passo di alta montagna; e, proprio nei giorni fissati, ecco che nella Valle si scatenò una terribile bufera. 
“Conosci la montagna, figliolo,” disse il Padre al giovane Conte-Mago, “Domani il sole tornerà a splendere e la tua sposa potrà attraversare il passo.” 
Passò un giorno, ne passarono due e passò un’intera settimana, ma il tempo non accennava a migliorare, gettando nello sconforto il giovane Conte-Mago.
“La Strie che abita in alta quota sarà furiosa” mormorò un mattino il figlio minore.
“Per la Vergine e per Beleno, se non si calma adesso chissà quando potrò riabbracciare la mia amata!” rispose il giovane Conte-Mago al fratello. “Ecco, andrò da lei e le farò placare la bufera, costi quel che costi!” E detto questo, prese il mantello, la verga e la spada e si mise in viaggio verso la parte alta della Valle. 
Cammina e cammina, più saliva e più la furia della tempesta aumentava. Di certo la dimora della Strie è vicina, si diceva mentre combatteva contro la furia del vento e la pioggia. E cammina e cammina, cammina e cammina, ecco che nel vento poté distinguere una voce che ululava furiosa, e dopo aver camminato un altro po’ giunse davanti alla dimora della Strie: il Conte-Mago batté tre volte la terra con la verga e chiamò con voce possente. “Strie che per grazia dei miei avi abiti questo luogo, ferma immantinente questa bufera!” 
La voce della Strie tacque per un momento, poi quella rispose. “E chi sei tu per dare ordini a me? Un giovane ancora imberbe che s’è venduto al nuovo dio vedo io, non un Sacerdote dell’Antico culto, il solo a poter tentare di farmi una tale richiesta.” 
“Io sono quel che sono,” rispose il Conte-Mago con l’impazienza della sua gioventù, “e ho diritto su questa terra! Placa questa tempesta immantinente e non costringermi a usare la forza!” 
La Strie tacque, e poi la sua voce risuonò in una risata derisoria. “Vuoi costringermi, giovane irruente? Dimentichi che ogni cosa ha il suo prezzo?” 
Il giovane Conte-Mago storse le labbra a quelle parole, mentre la mano stringeva l’elsa della sua spada. “Dimmi il tuo prezzo e poi tratteremo.” 
La Strie tacque di nuovo e poi parlò con voce suadente. “Se davvero vuoi che plachi la tempesta, sii il mio sposo per sette anni. Ma rammenta, non ti darò la mia mano se prima non mi sconfiggi a duello, e rammenta che ti divorerò se sarò io a vincere. E non si mercanteggia.” 
Il giovane Conte-Mago strinse i denti alla richiesta della Strie: egli aveva già una fanciulla da sposare, era lei la ragione del suo colloquio con la Strie, e di certo non voleva come sposa una orribile vecchia. Sette anni passano in fretta, pensò e accettò le richieste della Strie. Con un’intensa folata di vento, la Strie scatenò la sua furia sul giovane Conte-Mago senza troppe cerimonie e il duello ebbe inizio: sole e neve, vento e rocce, bruma e ciel sereno s’alternarono in alta quota a seconda di chi prevalesse fra il giovane e la strega, e per tre giorni e tre notti i due lottarono utilizzando gli elementi, ma quando l’aurora del quarto giorno tinse di rosa la volta del cielo, facendo fondo a tutte le energie rimastegli, il Conte-Mago ebbe la meglio sulla sua rivale e con una folata di vento disarmò la Strie. 
“Ora dovrai essere il mio sposo per sette anni...” mormorò ella con un tono strano, e il Conte-Mago le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e vide che la Strie era giovane e di aspetto gradevole, e per un attimo gli parve che gli occhi di lei brillassero di gioia o di sollievo.
 

 

Passarono le stagioni e il ventre della Strie aveva cominciato a gonfiarsi, ma, sebbene la vita in alta quota non fosse tanto malvagia, il giovane Conte-Mago sentiva nostalgia della sua casa e dei suoi cari. Come farò a tornare a fondovalle prima che scadano i sette anni? Si chiedeva mentre raccoglieva legna o cacciava nella foresta. Ecco, farò in modo che sia la Strie stessa a voler scendere! E pensa e pensa, pensa e pensa, decise di utilizzare l’astuzia e di stuzzicare la vanità della Strie: ella infatti amava molto le sfide e dimostrare d’esser migliore dei comuni mortali, per cui una sera, mentre erano accoccolati davanti al fuoco, il giovane Conte-Mago disse, come per caso, che la Strie era tanto avvezza a quella vita e a prender parte ai sabba che ella non sarebbe mai stata in grado di stare fra la gente civile del fondovalle. A quelle parole la Strie si sentì ferita nell’orgoglio e ribatté che tale era la vita delle Stris, ma questo non significava che ella non potesse vivere in un altro modo: vedendo che il suo piano stava andando a buon fine, il giovane Conte-Mago stuzzicò ancora un po’ la vanità della Strie.
“A parole tutti sono capaci di tutto, ma è con i fatti che si rivela la realtà. Ma non ha importanza e tu abbisogni di riposo: nel tuo stato un viaggio – anche se fino a fondo valle – non è saggio da affrontare.” 
“Dopo aver diviso il mio giaciglio per tanto tempo, ancora metti in dubbio la mia parola?” rispose ella prendendo la sua scopa e l’unguento per volare e preparandosi alla partenza. 
Ma il Conte-Mago disse: “È meglio non andare troppo lontano, non è saggio per te andare oltre la Valle: la casa dei miei genitori è a solo poche ore di cammino e potremo andarci domani con il sole del mattino.” E poi aggiunse: “ma non posso portarti fra gli uomini civili se non conosco il tuo nome...” 
La Strie, a quelle ultime parole, s’inalberò: “Pensi che sia tanto stupida da dirti il mio nome e da permetterti di avere pieno possesso di me? No, sarai tu a scegliere il nome con cui presentarmi fra i tuoi simili!” 
Egli si morse la lingua e la fissò cercando un nome che fosse adatto a lei, e poi disse: “Ti chiamerò Selvaggia Dell’Orso, perchè sei come un’orsa che abita queste selve.” 
La Strie annuì lieta del compromesso e ripose la sua scopa. 
Il mattino seguente il Conte-Mago e la Strie percorsero insieme il sentiero che conduceva a fondovalle: un’immensa gioia pervase il cuore e l’animo della Contessa-Madre alla vista del figlio creduto morto, e quale disappunto la esacerbò alla vista di una tale nuora! Il Conte-Padre rimproverò il figlio per la sua avventatezza che gli era costato una moglie amorevole e forse anche l’onore, ma decise di fare buon viso a cattivo gioco: diede alla Strie vesti e una stanza consoni al suo nuovo stato e come tale cercò di trattarla. 
Terminato il tempo, la Strie diede alla luce due gemelli, un maschio ed una femmina e, come aveva affermato tempo addietro il giovane Conte-Mago, ella era davvero come un’orsa selvatica: solitaria, a volte irascibile, ma proprio come una mamma orsa aveva tanta cura dei suoi bambini; non era una madre snaturata, come avevano temuto la Contessa-Madre e il Conte-Padre, era attenta e premurosa con i figli. Anche il giovane Conte-Mago aveva imparato ad amare i due pargoli e, contravvenendo agli usi di quel tempo lontano, amava giocare con loro e abbracciarli e baciare la loro fronte. 

 

Passarono le stagioni ed i sette anni del patto erano ormai scaduti e il momento del secondo duello era giunto: la sera, sia il Conte-Mago che la Strie abbracciarono i loro figli come se fosse l’ultima volta, poiché entrambi sapevano che colui che avesse prevalso fra i due avrebbe tenuto i due bimbi con sé. Giunta l’alba, il Conte-Mago e la Strie s’avviarono fianco a fianco in alta quota, lì dove tutto era iniziato, e per tre giorni e tre notti la Valle fu scossa dalla più violenta tempesta di cui i suoi abitanti abbiano memoria, ma al quarto giorno né il Conte-Mago né la Strie si presentarono a reclamare i due bimbi. 
Alcuni raccontano che il giovane Conte-Mago avesse vinto nuovamente il duello ma, avendo a cuore la felicità dei suoi figli e non volendoli privare di una madre che, per quanto fosse una donna bizzarra e una pessima moglie, in fondo li amava, avesse proposto alla Strie di tornare a fondovalle con lui: ella aveva accettato, perché non era una madre snaturata, ma mentre percorrevano il sentiero, ecco che le Striis, sentitesi tradite dalla scelta della loro compagna, si erano avventate su di loro facendoli a pezzi. 
Altri raccontano che era stata la Strie a sconfiggere il suo sposo, ma, resasi conto di aver ucciso il padre dei suoi figli, se n'era pentita e era stata mutata in una Magne. 
Altri, invece, affermano che la furia del loro duello fu tale che dalla montagna si staccò una valanga, che travolse entrambi. E i vecchi giurano di sentire ancora, nell’ululato del vento, le voci del Conte-Mago e della Strie chiamare i nomi dei loro figli. 

 

 

Questa fiaba è dedicata a Lan , consulente ufficiale e ufficiosa degli Affari di Casa Tricano: perché sì, se avete letto "RPN" o "Soulmates", allora conoscerete Biagio e la sua eccentrica famiglia.
Per onor di cronaca, i gemelli non sono altri che Emanuele Tricano, trisnonno di Biagio, e Italia Tricano, meglio nota come Contessa Zia (credo che sia ancora in vita proprio grazie al suo essere metà Strie, in fondo è nata negli anni 1860, e che continuerà a seppellire pronipoti per un bel po').

Cordialmente,

D. Rose

   
 
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