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Autore: Sachi93    26/04/2013    2 recensioni
"Romano aveva perso di nuovo.
Di nuovo.
Ancora.
Trascinato a forza, via dallo splendore della reggia di Caserta, Romano aveva visto cadere di nuovo il suo regno.
Non era riuscito a contrastarlo e dopo aver venduto Feliciano, Francis aveva invaso la sua terra.
Non era stato abbastanza forte."
11° Sequel di Cicatrici, il protagonista è Romano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cicatrici...'
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"Si vis pacem para bellum!"
 
Ecco cosa ci disse il nonno.
Se vuoi la pace, combatti!
Ma noi non ne eravamo in grado.
E fummo sconfitti.
 
15 marzo 1806
 
Usurpatore, un fottuto, bastardo, schifoso, usurpatore.
Ecco chi era veramente Francis.
Un gran figlio di puttana.
 
"Non sei contento Romano, sei libero!"
 
Ora che i Borboni erano fuggiti, Napoli era di nuovo francese.
Da numerosi secoli, Francis non vedeva quella città.
Già, da dopo la vittoria degli Aragonesi.
Eppure Romano era rimasto.
E rimaneva in piedi nella sala del trono, ancora a testa alta, lì davanti all' invasore.
Lui, solo un altro ragazzino cencioso, una piccola nazione ridotta a stracci, circondata dall' oro, non abbassava mai lo sguardo.
Impavido contro ogni previsione del francese, pur con tutte quelle cicatrici.
 
"Libero un cazzo!" Rispose ferocemente.
"Oh, non dovresti essere così selvaggio!"
Francis lo colpì allo stomaco con il calcio del suo moschetto, facendolo vomitare sangue.
"Schifoso bastardo!" Sputò, alzando di nuovo il volto dal pavimento di marmo.
"Portatelo via!" Sentenziò con un gesto di sufficienza l'invasore.
 
Romano aveva perso di nuovo.
Di nuovo.
Ancora.
Trascinato a forza, via dallo splendore della reggia di Caserta, Romano aveva visto cadere di nuovo il suo regno.
Non era riuscito a contrastarlo e dopo aver venduto Feliciano, Francis aveva invaso la sua terra.
Non era stato abbastanza forte.
 
Ma quella sarebbe stata l'ultima volta.
Lo aveva promesso.
A sé stesso, al fratello.
Per il loro popolo.
Un giorno nessuno avrebbe più invaso le loro terre, nessuno li avrebbe conquistati.
Un giorno avrebbero vinto.
 
Così sbattuto in quella umida cella, sapeva che quel giorno sarebbe presto arrivato.
Lo sapeva persino mentre serrava la lama del suo coltello nella gola del suo carceriere.
La libertà.
L' avrebbe conquistata, anche a costo di impregnare le sue giovani mani di sangue.
Per quella promessa, lui avrebbe atteso quell' agognato sapore di vittoria.
Un sapore che in tutti quei secoli, non aveva mai conosciuto.
Un giorno sarebbero stati di nuovo insieme, liberi, nella loro terra.
 
Il francese non si accorse della sciabola che gli perforò un polmone.
 
Il patto che firmò con la sua stessa anima.
 
 
C' era qualcosa nell' aria di Caserta quel mattino.
Non aveva un sapore specifico.
Mai a Romano era sembrata così quieta.
Era una di quelle mattine d'estate, una di quelle in cui a Romano capitava di svegliarsi presto, non per il suono stridulo della sveglia.
Quel giorno non c'era un motivo per svegliarsi presto.
No, tuttavia era come se il suo corpo, la sua mente gli avessero detto di farlo, perché avrebbe potuto perdere un avvenimento importante.
Qualcosa per cui valeva la pena alzarsi.
E lui lo fece, scese in cucina, preparò il caffè e lo bevve in terrazza sul dondolo, aspettando.
All' improvviso, alcuni piccoli raggi di sole infransero la barriera della foschia, illuminando le foglie degli alberi e i campi sterminati d'erba selvatica che circondavano la loro villa.
L'alba d' estate.
Ecco cosa si sarebbe perso.
Sembrava strano, ma per Romano questo piccolo piacere insolito, quel rito mattutino, gli regalava di tanto in tanto un sincero mite sorriso.
Feliciano rimaneva in  silenzio accanto alla cucina, osservando quel suo sorriso, che da tanto non gli accarezzava il viso. 
Sperando che quella magia potesse durare per sempre nel cuore del fratello.
Perché Feliciano sapeva che quel particolare momento lo consolava più di qualsiasi abbraccio, più di qualche lacrima che gli bagnava la camicia.
Allora lo lasciava lì, a godere di quell'alba, mentre lui ritornava di nuovo a letto.
Per Romano, per lui era semplicemente il sole che tornava a splendere di nuovo sulle loro terre.
Dopo tanto tempo, dopo secoli d'oscura sofferenza, nella consapevolezza di essere sporco.
Solo una certezza esisteva.
Perché lui aveva finalmente mantenuto la sua promessa.
Forse ora la sua anima avrebbe di nuovo trovato la pace.
 
In fondo per la libertà tutto è lecito.
Anche uccidere.
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Allora che ne dite? Un Romano un po' dark, qui è come se avesse una doppia personalità.
Scusate per il linguaggio, ma una persona tempo fa mi ha detto che avrebbe reso la storia più realistica, tanto valeva provare.
Credo che per Romano mantenere almeno una promessa alla persona più importante delle sua vita, sia necessario, quasi  vitale.
Quindi ho reso più coraggioso Romano, meno inetto di quello  che si potrebbe pensare, ma anche una mezza specie di assassino.
Allora ho scelto la reggia di Caserta come ambientazione, non solo perché l'ho visitata, ma fu la residenza dei Borboni fino all' Unità d' Italia.
Un caloroso saluto,
Sachi93.
  
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