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Autore: GingeRed    26/04/2013    5 recensioni
Perché in un momento importante come quello, in un momento in cui il mio futuro era appeso ad un filo e tutto dipendeva da quello che avrebbe pensato di me un tipo che nemmeno mi aveva mai vista, io mi ero soffermata soltanto sulla voce che avevo sentito pochi secondi prima?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Explosions.





Londra, 23 Marzo 2013.
 
Era stata un'altra di quelle giornate che non portano a nulla di buono, un'altra di quelle giornate prive di ogni sapore e di ogni colore, una giornata inutile. Erano due mesi che cercavo un dannatissimo lavoro senza nessun risultato, due mesi che ogni mattina uscivo di casa, piena di speranze e di sogni nascosti dentro alla borsa, con un pacco di curriculum alla mano, girando per tutta la città. Mi ero fatta tutti, tutti i pub e i locali che c'erano, e sottolineo che stiamo parlando di Londra, una città da dieci milioni di abitanti, dieci stramaledetti milioni. Insomma, non ero di certo un avvocato con sette lauree, ma non ero neppure un sprovveduta: facevo la bartender, più comunemente chiamata barista, ed amavo ciò che facevo. Mi piaceva stare in mezzo alla gente, preparare bevande, ridere e scherzare, mi piaceva davvero da pazzi, ed il mio curriculum era grandioso, almeno secondo me, eppure ricevevo solo porte sbattute in faccia, mai nulla di buono.
Da due mesi a quella parte non era successa neppure una cosa bella nella mia vita, nemmeno mezza.

 
"Lavora per la compagnia Taylor&Walker, abbiamo oltre 200 pub sparsi per tutta Londra, c'è posto anche per te!"
 

Avevo letto quella scrittina lampeggiante sullo schermo del mio pc senza entusiasmo, senza speranza alcuna, cosa strana per me, che di speranza ne avevo avuta sempre fin troppa; una volta ricordo che da bambina avevo addirittura sperato che il mio pesciolino rosso ormai passato a miglior vita stesse nuotando tra le nuvole, avevo sperato che fosse felice. Ero una di quelle persone che non si dava mai per vinta, quel genere di persona che "la speranza è l'ultima a morire", una di quelle che ci crede, e ci crederà sempre, fino alla fine.
Dopo aver riletto quella scritta tre o quattro volte avevo pensato "ma si, tanto che ci perdo?", ed avevo risposto a tutte le domande dell'application form online, allegando il mio curriculum alla fine; tanto da perdere non c'era nulla. Tanto valeva sperare in qualcosa di buono.


 


 
Londra, 25 Marzo 2013.
 
Due giorni dopo mi ero ritrovata in un bellissimo ed inglesissimo pub in Victoria Street, a bere birra di ottima qualità e a mangiare patatine fritte con lo sguardo perso verso l'orizzonte. Non avevo concluso nulla in quei due giorni, nessuno mi aveva accettata, nessuno di aveva detto "si, vieni a fare una prova", e, tanto meno, a nessuno ero piaciuta. Le cose per me non andavano bene, affatto, se non avessi trovato lavoro entro poco sarei dovuta tornarmene nel mio sperduto paesino tra le verdi valli scozzesi nella fattoria dei miei, e la cosa proprio non mi andava a genio; adoravo i miei, ma quella vita in quel paesino così piccolo non era mai stata adatta a me, io volevo di più, volevo vivere nel caos, volevo prendere la metropolitana tutti i giorni e stare schiacciata tra la folla, volevo andare alla fermata del bus, correre e perderlo, volevo  studiare le persone, volevo vedere cosa c'era fuori da quel piccolo paese di tremila abitanti, volevo vivere.
 
Mentre ero seduta a quel tavolo, da sola, non avevo potuto fare a meno di osservare tutte le persone che mi circondavano, fin quando una persona, un ragazzo, non aveva attirato la mia attenzione, facendomi così puntare il mio sguardo su di lui. Era un ragazzo normale, era seduto al bancone a compilare dei moduli, scriveva con la mano sinistra e teneva una matita poggiata dietro l'orecchio destro. Aveva i capelli biondi con alcune ciocche sparate in aria ed altre che gli ricadevano leggere sulla fronte, gli occhi bassi fissi sui fogli davanti a lui, una semplice maglia bianca, dei jeans chiari e delle banalissime scarpe da tennis. Sembrava molto concentrato in quello che stava facendo, ma evidentemente il mio guardarlo insistentemente lo aveva distolto dal suo lavoro, per fargli alzare la testa e fissarmi, e, se avesse potuto leggermi nella mente sarebbe rimasto scioccato da quello che stava succedendo dentro di me. Aveva degli occhi banali, erano di un marrone normalissimo, proprio come i miei, eppure io dentro c'avevo visto il mondo, era inspiegabile lo so, ma era esattamente così. Non avevo mai visto degli occhi brillare di luce propria così, era la prima volta.
 
Senza che me ne rendessi conto, lo sconosciuto, aveva lasciato i suoi fogli e si era alzato dallo sgabello, azionando in me una serie di meccanismi che mi portarono alle preghiere mentali, dove chiedevo al Signore di fargli muovere le gambe fino al mio tavolo.
Ti prego, ti prego, ti prego, vieni qui. Avevo sperato.
 
 « Lo sai che non si fissa la gente? » mi aveva detto lui, con tono scherzoso, mentre io ero diventata dello stesso colore della salsa delle patatine.  « Io.. scusa. », avevo sussurrato timidamente, nascondendomi dentro al maglione bluastro che portavo. « Tranquilla, stavo scherzando, mi stavo chiedendo, cosa ci fa una ragazza da sola, a bere birra e a mangiare patatine fritte, in un pub, quando potrebbe essere dovunque? » mi aveva chiesto, come un bambino curioso,  « volevo passare una sera seduta a bere birra e a mangiare patatine, niente di più. » « che ne dici di vedere qualcosa di diverso, qualcosa che sicuramente non avrai mai visto? »
 
Cos'era, un gioco per caso? Quel banalissimo e bellissimo ragazzo mi aveva sorriso, e posso giurare di non aver mai visto sorriso più bello, e mi aveva afferrato la mano, trascinandomi dietro di se senza neanche darmi il tempo di replicare. Aveva fatto uno strano cenno al barista, che gli aveva sorriso sommessamente, e ci aveva condotti attraverso la cucina del pub in un corridoietto che sfociava nelle cantine, dove c'era una stanza enorme che a prima vista poteva essere una stanza come le altre, ma, se si analizzava per bene il tutto, era uno spettacolo meraviglioso: Era la sala dove tutte le birre venivano caricate fino ad arrivate ai draght al bancone, dove i baristi preparavano le pinte per i clienti. La cosa potrebbe sembrare banale, lo so, ma quando quel ragazzo aveva abbassato le luci, i colori che vennero fuori sembravano un oceano di puntini, di stelle dorate che correvano lungo tutti quei piccoli tubi che andavano a finire nel muro, e come sottofondo c'era il rumore del mare, creato dai barili di birra in continuo fermento.
 
Era perfetto.
 
« vengo spesso qui a pensare, mi rilassa. » mi aveva detto, seduto su uno dei barili, con lo sguardo puntato su di me in attesa di una mia risposta. « a te piace? » « Wow.. è.. sembra di stare nello spazio.. » Il ragazzo, di cui tra le altre cose non sapevo ancora il nome, mi aveva guardata per un istante tra il meravigliato e lo scioccato, poi si era alzato con un balzo dal barile su cui era seduto e si era posizionato di fronte a me, a due centimetri esatti dal mio viso; per un momento ho pensato che il cuore potesse balzarmi fuori dal petto da un secondo all'altro, lo sentivo scalpitare all'interno della gabbia toracica gridando "fammi uscire da qui brutta cretina, voglio uscire!"
 
« Sei una ragazza normalissima, eppure ti trovo estremamente bella, lo sai? » cosa? « ..con i tuoi occhioni marroni pieni di speranze, i capelli lunghi e spettinati, i primi vestiti che hai trovato nell'armadio stamattina, l'aria da ragazzina pestifera e sognatrice.. » e non appena aveva finito di dire quella frase mi ero ritrovata con le sue labbra incollate alle mie. Era stato un bacio bellissimo, delicato ma pieno di passione, dolce, ma potente allo stesso tempo, era stato un bacio forte, uno di quelli che una volta ricevuti, potranno passare anche trecent'anni, ma tu non te lo scorderai comunque. Quello che ho provato? Ebbene, non lo so. Era stato un misto tra eccitazione, paura, euforia, ansia.

Un esplosione.
 
Dopo quel bacio, si era staccato e mi aveva guardata negli occhi a lungo, probabilmente cercando di decifrare i miei mille e più pensieri, sicuramente avrebbe voluto capire se avrebbe potuto spingersi oltre, o se avrebbe semplicemente dovuto chiuderla lì.
Il problema, il mio problema, era che io ero, sono, e sarò sempre quel genere di persona che si affeziona, che non è in grado di dare un bacio senza attribuirgli un certo significato, una di quelle persone che non ama mai, ma quando lo fa, impazzisce, ama troppo, ama troppo forte, troppo tanto, talmente tanto a tal punto da doversi fermare e dire "cosa diavolo sta succedendo?", ecco io ero, sono, e sarò sempre così, una di quelle persone che non dimentica niente, nemmeno il bacio di uno sconosciuto.
 
« Tu sei una ragazza speciale, non approfitterei mai di te, tanto perchè tu lo sappia.. anche se, ad essere sincero, vorrei fare davvero molte cose insieme a te », aveva detto a voce talmente bassa che avevo fatto perfino fatica a sentirlo, mi aveva accarezzato una guancia e mi aveva sorriso, di nuovo. « Adesso però dobbiamo andare, ho tanto lavoro da sbrigare, ma è stato bello conoscerti.. io comunque sono Ruaridh, Rory per gli amici. » aveva detto tutto d'un fiato mentre mi conduceva all'uscita sul retro del pub; non mi aveva dato nemmeno il tempo di parlare, non aveva voluto il mio numero, o i miei contatti, non aveva nemmeno chiesto il mio nome; bello schifo Amy, complimenti, uno normale no? mi ero rimproverata mentalmente io, addossandomi colpe che poi non erano di nessuno, è soltanto la vita, ed io stavo vivendo.


 


 

Londra, 26 Marzo 2013.
 

" Il suo curriculum è stato selezionato tra migliaia dal "The Albert Pub" per un colloquio domani alle ore 14:30. Porti con se tutti i documenti ed una copia del curriculum.
L 'indirizzo è il seguente: Victoria Street 52, SW1H0NP. Congratulazioni"

Non ci volevo credere, qualcuno mi aveva notata, qualcuno, voleva incontrarmi ed offrirmi un lavoro, a me. Alla Amy che, a vent'anni, cinque mesi e diciassette giorni ha fatto la valigia ed è andata alla scoperta del mondo, da sola. Vogliono incontrare la Amy con la passione per la scrittura, per il cibo e per le birre. 
Me, loro vogliono me.


 



Londra, 27 Marzo 2013.
 
Ero arrivata cinque minuti prima al colloquio, fuori a quel pub che mi era sembrato estremamente familiare a primo impatto. Ovvio, ero venuta qui due giorni prima, dove avevo incontrato Rory, quello strano e bellissimo ragazzo che mi aveva baciata, aveva detto che avrebbe voluto fare tante cose insieme a me, e poi non aveva chiesto neanche il mio nome. Il pub, comunque, era bellissimo, un unico palazzo a tre piani, decisamente in stile inglese, sovrastato dai grattacieli circostanti. Mi piaceva veramente tanto, e, mentre entravo al suo interno, avevo iniziato a sudare freddo, un po’ per l’agitazione pre-colloquio, un po’ per quei pochissimi istanti che avevano fatto fermare il mio cuore a due sere fa.
 
Una volta dentro avevo chiesto indicazioni alla ragazza che si aggirava per i tavoli, che mi aveva detto di andare al terzo piano, dove avrei trovato l’ufficio del capo, del “big boss” come l’aveva scherzosamente chiamato lei.
 
Arrivata al terzo piano di quel palazzo così antico rispetto a tutti gli altri che si potevano vedere nel raggio di due chilometri, mi ero trovata davanti una ragazza sui venticinque, quindi pochi anni più grande di me, biondissima e vestita di tutto punto, che mi aveva squadrata dalla testa ai piedi: D’altronde io ero vestita dei miei soliti stracci, un jeans strappato e stretto, stivaletto nero, maglia bianca e giacchetto di pelle sopra, niente di speciale, nessuno di speciale.
 
« Tu sei? »
« Amy, Amy O’Brian, sono qui per il colloquio », avevo cercato di dire sorridente, ma quella tipa era davvero antipatica, nemmeno un sorrisino accennato.
« Oh, allora siediti lì, Mr Le Budd ti riceverà tra pochi minuti, tesoro. »
E se ne era tornata di nuovo dietro alla sua scrivania, con le sue manine super curate, e i suoi capelli perfetti, e le sue gambe accuratamente depilate per il prossimo stupido che sarebbe caduto nella sua rete. Povera ochetta.
 
 
“Okay, Helder per favore, tieni d’occhio tu la situazione, io sono impegnato” avevo sentito venire quella voce dalla camera di fronte a dove ero seduta, ed avevo pensato di essere del tutto impazzita. Perché in un momento importante come quello, in un momento in cui il mio futuro era appeso ad un filo e tutto dipendeva da quello che avrebbe pensato di me un tipo che nemmeno mi aveva mai vista, io mi ero soffermata soltanto sulla voce che avevo sentito pochi secondi prima?

« Miss O’Brian, qusto è il signor Le Budd, proprietario del pub e della catena Taylor&Walker. »
Avevo studiato le sue scarpe, fino ad alzare la faccia e scoprire che il mio futuro era praticamente fottuto.
 
« Molto piacere, lei è? » Mi aveva detto, porgendomi la mano sorridente come se niente fosse, con un sorriso perfetto.
« Amy, Amy O’Brian » avevo tentato di dire con la poca sicurezza che mi era rimasta.
« Amy, piacere, io sono Ruaridh, per gli amici Rory. » 



 




*

Ebbene, eccomi di nuovo qui cara ciurmaglia.
Si, mi era mancato veramente un casino scrivere ciò che accade nella mia testolina bacata.
Allora, partiamo dal principio, com'è nata questa OS?
E' nata perchè ho trovato un lavoro (yuppi), e perchè c'era questo ragazzo, Rory per l'appunto, Americano, che ha lavorato da me fino a pochissimo fa, insomma mi piaceva e non poco, e quindi beh, volevo scrivere qualcosa su di lui. Semplice.
Tutti i luoghi e i personaggi della OS sono reali, sia il pub, che è quello dove lavoro io, sia Rory, che Amy (è una mia collega, ho usato lei perchè amo il suo nome), sia Helder, altro mio collega, sia la segretaria vnticinquenne biondissima, sia la suddetta cantina dove avviene il bacio, esiste davvero, e io l'ho vista solo una volta, con Rory, tra l'altro.
Mentre il titolo è ispirato ad una delle canzoni più belle di sempre, Explosions, di Ellie Goulding. Per chi non la conoscesse, consiglio di ascoltarla, ne vale davvero la pena, trust me.

Comunque, ho in cantiere un'altra OS, totalmente diversa, ma devo trovare il dannato tempo per rifinirla, quindi non so quando la trovete online.

Non so cos'altro aggiungere se non che volevo fare un salutino speciale alla mia
TRIPPOZZADILOU (tu, donna che non ama la pasta, potrai cambiare altri 34545345345 nick, ma per me sarai sempre la trippa di Lou), alla Veruska, che l'altro giorno ha rischiato di farmi venire un infarto mostrandomi la presunta foto del mio futuro fidanzato mezzo nudo, e a Fran, che mi ha fatto riflettere su quanto piccolo sia il mondo, e che dopo il messaggio dell'altro giorno mi ha fatto venire voglia di una bevuta alla faccia di chi mi vuole male fatta come si deve.


Con ciò, ci si becca alla prossima, da London è tutto,
vi voglio sempre tanto bene,

Alex <3.


 

On twittah: @madstrongirl

  
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