Sayonara.
Gli
addii devono essere urlati, agitati, rabbiosi, furiosi.
Con
porte sbattute in faccia.
Con
telefoni muti.
Con
nessun augurio di compleanno.
Con
nessun sms che ti chiede come stai.
Con
nessuna foto in fondo ad un cassetto.
Con
nessuna forma di contatto mentale e fisico.
Altrimenti
si chiama “arrivederci”.
Ed
è un'altra storia.
Le
bruciava ancora la gola mentre scivolava lentamente, con la schiena
contro la
porta d’ingresso, verso il pavimento.
Si
accovacciò stringendo a se le ginocchia, mentre i primi
singhiozzi iniziavano
ad arrivare.
I
lunghi capelli le nascondevano il viso, per non mostrare al mondo
quello
specchio di fragilità.
Avevano
chiuso, quella volta definitivamente.
Non
c’erano possibilità di tornare indietro, di
riappacificarsi.
Duncan
l’aveva tradita, l’ennesima volta, e questa sarebbe
anche stata l’ultima.
Courtney
sbatte` i pugni a terra sbucciandosi le nocche e facendo colare qualche
goccia
di sangue sul pavimento lindo.
Provava
un misto tra rabbia e dolore.
Rabbia
per la sua stupidita`.
Dolore
per avere, per l’ennesima volta, il cuore spezzato.
Eppure
in cuor suo sapeva che era stata la scelta giusta, che non poteva
continuare ad
andare avanti in quel modo, che lui non poteva illuderla ancora una
volta che
avrebbe raccolto per lei i cocci del suo cuore per lei.
Era
giunta l’ora che lei si facesse forza ed andasse avanti da
sola, totalmente.
E
che corresse il rischio di essere veramente felice.
Si
asciugò le lacrime con la manica della camicia bianca,
macchiandola di mascara.
Dopo
di che si rannicchiò ancora di più, sperando di
poter essere assorbita da
quella porta e sparire per sempre.
E
soprattutto di auto convincersi che fosse giusto cosi`.
Proseguire.
Da
sola.
L’aveva buttato
fuori di casa, dopo che
lui aveva ammesso il suo tradimento.
Non si era comportata nel
modo giusto,
doveva per lo meno riconoscere la sua sincerità e non
riservargli una reazione
da vera arpia.
Aveva urlato insulti che lui
non si
meritava, dipingendolo come il diavolo in persona, come un uomo che non
fosse
degno di essere definito tale.
Gli aveva tirato dietro tanti
piatti e
qualche bicchiere, finche` non l’aveva letteralmente sbattuto
fuori di casa,
lanciandoli contro qualsiasi suo oggetto personale, che andava dalle
magliette
allo shampoo.
Era sempre la solita arpia
quella donna,
con il solo desiderio di avere tutto sotto il suo controllo. Non era
colpa sua
se questo suo comportamento lo portasse a tradirla per poter affermare
la sua
indipendenza da lei.
Il ragazzo si
passò una mano tra i
capelli, sospirando.
Forse pero`, quella volta,
aveva
esagerato.
Aveva sempre giocato con il
fatto che lei
non potesse fare a meno di lui, approfittando di questa sua debolezza e
usandola
a suo vantaggio.
Era un bastardo, ma lei aveva
accettato
queste condizioni mettendosi con lui.
Ma forse quella donna aveva
capito che non
poteva andare avanti cosi`, che fosse giusto lasciarlo.
Sbuffò stanco
appoggiandosi al muro
sudicio della sua casa.
Era un cretino.
Lo sapeva benissimo anche lui.
Guardò
distrattamente il calendario e vi lesse “Compleanno Duncan
<3”.
Restò
qualche secondo titubante con il cellulare in mano, indecisa se mandare
un
semplice messaggio con scritto “Tanti auguri” o
lasciare stare.
Aveva
eliminato il numero dalla sua rubrica, ma era ancora stampato
perfettamente
nella sua mente.
Compose
il messaggio distrattamente:
“Tanti
auguri Duncan.”
Lo
rilesse e concluse che era troppo freddo.
Doveva
aggiungere “Un bacio”?
O
un “A presto.”?
Resto
qualche secondo assorta nei suoi pensieri, tamburellando con due dita
sul
cellulare.
Guardò
distrattamente l’ora e si accorse di essere in ritardo, ma
aspettò ancora
qualche minuto che la sua mente ripercorresse la loro storia, fino ad
arrivare
all’ultimo giorno.
L’aveva
tradita, ferita, umiliata.
Perché
doveva augurare qualcosa di buono a quel bastardo?
Cancellò
il messaggio e buttò il palmare in borsa.
Sarebbe
stato un giorno come tanti altri.
Stava cercando quel foglio da
ore, mettendo
sotto sopra l’intera casa.
Proprio non ricordava dove
avesse lasciato
quella lettera, quando rovesciò il contenuto di un cassetto
sul suo letto.
E fu così che, con
immensa calma, una
fotografia svolazzò fino ad appoggiarsi sopra il mucchio di
cianfrusaglie.
Duncan si bloccò
con il cassetto a
mezz’aria, osservando quei volti ritratti, felici.
Loro due erano sdraiati su un
prato, lei
con i capelli scompigliati e pieni di erba aveva raggiunto il colore
dei suoi
capelli e quindi ridevano come matti.
L’uomo prese in
mano la foto e se la
rigirò tra le mani per qualche momento.
Un’ondata di
nostalgia lo avvolse,
lasciandolo in trance.
Erano quasi sei mesi che lui
e Courtney
avevano rotto e non l’aveva più vista da quando
lei gli aveva sbattuto quella
porta in faccia.
Lui, da vero uomo duro quale
voleva
sembrare, se n’era fregato e aveva continuato a vivere la sua
vita, passando da
una donna all’altra con semplicità.
Eppure perché
riguardando quella foto
sentiva che aveva sprecato l’occasione della sua vita?
Chiuse gli occhi ed
accartocciò la foto,
buttandola poi nel cestino.
Non era il momento di piangere o di pensare al passato.
Riaprì gli occhi e
rincominciò a frugare
nella pila di oggetti appoggiati sul letto.
Si erano lasciati ed era giusto
cosi`.
Stava
camminando con Eric, il suo fidanzato, per Toronto, in un caldo
pomeriggio
d’estate quando accadde.
Alzò
lo sguardo ed incontrò due occhi azzurri noti, mentre
l’imboccatura dello
stomaco le si chiudeva.
Deglutì
ma mantenne la calma, stringendo ancora di più la mano del
suo ragazzo e
mostrando il suo migliore sorriso.
Non
era sicura di essere stata notata, quindi la cosa migliore era ignorare
le urla
del suo cuore e andare avanti come se nulla fosse.
Doveva
anche smettere di pensarlo, per il suo bene e della sua nuova relazione.
Guardò
fiera davanti a se, evitando accuratamente lo sguardo di quel ragazzo.
-Hey
Courtney! Come te la passi?-
Le
voce di Duncan le accarezzò le orecchie, gelandole il sangue
nelle vene.
Sapeva
che se si fosse fermata per rispondere non sarebbe più
potuta tornare indietro,
che l’avrebbe intrappolata un’altra volta, l’ennesima,
nella sua
trappola.
Lei
cos’avrebbe fatto?
Si
sarebbe fermata a scambiare due parole?
O
avrebbe fatto finta di non aver sentito?
Stava
a lei decidere se far si che quel addio rimanesse tale o diventasse
l’ennesimo
arrivederci.
*Angolo della disgrazia*
Appena
ho letto questa frase non ho potuto che pensare a Courtney e Duncan.
Perché
a volte è semplice dire “addio”, il
più è mantenere i propri propositi.
L’avrò
riscritta almeno tre volte completamente diversa prima di pubblicarla,
perché
non rendeva mai a pieno quello che volevo, quindi cancellavo e
rincominciavo.
E
ora, mi posso dire parzialmente soddisfatta. (anche perché
sarei stata una
psicopatica a riscriverla la quarta volta..!)
Ultimamente
sto scrivendo short su Duncan e Courtney senza dei veri e propri
finali, perché
alla fine non so neanch’io se sarebbe giusto per loro stare
insieme o lasciarsi
per sempre.
Significato del titolo:
Sayonara
ha un doppio significato in Giappone, che oscilla tra un addio e un
arrivederci, dipende dal contesto.
Quindi
mi è sembrato azzeccato, visto che non si sa, neanche alla
fine, come andrà a
finire.
Detto
cio`, sayonara! :P