Orologio
John Watson era un tipo abitudinario.
Sua sorella, da piccolo, lo chiamava Orologio Johnny.
«Piegate le lenzuola, Orologio?» ridacchiava ogni mattina, quando il fratellino, finita la colazione e accuratamente pettinati i capelli, marciava verso camera per rifarsi il letto. (Harriet non lo faceva mai: lasciava che fosse sua madre a rassettarle la camera, la sera, quando tornava dal lavoro e lui non mancava mai di farle notare quanto fosse svogliata e cattiva, a lasciar faticare la mamma di nuovo.)
«Smettila, Harry» brontolava lui, alzando le spalle sdegnoso. Poi spianava le pieghe del copriletto e preparava lo zaino, impilando i libri a seconda delle materie del giorno.
Preciso, sì, e quindi?
John Watson era un tipo abitudinario.
L’esercito aveva portato via gran parte delle vecchie abitudini, solo per regalargliene di nuove, persino peggiori. (Guardarsi il fianco destro con regolarità, per assicurarsi la presenza della pistola, era stata una di quelle dure a morire persino dopo sei mesi come civile a Londra.)
Il caffè era rimasto più a lungo.
(Fino a Sherlock, John?)
Era sopravvissuto persino all’Afghanistan, perché di caffè non ce n’è mai troppo, quando passi nottate chinato sul corpo straziato di un compagno d’armi.
Lungo, forte, tre gocce di latte.
John Watson era stato un tipo abitudinario.
Non prende più caffè, adesso.
Sherlock non andava mai a comprare il latte.
Due parole.
Il titolo di questa raccolta è ispirato ad un vecchio detto irlandese: "Possa tu essere in Paradiso mezz'ora prima che il Diavolo sappia che sei morto".
Il prompt e la double drabble (220 parole precise) hanno una dedica grossa così alla mia mogliA GrumpyCat preferita, Mrs.Bored aka Damn Jawn, e un cuoricino particolare per tutte le bimbe del WAJ (We Are Johnlocked)!